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Autore: _Akimi    17/10/2018    3 recensioni
[MidoAka - Writober]
"«Shintarō, da quanto sei qui?»
Si volta dalla tua parte e ora capisci che ti aveva già sentito entrare; è un bravo bugiardo, ma con il trascorrere del tempo hai scoperto alcune sue tecniche e fingendo sorpresa non riesce più ad ingannarti.
«Quanto basta.»
Non dici per cosa.
Pochi secondi ti sono serviti per riconoscere che cosa stesse suonando, un paio di minuti per capire che oggi non è di buon umore, eppure ne serviranno di più - forse una vita intera - per comprendere il perché di tanta desolazione emotiva.
Non è argomento di conversazione per voi, anche se Seijūrō riesce a leggere i tuoi pensieri più facilmente di quanto vorresti.
Stai diventando prevedibile ai suoi occhi, un limite - forse l’unico - che mal sopporti di te; è un dettaglio misero per altri, ma davanti a Seijūrō è una debolezza che vorresti non concedergli.
«Pensi di vincere, oggi, non è vero?»
Le sue iridi scarlatte si posano sulla tavola di shogi, vorresti sorridere per essergli sembrato così insolente, per averlo sottovalutato, ma l’unica risposta che trovi sono delle parole appena mormorate.
«Non penso, voglio vincere.»"
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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自己犠牲
(Abnegazione)


Non capita spesso di incontrarti con Seijūrō al di fuori del contesto scolastico, la consideri un’attività ridondante, inutile per quel rapporto - a cui non sai dare nome - che intercorre tra di voi.
Non c’è nulla di speciale nelle ore che passate assieme, che sia alla Teiko o a casa tua, perché i momenti in cui provi di non avere più niente in comune con lui si stanno moltiplicando.
È un distacco lento, ma con una base solida; non vi siete mai etichettati come amici, compagni o altro - siete un qualcosa che oscilla tra legittima intimità e perenne quanto superficiale conoscenza.
Alle volte ti arroghi il merito di essere colui che lo conosce meglio di tutti - lo sai, nessuno della squadra lo capisce quanto te -, eppure quando visiti per la prima volta la villa dove abita, inizi a domandarti se Akashi Seijūrō sia davvero lo stesso ragazzo con cui sei abituato a giocare a Shogi negli ultimi, assolati pomeriggi d’autunno.

E odi suo padre appena lo vedi.
Lo immaginavi non diverso dalla realtà ed hai la dimostrazione indiscutibile che il signor Masaomi è un tracotante industriale, un discreto educatore e un pessimo padre.
Non credi di essere beato nella tua famiglia imperfetta, ma quella di Seijūrō manca di un senso di confidenza che si ripercuote costantemente sul suo carattere e sulle sue amicizie.
In un misero quarto d’ora - dove non viene bisbigliata neppure una singola parola - capisci che Seijūrō ha una figura paterna incompetente, inadatta al suo compito, e si materializzano davanti a te le cause del cinismo in un animo così giovane.
Le bacchette stridono sulla ceramica curata dei piatti, ma non ti infastidisce; sei una persona silenziosa, ma in un occasione come questa ti accontenti di qualsiasi suono, un rumore che possa squarciare quel velo di formalità che il signor Masaomi vuole tanto mantenere.
Il tavolo dove mangiate è troppo grande per tre sole persone e la distanza che ti divide da Seijūrō - con gli sguardi interrotti da un centro tavola di fiori violetti, Shion, sembrerebbero - ti costringe a rimanere impassibile davanti agli improvvisi interrogatori del padre.
Non sai quali siano le sue intenzioni, se e cosa suo figlio gli abbia detto sul tuo conto, ma dalla supponenza che leggi nei suoi occhi capisci che ti vuole intimidire.

«Sei il compagno che suona il piano, vero?»
Sembra una domanda innocua, forse lo è e sei tu ad essere paranoico, ma in ogni caso la risposta affermativa giunge come un breve, quasi impercettibile verso, e Masaomi guarda suo figlio dimostrando un compiacimento che ti infastidisce.
Capisci che si aspetta qualcosa da lui, che non accetterebbe un erede circondato da cattive conoscenze e, sebbene ti abbia appena mostrato un abbozzo di apprezzamento, pensi al modo in cui un padre non dovrebbe soggiogare la propria famiglia.
Sai che Seijūrō non è una persona ligia, rispetta l’ordine delle cose solo se lo reputa giusto, ma tanta rigidità deve averla ereditata forzatamente in questo modo, in questo ambiente.
«Seijūrō è piuttosto impegnato per aiutare altri nello studio.»
La prima stoccata, ti considera uno stupido e cerca con gli occhi approvazione da parte dello stesso, ma Seijūrō non si piega davanti alla sua aura minacciosa.
È garbato, rispetta la sua autorità senza mostrare il minimo cedimento, ma in compenso cerca solo di esplicitare la sua personale opinione, non di cambiare quella del padre.
Lo trovi un comportamento inusuale perché sai quanto riesca a persuadere i suoi compagni, ma devono esserci dei limiti che non supera una volta rientrato a casa.
«Shintarō eccelle in tutte le materie quanto me, non ha bisogno del mio aiuto.»
È il primo complimento a riguardo che ricevi da lui; è un asciutto regalo, un indiretto atto di omaggio nei tuoi confronti, ma lo accetti lo stesso con piacere perché vale molto di più di qualsiasi altra parola di circostanza.
«Trovo solo inusuale avere ospiti a casa, ma non posso che esserne felice.»
Accenna un sorriso falso, ma non riceve altrettanta gentilezza; in questo, tu e Seijūrō - nonostante tutto - continuate ad essere simili.
Non volete cedere ad un inutile manuale delle buone maniere, attaccarvi a falsità solo per dovere; è raro persino che vi sorridiate quando siete soli, ma quando capita, lo ricordi bene, un sorriso sincero da parte di Seijūrō è uno spettacolo effimero, ma sublime.
Credi che suo padre non abbia mai avuto l’onore di vedere suo figlio contento e, sebbene tale dettaglio dovrebbe rattristarti, lo consideri come una piccola vittoria contro di lui.
È un comportamento irrazionale per te, ma poco ti importa - come Davide ha sconfitto Golia, tu sai di poter sfidare l’autorità di Masaomi Akashi.



 
★★★


Seijūrō suona una sonata di Schumann in camera sua, non ti sente entrare e tu richiudi la porta con meticolosa lentezza, quasi con il timore di poter interrompere la sua esecuzione.
Non sai dire se sia perfetta, non hai mai particolarmente apprezzato il suono del violino, ma le sue movenze ti fanno amare il delicato tocco dell’archetto sulle corde tese, e ti concentri sull’espressione vacua che occupa il suo viso pallido.
Non pensi a nulla, guardandolo, anche se altri al tuo posto avrebbero tanto da dire su di te e sul vostro rapporto.
La settimana prima Kise ti ha bisbigliato che si vede, dal modo in cui parli, che sei innamorato di lui.
Tu non lo sei, e non lo pensi per contraddire lo scarso raziocinio dell’altro; non lo sei perché sei troppo giovane per amare e troppo maturo per cadere in una trappola così sciocca.
Nessuno, né tu né Seijūrō, ha bisogno di amore; devi ancora trovare il nome adatto per definirlo, eppure ti rendi conto che qualsiasi parola esistente sarebbe limitativa, non descriverebbe la vostra relazione.
Kuroko ha parole più dotte da riservarvi, dice che potrebbe esservi un qualcosa di platonico - come se tu e Akashi stesse bene assieme senza desiderarvi, senza riflettere sui convenevoli alla quale gli adolescenti della vostra età pensano spesso.
È una versione di verità che non ti convince pienamente, ma ammetti che Seijūrō è diverso dagli altri e anche tu, a tuo modo, devi esserlo per lui.
Non ne parlate mai, è un’idea intrinseca in voi ogni volta che vi vedete; ora capita spesso di essere a casa sua, non sai il perché di tale cambiamento, ma lo accetti perché ogni minuto trascorso nella casa è un attimo di glorioso vigore contro il tiranno.
Suo padre non è lì con voi, ma vive nell’arredamento costoso, nel pavimento bel lucidato e negli abiti che lo stesso Seijūrō indossa.
Ti domandi se tutto ciò che fa sia una sua scelta, ma trovi inopportuno chiederlo direttamente - si prenderebbe gioco di te, come fa spesso.

«Shintarō, da quanto sei qui?»
Si volta dalla tua parte e ora capisci che ti aveva già sentito entrare; è un bravo bugiardo, ma con il trascorrere del tempo hai scoperto alcune sue tecniche e fingendo sorpresa non riesce più ad ingannarti.
«Quanto basta.»
Non dici per cosa.
Pochi secondi ti sono serviti per riconoscere che cosa stesse suonando, un paio di minuti per capire che oggi non è di buon umore, eppure ne serviranno di più - forse una vita intera - per comprendere il perché di tanta desolazione emotiva.
Non è argomento di conversazione per voi, anche se Seijūrō riesce a leggere i tuoi pensieri più facilmente di quanto vorresti.
Stai diventando prevedibile ai suoi occhi, un limite - forse l’unico - che mal sopporti di te; è un dettaglio misero per altri, ma davanti a Seijūrō è una debolezza che vorresti non concedergli.
«Pensi di vincere, oggi, non è vero?»
Le sue iridi scarlatte si posano sulla tavola di shogi, vorresti sorridere per essergli sembrato così insolente, per averlo sottovalutato, ma l’unica risposta che trovi sono delle parole appena mormorate.
«Non penso, voglio vincere.»
Una parte di te, una remota voce interiore, ti dice che perderai come tutti i giorni precedenti, ma se così sarà non ne sarai dispiaciuto.
È la prima volta che ti lasci conquistare da un pensiero così poco produttivo, ma hai l’impressione che l’altro abbia bisogno di una soddisfazione, seppur piccola, in un giorno buio.
«Non cambi mai, Shintarō.»
Vorresti dire lo stesso di lui, ma Seijūrō sta cambiando, velocemente, e forse neppure lui se ne sta rendendo conto.



 
★★★


Vi rivedete in uno dei week-end successivi, un giorno anonimo di fine Ottobre con i viali che portano alla villa della famiglia Akashi ricoperti di foglie secche.
Ad ogni tuo passo che ti avvicina alla casa, la scia del tuo passaggio si allunga e il peso di un’incomprensibile malinconia incombe su di te, così come le nubi che minacciano un temporale improvviso.
Raggiungi la villa in tempo e quando sali le scale, affacciandoti da una delle tante finestra sul giardino, ti accorgi che ha iniziato a piovere violentemente e sembra che tu ti sia imprigionato da solo in un posto che dovresti evitare.
È troppo tardi per ritornare indietro e prima che tu possa entrare in camera sua, il signor Masaomi è lì, vagante nel corridoio che ti guarda.
Forse ti stava aspettando, non puoi esserne sicuro, ma lo sguardo curioso con cui ti osserva lascia intendere che sapesse del tuo arrivo.
«Shintarō, giusto?»
No, è solo Midorima per lui, ma la tua arroganza gela davanti alla sua silenziosa prepotenza e non dici nulla; continui ad odiarlo, ma devi sopportare il peso della sua presenza.
«Sì, io e Seijūrō abbiamo intenzione di suonare assieme.»
Il suo volto sembra dire il contrario, come se una sporca felicità gli stia illuminando gli occhi, contento di ostacolare le tue aspettative; sarai costretto ad andartene, se lui ti impedirà di vedere suo figlio.

«Mi dispiace, ma Seijūrō si sente poco bene oggi.»
Una bugia, ne sei certo perché mentono allo stesso modo; ti guardano entrambi dritto negli occhi per non mostrare tentennamenti, ma capita di vedere la stessa espressione sul viso di Masaomi e ora lo sai, gli Akashi mentono tutti allo stesso modo.
«A scuola non sembrava stare male.»
Lo esclami con tono piatto, non è una sfida, ma l’apparenza vuole che venga presa dal tuo interlocutore come tale; non vorresti mostrare il tuo sospetto, ma è così ovvia l’inimicizia reciproca che - arrivati a questo punto - è inutile proseguire con le formalità.
«Il tempo è imprevedibile, ha la febbre e dato che non sono impegnato con il lavoro, preferisco trascorrere un po’ di tempo con lui.»
Se fossi volgare come Aomine, la chiameresti semplicemente una “cazzata bella e buona”, ma con i tuoi modi non puoi fare altro che sistemarsi la montatura contro il viso, voltarti e andartene veloce come sei arrivato.
È una sconfitta che non scalfisce il tuo orgoglio, ma ti porta a domandarti dove sia finito il Seijūrō di pochi mesi prima.



 
★★★


Ti prometti che è l’ultima volta che ti presenti a casa sua - non è una ritirata, ma il solo pensiero di incontrare di nuovo il signor Akashi ti rende inquieto e la sensazione scompare solo quando scopri che non vi è nessuno nella villa - ad esclusione di Seijūrō e di una domestica.
Dovresti sentirti soddisfatto, ma scopri poco a poco che non è un giorno come gli altri ed è oggi - un misero martedì di Novembre - ad essere lo spartiacque tra il passato e il presente.
Lo capisci guardando Seijūrō negli occhi, in camera sua; il suo violino è abbandonato nella custodia sul letto, il piano è chiuso e una pila di spartiti escono disordinati da alcuni cassetti della scrivania.
La stanza non è mai stata così disordinata e lo reputi uno spettacolo ben poco piacevole.

«Shintarō, sei arrivato in anticipo.»
Guardate entrambi l’orologio da muro, segna le tre in punto e sapete tutti e due che si tratta di una bugia; è l’abituale orario in cui vi incontrate quando non avete allenamento, ma Seijūrō - questa volta - non mente e pare che se ne sia dimenticato davvero.
«Hai ragione.»
Lo dici perché lo hai interrotto mentre cercava di nascondere una verità; se tu fossi entrato un quarto d’ora dopo non te ne saresti neppure accorto, ma è uno dei tuoi giorno fortunati - se così si può considerare - e il dettaglio non passa inosservato ai tuoi occhi.
Vorresti fare finta di nulla, sai che è ciò che Seijūrō desidera, ma per quanto il vostro rapporto si stia sfaldando lentamente, non accetteresti una così cinica indifferenza.
Non ti interessa neppure come egli ti considera - amico, compagno, o qualsiasi altra cosa - e no, non sei un eroe come il Davide alla quale ti paragonavi settimane prima, ma sei Midorima Shintarō e non chiuderesti gli occhi davanti ad un pericolo reale.
Non è coraggio né imprudenza, solo buon senso e razionalità; Seijūrō - lo sai - è qualcuno per te, anche senza utilizzare etichette per descriverlo.

«Lo ha fatto Lui, vero?»
Non muovi un dito, non esclami il suo nome - sarebbe come dargliela vinta e sai che le mura di questa casa ascoltano sempre; ti limiti ad osservare il livido rossastro che colora il viso dell’altro e, sebbene tu non sia abituato alla violenza, ti è scientificamente possibile riconoscere una ferita così palese.
«Non dovresti essere qui a sindacare sul metodo di insegnamento di mio padre.»
Rimani un po’ sbalordito dalla freddezza del suo commento, non ti aspetti di certo che lui corra tra le tue braccia - Seijūrō non è quel tipo di persona -, ma è inaspettato vederlo difendere suo padre.
Sono simili, ma non cambia una verità assoluta: Masaomi Akashi è un pessimo genitore e Midorima non ha bisogno di altre conferme per dirlo.
«Lo sai di non averne bisogno; la prevaricazione è solo per chi non ha altri modi per farsi rispettare.»
Suo padre è un vigliacco, della peggior specie che tu abbia conosciuto, ma non ti aspetti che Seijūrō lo ammetta subito; potrebbe aver bisogno di tempo come tutti gli altri, accettando una debolezza di sé di cui tu, certamente, non approfitteresti.
La sincerità non è mai stato un punto forte del vostro rapporto, ma potrebbe esserlo, se solo lui lo concedesse.
«È solo controllo, quando due persone sono orgogliose succede questo.»
«Siamo entrambi così, ma l’intelletto vale di più di un mero atto di forza.»
Seijūrō non è una persona aggressiva e neppure tu lo sei; potreste umiliarvi a parole, sminuirvi, sottovalutarvi; potreste non parlarvi per giorni, castigarvi con lunghi silenzi, ma non arrivereste mai ad una violenza fisica.
Questo Seijūrō lo sa e non hai bisogno di esplicitarlo.
«Forse è così.» Abbassa lo sguardo ed è il suo primo e unico momento di cedimento a cui assisti, almeno così credi e speri.
«Non capiterà più.»
«Non devi giustificarti con me.»
Io sono qui - vorresti aggiungerlo, ma provi troppo imbarazzo per dirlo.
Forse un giorno te ne pentirai.

 
★★★
 

Segui con gli occhi il suo profilo, il battito di ciglia e qualche ciuffo di capelli che si scosta per via dell’aria che filtra dalla finestra.
È rimasto da solo in classe, in un quadro surreale che vede i colori del tramonto riflettersi sulla sua pelle e per un attimo, senza avvicinarti abbastanza, ti sembra di non vedere i suoi tentativi per coprire altri lividi.
Nessun altro ne ha fatto parola, ma ad ogni passo che fai verso di lui ne vedi sempre di più: sui polsi, sullo zigomo destro e sul braccio.
Una parte di te vorrebbe dire che Seijūrō non è più, ma sarebbe da codardi disconoscere qualcuno per cui temi di provare qualcosa.
Non sai chi abbia ragione, Kise o Kuroko, ma ora che osservi la sua indifferenza, sai che è troppo tardi per ritrattare.
Qualcosa esiste, nel profondo dei vostri animi - poco importa come gli altri lo vogliono chiamare.

«Shintarō, stai diventando sempre più silenzioso.»
«Eppure, tu continui a sentirmi.»
Forse è il tuo respiro, credi di sospirare più rumorosamente in sua compagnia, ma è così impercettibile da farti rendere conto che è Seijūrō ad avere un buon udito - è un musicista, dopo tutto.
«E tu, per indossare gli occhiali, hai davvero un’ottima vista.»
Hai sempre avuto concentrazione e precisione dalla tua parte per segnare i famigerati tre punti in campo; una palla è ben più gestibile di una persona, ma il trucco è quello: Seijūrō non vuole e non può essere gestito - forse capirlo, quello sarebbe già un buon inizio.


«Possiamo anche non parlare, allora.»
Se per comprendervi sono sufficienti la metà dei vostri sensi, allora va bene ad entrambi.
Siete qui, assieme.
Lo pensate, l’imbarazzo vi impedisce di dirlo, ma non ne avete bisogno - per ora, nel silenzio, rimane solo una timida comprensione.
Lasciate il pentimento ad un altro giorno.
Per ora egli è qui e, tu, guardandolo, sei lì per lui.

 
  
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