Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Miryel    20/10/2018    16 recensioni
Sei sparito e sei riapparso, in un mondo dove la gente è vestita come zia May nelle foto di quando era giovane. Dove gli Avengers non esistono, ancora; dove tu non sei nato e dove Tony, per uno scherzo del destino, ha la tua età o forse poco più.
Buffo, ridicolo.
Uno schiocco di dita ti ha separato da lui, ed ora ce l’hai di fronte ringiovanito di una vita.
[ Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

 

[ Starker/Young!Starker | Young!Tony x Peter | Tony x Peter | SPOILER INFINITY WAR | What If? | Word Count: 2637]
 

Born To Be Yours

A story about a time traveler
•••

 


Capitolo III- A Sign of the Time

 

  Lasciò scivolare la mano sotto la maglietta, incontrando la pelle indurita – dagli addominali contratti, sotto ai polpastrelli – provando un brivido dietro la schiena a quel contatto; come se fosse sempre la prima, dannata volta. Sentì le guance andare in fiamme, quando anche le mani di Tony andarono a sfiorare la sua pelle – quella sotto al mento, scostando la t-shirt per liberargli una spalla quel tanto che poteva. Lo sentì sorridere, contro il suo incavo del collo, sbuffando divertito da qualcosa che Peter aveva quasi dimenticato di portare addosso. Poi ricordò.

  «È quello che penso?», chiese l’uomo, baciandogli la parte a cui si riferiva: due piccoli fori che si erano rimarginati ormai totalmente; il morso del ragno che aveva un po’ dato inizio a quella situazione in cui ora si stava trovando, che aveva cambiato la sua vita quasi rendendola perfetta. Dannatamente perfetta. Così tanto da non esserlo per niente. Peter sorrise, lasciandogli un bacio sui capelli brizzolati; la gelatina secca gli pizzicò le labbra, ma era quasi piacevole.

  «Sì, sembrano i segni di un vampiro, vero?», domandò, dimenticando di avere le gambe tra le sue, seduto a cavalcioni in attesa di farsi inglobare e diventare un tutt’uno, come ogni notte.

  «Un vampiro in miniatura, sì», lo assecondò Tony, esibendosi poi in una breve risata che scemò, quando alzò lo sguardo di nuovo sul suo, e i loro occhi si incrociarono. «Ti ha fatto male?»

  Mai come il tuo sguardo sul mio, pensò Peter, la bocca schiusa, ancora incapace di abituarsi a certe occhiate penetranti, attente, pregne di desideri nascosti – malgrado le volte imprecisate in cui si era trovato a doverle sentire addosso.

  «Solo per un attimo…»

  «Poi nulla?»

  «Poi nulla», ripeté, alzando le mani per passargli le dita tra i capelli; per sentire tra le falangi le ciocche sciogliersi, ammorbidirsi, poi lo baciò e si fece spogliare lentamente, dimenticando ancora quel segno, per l’ennesima volta, come se non avesse avuto poi tutta quell’importanza, dopotutto.

 

 

•••

 

   Hai passato le ultime due settimane a vivere – o almeno a provarci, senza privarti di troppe cose da dire, come invece avevi fatto prima di quel bacio, di quella dichiarazione adolescenziale, di quell’ammissione di una cotta che lui ti ha detto di provare per te, che tra trent’anni avrà il sapore dolce e doloroso di un amore disperato. Necessario. Che trascende persino il tempo, a quanto pare. Ci sono cose che gli hai detto, al Tony di questo tempo e cose che gli hai tenuto nascoste, per rispetto del Tony del tuo presente. Cose che avete condiviso, cose che con l’altro condividerete poi, ma sarà affare di un altro Peter Parker. Uno che non sa ancora niente, uno che ancora non è nemmeno nato.

   Lo S.H.I.E.L.D. ti sta ospitando da troppo, e tu hai solo un modo per ricambiare: renderti disponibile ai test che vogliono farti, perché sei troppo strano, troppo diverso, troppo particolare per lasciarti stare… e tu non hai altro modo per ripagarli e, sebbene ti mortifichi prestarti così, lo fai. Tony non è mai d’accordo, quando ti chiamano per metterti sotto osservazione come se fossi una minaccia, o un alieno sceso sulla terra o, come ama definirti lui, un topo da laboratorio piccolo e indifeso.

  «Che cazzo, Peter! Perché dici sempre di sì? Mi fai incazzare, sul serio!», ti ha detto, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, frustrato dal fatto che il vostro appuntamento a Central Park sia saltato per quel motivo. Tu hai sorriso, cercando di rassicurarlo, mentre ti infilavi il camice verde che, ormai, non ti fa nemmeno più la stessa brutta impressione di prima.

  «Non ho altra scelta. Loro… mi danno vitto e alloggio, non fanno domande, però vogliono capire, forse addirittura archiviare da qualche parte chi accidenti sono. Non posso dire di no, sarebbe maleducato.»

  «Maleducato è dare buca a me, per permettere loro di analizzarti e farti infilare in una macchina per le tac, come se fossi una specie di fenomeno da baraccone», ti ha risposto, brontolando come sempre, incapace di ammettere che a volte è necessario fingere che le cose vadano bene così come sono, anche se non è così. Ti sei avvicinato e hai sbuffato leggermente. Con il Tony del tuo presente non è sempre semplice discutere, ma almeno a volte sembra comprendere – seppure lo faccia con una difficoltà incredibile. Con il Tony adolescente è una partita persa in partenza. Non ammette repliche e non ammette di avere torto, nemmeno sotto minaccia.

  «Ho altra scelta, Tony?», gli hai chiesto, retorico e lui, dopo averti guardato offeso per troppo, ha sbuffato.

  «No, non ce l’hai», ti ha risposto, poi ti ha indicato con un gesto teatrale, «Però non è giusto, ecco! Io… ci tenevo. Perciò vedi di tornare presto o darò di matto. Lo sai che sono abitudinario e se mi rompono la routine divento insopportabile!»

  Hai riso, e lo hai baciato e lui non ha potuto fare a meno di assecondare quel tuo bisogno, stringendoti così forte intorno alle sue braccia che quasi ti ha mozzato il respiro. Piacevole, come sempre; letale, assuefacente.

  «Non dare di matto», gli hai detto, prima di avviarti verso il laboratorio. Ormai conosci la strada, ed è triste che sia così.

  «Dipende da te», ha deciso di controbattere, facendoti ridere ancora e lasciandosi sfuggire un sorriso, leggero, che non è stato nient’altro che la raccomandazione di non lasciarlo solo troppo a lungo.

 

•••

 

  «Buongiorno raggio di sole.»

  È sempre la stessa, medesima sensazione di smarrimento, quando ti svegli in quel posto a cui ormai sei quasi abituato, ma è quel quasi a rendere il tutto più complesso. Ogni volta che spalanchi gli occhi e ti ritrovi in quel mondo, una malinconia esplosiva ti inonda, peggio di un colpo secco tra le scapole e, inesorabilmente, inizi a fingere che sia tutto okay, tutto regolare. Tutto dannatamente normale. Ma non lo è, e malgrado gli occhi sorridenti di Tony che aspettavano di incontrare i tuoi da chissà quanto, l’anormalità di quella situazione non muterà mai.

  «Quanto ho dormito?», chiedi, stropicciandoti un occhio e puntellando poi i gomiti sul materasso del tuo letto; quello scomodo e duro, dannatamente piccolo.

  «Sei ore. Dicono che stavolta hanno un po’ esagerato con i test. Stai bene?», ti dice Tony e, inclinando la testa di lato per studiarti, si siede sul materasso accanto a te. Sembra quasi non aspettasse altro che quello.

  «Credo di sì… a parte l’incapacità di azionare il cervello, sono abbastanza in forma. Immagino che sia troppo tardi per andare a Central Park, vero?», chiedi, e ti dispiace. Avresti voluto evadere da lì, per anche solo un paio d’ore. Avresti preferito spendere quel tempo a passeggiare con quel Tony, che a differenza del tuo, non ha problemi a tenerti per mano in pubblico. Anzi, sembra quasi la cosa gli risulti semplice. Non puoi biasimare il Tony del tuo presente, anche se è così difficile non fare paragoni certe volte; vi passate troppi anni e, sebbene amare un uomo non risulti sbagliato per nessuno dei due, la differenza d’età vi ha sempre un po’ divisi, in certi casi. Lo hai accettato, ormai ma continua a fare male.

  «Per quello chi se ne importa, ci rifaremo domani. Dicono che per un po’ ti lasciano stare ma… Peter, hai le analisi di un malato terminale e nessuno riesce a capire il perché. So che non mi risponderai, perché sono sicuro che tu ne sia al corrente, ma… è normale?»

  Scatti a sedere sul letto, nel puro e semplice tentativo di rassicurarlo e basta. «Normalissimo. Non sono terminale, ho solo… qualcosa in più che scombussola i miei valori; nulla di cui preoccuparti, okay? Sono così da sempre», gli dici, e lui sbuffa leggermente, ma non smette di carezzarti il dorso della mano col pollice, gesto che sta facendo da quando ti si è seduto accanto.

  «Mi fido di te, ma sono tutti preoccupati. Pare ci sia altro, ma non hanno voluto dirmi nulla.»

  «È meglio così, Tony… per ora, dico. È meglio che tu non sappia e nemmeno loro», ti senti di dire, e ti mordi un labbro quando lui ti guarda con quel solito fare spazientito e frustrato. Incapace di mostrarsi comprensivo perché, lo sai, non gli va proprio giù il fatto di dover aspettare trent’anni per conoscerti. Gli hai detto tanto, abbastanza, ma non troppo. Hai esagerato e lui questo non riesce proprio a capirlo.

  Sei Spider-Man, okay, ma che senso avrebbe dirglielo ora?

  Ti senti in un mondo capovolto, persino voi lo siete. Nel tuo presente, quello che cerca di fermare sul nascere la tua curiosità, è proprio lui. Qui è tutto rovesciato, qui sei tu a dover frazionare le informazioni, ed è lui a cercare di estrapolartele dalla bocca. Non puoi; vorresti, ma non puoi e ne va di troppe cose, ne va di troppa felicità che già non sei più sicuro di ritrovare al tuo ritorno… semmai tornerai. Hai iniziato ad avere qualche dubbio, in proposito. È più di un mese che sei lì, e non hai nemmeno lontanamente avvertito la possibilità di tornare, nemmeno una cazzo di volta. Ti fa male il petto al sol pensiero, eppure una parte di te sa che se non dovessi farlo, non ne soffriresti come dovresti.

  Colpa tua, del tuo amore, della tua arroganza e il tuo brutto carattere. Lo amerei in ogni tempo., pensi, cercando di toglierti ogni responsabilità, mentre lui ti passa una mano tra i capelli forse spettinati, per rimetterli in ordine. Come sempre. Dando a quel gesto una premura che nemmeno tu saresti in grado di dare. Forse nemmeno la stessa importanza.

  «Sei arrabbiato?», gli chiedi, solo perché ha indurito la mascella, malgrado il gesto dolce che ti sta regalando.

  «No», risponde, poi sospira e ti pizzica le labbra con le proprie. Un brivido ti percorre la schiena, un battito del cuore finisce nel nulla, «Sono preoccupato, e tu non mi dici nulla perché non puoi… vorrei solo sapere, ma comprendo che non ne ho alcun diritto. Non ancora».

  «Lo comprendi, ma non lo accetti.»

  «No», ripete e gli prendi una mano, sperando di poter accorciare quella lieve distanza che senti si sta creando, e che non vuoi che si amplifichi, piuttosto vuoi che diminuisca, che si annulli. «Ma è così. Meglio questo che niente, Peter», conclude e ti bacia. È un rimbombo di sentimenti, un boato di emozioni forti e viscerali, persino nuove. No, non sono nuove; sono solo sensazioni che non sentivi da tempo e che ti mancavano e si erano adagiate dentro di te, in un angolo sconfinato, in attesa di poterle provare di nuovo, una volta tornato a casa.

   Anche questa è casa mia, pensi, poi scuoti la testa mentalmente, No, non lo è. Non lo è, Peter! Questo è solo un luogo in cui aspettare, che tu hai reso troppo tiepido per crederlo ancora tale.

  Stai di nuovo superando una linea di demarcazione che non avresti dovuto. Una linea che ti eri imposto di non superare mai: quella dei desideri, della passione. Ti eri ripromesso che avresti tenuto a bada la voglia di carezze intime e del calore della tua pelle contro la sua, ma senti caldo e ti senti scoppiare, quando quel bacio diventa tanto umido da farti girare la testa; tanto profondo da farti accasciare di nuovo sul materasso. Lui sopra di te, il ginocchio in mezzo alle tue gambe, le sue mani strette intorno ai tuoi polsi, come se gli servisse tenerti fermo lì; come se tu volessi scappare. Assurdo e ridicolo. Fa quasi ridere, pensare alla possibilità di non lasciargli fare di te tutto ciò che vuole. Le vostre labbra si dividono come una pellicola; lentamente, strappando via quell’istante in cui sono state una cosa sola. Pregne di libido, gonfie di assurde fantasie da troppo nascoste dietro ai vostri occhi. Tony ansima contro la tua bocca; le sue ciglia lunghe sbattono una sola volta. Sembra non voler perdere il contatto visivo nemmeno se glielo chiedessi in ginocchio e, con una dolorosissima gentilezza, ti fa una confidenza.

  «Dimmi di no. Dimmelo ora, Peter o non mi fermi più», ti dice, e c’è tanta frustrazione nella sua voce, quanto una crescente paura. Paura di non riuscire a trattenersi, pur ricevendo un tuo no; paura di deluderti perché sì, è la sua prima volta.

  Ti stai prendendo anche quel merito, Peter… e non hai alcuna intenzione di toglierti anche quel privilegio; ti senti un egoista, un menefreghista. Sensazioni che in vita tua non hai mai nemmeno pensato di poter provare. Taci e basta. Lo tiri per il colletto della camicia a quadretti e lo baci di nuovo. Vuoi svuotare la mente, vuoi smetterla di pensare, e quasi ci riesci, se solo non fosse per quell’eco disturbante che non la smette di ripeterti la stessa, medesima, frase.

  Te ne pentirai. Te ne pentirai. Te ne pentirai. Amaramente, Peter.

  È una forsennata lotta fatta di ansiti e dita strette intorno ai capelli; di labbra che continuano a dividersi e cercarsi ancora; di sguardi ardenti e guance bordeaux. Vi dividete ancora, mentre un rivolo di saliva vi tiene ancora aggrappati l’uno all’altro, e la bocca di Tony esplora altro e scende dal tuo mento, al tuo collo, e poi le spalle e ogni tocco è un bagno di saliva bollente, poi si ferma.

  «Che cos’è?», ti chiede, e il tempo smette di scandire il suo corso; persino i sospiri diventano quasi nulli.

  Spalanchi gli occhi, ti porti una mano sulla fronte. Fissi il soffitto; L’ha trovato. «Il motivo per cui mi conoscerai», gli dici, poi rabbrividisci, quando la sua mano scivola sotto la tua maglietta per accarezzarti con una premura disarmante e una sensualità decadente. Sofferente. Inesperta, ma unica. Tony lascia un bacio sulla cicatrice, poi un altro e un altro ancora; la sta ringraziando, forse. Le sta riservando una specie di rispetto, quasi spiazzante. E tu sei lì, in bilico, a trattenere gemiti di piacere e una tristezza sconfinata al pensiero di aver deluso il tempo e aver infranto le regole, di nuovo. Con la sensazione di avere qualcosa da sanare. Non in quel tempo, non in quel contesto. Ribalti la situazione, perché vuoi solo smettere di pensare. Nulla più. Gli sali a cavalcioni sulle gambe, e quando Tony si alza a sedere per accorciare la distanza fra i vostri sguardi, gli infili le dita nei capelli e lo baci con passione. Le sue mani sono sulla tua schiena, ad accarezzarla come le corde d'un violino, come se le tue vertebre fossero i tasti d’avorio di un antico pianoforte. Lo stesso tocco, identico, fatto della stessa premura e la stessa passione che userebbe anche l’uomo che ti sta aspettando nel tuo presente. La tua stessa, medesima supplica negli occhi di avere di più, di sentire di più, di condividere di più. Più labbra, più sguardi, più respiri, più pelle. Ogni gemito trattenuto è una condanna a morte; una lama che falcia in due la libertà che ti stai prendendo. Eppure è tanto dolce, tanto meraviglioso, tanto piacevole da farti piangere dal piacere.

  La luce soffusa delinea ogni sagoma; le mani si intrecciano, le anime pure. La sensazione è di toccare il cielo con un dito, ma sai per certo che quando tutto questo finirà, la brusca realtà dei fatti tornerà a schiacciarti, perché sai di aver agito con troppo istinto, nel momento esatto in cui non avresti dovuto farlo. Dovrai fare i conti con troppe cose; cose più grandi di te. Cose che non sai nemmeno come riparare. Ora non importa. Dopotutto non ha mai avuto importanza.

  Per terra, gettati senza un minimo di premura, un mucchio di vestiti, tra cui un indumento in particolare che spicca tra tutti. Una felpa rossa.

  La sua.
 


Fine Capitolo III

 
 


____________________________________
 
Angolo delle angolate angolose di Miryel:
È il terzo capitolo, ed io sono immensamente triste all'idea che il prossimo sarà l'ultimo perché, dico la verità, questa storia mi sta spompando di ogni energia, mentre la scrivo, ma allo stesso tempo mi fa piacere farlo (poi va beh, che io voglia cestinare ogni capitolo il giorno dopo in cui è stato pubblicato è un'altra storia che, da quanto ne so, accomuna un po' tutti gli scrittori, ahimé XD). Esplorare questo giovane Tony, vederlo evolvere, averlo ficcato in questa storia annoiato e in attesa di una svolta, per poi vederla arrivare e cambiargli la vita mi ha insegnato tanto, ma di più è stato importante farlo dagli occhi di un Peter confuso dall'amore e dalla paura di rovinare tutto... non così tanta da fermarlo, comunque. 
Penso che il personaggio di Peter Parker sia un eterno infelice, che perde sempre tutto ed è per questo che non ama affezionarsi o cerca di prendere le distanze, pur rimanendo la persona gentile e adorabile che è... ma quando sa che qualcuno lo ritiene importante, tutto cambia e crolla, e tutte le sue certezze si capovolgono e lui non sa nemmeno più chi è. Troppi istinti, che credeva di avere solo ed esclusivamente indossando la tutta di Spider-Man.
L'idea dei due segni sul collo è un mio headcanon. Di solito il morso del ragno è per lo più sulla mano, anche nel contesto canonino ma, nell'MCU non è ancora dato sapere come il nostro ragnetto abbia ricevuto i suoi poteri e come... un morso, sì, okay, ma dove? Sul collo... perché, sostanzialmente, era erotico, ecco!
La felpa rossa, rindondante, è il denominatore comune tra i due, così diversi, così simili, ma entrambi caratterizzati da questo rosso, quando sono dentro le loro vesti di supereroi, che mi ha sempre un po' fatta sclerare... insomma, ogni volta che qualcosa li rende simili, io impazzisco.
Sarà la vecchiaia.
Sperando che anche questo terzp capitolo vi abbia incuriositi, vi do appuntamento alla prossima settimana. 
Dedicata a tutte quelle persone che stanno seguendo e recensendo questa storia; grazie sul serio.
Ringrazio infine il gruppo, ringrazio i suoi utenti e ringrazio chiunque mi stia ancora sopportando.
Un caro abbraccio.
Miry
 

 
   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Miryel