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Autore: CHAOSevangeline    18/10/2018    0 recensioni
Otto dicembre, ore ventitré e quarantasette.
Misaki e Izumo raggiungono Totsuka su un tetto, dove è stato ferito a morte.
Alcuni dei pensieri di Misaki mentre lo vede spegnersi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Misaki Yata, Tatara Totsuka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partecipante alla seconda edizione di 4 days angst & noir indetta da La Torre di Carta.
Prompt: 86. Veder morire una persona



Sangue, ossa, cenere
 

Otto dicembre, ore ventitré e quarantasette.
Il sangue puzza. Puzza di metallo, di dolore. Puzza anche di lacrime, per Misaki, perché ne ha il viso inondato.
Le braccia soffrono, i muscoli sono intirizziti dal freddo e stesi per il peso che reggono, aiutati dall’adrenalina.
Totsuka è a terra, fra le sue braccia, in una pozza di sangue in cui Misaki ha immerso le ginocchia. Ma i muscoli non provano dolore; quel sangue potrebbe anche essere suo e lui non lo saprebbe.
Totsuka ha un buco sul petto, uno squarcio nella giacca. E cola, il sangue. Cola dalla schiena, sulla maglia di Misaki. Cola a terra e lascia Totsuka, come la sua vita.
Gli occhi nocciola non brillano più.
Misaki lo ripeterebbe, se lo ripete nella testa.
Non brillano, non brillano. Sono spenti, sono spenti.
Il cantico di un pazzo che non sa che fare mentre i soccorsi non arrivano, li lasciano abbandonati.
Non sa che fare, chiama Totsuka e gli dice di resistere. Ripeterlo servirà, deve servire. Totsuka saprà che non può andarsene e rimarrà con loro, rimarrà vivo.
Kusanagi dice di non farlo parlare, ma Misaki non capisce; ha i sensi intorpiditi, l’udito ovattato. Non è lì davvero, perché la paura lo sta divorando. Il terrore di vedere il confine che viene varcato. Sta stringendo Totsuka, ma tra quanto stringerà solo il suo corpo?
La coscia è sotto la sua schiena per sorreggerlo, è zuppa di sangue. Cosa può fare? È solo un ragazzino, un maledetto ragazzino.
Un soffio di vita e Totsuka solleva il braccio.
Misaki pensa che si riprenderà, deve farlo.
Preme sulla ferita, le dita che si inzuppano di sangue.
Non sta piangendo, le lacrime sono congelate dietro gli occhi, sbarrati come fosse stato abbagliato dai fanali di un’auto.
Vorrebbe prendere la sua mano, ma non può. Izumo sta chiamando i soccorsi e lui nemmeno riesce a prendergli la mano, per sorreggerlo.
Totsuka gli sfiora la guancia. Non l’ha mai fatto, non l’ha mai toccato così. E Misaki ne sarebbe felice, ma presto sente il sangue caldo sulla guancia che cola sotto il palmo freddo di Totsuka.
« Non ti preoccupare, non ti preoccupare… » sussurra a Misaki. « Andrà tutto bene. »
Lo ha detto a lui, Totsuka. Nella paura di morire, ha rassicurato lui.
E Misaki si sente un mostro, ma non può pensarci. Non mentre la mano di Totsuka scivola, inesorabile, cade a terra e rimane raccolta sul petto che non si gonfia più, che non inspira più aria.
« Mi dispiace », esala.
Otto dicembre, ore ventitré e cinquanta. Totsuka Tatara è morto.
Tre minuti di agonia trascorsi come un’eternità.
Gli occhi diventano caldi, le lacrime irrompono.
« No… No! » grida, Misaki. Stringe Totsuka al petto. « Non puoi lasciarci, ehi… »
E singhiozza, geme.
Totsuka se n’è andato eppure è lì fra le sue braccia.
Così lontano, così vicino.
Lo confonde, lo strazia.
Totsuka, Misaki lo vede ancora.
Ma ciò che ha lasciato è solo dolore e ricordi.
Di Totsuka c’è ancora il sangue, le ossa.
Ben presto solo cenere.
   
 
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