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Autore: Always_Always    17/10/2018    3 recensioni
Post 5° stagione | Bellarke
Clarke si è persa e non sa se meritarsi la redenzione.
Bellamy è contento che lei sia viva e cerca in tutti i modi di riportarla a casa.
Raven e Murphy sono stanchi di vederli rincorrersi e lasciarsi perennemente andare.
(...) "Bell, è Clarke, la nostra Clarke, ed è viva. Per quanto ancora farai finta che questo non significhi niente?"
Bellamy tace. Stringe i pungi con tanta forza da farsi sbiancare le nocche e continua a stringerli anche quando Raven riprende a parlare. "L'hai creduta morta per sei anni, Bell, e il senso di colpa ti ha quasi ucciso. Io c'ero, me lo ricordo".
Lui non potrebbe dimenticarlo neanche se volesse.(...)
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Home (where is?)'
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N.B: Jason Rothenberg è un vigliacco della peggior specie che si prende gioco di noi per puro sadismo. Questa è la mia considerazione dopo aver visto l'orrendo modo in cui ha trattato i Bellarke in questa quinta stagione — che è stata bella, bellissima, ma che ha forzatamente fermato i Bellarke senza un motivo valido. E quindi ho deciso di rimediare (nel mio piccolo). Spero che possa piacervi. Se vi va, lasciatemi una recensione e non disperate: i Bellarke sono una realtà.
Always_Always

 




BACK TO YOU



 

Took you like a shot
Thought that I could chase you with a cold evening
Let a couple years water down how I'm feeling about you

And every time we talk
ever single word builds up to this moment
and I gotta convince myself I don't want it even though I do



#1


Lo trova dopo pochi tentativi; grazie a sei anni di convivenza forzata, Raven Reyes ha imparato a riconoscere i piccoli sfizi che Bellamy Blake si concede — pochi, pochissimi — quindi non è stato difficile indovinare dove si sarebbe cacciato, una volta tornati nello spazio. 
Bellamy è in piedi, le mani incrociate davanti al petto e lo sguardo immerso altrove; Raven lo affianca senza dire una parola, imita il suo sguardo e poi alza le spalle.
"Dieci anni sembreranno un battito di ciglia", esordisce, per smorzare il silenzio.
Davanti a loro, oltre la finestra, si staglia un'immensa distesa di fuoco e distruzione — ciò che resta della Terra — e Bellamy non può fare a meno di pensare che questa volta la Terra sia morta, morta per davvero, e che una parte di tutti loro sia morta insieme a lei.
"È proprio questo il problema", ribatte allora, senza staccare gli occhi dalla finestra. "Passeranno dieci anni e a quel punto non sarà cambiato niente: ci ritroveremo esattamente dove siamo ora".
Con gli stessi fantasmi di sempre.
Raven gli scocca un'occhiata di sottecchi. "Tanto vale chiudere i conti in sospeso prima di addormentarsi, allora" e prima che Bellamy abbia il tempo di capire la sua allusione, Raven continua, "parlale, Bell. Prima lo farai e meglio sarà".
"Octavia ha bisogno di tempo per capire i suoi sbagli".
"Non mi stavo riferendo a Octavia".
Bellamy si blocca, per la prima volta sorpreso; per sei lunghi anni, quassù nello spazio, Clarke è stata un argomento tabù di cui nessuno ha mai parlato — lui non ha mai indagato in merito ma ha sempre saputo che la causa di tutto quel silenzio fosse il suo taciuto dolore, una ferita aperta sul suo volto e nel suo cuore sulla quale nessuno, nemmeno Murphy, aveva voluto infierire. Tuttavia l'eloquenza di Raven lo coglie in contropiede: certo Clarke è viva, respira e sta bene, ma con tutto quello che è successo sulla Terra è come se nessuno se ne fosse reso conto. Dopo sei lunghi anni non basta una sola settimana per cancellare il lutto, soprattutto se in quella settimana Clarke si è dimostrata più cambiata di quanto Bellamy si sarebbe mai aspettato.
"Mi ha lasciato in un'arena a morire, Raven".
"Ed è giusto che paghi per quello che ha fatto", risponde lei, risoluta, "non intendo giustificare le sue azioni, o le sue scelte sbagliate che ci hanno quasi fatto ammazzare, ma…" alza le spalle, "Bell, è Clarke, la nostra Clarke, ed è viva. Per quanto ancora farai finta che questo non significhi niente?"
Bellamy tace. Stringe i pungi con tanta forza da farsi sbiancare le nocche e continua a stringerli anche quando Raven riprende a parlare. "L'hai creduta morta per sei anni, Bell, e il senso di colpa ti ha quasi ucciso. Io c'ero, me lo ricordo".
Lui non potrebbe dimenticarlo neanche se volesse.
"Devi parlarle, lo sai che devi. Per lei e per te stesso".
"Non sono sicuro di quello che voglio dirle".
Raven sorride. "Siamo sopravvissuti a un'apocalisse globale per la seconda volta. Questo non può essere tanto più difficile".
Bellamy sorride in risposta, smorza la tensione che si è creata e ringrazia ancora una volta il cielo di avere Raven Reyes dalla sua parte, pronta a sostenerlo e a guidarlo quando si ritrova perso nel buio. Poi un ricordo gli passa davanti agli occhi e rabbuia il suo sguardo.
"Madi ha detto…" comincia, più teso di quanto vorrebbe, "ha detto che Clarke ha provato a contattarmi tutti i giorni, per sei anni".
Avverte con chiarezza Raven trattenere il respiro, così continua. "Ha detto che mi ha parlato attraverso una radio e che non ha mai smesso di farlo, non ha mai smesso di sperare che noi, che io, fossi ancora vivo".
"Ne parli come se fosse una brutta notizia".
Bellamy si volta verso di lei e Raven è subissata dai suoi occhi scuri, pieni di così tante cose che lei, nonostante sei anni, ancora fatica a interpretare. Non è mai stato facile comprendere i pensieri di Bellamy Blake, i pesi che gravano sulle sue spalle e le motivazioni che muovono i suoi passi, e Raven ha da tempo capito che ci sono limiti che non potrà mai superare, segreti che lui non le permetterà mai di conoscere. Un po' le dispiace, perché Bellamy non fa altro che donarsi agli altri, senza remore, e le piacerebbe dargli in cambio tutto il sostegno di cui ha bisogno. Forse, però, è proprio questo il problema di Bellamy Blake: lui ama, anche quando non vorrebbe, e si perde nella convinzione che invece lui, dell'amore, non sarà mai degno.
"Bell", parla Raven, stoica, "provare a essere felice non è un crimine. Abbiamo attraversato l'inferno più di una volta, per tutto questo tempo, e l'unica cosa che abbiamo fatto è stata sopravvivere, con tutte le ripercussioni che ne conseguono", lo afferra per le spalle e lo costringe a guardarla. "Questa volta non ci sono rimpianti lasciati indietro: siamo tutti qui, tutti insieme, e siamo pronti a ricominciare davvero. Nessuno ti biasimerà se lo farai anche tu. Siamo forti, tutti quanti: io, Murphy, Echo, Clarke… non siamo ingenui né indifesi, non trattarci come se lo fossimo".
"Lo so, ma—"
"Niente ma. Qualunque sarà la tua scelta, sarà quella giusta".
Bellamy resta a guardarla, mentre le sfumature rosse della Terra, oltre la finestra, illuminano i loro volti.
Raven ha ragione: loro sono forti; Echo e Clarke sono forti. Forse Bellamy dovrebbe smetterla di accampare scuse e riconoscere che l'unico ostacolo che gli immobilizza i piedi è quel cuore che, risoluto, continua a battergli nel petto.




We never got it right
playing and re-playing old conversations
Overthinking every word 
and I hate it 'cause it's not me.


And what's the point in hiding
and everybody knows we got unfinished business
and I regret it if I didn't say this isn't what it could be



#2


John Murphy è un bastardo senza scrupoli che ha fatto tutto ciò che di sbagliato si può fare nella vita. È uno scarafaggio della peggior specie, di quelli che s'insinuano sotto le pareti o dietro i mobili e aspettano il buio per uscire allo scoperto. Eppure, Clarke Griffin non può fare a meno di aspettare al suo capezzale nella speranza che apra gli occhi. Ha dato fondo a tutta la sua diplomazia per convincere Emori ad abbandonare la mano di Murphy e andare a salutare tutti gli altri prima della criogenizzazione, e adesso che è da sola ci sono così tante cose che vorrebbe dire che non sa da dove cominciare.
"Se stai cercando di attirare le attenzioni su di te ci stai riuscendo alla grande", comincia, un po' impacciata, forzando un sorriso, "quindi adesso puoi aprire gli occhi".
Ma Murphy non apre gli occhi.
Lei schiarisce la voce. "Madi ha detto che sei stato un vero eroe in quella gola e lei non è facilmente impressionabile, perciò…" Clarke deglutisce, poi forza un altro sorriso. "Mi sarebbe piaciuto essere lì, per vederlo".
Per un istante le sembra di sentire le dita di Murphy stringersi attorno alle sue, ma è una sensazione talmente inconsistente che alla fine stabilisce di essersela inventata.
"Se non ti svegli ora, passeranno dieci anni prima che tu abbia l'opportunità di farlo… probabilmente adesso starai pensando che non percepiremo il tempo e che quando ci sveglieremo sarà come se avessimo dormito per qualche minuto, però…" un'altra volta, Clarke è convinta di avvertire una leggerissima pressione sulla mano; quasi le si smorza il respiro.
"Mi dispiace", ammette. "È anche colpa mia se siete finiti in quella gola, ed è anche colpa mia se sei stato ferito. Voi siete scesi dallo spazio per salvarmi e io in cambio…" le parole le muoiono in gola perché è stanca, si sente uno straccio e sa che, nonostante passeranno dieci anni, la tenaglia che stritola il suo stomaco resterà lì ad aspettarla.
Clarke ha cercato di cambiare, con tutta se stessa: ha stabilito Madi come priorità inequivocabile e ha ponderato le sue scelte su di lei escludendo tutto il resto, giustificata ad abbandonare il suo titolo di leader dalla maternità e dal tempo trascorso lontana dalla sua gente. La parte dell'outsider le era riuscita bene, fino a quando le prime scelte amare avevano cominciato a farla vacillare. A volte si chiede che cosa sarebbe successo se Madi non l'avesse fatta rinsavire ma non osa rispondersi.
"Devi svegliarti", ordina, stringendo la mano di Murphy, "mi hai sentita? Devi farlo. Perché ho bisogno di sapere che mi perdoni, che non è tutto perduto e che posso ancora sistemare le cose, e che—"
"Ti vedo dopo sei anni e la prima cosa che fai è darmi ordini. Sei sempre la solita principessina viziata".
Clarke si lascia sfuggire un singulto a metà tra una risata e un singhiozzo e si gode gli occhi ben aperti di Murphy, che nonostante la stanchezza che nemmeno si premura di mascherare, la sta osservando con lo stesso sguardo furbo e provocatorio di sempre.
"Sono felice che tu stia bene", mormora Clarke.
"Qualcuno dovrà pur rallegrare questo mortorio, tra dieci anni".
Lei ride di cuore, prima di abbassare la testa. "Mi dispiace per tutto quanto. Per aver preso le decisioni sbagliate e per aver messo in pericolo le vostre vite".
"Per quanto apprezzi questo tuo slancio emotivo, Clarke, io non sono la persona giusta a cui dire queste cose".
"Sei quello che ha rischiato di più".
"Due pallottole ben piazzate e cicatrici che mi renderanno un eroe di guerra. Nah, poteva andarmi peggio. Bellamy invece…"
Clarke rabbuia lo sguardo. "Bellamy non vuole parlare con me", ribatte.
Murphy sogghigna. "Bellamy vuole parlare con te, almeno tanto quanto tu vuoi parlare con lui. Solo che voi fate sempre così: parlate quando ormai è troppo tardi, come ultima risorsa".
Clarke accusa il colpo e non ribatte, perché una parte di lei sa che Murphy ha ragione. Ci sono tante cose che avrebbe voluto dirgli — che avrebbe dovuto — e che adesso non riesce nemmeno a pensare. Quando gli parlava attraverso una radio, tutti i giorni per sei anni senza la certezza che lui potesse sentirla, era tutto più facile perché c'erano soltanto la sua voce e le cose che avrebbero potuto essere, i non detti che prendevano forma nei suoi sogni e plasmavano una realtà in cui lei si perdeva e nella quale trovava la forza per andare avanti.
Ma sei anni sono tanti e lei troppo a lungo ha pensato che non fosse cambiato niente, quando lei per prima non era più quella di un tempo.
, sei anni sono tanti. Com'è che se ne accorge soltanto adesso?
"Va' da lui, Clarke", continua Murphy, con la voce più flebile di prima, "ne ha bisogno, dico sul serio. Forse non te l'hanno detto ma non se l'è passata molto bene in questi sei anni. Cercava di nasconderlo però tutti lo sapevano, anche se nessuno diceva niente. È stata dura, sai? Credo che per un po' avrebbe voluto essere al tuo posto, invertire le parti. Perché tu eri morta e lui non era riuscito a salvarti".
Clarke avverte un colpo al cuore ma fa di tutto per nasconderlo, così Murphy prosegue. "E nonostante tutte le cazzate che hai fatto da quando siamo tornati… tu sei tu, Clarke, e niente al mondo potrà mai cambiarlo".
Lei sta cercando le parole per rispondere ma prima che possa farlo la figura di Emori fa capolino oltre la porta e dopo due secondi netti si è già lanciata sul letto di Murphy, ricoprendolo di baci e di insulti — un modo tutto suo di dimostrargli che sì, lo ama ancora, e no, non deve più azzardarsi a farle prendere uno spavento del genere.
Clarke avverte l'intimità di quel momento e si sente d'improvviso fuori posto, così si alza dalla sedia al lato del letto e si avvia verso l'uscita.
Murphy la ferma sull'uscio.
"Ti perdono", le dice, "sono certo che lo farà anche lui".
Clarke sorride, sincera, poi infila la porta.


 

You could break my heart in two
but when it heals, it beats for you
I know it's forward but it's true


I wanna hold you when I'm not supposed to
When I'm lying close to someone else
you're stuck in my head and I can't get you out of it
if I could do it all again I know I'd go back to you



#3


"Ti godi lo spettacolo?"
Harper affianca Echo, mentre davanti a loro la prima sezione dei sopravvissuti — Wonkru, uomini di Diyoza, di McCreary… ormai non c'è più alcuna differenza — si infilano nelle capsule per criogenia e uno dopo l'altro vengono ibernati.
Echo scuote la testa. "Cerco di farmene una ragione. Queste cose da skaikru resteranno sempre fuori dalla mia portata".
"È questione di abitudine".
"Può darsi".
Harper smuove la chioma bionda che le ricade soffice sulle spalle e Echo avverte la serenità che la pervade, qualcosa che non aveva sentito più dopo che erano scesi di nuovo sulla terra. Lo spazio è la sua vera casa, adesso riesce a vederlo chiaramente. Harper e Monty sono nati quassù, tra le stelle, e soltanto qui riescono a sentirsi davvero al sicuro. Deve essere bello avere una casa cui fare ritorno e sapere che, qualsiasi cosa succeda, niente potrà mai distruggerla.
Lei non può dire lo stesso, però, perché la Terra è morta — di nuovo; Echo comincia a chiedersi se il problema non siano loro.
"Bellamy?" domanda Harper.
Echo abbassa lo sguardo. "È da qualche parte, immagino".
Forse con Clarke.
Harper le mette una mano sulla spalla. "Cosa ti preoccupa?"
Clarke, pensa. E quello che ha significato per Bellamy, quello che può ancora significare per lui. Quello che lui potrebbe significare per lei e tutte le cose in sospeso che non si sono mai detti.
"Dimmi la verità", dice, atona, "posso competere con Clarke viva?"
Clarke morta non era un problema così grosso: si trattava di scacciare i brutti pensieri dalla mente di Bellamy ogni volta che questi capitolavano davanti ai suoi occhi — spessissimo, i primi anni; poi episodi sempre più radi, momenti che lo prendevano nel cuore della notte e gli strappavano il sonno, a volte anche il respiro. Lei aveva imparato che abbracciarlo da dietro e lasciarlo sfogare, nascosti nel buio, era un buon modo per stargli vicino senza soffocarlo e al tempo stesso dargli lo spazio di cui aveva bisogno per scacciare i suoi demoni e quella dannata ragazza dai capelli dorati che perseguitava ancora i suoi sogni.
Clarke morta era un tarlo che persisteva, reduce a morire, ma che poteva essere levigato con pazienza e incastrato tra nuovi ricordi, ricordi felici.
Clarke viva è una muraglia così alta e così lunga che Echo non riesce a vederne la fine, e questo le fa paura.
Harper resta interdetta per qualche istante, ponderando la risposta. Poi sospira e scuote la testa. "Sinceramente, non lo so".
Echo tace.
"Forse una parte di lui apparterrà per sempre a Clarke; forse anche per lei è lo stesso. Forse nessuno dei due capirà mai cosa vuole davvero o forse, fin dall'inizio, si sono considerati come fratelli e tutti hanno sempre frainteso. Un legame come quello che hanno loro due? No, tu e Bellamy non ce l'avete", Echo stringe i pugni, la lascia parlare, "ma non è detto che non potrete averlo, un giorno".
Harper si porta una mano dietro il collo e si morde il labbro. "Io non avrei mai pensato di innamorarmi di Monty. Mai. Lui è così buono e così timido e cerca sempre di trovare soluzioni pacifiche per ogni situazione. Dio, appena scesi sulla terra lo odiavo", poi sorride, e Echo vede di nuovo quella serenità che la segue come una seconda pelle farsi ancora più luminosa. "Però, sai, adesso sono le cose che amo di più di lui. E mi ci è voluto del tempo per accorgermene, per capire che anche io volevo la stessa cosa che voleva lui: una vita insieme, felici, senza più guerre".
Come se si fosse resa conto di aver parlato troppo, Harper si riscuote e torna a guardare Echo. "Se pensi che Bellamy ne valga la pena, dagli un'opportunità. È probabile che ne resterai ferita, tanto, forse troppo; oppure no. Devi capire cosa sei disposta a perdere per lui".
Echo non lo sa, perché è la prima volta che si trova in una situazione simile. Ciò che prova per Bellamy Blake non è uguale alla devozione che aveva per Roan, quel barlume di orgoglio e affetto che sentiva quando eseguiva ordini in suo nome.
Bellamy Blake è… diverso.
Ora deve solo capire come comportarsi in merito.


 

You could break my heart in two
but when it heals it beats for you
I know it's forward but it's true
won't lie: I'd go back to you


You know, my thoughts are running loose
it's just a thing you make me do
and I could fight but what's the use
I know I'd go back to you(1)



#4


Alla fine, si trovano; nel bel mezzo di un comunissimo corridoio gremito di persone, che però hanno lo stranissimo potere di scomparire nel momento esatto in cui i loro sguardi si toccano.
Clarke si avvicina con titubanza, lenta, cercando un taciuto permesso che Bellamy le concede — fa uno strano effetto vederla così impacciata, e l'immagine della mamma orsa pronta a gettare tutto all'aria pur di proteggere la sua piccola si accosta prepotentemente alla Clarke che Bellamy si trova davanti ora; per un istante, è quasi tentato di girare i tacchi ed andarsene. Ma lei è così vicina, ora, che può sentire la sua preoccupazione avvolgerlo d'istinto, senza che lei lo voglia, e Bellamy deve ammettere che deve essere bello, bellissimo, essere protetto a quel modo da Clarke. Si ricorda anche che c'è stato un tempo in cui lui era al posto di Madi, insieme ad altri novantanove ragazzini dagli occhi grandi e sperduti, e allora non se la sente più di biasimarla, non dopo tutto il tempo trascorso.
Clarke non è una macchina, è carne e muscoli, cuore e testa che vivono e amano e sbagliano e se lui ha avuto modo di riscattarsi dai propri errori — se lei l'ha assolto da tutti i rimorsi — allora il minimo che può concederle è fare altrettanto.
"Ehi", comincia piano.
"Ehi", risponde lei. Prima che il silenzio abbia il tempo di calare tra loro, aggiunge: "Murphy si è svegliato".
"Sapevo che l'avrebbe fatto".
Entrambi annuiscono ed è tutto così strano, perché tra loro non c'è mai stato bisogno di parlare per comprendersi, di dare voce a quei pensieri che entrambi riuscivano a capire con un semplice sguardo.
Ma sei anni sono tanti, e forse loro sono un po' arrugginiti.
"Mi dispiace di averti abbandonato", ammette Clarke, senza guardarlo negli occhi.
"A me dispiace di aver forzato Madi con la Fiamma".
"Lo sai, era la scelta giusta".
"Lo so, ma non lo era per te".
Clarke sente gli occhi prudere e deve sforzarsi con tutta se stessa di non piangere. Non perché si trova insieme a Bellamy — l'ha già vista piangere come lei ha visto lui; si sono fatti forza a vicenda, per risollevarsi — ma perché sente di non averne il diritto. La colpa è una voragine che la fa precipitare in un'oasi di brutti pensieri, pensieri che Bellamy immagina e dai quali vorrebbe trarla in salvo, solo che questa volta entrambi sanno che lei ha bisogno anche di questo, per tornare a essere la persona che è sempre stata.
"Hai agito bene, comunque", riprende lei, "nonostante me. Testa e cuore. Sei stato bravo".
"Ti avevo fatto una promessa; dovevo mantenerla".
Bellamy intercetta il suo sguardo e le regala un'occhiata intensa. "Sai", comincia, con tono grave, "Madi e la Fiamma… non l'ho fatto solo per la pace".
Clarke lo ascolta, muta, la stessa espressione indifesa che aveva quando è stata costretta ad accoltellare Finn — quella stessa espressione perduta che lui si era ripromesso di strapparle di dosso senza mai riuscirci.
Non puoi salvare qualcuno che non vuole essere salvato, gli aveva detto Kane, una volta.
Bellamy sa che Clarke è costantemente appesa a un filo e che vacilla sul ciglio di un burrone dove da un lato c'è una vita piena di sofferenze e dall'altro una morte che può darle la pace; sa anche che un giorno lei potrebbe decidere di farla finita e che lui non riuscirebbe a impedirglielo; eppure non riesce a lasciarla andare, non ci è mai riuscito.
"Ho chiesto a Madi di prendere la Fiamma perché era l'unico modo per salvarti la vita".
Clarke assottiglia lo sguardo. "Ero pronta a perderla, per il bene di Madi".
"Lo so", ribatte lui, con gli occhi bassi, "so che era quello che volevi, ma non ci sono riuscito". Si schiarisce la gola. "Non ero pronto a perderti un'altra volta", ammette, e può sentire con chiarezza Clarke rimanere senza fiato, spaesata e sconvolta, quindi continua. "Mi hai detto di usare la testa e il cuore, e io ci ho provato. Ma quando si tratta di te… non ci riesco".
"Bellamy…"
"Ho convissuto una volta con l'idea di averti persa per sempre e non voglio sentirmi così mai più. Anche a costo di farmi odiare da te".
Clarke deglutisce, la gola secca e gli occhi lucidi. Avverte un tremore partire dalle mani e arrivare dritto in mezzo al petto, come se da un momento all'altro lei potesse piombare a terra priva di sensi. Invece resta lucida, esposta a sentimenti tanto forti da farle male, un dolore acuto e insopportabile da cui lei vorrebbe scappare urlando.
"Io ti ho lasciato laggiù, a morire", dice.
"E io ti ho lasciato sulla terra, a morire", ribatte lui.
A Clarke sfugge un singhiozzo. "Non è la stessa cosa, maledizione".
"Non mi importa", risponde Bellamy, con più forza di quanto vorrebbe. "Non voglio pensare al fatto che hai deciso di farmi ammazzare, perché non è questa la persona che sei davvero. Non è questa la persona che io…"
Si blocca, incerto. "… che ho imparato a conoscere. Di cui mi fido. Quella che mi ha aiutato a tenere in vita un branco di ragazzini senza speranza e che si è sacrificata affinché io vivessi".
La afferra per le spalle, i riccioli gli cadono davanti al volto ma nessuno dei due se ne accorge. "Tu sei tu, Clarke. Fiera, orgogliosa e giusta. Una donna che pensa agli altri, anche a costo di farsi male; qualcuno che continua ad amare, anche quando non dovrebbe farlo, e che vede sempre negli altri qualcosa che vale la pena salvare".
Clarke scuote la testa, tremante. "Non sono più sicura di essere quella che dici, Bellamy. È passato troppo tempo e io mi sono persa".
"Per questo sono qui: per riportarti a casa. Devi solo lasciarmelo fare".
È proprio in questo momento, davanti allo sguardo rovente di Bellamy e alla sua sincerità spietata che Clarke ritrova la parte di se stessa che aveva perduto sei anni prima, nel momento in cui, appesa alla scala di quella dannata antenna, aveva visto la navicella dei suoi compagni librarsi in cielo e lasciarla indietro. Non riesce a respirare. Scossa da singhiozzi che quasi non le appartengono, si getta a capofitto tra le braccia di Bellamy e lo stringe, piange su di lui come una bambina indifesa. Tutte le emozioni che aveva incatenato con forza nell'antro più profondo del suo essere per riuscire a sopravvivere nella solitudine, così nascoste da non riuscire a percepirle, adesso traboccano dal suo cuore fino a squarciarlo.
Tornare a vivere fa male, sempre.
"Mi dispiace", balbetta, tra un singhiozzo e l'altro, "Mi dispiace, Bellamy, mi dispiace!"
Bellamy la sorregge, senza ribattere; lascia che lei si riappropri delle emozioni che aveva sopito, lascia che lei torni ad essere quella stessa Clarke che lui continua ad amare, nonostante tutto.
Restano abbracciati per qualche minuto, forse anche di più. Clarke non si accorge del tempo e Bellamy non ha nessun interesse a percepirlo. Per la prima volta da quando si sono ritrovati, lui ha la netta sensazione di rivederla davvero; Clarke, con tutte le sue meravigliose contraddizioni, il suo bisogno inesauribile di salvare ed essere salvata, la metà complementare di se stesso.
"Mi sei mancato", mormora Clarke, dopo un po'. "Davvero tanto".
Bellamy inspira il profumo dei sui capelli, buono quanto ricordava ma molto, molto più intenso.
"Non andartene più", dice, calmo. "Non lo sopporterei".
Clarke stringe la presa e affonda il viso nell'incavo del suo collo. "Non lo farò. Te lo prometto".




(1) "Back to you", di Selena Gomez.



 

   
 
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