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Autore: Trivo    18/10/2018    0 recensioni
Le informazioni che ho, riguardanti gli avvenimenti, verranno descritti senza però utilizzare la medesima metodologia, con cui ne sono venuto io a conoscenza, altrimenti, non credo potreste capire, nemmeno dopo aver letto la fine della fine, le vicende che involontariamente, hanno contribuito, al far finire tutto.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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-”Parlami almeno tu che io non mi parlo più”-

 

-”Ho sempre scelto d'esser diverso pur dal diverso stesso, e pur avendo pezzi di me incastrati negli occhi, pur tentando invano di non guardarli di dimenticarli, li lasciai dove stavano senza più pensarli, così da farmi notare, quanto essi hanno continuato a sanguinare”-.

-”Me medesimo ha preso strane strade, quelle più sbagliate, le più lontane dalla principale, ultimamente, sempre troppo spesso, e per paura di ricordare, me ne sono stato in disparte, osservando il mio corpo percorrerle, mentre, parlandogli, non ho udito risposte, avendo, entrambi, problemi personali, generati da problemi generali”-.

-”Sprangando il circuito chiuso nel quale mi sono nascosto per anni, ho temuto di rimanerci fino alla morte, perdendomi in stesso, perché ho subito il male, che aggredisce senza far caso ai colpi che infierisce, tanto meno, a chi colpisce”-.

-”Mi sono accorto, che una sagoma indefinita, simile ad una persona, si stava avvicinando, facendomi sentire, seppur esso lontano, lo scricchiolio tipico della neve quando viene calpestata, ma la carnagione che notai, quando esso finì con l'entrare nel mio campo visivo, sbucando dalla cima della duna innevata di fronte a me, mi indusse a questionarmi, riguardo al fatto che esso, potesse essere di fatto, una persona”-.

-”Osservandone le fattezze, la carnagione color muschio, e le orecchie sottili allungate verso l'alto, ebbi la certezza d'esser non poco lontano da un elfo, che decretò appena mi notò, d'affrontarmi, per una motivazione, secondo il proprio punto di vista, giusta, senza tentar di capire, anche il mio punto di vista, persino, essendo differente rispetto al suo”-.

-”Ho me stesso, e lo utilizzerò al meglio per difendermi, pensai quando lo osservai, mentre, imperversò verso di me”-.

-”Nero, come il luogo da cui provenivo, era il colore predominante dei suoi occhi imperscrutabili”-.

-”Ergo lo fissai, ma l'assenza di informazioni acquisibili dal suo volto liscio, dalle sue orecchie appuntite, dalla sua cute verdognola, dai suoi lineamenti, scolpiti, esenti da imperfezioni e dai suoi inconsueti indumenti, confermarono la mia titubanza, così, mi imposi di concedermi altri secondi per ponderare le azioni da compiere:

-”Scannerizzai il suo intero corpo come se fosse visto da ogni direzione contemporaneamente, e l'irreale simmetria con la quale non indugiava intenzioni ostili, fece muovere me, con inerzia, verso quella forma di vita, palesemente, senza una coscienza”-.

-”Non ero esattamente partecipe di ciò che avvenne, pur essendomi sentito uscire dallo scrigno”-.

-”Ho riflettuto ed ho agito da quando vidi una luce provenire dallo spiraglio della porta che sprangata, mi segregava in me, immergendomi, speranzoso, completamente in essa”-.

-”Avevo cominciato prima di tutto a sentire, ritrovandomi in un vicolo stretto, per poi riuscire a muovermi, prendendo in braccio Sara, accompagnandola da Nicolay e da Maiolo senza farla incombere in situazioni sgradevoli durante il tragitto, bussando quindi al portone, ma attendendo che qualcuno aprisse, mi ritrovai al mio monte, nella mia dimensione, saltando sulla cima, mappandola per esser certo che le cose non fossero degenerate troppo, finendo con l'incamminarmi verso la scuola, rendendomi conto solo poco prima della disgregazione molecolare dell'elfo, d'aver nuovamente perso il controllo del mio corpo, pur potendomi definire, per certo, uscito dallo scrigno”-.

-”Le inerziali movenze dello strumento, sgretolarono l'elfo solo poggiando il dito mignolo della mano destra sul suo capo, prima ancora che esso, potesse concretizzare un volere artificiale che lo induceva a perforarci il cranio tramite le unghie opache, allungatesi quanto una mia spanna”-.

-”Ad un certo punto pensai ad una cosa che, mi dissi, avrei dovuto chiedermi fin dall'inizio, cioè al chi stesse, così saggiamente, utilizzando il mio corpo, pur non essendo nella cabina di pilotaggio”-.

-”Ho interloquito con me medesimo, ed avvertendo, finalmente, una risposta, ed essendo essa affermativa, mi sforzai di far smettere il corpo d'agire senza che si ponderasse sulle scelte che mi, ci, portarono, a fissare una realtà nella quale, la forma verosimilmente incenerita, unica svolazzate testimonianza della disgregazione molecolare appena avvenuta, svolazzava d'innanzi al nostro attonito, quanto indifferente, sguardo”-.

 

-”sii te stesso almeno tu, che io non lo sono più”-

 

Le parole che sentii, non uscirono dalla mai bocca, bensì da un luogo imprecisato della mente.

 

-”Frapponiti alla paura che ti atterrisce, io riesco solo a far lo spettatore, e soffrendone, non oso indugiare oltre la mia prigioniera mente”-.

 

Me medesimo sembrava al culmine della sopportazione, dato che lo sentivo come un sussurro, un bisbiglio, anche se l'importante, era sentirlo, sapere che c'era, che esisteva seppur sfinito.

 

Tutt'attorno a noi, le dune innevate, sembrarono timorate dalla lenta caduta della cenere su di loro.

 

Mi ero distratto, ed accorgendomene, mi stupì di sentire il precedente bisbiglio interiore, urlare.

 

Disperato, dolorante, rammaricato, incapace, da solo, di riprendersi ciò che non possedeva più:

Se stesso.

 

-”So come ci si sente”- mi dissi, mentre l'inerziale corpo, si prodigava imperterrito verso la scuola, oramai quasi in procinto di varcarne il cancello costituito da ….

 

Chiusi gli occhi, pur avendo avuto prova di non essere stato io stesso a muovermi, non avevo più intenzione di vedere lo strumento che si intercedeva a noi; io.

 

.”Inizialmente....”- sentii nitidamente dire da Me Medesimo -”mi sono sdraiato”- sintomo della sua quiete..

-”Ho creduto possibile, concedere a qualcun altro la responsabilità della mia vita”-.

-”Chiunque tu sia, ho visto quanto, sotto il tuo controllo, il corpo, possa fare, ma chiunque fosse, quel ragazzo verde, secondo me, non meritava di concludere la sua vita”-.

-”Tentando di oppormi a te, mi sono alzato in piedi, ho pianto, urlato, sono persino uscito dallo scrigno camminando alla cieca nel mio inconscio, ma una porta nascosta è riuscita a precludermi la libertà”-.

-”Questo mio piccolo corpo, temo, non sia più in grado di liberarsi dal male solo volendo”-.

-”Ti chiedo, chiunque tu sia, d'aiutarmi, perché sono sfinito, non ne posso più di questo opprimente senso di claustrofobica prigionia”-.

 

Me Medesimo continuò a confidarsi con me, incerto persino del fatto d'esser ascoltato e mi pregò, come fanno i credenti con i loro Dei, quando sono timorati dalla realtà sulla quale sentono di non avere il controllo.

 

Le uniche cose che avevo la possibilità di fare, erano tener chiusi gli occhi, e ascoltarlo.

 

Il connubio tra i sentimenti di Me Medesimo ed i miei, assunsero forme eteree, cominciando a mescolarsi con quelle emozioni impalpabili di cui è composta, l'atmosfera, ora, così splendidamente dettagliata, facendoci avvolgere da un ché di indefinibile.

 

-”Tutto dipende dal punto di vista, attraverso il quale io lo guardo”- espirò Me Medesimo -” ma “- bisbigliai -”tutto dipende, dal punto di vista, attraverso il quale, anche io, lo guardo....”- conclusi, per poi divenire un unico tutt'uno col tutto.

 

Siamo un tutt'uno, con noi stessi e quel malleabile sfondo teatrale indefinito, composto da sentimenti, emozioni, che ora, vibra attraverso noi, mentre noi, vibriamo attraverso lui.

 

Allontanammo, grazie ad una, ora condivisa mente, l'estraneo, almeno momentaneamente insieme, in equilibrio, tra un io, un Me Medesimo, il tutto che ci avvolgeva, e da quei mistici momenti passati vibrando con esso, in esso e per esso, capendo che, semmai si dovesse riaprire gli occhi, si sarebbe dovuto convivere, con tale triste consapevolezza.

   
 
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