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Autore: _Alexis J Frost_    18/10/2018    1 recensioni
«Non so se un giovanotto come te ascolterebbe i ragionamenti di un vecchietto, pertanto non mi sono espresso oltre.»
Tsurumaru sospirò, reggendosi sui palmi delle mani mentre chinava di poco la schiena all'indietro.
«Bé, personalmente sei l'unico vecchietto che potrei ascoltare per ore.»
«Questo mi fa molto piacere sentirlo.»
Tsurumaru alzò lo sguardo verso i ciliegi sopra di sé; poi in silenzio ammirò la luna, il laghetto, il prato. Infine chiuse gli occhi e inspirò quell'aria piacevole per un po' prima di riaprirli. Mikazuki lo guardò tutto il tempo, dal modo in cui si perse alla visione della luna, a come i capelli venivano smossi dal vento mentre stuzzicavano le sue guance candide.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mikazuki Munechika, Tsurumaru Kuninaga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dietro di lui cadevano petali di ciliegio, smossi da un vento fresco che li faceva volteggiare in aria come allegre farfalle. Tutt'intorno era meraviglioso poiché  baciato dalla luce argentea della luna la quale si rifletteva su un laghetto, cui acqua scurissima ero lo specchio del ciel notturno coperto di stelle.
Mikazuki sedeva al di sotto del sopracitato ciliegio, in ginocchio. I suoi occhi erano socchiusi mentre portava alla bocca il chawan contenente un delizioso té caldo che sorseggiava lentamente.
Credeva di esser da solo, sperduto in quella pace illusoria e irreale; da solo in quel luogo che pareva uno spiraglio di Paradiso, una finestra che conduceva verso la reale pace interiore mentre il mondo là fuori si autodistruggeva grondando sangue e dichiarando infinite guerre.
Eppure solo non era e si chiedeva, con un piccolo sorriso divertito, chi avrebbe mai seguito una vecchia anima quale era lui sin laggiù.
«Chi va là?» Chiese con la sua solita, calma voce.
Tra i cespugli comparve una candida figura, interamente adornata da lucente bianco con alcuni sprazzi dorati. Mikazuki aprì un occhio soltanto, abbozzando un sorriso spontaneamente.
«Ehilà, jiji.» Tsurumaru lo salutò con una mano. «Mi hai beccato subito, huh?»
«Sarò vecchio ma certamente i miei sensi sono ancora ben allenati.»
Tsurumaru accennò una risata. «Forse allora non sei poi così vecchio.»
«Chissà.» Rispose Munechika, cambiando subito argomento. «Tu che ci fai qui?»
Tsurumaru si avvicinò all'antica spada vestita da pregiato tessuto color zaffiro. Non osò sedersi accanto a lui, non ancora perlomeno, probabilmente come azione di rispetto nei riguardi di quel suo illustre superiore.
«Ero curioso di conoscere uno dei tuoi segreti luoghi di pace.»
«E non avresti potuto semplicemente chiedermelo anziché seguirmi?»
La giovane spada assunse la medesima espressione di un fanciullo intento a celare una marachella con un sorriso e due occhioni furbi. «Non sarebbe stato divertente così, però.»
Mikazuki a stento riuscì a trattenere una spontanea risata, mentre scuoteva il capo con il tipico atteggiamento da uomo anziano che non riusciva a negare a se stesso di trovar giovamento stando vicino a qualcuno di più giovane.
«Sai che per gli umani questo potrebbe essere un reato? Come lo chiamano...oh! Stalking.»
«Vecchio esagerato.» Commentò Tsuru.
Munechika gli fece cenno col capo di sederglisi accanto. «Orsù», aveva detto, «Siediti pure. Serviti anche del tè se lo desideri.»
Al che Tsurumaru non ci pensò due volte ad accettare l'invito, prendendo subito posto accanto alla spada più anziana. La sua posizione era però meno elegante con le gambe incrociate e le mani fiaccamente poggiate sulle ginocchia.
Munechika nel guardarlo provò l'immediato istinto di correggere il suo portamento. Istinto subito scacciato nel rendersi conto di trovare quasi carino quel fare così spontaneo che lui aveva sempre apprezzato. Probabilmente Tsurumaru non se ne era mai accorto ma Mikazuki tendeva spesso ad osservarlo con attenzione, come se stesse guardando una sorta di opera d'arte che ogni giorno regalava qualcosa di diverso: un'espressione, una frase, un gesto. Perché Tsurumaru, con quel suo animo vivace e implacabile era invero fonte di sorprese e anche di letizia. Perlomeno, secondo il pensiero di Mikazuki, il quale si sentiva anch'egli travolto nel vedere tanta energia e vitalità; seppur provasse spesso anche una sorta di incontrollata tenerezza, un affetto profondo e incondizionato.
Un po' come in quell'istante, in cui rise con pacato modo nel vedere Tsurumaru scottarsi la lingua con il tè ancora bollente, emettendo versi di disappunto per quel piccolo, doloroso incidente dovuto alla disattenzione.
«Non ridere!» lo rimproverò, gesticolando freneticamente con la mano dinnanzi la lingua. «Non è divertente!»
«Sai che lo è.» Gli rispose, con la bocca coperta dall'ampia manica del kimono.
Tsurumaru gonfiò le guance  indispettito e lo guardò come un bimbo infastidito, cosa che portò Mikazuki a ridere poco di più. Alla fine la spada più giovane si arrese e quando la lingua smise di bruciargli alquanto, riprese parola.
«Perché avevi portato con te due chawan?»
«Vedo che sei attento nonostante le apparenze.» Mikazuki era piacevolmente sorpreso, seppur sapesse che Tsurumaru nonostante le apparenze fosse un ragazzo incredibilmente intelligente nonché una delle spade più promettenti tra tutte. «Ne porto sempre due con me nell'eventualità di avere un ospite o di far piacere ad uno spirito che vorrebbe ricevere attenzioni. Sai, tra gli umani vi è l'usanza di portare le offerte ai defunti, così nel qual caso si aggirino ancora sulla terra possono sentirsi apprezzati senza patire la solitudine.»
«Un po' macabro...»
«Solo se ci sofferma sull'aspetto negativo della morte. Vi è un concetto molto più intimo e profondo, con a base l'amore e la pace. E' difficile da spiegare però posso provare a farti un esempio. Se tu adesso fossi solo, invisibile, dimenticato da tutti... non vivresti in un'infinita tristezza?»
«Ma potrei sentirmi allietato se ci fosse qualcuno che pur non sapendo nulla di me e magari senza vedermi mi porti una tazza di tè e mi fa compagnia in un luogo tanto bello.»
Munechika sorrise gentile. «Hai afferrato il concetto.»
«Una parte. Hai detto che è molto più complicato.»
«Non so se un giovanotto come te ascolterebbe i ragionamenti di un vecchietto, pertanto non mi sono espresso oltre.»
Tsurumaru sospirò, reggendosi sui palmi delle mani mentre chinava di poco la schiena all'indietro.
«Bé, personalmente sei l'unico vecchietto che potrei ascoltare per ore.»
«Questo mi fa molto piacere sentirlo.»
Tsurumaru alzò lo sguardo verso i ciliegi sopra di sé; poi in silenzio ammirò la luna, il laghetto, il prato. Infine chiuse gli occhi e inspirò quell'aria piacevole per un po' prima di riaprirli. Mikazuki lo guardò tutto il tempo, dal modo in cui si perse alla visione della luna, a come i capelli venivano smossi dal vento mentre stuzzicavano le sue guance candide.
«E' un posto bellissimo qui.» Proclamò infine Tsurumaru, quando lentamente riaprì gli occhi.
Mikazuki annuì con un cenno del capo. «Lo è.»
«Posso venire più spesso, qui? Con te?»
«Chi sono io per negarti una tale visione. Questo è pur sempre un luogo a cui tutti possono avvicinarsi, solo che non lo fanno.»
Sul bordo del chawan si appoggiò una farfalla dalle ali dorate e i bordi neri; la guardarono deliziati sia Mikazuki che Tsuru. Quest'ultimo provò poi a farla appoggiare sul suo indice, senza però riuscirci. Dalle sue labbra fuoriuscì un "accidenti" e un sospiro sconsolato.
«Tornando al discorso...» proseguì Tsurumaru, «Io sarei geloso di questo posto. E' troppo bello per lasciarlo a tante persone.»
Mikazuki scosse il capo. «E' vero, ma non puoi governare la natura come non puoi costringere una farfalla a posarsi sulle tue dita. Capisci, questo è il nostro patrimonio, di tutti. Personalmente lo reputo uno dei miei luoghi segreti, così come lo hai chiamato tu, ma se altri venissero qui non potrei mai impormi, anche se magari lo apprezzassi e lo rispettassi più di loro.»
«E se fosse il nostro luogo segreto?»
La voce con la quale aveva parlato era stata così naturale e disinvolta da aver lasciato Munechika colmo di delizioso stupore. Tsurumaru era realmente simbolo di ingenua spontaneità molto spesso ma non per questo non riusciva a stupire persino un uomo come Mikazuki, il quale non si aspettava certamente una simile richiesta. Richiesta che però ebbe come risposta un sorriso sincero.
«Ne sarei contento.»
Tuttavia, in quel momento, proprio quando Tsurumaru era in procinto di dir qualcos'altro, Mikazuki si alzò dal suo posto e disse che dovevano andar via. La vecchia spada oramai riconosceva i sentori di una nuova chiamata, percepiva quasi come un sesto senso l'avvicinarsi del lavoro, di un nuovo compito, della voce di Saniwa che invocava il loro aiuto e la loro forza.
«Sei sicuro, jiji?» Chiese Tsurumaru.
«Sì.»
Mikazuki dunque cominciò ad incamminarsi, seguito dalla spada dai bianchi capelli.
«Non credere che non abbia notato che stessi per dirmi qualcosa. Qualunque cosa fosse, me la dirai in seguito, d'accordo?»

Angolo dell'autrice.
Il writober è davvero un miracolo: sto riuscendo a scrivere anche quelle cose che progettavo da una vita senza però farlo mai. Touken Ranbu e la MikaTsuru era tra queste, peccato che il tema odiero fosse "Cliffhanger" quindi una fanfic che si interrompeva su un momento particolare. Ma va bene così, saprò a cosa rifarmi la prossima volta.


 
  
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