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Autore: Bess Black    16/10/2018    0 recensioni
Regulus continuò a guidare il carrello fino ad approssimarlo il più possibile al treno a vapore, fino a quando Sirius non capì e gli si avvicinò.
«Non cambierà nulla ora che te ne vai, vero?»
«È solo Hogwarts.» Sirius lo disse dandogli una gomitata un po’ spinta, forzata laddove le parole non garantivano più di quello che significavano. «Il prossimo anno ci verrai anche tu.»
«Un anno.» Regulus sorrise, tirando una linea di labbra lunga quanto il tempo che contava.
«Un anno.» annuì Sirius. «Solo un anno e ce ne saremo andati entrambi da quell’Inferno.»
Il treno fischiò accompagnando la frase di Sirius con una ritmica buffa e dandole, così, un’espressività grottesca; esattamente quanto potevano esserlo quelle parole pronunciate da un bambino. Caricarono insieme il baule in carrozza per il puro gusto di fare qualcosa insieme e, mentre attorno a loro genitori e figli si facevano le prime promesse, loro si fecero l’ultima.
«Non cambierà nulla?» Regulus scese dal vagone e guardò il fratello dal basso.
«Non cambierà nulla.»
«Promesso?» La porta del vagone si chiuse ed il treno sbuffò per l’ultima volta, commemorando il momento.
Sirius rise. «Promesso.»
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, I Malandrini, Regulus Black, Sirius Black, Sorelle Black | Coppie: James Potter/Sirius Black, James Sirius/ Teddy, James Sirius/Dominique, James Sirius/Rose, James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'L'isola che non c'è'
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Tradimento


 

Peter Minus lo guardava mentre rideva.

Ed era grottesco: Peter che rideva, come Peter rideva e Peter che lo guardava mentre rideva in quel modo.

Era bastato il Levicorpus di James e la conseguente battuta azzeccata di Sirius: era bastato Severus Piton a testa in giù e Peter aveva squittito la più acuta e fastidiosa risatina che Regulus avrebbe mai udito in un totale di diciannove anni di vita sacrificata.

Eppure Severus a testa in giù non era, davvero non lo era, così divertente –  anche da quello che poteva essere l’altro punto di vista; così come la battuta sulle sue mutande: davvero nulla in quel momento faceva ridere.

«Non fa ridere.» aveva osato proferire quando Peter aveva suggerito di far sparire gli indumenti del Serpeverde ancora a testa in giù.

«Ah, allora parli!» James Potter gli aveva sorriso ed era stato quel sorriso, in quell’istante spropositato, a fargli davvero paura: il Grifondoro sembrava piacevolmente sorpreso sul serio, quasi aspettasse solamente la sua reazione. Ma quanta paura gli facesse la bellezza del sorriso di James era un’altra storia che  non potrà mai essere raccontata perché non sarà mai vissuta.

«Mettetelo giù.»

Per un istante, mite e frazionario, che Regulus avrebbe rivissuto ed alimentato di significato fino alla morte pochi anni dopo, gli sembrò che James Potter avesse sinceramente ascoltato le sue due parole, che le avesse sinceramente prese in considerazione. Ma Peter Minus aveva nuovamente riso, squittito acutamente, facendo delle sue parole, due parole, due soltanto, grottesca intromissione ed allora gli occhi di Potter si erano improvvisamente illuminati, distratti.

«Difendi Mocciosus?»

Aveva una voce fresca, vigorosa ed intonata, omogenea nella melodia. Regulus avrebbe avuto tristi possibilità, in occasione e in contesto, di sentirla nella vita; mai l’avrebbe dimenticata.

«Reggie, sul serio?» S’era intromesso suo fratello - suo chi? «Non dirmi che in tutto il castello la cotta te la dovevi prendere proprio per Mocciosus?»

James Potter sorrise, non a lui, ma guardandolo; l’orgoglio di chi ama aver ragione e la fierezza di chi gode nel piacere.

«Nah, lascialo fare, è tenero.» l’aveva provocato James, ancora rivolto verso Regulus, le spalle voltate a chiunque altro nella stanza; mai più sarebbe riaccaduto: da quel giorno in poi, lui sarebbe stato l’unico a cui James Potter non si sarebbe rivolto, l’unico a cui avrebbe dato solo e soltanto spalle. Ma Regulus sapeva di non aver posto nella vita di James Potter; non pretendeva altro: almeno dalle sue spalle, sporgendosi un poco al limite, avrebbe potuto scorgere un terzo del suo sorriso senza precipitare.

«Fottiti, James!» aveva sbottato Sirius Black alla battuta accorta del migliore amico, provocandogli sul volto una risata per la quale Regulus sarebbe sempre stato grato al fratello.

«P-potrebbero espellervi per questo.» era stato istintivo rispondere alla provocazione con un’altra; che si trattasse di due tipi dissimili di provocazione era contribuito dal fatto che la sua non era altro che una reazione.

«P-prima dovrebbero venirlo a sapere.» Aveva sorriso James, imitando la sua stessa balbettante labiale sorda. Aveva poi fatto un passo in avanti, ma Regulus non non aveva saputo indietreggiare - e si vorrà sempre bene per non averlo fatto nell’unico momento in vita in cui avrebbe avuto quell’occasione. «Cos’è, sei una spia?»

Sirius aveva fatto un verso di disgusto a cui Regulus non era più famigliare, ma che aveva saputo riconoscere. «Reggie, va bene tutto, ma non la spia.» aveva commentato. «Non li scagioniamo i traditori.»

«Già, ci fanno schifo i traditori!» s’era intromesso Peter Minus.

«Oh oh, Mocciosus deve essere svenuto, ragazzi.» Sirius aveva aspettato di comunicarlo a voce lampante, prima di piegarsi in due dalle risate.

James aveva ridacchiato, ma senza girarsi a vedere la fonte della sua ilarità; solo per continuare a guardarlo e Regulus non poteva che sentirsi vivo. Si sarebbe sentito altrettanto vivo solo in punto di morte, pochi anni dopo: il sorriso caldo di James e la risata gioiosa del fratello addosso assieme a centinaia di inferi che lo stavano già divorando mentre annegava in acque che avevano lo stesso colore degli occhi di sua madre - dei suoi.

 

C’era energia sanguigna, tra Sirius e James. Era chimica, ma in flusso, non statica; rigenerativa. Era a ritmo cardiaco, era integrale e vitale; organica. Era incisa nei lineamenti, rilassati o contratti - in sistole o in diastole - ogni qualvolta ridevano o sorridevano perché era energia vitale e non c’era muscolo che non irrorasse, densa e fluida; non c’era gesto, persino insignificante, che non alimentasse, diramata e reticolata, veloce e ritmica.  E, ancora, non c’era momento in cui non sorridessero o ridessero, dunque era energia autorinnovabile.

Era genetica. James e Sirius erano fratelli.

Erano tutto ciò che poteva essere definito l’ideale fraterno. Ma se Sirius e James erano fratelli dove poteva stare lui? Il flusso tra i due l’avrebbe solo portato via, lontano e tramortito, come la corrente selvaggia di un torrente, la cui sorgente lo rifiutava, destinandolo a stagnare in un emissario buio e fangoso, senza mai sfociare.

Dove poteva mai stare lui in quella stanza polverosa, il cuore a mille come non avrebbe avuto la possibilità di essere mai più, puntato assieme ad una bacchetta tremante contro il fratello di suo fratello?

Dove poteva stare lui laddove non gli spettava posto, dove non gli spettava stare?  Come poteva essere lì dove non poteva stare? Dove poteva mai trovare un punto, uno solo se non aveva le coordinate per tracciarlo? Che dovesse strisciare lungo sul bordo delle assi in attesa di essere collocato anche lui, fino a precipitare? Che dovesse precipitarsi per trovarlo? Che dovesse...che dove... Dove? Dove poteva mai nascondersi per vivere?

Che potesse solo scavarserlo un posto suo?

Se ne sarebbe convinto per i pochi anni restanti di vita, ma noi sappiamo che Regulus Arcturus Black nemmeno in tomba avrà mai posto.

 

Nella realtà presente, quella dove nessuno poteva provare quanto il cuore stesse battendo, solo ridere del perché - e rideva, James rideva, ma la risata era chiave di violino contro la pelle vergine di Regulus. Nella realtà vera, Sirius non aveva capito nulla e Regulus non avrebbe mai potuto saperlo, ma James non gliene avrebbe mai parlato, nemmeno in scherzo: l’unico vero momento di vita di Regulus sarebbe scomparso in segreto all’unica persona che glielo aveva donato, soli due anni dopo la sua stessa morte. Era poco, ma James avrebbe sepolto con sé la vita di Regulus, anche solo nell’unico istante in cui era esistita. Era poco, ma era rispetto e se Regulus lo avesse saputo prima di morire avrebbe avuto una ragione in più per morire lo stesso. Nella realtà reale, Peter Minus rideva di lui ed era una vergogna che dovesse fare da colonna sonora finale all’unico momento della sua vita che Regulus avrebbe voluto ricordare mai. Nella realtà, l’unica possibile, l’unica che aveva, il contorno era nero ed i colori neri, su sfondo nero.

Sì, James gli stava sorridendo, ma James sarebbe tornato a Sirius. E Sirius sarebbe tornato a James. E Regulus sarebbe ritornato al nero.






 

L’unico episodio che Regulus avrebbe rivissuto di quella sera del ventuno ottobre 1972 sarebbe stata la risata roditrice di Peter Minus giungere dal salone di Villa Malfoy otto anni dopo.

Regulus l’avrebbe riconosciuta all’istante ed avrebbe scritto una lettera a James Potter per informarlo di chi fosse la spia, il traditore all’interno della sua cerchia; l’avrebbe bruciata poi e, piangendo, ne avrebbe scritta un’altra con lo stesso contenuto, ma indirizzata ad Albus Silente.

Tale lettera sarebbe stata intercettata da terzi e mai giunta al destinatario.

Ancora oggi si trova tra le pagine dell’enciclopedia nella biblioteca dei Malfoy. Le ceneri della lettera scritta per James le avrebbe spazzate via Sirius Black stesso dal camino di Grimmauld Place, tredici anni dopo.

   
 
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