Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: EuphemiaMorrigan    19/10/2018    3 recensioni
La storia partecipa alla JotaKak Week 2018.
Sette drabble per descrivere sette momenti nei quali Jotaro ha pensato a Kakyoin, ogni volta in maniera differente.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jotaro Kujo, Noriaki Kakyoin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le scarpe nel deserto pesan sempre un po’ di più.

01. Arte.

La temperatura arida e asciutta gli seccava il palato, chilometri di sabbia e dune, modellate dal vento Sahariano, riempivano gli occhi di Jotaro. Nessun orizzonte a cui aspirare.
Tolse il cappello e asciugò il sudore sulla fronte, poi lo sistemò di nuovo in testa mentre adocchiava Noriaki: seduto sul cofano della Jeep in panne, concentrato a studiare un foglio di carta spiegazzato, la punta della matita poggiata alle labbra.
«Cosa fai?» domandò, approssimandosi a lui.
Neppure si voltò, ma rispose educato: «Quando torneremo in Giappone racconterò di questo viaggio attraverso i miei disegni».
Jotaro abbozzò un sorriso, sbirciando curioso il suo lavoro. «Sicuro di voler mostrare anche Polnareff?».

02. Ballare.

Africa, il terzo continente più esteso della Terra e uno dei più poveri. Jotaro faticava a camminare, bloccato da mendicati e bambini al seguito che, al grido di ‘Bottle’, lo stavano assordando.
Il contatto indesiderato, la calca e il costringersi ad ignorare il più possibile ogni strattone ricevuto, cominciavano a metterlo in difficoltà. Superato l’ennesimo mercatino dell’usato, investito da suoni fastidiosi e odore di spezie, si lasciò sfuggire un pesante sospiro.
«Ti mette voglia di ballare, non pensi?».
Rivolse la sua attenzione a Kakyoin, stava sorridendo e, con la mano vicino all’orecchio, gli faceva segno di ascoltare bene oltre il fracasso i canti tipici di quel luogo.
Sapeva sempre quello di cui aveva bisogno.

03. Scherzi.

«Perfetto, tu posiziona il secchio sopra la porta, io chiamo Jean Pierre».
Nel momento in cui gli aveva chiesto aiuto, Jotaro non credeva fosse per quel futile motivo; in verità neanche lo conosceva abbastanza da saperlo capace di giocare certi tiri mancini.
«Perché?».
«Devo vendicarmi a causa di un certo bambino portatore di Stand. – Jotaro aggrottò le sopracciglia, confuso da quella spiegazione. – Per favore, Jojo» aggiunse Kakyoin.
«Yare yare...» sbuffò, aveva ceduto.
Alla fine, quando Polnareff, varcando la soglia della propria camera, si bagnò come un pulcino, la risata di Noriaki poté udirsi per tutto il corridoio.

04. Università.

Costretti ad accamparsi sotto le stelle per l’ennesima volta, mentre gli altri dormivano nei sacchi a pelo, Jotaro rifletteva, impegnato a rigirarsi il cappello fra le mani e, forse, cercare risposte nelle pieghe della stoffa.
«Sveglio anche tu?» Noriaki interruppe il filo dei suoi pensieri, offrendogli una tazza di tè caldo.
Lo ringraziò con un gesto del capo. «Siamo quasi arrivati a destinazione».
«E hai timore di quel che accadrà?».
«No, mi chiedevo cosa farò dopo, il mio futuro» disse, stranamente sincero.
Kakyoin s’era portato la mano al mento, massaggiandolo con due dita: «Quesito interessante, soprattutto prima di sapere se torneremo vivi».
«Tu ci hai mai pensato?» domandò a brucia pelo. L’idea di Noriaki morto lo angustiava, preferiva non parlarne.
L’altro strinse i pugni dietro la schiena, alzando il viso al cielo stellato. «Lo farò quando tornerò a casa, magari insieme».

05. Hurt/Comfort.

Il silenzio era palpabile nella stanza d’ospedale, talmente denso da sentire il respiro di Kakyoin come un grido assordante. Malgrado i bendaggi sugli occhi e l’intervento repentino dei medici della Speedwagon, seguito da rassicurazioni di guarigione, a Jotaro quello sembrò un avvertimento da non ignorare.
«Dobbiamo ripartire» spezzò la quiete, aspettandosi una tempesta imminente.
«Lo so, è giusto».
Strinse le labbra, incapace di rassicurarlo.
«Vi raggiungerò appena mi sarò ripreso».
Avrebbe dovuto dirgli di non farlo.

06. Addio nostalgia.

La zampa recisa di Iggy pareva un presagio di sventura, Jotaro ne era quasi convinto.
Tutte le fibre del suo corpo entrate in allerta, ormai pochi metri li dividevano dalla residenza di Dio e, per quanto esternamente appariva composto, il sangue dei Joestar ribolliva in lui.
Il pensiero vagò senza freni a Noriaki, l’insolita nostalgia provata in quei lunghi giorni di distanza forzata, s’era trasformata in sollievo a saperlo al sicuro, lontano da lì.
Ma la sua fortuna durò pochi secondi, estinguendosi e diventando angoscia nell’istante in cui udì la voce del ragazzo richiamarlo.

07. Futuro.

Il futuro è un’ampia landa di incertezze e rimpianti.
Lo credeva fermamente mentre rivangava il passato, seduto alla scrivania del proprio ufficio: un bicchiere di whisky nella mano e nell’altra la foto di amici perduti.
All’età di diciassette anni non avrebbe mai creduto che si sarebbe trovato lì, in uno Stato diverso dal Giappone, a ricordare il viaggio in Egitto con un misto di amarezza e rammarico.
Spostò lo sguardo sulla cornice a fianco, su cui spiccava il disegno infantile di un delfino; poggiò l’alcool dinanzi al ritratto ingiallito e si rialzò: «Buona notte, Noriaki».
Sorrise, Jolyne era quella porzione di futuro che ancora gli dava speranza.

 

   
 
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