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Autore: bluepetrol    20/10/2018    4 recensioni
Il sesto anno di Hermione non sta andando come previsto. Braccata dai Mangiamorte, assistiti dal Ministero, sorvegliata dall'Ordine e con la metà dei suoi amici che cercano di infilarla in un corpetto solo per farglielo strappare dal suo nuovo marito. No, sicuramente non come aveva previsto.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Hermione gli conficcò le unghie nel braccio, calciandogli allo stesso tempo le ginocchia, gli stinchi, e qualunque altra parte del corpo a cui riuscisse ad arrivare. “Lasciami andare, bastardo!” “La smetterai di farmi male ogni volta che sono vicino a te, maledizione!” urlò Sirius, spingendola lontano da sé. La ragazza si preparò a collidere con il pavimento, solo per veder la sua caduta interrotta da un morbido materasso. Si allontanò di scatto dal letto, cercando di riconoscerne le coperte, ma non era di nessuna stanza in cui fosse stata finora. “Dove siamo?” chiese, cacciandosi la mano in tasca in cerca della bacchetta. “Dov’è la mia dannata bacchetta?” “La mia stanza ai Tre Manici di Scopa,” le disse asciutto, passando la sua bacchetta graffi che gli aveva appena lasciato sul braccio. “Dovevi proprio sfregiarmi così?” “Dov’è la mia bacchetta?” chiese di nuovo, intenzionata a fargli sentire il panico che stava iniziando a provare. “Ce l’ho in mano,” replicò. “Sei cieca?” “Ridammela!” “Ci terrei a tenermi le palle, grazie tante,” disse con leggerezza. “E mi hai fatto abbastanza male anche senza magia, quindi la terrò per un po’.” Arrabbiata e sul limite dell’isteria, lo guardò mettersi la sua bacchetta in tasca e incrociare le braccia. “Riportami indietro,” richiese. “No.” “Ho le lezioni!” “E potrai metterti in pari più avanti. Minnie sa dove sei,” disse. “E anche Silente.” “Ti ha lasciato sequestrarmi?” boccheggiò, passandogli oltre fino ad arrivare la porta, girando e tirando la maniglia fino ad avere i crampi per lo sforzo vano. Sirius si mise a ridere, ma non per il suo tentativo di fuga fallito. “Pensi che sarei riuscito a procurarmi un permesso per una Passaporta con il Ministero nelle grinfia di Voldemort? Silente ha dovuto farne una per me.” Si girò, guardandolo attonita. Perché sembrava che tutti cospirassero contro di lei? La McGranitt aveva dato il permesso per farle saltare la lezione; Silente aveva facilitato la sua involontaria rimozione dal castello; Ginny e Tonks, anche la mamma di Harry, l’avevano spinta ad indossare quell’assurda biancheria. Era tutta un’enorme cospirazione contro di lei. “Abbiamo una scadenza che non ho intenzione di superare,” la informò con fermezza, senza ironia o minaccia nella sua voce. “Sono ancora arrabbiata con te,” osservò. “Bene, hai tredici ore per fartela passare,” disse. “Quindici,” lo corresse. “Mezzanotte è fra quindici ore.” “Beh, vorrei pensare che duri più di un minuto,” replicò con un sorrisetto. “Non cominciare!” lo avvertì. “Tu e la tua dannata vanità, e il tuo dormire con gente che non ami e i tuoi maledetti manuali sul sesso.” Stava vaneggiando e lo sapeva, ma era oltremodo furiosa. “E come diavolo fai a cambiare i miei libri?” chiese, battendo forte il piede a terra. “Quello?” ghignò, lanciandosi sul letto e incrociando le mani dietro la testa. “E’ stato facile. Ho imparato quell’incantesimo al terzo anno, trovandolo in qualche vecchio tomo polveroso in biblioteca. Lo usavamo per nascondere quel che stavamo davvero leggendo ai professori. Dannatamente utile quando abbiamo studiato per diventare Animaghi.” Si interruppe, facendole segno di sedersi, offerta che lei rifiutò senza neanche prenderla in considerazione. Facendo spallucce, continuò, “L’incantesimo è sorprendentemente semplice, solo una parola ‘mutaro’, ma devi avere entrambi i libri di fronte a te e concentrarti mentre muovi la bacchetta per modificare ogni pagina.” “L’hai fatto con ognuno di quei libri?” la sua faccia si contorse in un’espressione di incredulità. Ancora una volta scrollò le spalle. “Ero annoiato.” “Non lo eri,” insistette lei. “L’hai pianificato, sapevi che l’avresti fatto quasi da quando ci siamo fidanzati. Era premeditato!” “Il fatto che fosse premeditato non cambia la possibilità che fossi annoiato,” replicò, alzando le sopracciglia. “Non mi piace più uscire, dunque resto a casa. Ho letto tutti i libri nella mia libreria, e Lunastorta è via a fare qualunque ‘affare dell’Ordine’ si rifiuti di condividere con me. Avevo una fidanzata carina e pudica da indispettire, quindi ho iniziato a complottare. E’ ciò che faccio. Fattene una ragione.” “Aspetta…” disse. “Come hai fatto a mettere le mani sui miei libri, tanto per cominciare?” “Ho i miei alleati segreti,” sorrise. “Ginny.” “Non confermerò né negherò quest’accusa,” disse. “Quindi è così che continuavano a cambiare anche dopo che li avevo controllati tutti. E io che pensavo fosse qualche sbalorditivo incantesimo impostato a tempo,” sbuffò, sedendosi sulla sedia posta di fronte alla piccola scrivania, incrociando le braccia trionfalmente. “Mi offendi,” la guardò male. “E’ un meccanismo magico sbalorditivo e lo sai. E non era impostato a tempo; quelli sono per principianti.” “Oh?” lottò per mantenere un’espressione impassibile, sapendo che se avesse tentato con una annoiata lui avrebbe capito quanto fosse in realtà curiosa; l’uomo era davvero intelligente, su questo Ginny aveva ragione, ma non significava che dovesse dimostrargli il suo vero interesse per le sue prodezze magiche. “Si, qualunque cretino del secondo anno potrebbe cavarsela con un impostazione di tempo,” agitò la mano, come se per scacciare qualcosa. “Ma una parola d’ordine specifica ad una voce… quella è un’impresa.” “Hai rinchiuso il testo nascosto in un incantesimo dissimulato da una parola d’ordine?” la sua voce lasciava trapelare il suo stupore, ma non le importava. “Come hai fatto a non farla intercettare da i miei incantesimi rilevatori?” Lui sorrise, “Ancora più difficile, un Confundus localizzato.” “Ma non sono stata Confusa,” replicò. “Non tu,” agitò il dito. “La tua bacchetta. Le bacchette scelgono il mago, perciò hanno abbastanza coscienza per essere Confuse.” La strega aggrottò la fronte. “Non ho mai letto di una cosa del genere…” “Io neppure. Una volta ho tirato ad indovinare – molto tempo fa – e ho fatto un esperimento con un Confundus sulla bacchetta di Lunastorta, ed ho scoperto che avevo ragione.” La mascella le cascò senza che lo volesse. “Hai idea di quanto pericoloso avrebbe potuto essere? Fare esperimenti con le bacchette può essere pericolosissimo! Avresti potuto far saltare in aria mezzo castello!” “Ti ho mai detto di quanto fossi un giovane spericolato?” Ghignò. “Remus non era neanche lontanamente bravo a tenermi in riga rispetto a quanto lo sei tu con Harry. Ti ho mai ringraziata per questo, a proposito?” “Non osare fare il condiscendente con me,” abbaiò. “Qual è la parola chiave, e come faccio a far tornare i miei libri come prima?” L’uomo sospirò, “Va bene. La parola è ‘libro’. Poco creativo, lo so, ma ho immaginato che lo dicessi a sufficienza perché funzionasse a dovere. Ho pensato di usare il mio nome per innescare lo scambio, ma non volevo risultare presuntuoso e pensare che parlassi di me spesso abbastanza per esserla.” Si interruppe, sorridendole come se stesse aspettando che confermasse che ‘Sirius’ avrebbe potuto essere la parola d’ordine. Quando rimase zitta, sospirò nuovamente e continuò, “Per quanto riguarda il farli tornare come prima, ti lascerò risolvere l’arcano da sola. Ora che sai qual è il meccanismo, sono certo che riuscirai a trovare un modo per ripristinarli.” “Sei stato tu a creare questo problema; perché dovrei sistemarlo io?” S’impuntò. “Perché non porto rispetto per qualcuno che non sa risolvere un problema così semplice,” disse con un sorriso compiaciuto sulle labbra, chiudendo gli occhi e iniziando a canticchiare. Afferrando il primo oggetto che riuscì a trovare, glielo scagliò contro. “Come se m’importasse qualcosa di ciò che pensi!” Sirius riuscì in qualche modo ad evitare di venir colpito dal fermacarte, un vero peccato agli occhi di Hermione, e replicò con un tono più acido. “Ovviamente t’importa se quel che dico ti disturba così tanto.” “Mi disturbi perché sei un insopportabile, insensibile, cretino immaturo!” urlò, reincarnando ogni insulto al suo carattere con un oggetto indirizzato alla sua testa. Nessuno colpì il bersaglio, ma di certo riuscirono ad evidenziare il concetto. “Potremo essere sposati, ma questo non vuol dire che la cosa mi piaccia! O che mi piaccia tu!” Si lasciò ricadere nella sedia, girandosi verso il muro opposto. “Vattene e basta.” “Ho pagato per la stanza. Non vedo perché me ne dovrei andare.” “Allora sblocca la porta così posso andarmene io. Sono stufa di doverti guardare,” scattò, continuando a rifiutarsi di girarsi. Odiava tenere il broncio; quando si arrabbiava, preferiva urlare, lanciare cose, o maledire la persona in causa e scappare per sbollire per conto suo. Sirius le stava negando la possibilità di andarsene, il che le lasciava solo fulminarlo come opzione. “Beh, è un vero peccato allora, no?” Un silenzio del tipo più arrabbiato e scomodo possibile calò sulla stanza. Sirius ritornò sul letto, restando disteso nel comfort più totale mentre Hermione rimaneva seduta rigidamente sulla sedia, braccia incrociate strette sul letto e sguardo duro rivolto alla pergamena che aveva di fronte. I minuti silenziosi continuarono a passare ticchettando, diventando un’ora, poi due, poi tre. “Ah, il pranzo,” disse gioviale Sirius come apparse un vassoio sul tavolo di fronte a lei. “Passami un panino, ti va?” Afferrò un panino e cercò con tutte le sue forze di non lanciarglielo dietro. “Tieni.” “Grazie,” rispose. “Prego,” quasi urlò, furiosa che avesse ricordato simili convenevoli. “Quindi,” disse con grazia, “Ho cercato di capire dove va Remus ogni volta che sparisce per ‘gli affari dell’Ordine’ – non hai potuto vederlo da girata, ma ho appena fatto le virgolette. Pensavo che sgattaiolasse fuori per vedersi con Tonks, ma li ho sentiti parlare.” Si interruppe, forse per dare un morso al suo pranzo per darle il tempo di formulare una domanda appropriata. “Beh, sono molto deluso da Lunastorta. Ha respinto la ragazza,” disse tristemente. “Le ha detto di essere troppo vecchio per lei e troppo pericoloso e tutte quelle scemenze.” Fece un’altra pausa. “Se non si incontra con lei, allora deve star davvero andando ad un ‘affare dell’Ordine’ – ancora virgolette – e dev’essere piuttosto importante se non dice neanche a me di cosa si tratti,” sospirò Sirius. “Odio essere fuori dal giro.” Ci fu una lunga pausa che fece credere ad Hermione che avesse rinunciato a provare a continuare un monologo, ma che era in realtà un modo di dargli il tempo di masticare e deglutire, poiché riprese, “Ho preso in considerazione l’idea di intrufolarmi nella sua stanza, ma sospetto che sentirebbe l’odore… il cretino con il suo super olfatto. Sai, a scuola rovinava sempre la sorpresa su chi mi ero pomiciato. Riusciva a sentire il profumo su di me e lo diceva a tutti prima che ne avessi l’opportunità, l’idiota.” “La smetti di parlare?” disse Hermione. “Sto cercando di mangiare.” “Non riesci a masticare ed ascoltare allo stesso tempo?” chiese con un ghigno nella sua voce. “Non mentre cerco anche di combattere l’impulso travolgente di pugnalarti con un tagliacarte, no,” rispose tra i denti. “Come ti pare,” disse, per poi tacere. Sfortunatamente, la sua conversazione su Remus e i suoi ‘affari dell’Ordine’ le avevano dato qualcosa a cui pensare, e si ritrovò a rimuginare su che cosa stesse facendo l’Ordine della Fenice di cui anche Sirius fosse all’oscuro; era uno dei membri anziani dell’organizzazione, e se qualcuno aveva il diritto di conoscere informazioni di vitale importanza, quello era lui. Un’altra delle loro poche, preziose ore passò, durante la quale addentò lentamente entrambi i suoi panini e le informazioni a disposizione. Non aveva visto spesso Remus da quando era iniziato il semestre, c’era stato solo quel breve incontro quel venerdì sera. Non le era sembrato troppo stressato, no? Il loro arrivo era stato più nervoso del solito, con Tonks e Remus che saltavano ad ogni ombra. Era un segno che stessero aspettando un vero assalto? E se era così, chi era l’obbiettivo? “Hai provato a seguirlo?” chiese, girando la sedia per guardarlo. Sirius sbatté le palpebre per riprendersi da qualunque sogno ad occhi aperti in cui si era perso, “Chi? Ah, Lunastorta? Ci ho provato lunedì notte, ma l’ho perso quando si è smaterializzato giù a Notturn Alley.” “Perché ci sarebbe dovuto andare?” Si chiese. “Beh, non mi sorprenderebbe sapere che ci si sia accampato qualche lupo mannaro,” disse. “Ma credevo che l’Ordine avesse rinunciato a convincerli a non unirsi a Voldemort.” Si accigliò. “La cosa non mi piace.” “Neanche a me,” concordò, lasciando ricadere la sua testa sul cuscino per ricominciare a sognare ad occhi aperti. Hermione si rigirò verso la scrivania, ed iniziò a fare una lista di tutte le possibili cose che Remus avrebbe potuto fare per l’Ordine. La loro situazione era drasticamente cambiata dopo l’abrogazione della Dannata Legge. Era come se Voldemort avesse una nuova ossessione: lei. Un tremito la sfiorò al pensiero di essere il solo obbiettivo del mago oscuro. Se da una parte quello era un pensiero incredibilmente terrificante, per non dire totalmente egocentrico, non riusciva a pensare a nessun altro motivo per la stasi nell’attività dei Mangiamorte. Da quando era diventato il signore nascosto del Ministero, Voldemort non aveva fatto niente con quella sua autorità per portare avanti la sua causa o per ingrandire il suo potere. L’unica cosa che aveva fatto era stata creare la legge matrimoniale così che uno dei suoi tirapiedi potesse sposarla e portarla a lui in catene. Quando quel piano era fallito, aveva creato l’emendamento così che finisse ad Azkaban, perché avrebbe di certo preferito protestare piuttosto che fare sesso forzata. Il nuovo scopo di Voldemort era controllarla. Era l’unica spiegazione per quel cambio repentino nelle tattiche dei Mangiamorte. Ad ogni modo, non cambiava il fatto che Remus scomparisse a Notturn Alley, il covo dei maghi oscuri. “Odio doverlo riportare all’attenzione,” disse calmo Sirius. “Ma sono le otto e abbiamo una scadenza.” Sporgendo una piccola sveglia meccanica prima posata sul suo comodino. “Otto?” ripetè lei incredula, strappandogli l’orologio dalle mani. “Quando sono arrivate le otto? Cos’è successo alla cena?” Un sorriso compiaciuto fece le sua comparsa sulle labbra dell’uomo, “L’hai mangiato mentre te ne stavi aìseduta a fissare il vuoto. A che stavi pensando?” “Davvero?” abbassò lo sguardo sul piatto vuoto sul tavolo, per poi riportarlo su Sirius, che annuì. “Stavo pensando a Voldemort, devo aver perso la cognizione del tempo.” “Beh, ci rimangono quattro ore,” commentò lui. Lo fissò, le sue preoccupazioni iniziali subito di ritorno, umiliata al pensiero di quanto infantile potesse sembrare con la sua uniforme, dopo una sfuriata e dopo essersi persa nei suoi pensieri per così tante ore senza neanche rendersene conto. “Vai a farti una doccia o qualcosa per rilassarti,” le suggerì. “Non vado da nessuna parte.” Annuì la sua condiscendenza e di diresse in bagno, ricordandosi ad un certo punto tra lo sciacquarsi i capelli e il lavarsi i piedi che era stata arrabbiata con lui solo undici ore prima, e che ora stava obbedendo ai suoi ordini in silenzio. Voldemort l’aveva resa il centro delle sue attenzioni, e allora? Aveva solo diciassette anni e suo marito ne aveva trentasei, e quindi? Nulla cambiava il fatto che Sirius si fosse comportato da manigoldo. Buttandosi i vestiti addosso, sfrecciò in camera. “A che gioco stai giocando?” gli chiese. “Non ti sei ancora scusato con me!” “Questo perché non sono dispiaciuto,” disse, come dato di fatto. “Apprezzo come ti senti. Me vorrei che lo superassi, così che non finiamo ad Azkaban. Devo ricordarti che ci ho passato diverso tempo e so per certo che non è un posto che valga la pena visitare?” “Non m’importa della scadenze e di Azkaban,” ripeté. “M’importa che ti mi abbia trattato in modo orribile e non ti sia scusato. Si alzò languidamente, stirando le sue lunghe braccia mentre faceva il giro del letto. Fermandosi esattamente di fronte a lei, pensò alla sua rabbia persistente e sorrise. “Quando so di essere in torto, mi scuso,” le disse. “Non penso di esserlo stavolta.” “Tu-“ iniziò a rimproverarlo di nuovo, ma lui abbasso la testa e baciò le sue labbra imbronciate. “Ho bisogno di una doccia,” disse, girando intorno alla povera, stordita ragazza. “Come fa a fare sempre così?” domandò alla stanza vuota.


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