Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: shilyss    20/10/2018    40 recensioni
Il fiero dio degli inganni è stato condannato dagli Asi a una pena atroce, più terribile della morte stessa. Incatenato a una roccia e torturato fino al Ragnarok, non gli resta che ripercorrere nella sua testa ogni nefandezza, vittoria, inganno, progetto, sconfitta. Anche le più terribili e dolorose. Solo che…
Sigyn sapeva che l’animo del dio degli inganni non era fatto per gli spazi claustrofobici di una cella o di una grotta. Ferito orrendamente nelle ambizioni, la sua mente stava iniziando a vacillare verso un baratro di follia che la giovane donna, suo malgrado, riconobbe. Si sarebbe arrovellato fino alla fine dei tempi sugli errori commessi, incapace di accettare la sconfitta e andare avanti, stretto nell’orgoglio disperato e arrogante che gli aveva impedito di chiedere perdono a Odino.
Ecco a voi il mito di Loki e Sigyn.
[Post Avengers][alternative Thor: Dark World/Infinity War] [Loki/Sigyn]
[ ♦ Storia Seconda Classificata parimerito al Contest “Cuore d’Ombra II Edizione” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp. ♦ ]
[ ♦ Storia Vincitrice del Contest "La guerra del Raiting" indetto da missredlights sul forum di EFP. ♦ ]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

II

Com’era bella, quella sera

 

 

 

Tu sei molto, anche se non sei abbastanza,

E non vedi la distanza che è fra i miei pensieri e i tuoi,

Tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco,

Tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi.

Io cerco ancora e così non spaventarti

Quando senti allontanarmi: fugge il sogno, io resto qua!

[…] Vedi cara, è difficile a spiegare,

È difficile capire se non hai capito già

 (Vedi cara, Guccini)

 

 

Sigyn non era un’illusione dolorosa, affatto. Era reale, presente, accanto a lui. Mentre il veleno del serpente continuava a gocciare senza sosta nel bacile sopra le loro teste, lei lo aveva accusato di aver dato il colpo di grazia a un’unione complicata, ma non per questo meno intensa, rinfacciandogli l’esatto momento in cui aveva tradito la sua fiducia e infranto il fragile equilibrio del loro matrimonio. Con amarezza, pensò che sua moglie aveva frainteso ogni cosa pur comprendendo tutto. Si era sbilanciata dicendo che lo amava, certo. Un’ammissione insperata che le era già uscita fuori dalle labbra in un altro luogo, in un altro tempo, sostenuta con una forza d’animo che lo aveva stupito adesso come allora.

 

“Ho deciso che ti sposerò, Loki.” Lo aveva detto dopo essersi seduta accanto a lui, un freddo pomeriggio di fine autunno di molti, troppi anni prima. La dorata Asgard era ricoperta di foglie rosse e la notte stava già cedendo il passo al giorno. Erano fuori dall’infermeria brulicante di soldati feriti. Il dio degli inganni, un braccio fasciato fino alla punta delle dita appeso al collo e uno zigomo viola, le rivolse una lunga occhiata sorpresa. Era ancora troppo intontito dalle pozioni che era stato costretto a ingurgitare nel tentativo di lenire il dolore di quelle ferite, per risponderle con la solita, sferzante acutezza, ma nonostante ciò assottigliò le palpebre.

“Da cosa nasce quest’improvvisa decisione?”

Un briciolo della sua tagliente ironia era rimasto, dopotutto. Di fronte alla proposta ufficiale che le aveva fatto giorni addietro, lei aveva glissato imbarazzata e confusa chiedendogli tempo e ora, improvvisamente, pareva aver cambiato idea.

Sigyn sorrise appena. “Mentre eri in battaglia, non ho smesso un attimo di pensarti,” gli confessò. “Ero preoccupata – a ragione, a quanto vedo – e ho pregato le Norne di farti tornare da me.”

Il dio degli inganni incassò quella dichiarazione d’amore con principesca grazia, senza alcuno slancio, limitandosi ad aggrottare appena le sopracciglia, ma non poté fare a meno di indagare, di scavare nel cuore e nella testa di quella ragazza dalle guance rosse che gli sedeva accanto e si guardava nervosa la punta degli stivaletti.

“Perché? Mi chiamano Lingua d’Argento, il Fabbricante di Bugie: dicono che sono un truffatore che gode nel seminare caos e discordia. Mi accusano di essere sleale ed egoista perché uso e manipolo il seiðr come forse solo Padre Tutto sa fare. Se non fossi il principe di Asgard, il figlio di Odino, probabilmente sarei a marcire in qualche cella o a vagare lontano dai Nove Regni. Questo ti spaventava, fino a pochi giorni fa; questo e l’amore che dicevi di provare per un altro.” L’aveva costretta a guardarlo sfiorandole il viso con la mano sana e spingendola a voltarsi. “Cos’è cambiato?”

A voce non gli rispose mai. Lo baciò sulle labbra, però.

 

Il punto era che Sigyn capiva – aveva sempre compreso – la sua natura. Riconosceva il suo fiero orgoglio, guardava con un misto di soddisfazione e inquietudine al seiðr che, tramite le rune pronunciate con un filo di voce, creava e disfaceva. Ti ho sposato per amore, sosteneva quando la notte gli cingeva il collo accarezzandogli con dita delicate i capelli – le stesse che ora lenivano le sue ferite – e, di quell’amore perduto e nostalgico la cui unica traccia era un fascio di lettere, non faceva mai parola. Era rimasta colpita dalla sua intelligenza, dal sarcasmo pungente, dai modi affascinanti, persino, e tollerava suo malgrado il suo essere scostante e inafferrabile, ma nel suo cuore c’era sempre un’ombra scura. Perché anche lei mentiva, come tutti. Anche per Sigyn la realtà non era che la visione parziale e soggettiva di una serie di frammenti di eventi, il punto di vista colorato di speranze e suggestioni che non era meno vero del suo o di quello di Thor, di Balder, di Sif o di Padre Tutto in persona. La verità non esiste come valore assoluto, è sempre un’interpretazione che parte dai nostri occhi, e allora, se niente è reale, tutto è inganno, illusione, mistificazione. Così, la sua dea della fedeltà si struggeva perché credeva di avere il cuore diviso a metà, senza sapere né immaginare chi si nascondesse dietro il nome che ad Asgard non aveva mai osato pronunciare. Per un amaro contrappasso, era spezzata tra l’amore spirituale per un uomo che non aveva mai visto e quello di carne e sangue nato malgrado ogni previsione per lui, il dio dell’inganno. Le affinità intellettuali avute con un fantasma perduto di cui a lei rimanevano nient’altro che un nome e qualche sporadico indizio, si mescolavano con i battiti accelerati del cuore per l’altro – Loki stesso. Ruolo che il dio degli inganni si era ritrovato cucito addosso senza volerlo, regista e attore com’era stato dell’intera vicenda, invischiato nella propria stessa tela. Sigyn amava Loki, eppure, talvolta si guardava attorno cercando un paio d’occhi o un volto che riaccendesse la flebile speranza rinchiusa dentro a un baule. L’ingannatore era troppo intelligente e furbo per non accorgersi del vago disorientamento, della lieve malinconia che ogni tanto avvolgeva la sua giovanissima moglie. Avrebbe potuto risparmiarle quell’ansia, svelarle l’inganno che all’inizio aveva tessuto per scherzo, vendetta, gioco e che, alla fine, gli si era ritorto rovinosamente contro con drammatica precisione, ma non lo fece per non infrangere la fragile intesa raggiunta. L’unica cosa ragionevole da fare, la sola strategia che avesse senso portare avanti, suggeriva di limitarsi a osservare gli effetti devastanti del suo stesso inganno. In questo, rifletté mentre il veleno gocciava instancabile nel bacile e Sigyn provava a idratargli le labbra riarse, la sua storia era tragicamente simile a quella Odino. Ripercorrerla non rese tutto meno amaro, anzi.

 

 

Lei quella notte era bella, bellissima, con quell’abito color tempesta e la collana di perle al collo. L’aveva stretta tra le braccia mentre la faceva volteggiare al centro della sala e Sigyn era ancora avvinghiata a lui, quando una frase sbagliata di Thor l’aveva fatta impallidire, barcollare. Le quattro parole di nessun conto pronunciate con leggerezza dal suo nobile e inscalfibile fratello avevano suscitato, nella sua giovane moglie, un’associazione di idee pericolosa, nefasta, terribile: l’aveva vista boccheggiare e cercare Thor con occhi ansiosi e, di fronte a quella scena che pareva una beffa delle Norne, la gelosia gli aveva morso il cuore, avvelenato lo spirito. Sigyn non era che l’ennesima partita persa a tavolino contro l’erede perfetto, il figlio più amato. Anche se solo per il tempo di un battito di ciglia, lei aveva pensato che quel corrispondente che era riuscito a farle battere il cuore quand’era poco più che una ragazzina fosse nient’altro che il dio del tuono in persona. L’idea la spaventò e forse la cacciò immediatamente via dalla sua mente, ma in fondo Theoric, il nome di quell’amico divenuto innamorato, non era forse simile a Thor? Non poteva essere uno pseudonimo utilizzato ad arte dal primo figlio di Odino per corteggiarla senza essere respinto? Loki glielo lesse in faccia, quel dubbio improvviso e lacerante che le squarciò il petto, e la odiò – detestò entrambi, Thor perché aveva tutto, come sempre, Sigyn perché si era fatta ingannare mancando la prova più importante. Fu così che la perse.

 

Si lasciò corrodere da quella cosa oscura che gli infiammava le vene dei polsi, gli bruciava il petto, offuscava i suoi pensieri: com’era bella, quella notte. Le candele gettavano una luce soffusa nella loro camera da letto e Loki non le lasciò il tempo di spogliarsi, questo lo ricordava ancora bene; la ghermì per la vita mentre era di spalle, scostò le belle ciocche bionde per scoprirle la pelle sensibile e delicata della nuca, tirò giù la spallina del magnifico abito color tempesta mentre, con la mano libera, le cercava il seno. La desiderò con la disperazione feroce con cui aveva sempre voluto tutto, dal trono alla gloria, la cercò per placare il suo orgoglio ferito con lei, in lei. Sigyn forse intuì che qualcosa non andava, ma lo accolse con la dolcezza appassionata di sempre, nascondendo appena l’incertezza avuta poco prima nei confronti di Thor sotto ai baci lunghi e intensi che riservò a lui, o forse abbandonando per sempre l’idea di quell’innamoramento adolescenziale proprio su quel letto che era stato loro fino a quella sera e che, poi, non lo sarebbe stato mai più.

Come fu intenso, totale, straziante, meraviglioso, il loro fondersi e incontrarsi, quel loro amarsi per l’ultima volta. Erano ancora avvinghiati l’uno all’altra esausti e ansanti, quando Loki decise di spezzare per sempre la loro unione. La baciò, prima di farlo. Un assaggio lento, fatto mentre le accarezzava le belle ciocche bionde sparpagliate sul letto. Con le labbra ancora sulle sue, le recitò a memoria un brano che ben conosceva, che lei riconobbe all’istante.

Mia Sigyn, ti ho perso, anzi: non ti ho mai avuta. Il pensiero, nitido e netto, gli attraversò la testa come una lama congelando il rancore che animava ogni suo respiro. La sentì irrigidirsi, vide le sue pupille grigie dilatarsi dallo stupore, dal dolore.

“Che cosa hai fatto, Loki?”

La domanda le uscì in un sussurro, lo sguardo le si velò di terrore: già altri gli avevano posto quella domanda e Loki l’avrebbe sentita pronunciare ancora molte altre volte, ma quando fu lei, a farlo, provò dolore. Non rimorso, non senso di colpa – nemmeno ora che Sigyn leniva in silenzio le ustioni che gli solcavano la pelle riusciva a pentirsi davvero – ma quella notte sì, provò dolore. Disteso sopra di lei, l’accusò di essere stata cieca e sciocca. Di non averlo mai amato, non abbastanza almeno, e di aver confuso e cancellato gli indizi palesi che lei già possedeva.

La sua bella moglie dai capelli d’oro si divincolò finché non fu libera, saltò via dal loro letto in cui non avrebbe mai più dormito rassettandosi come poté il magnifico vestito color tempesta.

“L’hai letta!  L’hai letta mille volte! Come hai osato, come hai potuto tradire la mia fiducia frugando tra le mie cose? Il mio passato non ti appartiene, dio degli inganni: ti ho concesso il presente e il futuro, ma il resto no, è mio e basta.”

Loki le regalò un ghigno perfido, crudele. “Povera, sciocca ragazzina ti ho vista, stasera: credi che Theoric sia Thor,” spiegò con lentezza avvicinandosi. “Speri ancora che l’innamorato senza volto con cui hai intrecciato una lunga e appassionata corrispondenza ti venga a salvare dal crudele dio degli inganni.”

“Allontanati. Sei ubriaco, o pazzo, o entrambi” disse lei precipitandosi verso il baule che conteneva le lettere assicurate insieme da un nastro. Le trovò ed erano intatte.

“E tu sei fredda e bugiarda,” La guardò con rancore e desiderio e insistette. “Dì che non lo hai pensato, avanti.”

“L’ossessione per il trono sta offuscando la tua mente, Loki.” Com’era bella, lei. Gli puntò addosso quei suoi occhi grigi e furibondi e riprese a parlare severa. “Sapevi. Sapevi di Theoric da sempre. Perché stanotte hai deciso di farmi questo? Da quanto tempo progettavi di tirarmi l’ennesimo dei tuoi orrendi scherzi? L’hai imparata a memoria con il solo scopo di ferirmi.”

“Adesso stai giudicando il mio operato?”

“Operato?” Sigyn boccheggiò sconvolta. “Malefatte, inganni, tradimenti. Questo è il tuo operato nient’altro. Hai frugato tra le mie cose per placare la tua insoddisfazione perenne,” esplose, ma non pianse, no, resistette all’impulso.

Il dio degli inganni incrociò le mani dietro la schiena con solenne alterigia. “Accordi, astuzie atte anche a salvare Asgard. Merito il trono certamente più di mio fratello,” le ricordò difendendo il suo operato con la stessa protervia che, un giorno, lo avrebbe condotto al cospetto di Thanos.

Sigyn scosse la chioma spettinata in cui Loki, fino a pochi minuti prima, aveva affondato con voluttà le dita; ora quel passato recentissimo era lontano anni luce, galassie intere. Pareva quasi non fosse mai esistito. “Astuzie atte a seminare dolore,” lo corresse. “Usi le tue abilità senza cura per il tuo prossimo, Loki di Asgard. Se tu riuscissi ad avere la stessa gentilezza di tuo fratello forse potresti…”

Non finì mai la frase. Il dio degli inganni la interruppe dando infine pieno sfogo alla bestia nera che gli rodeva il petto da troppo tempo e che, quella notte, si era liberata definitivamente.

“Thor! Il vostro amato Thor! Dovete avere tutti una conoscenza davvero distorta del dio del tuono, se pensate che vi si altro oltre l’arroganza, la stupidità e l’ambizione, nel suo petto! Credi davvero che il mio eccezionale fratello sarebbe stato capace – mi correggo – avrebbe avuto la costanza di scriverti, per mesi, anni? Sei davvero così cieca, Sigyn?”

Lei sobbalzò coprendosi la bocca con le mani. Loki era sgarbato, scostante, pungente, crudele addirittura. Ma aveva sempre avuto nei suoi confronti la stessa premura che si ha col cristallo. L’amava. Ne era convinta. Non poteva averlo fatto, non davvero.

“Vorresti fosse lui, non è vero?” Lingua d’Argento stirò le labbra in un sorriso cattivo, incalzandola con la spietatezza propria degli Asi. “Mi è riuscito davvero bene, questo inganno. Non le ho lette, Sigyn. Le ho scritte.” Si animò, quasi trovasse la cosa particolarmente divertente, e iniziò a raccontarle dello scherzo crudele architettato per compiacere il fratello. “Per una settimana o due, Thor ti ha trovata interessante e sì, l’indizio che stasera hai colto era esatto, mia piccola e tenace Sigyn. Theoric è lo pseudonimo che io ho inventato per attirare la tua attenzione. Se avessi ricevuto una lettera da parte di uno dei principi di Asgard, fosse pure il magnifico dio del tuono, al tempo l’avresti gettata nel fuoco senza neanche aprirla, dico bene?”

“Tu menti.”

“Oh, vorresti lo facessi, ne sono certo. La verità spesso è scomoda e brutta. A Thor interessavi, ma non abbastanza da sedersi allo scrittoio e perdere tempo a inventarsi frasi per te. Così lo chiese a me.”

“Sei un bugiardo. E sei crudele.”

“Le ho scritte io, tutte. In cambio, lui ha pulito i finimenti del mio cavallo per mesi. Theoric è un’ombra, un personaggio che ho inventato per abbindolarti: credevamo lo avresti capito, e invece…A difesa del mio nobile fratello, devo confessarti che si stancò presto di te, quasi subito. Dopo l’iniziale divertimento subentrò la vergogna, credo. Si dedicò a più facili conquiste.”

“Perché mi stai facendo questo?” La voce di Sigyn, pallida in volto, era poco meno che un sussurro sottile.

“Lo cerchi ancora, no? Cerchi il tuo brillante innamorato ovunque.” Loki allargò le braccia, deciso a portare avanti lo spettacolo fino alla sua tragica fine. “Eccolo, lo hai sempre avuto davanti. Non ho avuto bisogno di frugare nel tuo baule come una domestica di quart’ordine, mogliettina mia: ognuna delle lettere che proteggi da sempre con tanto ardore è stata scritta da me. Theoric non è mai esistito: l’ho inventato io per corteggiarti, sedurti. Sei sempre stata innamorata di uno dei miei inganni, e non hai saputo vedere, riconoscere che ero io.”

“Non ti credo. Non posso,” Sigyn tentò di allontanarsi esasperata dallo scherzo orrendo, dal peso di una rivelazione così atroce e sicuramente falsa.

“Esatto,” proseguì Loki perfido. “Non puoi, perché, se lo facessi, dovresti ammettere di aver consegnato il tuo cuore a me. Sono il ripiego di una creatura che ho inventato. È ironico, ti pare?”

Le impedì di lasciare la stanza – non era ancora il momento – e lei, svuotata, raggelata, continuò a scuotere la testa ricordando quello che era stato, cercando dentro di sé prove e incongruenze che smentissero o confermassero quella storia orrenda. “Non puoi averlo fatto davvero. Io e Theoric ci siamo scritti per anni.”

“Trovai l’intera faccenda sommamente divertente. Ero curioso di vedere fin dove saremmo arrivati,” ammise l’ingannatore avvicinandosi, ma lei scattò fuggendo il suo tocco.

“Non ti credo. Non toccarmi, non avvicinarti!”

“Fa male, non è vero?” Loki incassò il colpo con bieca soddisfazione. L’aveva persa. Alzò il mento in una posa di sfida, serrò le labbra congelandole in una smorfia tirata. “Ora pensi che sarebbe meglio se avessi solamente letto le tue preziose lettere, dico bene? È così orribile pensare di aver sposato il loro autore? Avevi gli indizi per riconoscermi e non l’hai fatto. Il nobile Theoric poteva essere chiunque tranne me, doveva esserlo. Non sei esente dalla colpa, Sigyn: dici di amarmi, ma non mi hai mai riconosciuto.”

Ecco come finì la loro storia: con un’accusa.

Sigyn sostenne il suo sguardo, ma dai suoi occhi era scomparsa la dolcezza. La sua voce fu un sussurro sottile e tremendo. “Quale perverso bisogno hai soddisfatto?” Si guardò attorno, scosse la testa. “Non posso crederti né restare,” soffiò.

Di fronte a quell’ammissione, Loki irrigidì fino allo spasmo ogni muscolo del suo corpo nervoso e scattante. “Lo so.”

 

 

Ricordare i tempi gloriosi quando si è ridotti nella miseria è straziante: riempie la bocca e lo stomaco di fiele, suscita il rimpianto, fa tremare le vene dei polsi. Loki Laufeyson non concesse nulla alla moglie perduta che gli chiedeva il conto delle sue scelte passate, ma, incatenato com’era su una roccia aguzza, non poté fare a meno di percorrere con la memoria ciò che era stato, dall’inizio. Dal giorno lontano in cui un ghigno gli aveva increspato le labbra sottili già segnate dalla cicatrice ormai bianca che gli tagliava il sorriso e si era deciso a rivolgere a suo fratello una delle sue migliori battute salaci e argute. “Devi essere davvero disperato, se chiedi aiuto a me. Chi è lei?” si era interessato e, di fronte alla risposta, aveva pronunciato un nome che, sulle sue labbra, era sembrato quasi la promessa di una primavera eterna: Sigyn. Com’era stato tronfio, fiero, orgoglioso, mentre pronunciava quelle parole. Si accorse di ricordare con esatta precisione la smorfia che Thor gli aveva lanciato ascoltandolo. Fissando i compassi e le carte fittamente scritte che gli ingombravano il tavolo e di cui ignorava totalmente l’importanza, aveva ribattuto che a lui interessava semplicemente la ragazza. I doppi fini, i giochi retorici, le trame complesse e la politica, li lasciava volentieri a lui, al fratellino che adorava dilettarsi con mappe e trattati, che passava serate intere chino sui libri, all’ombra solerte e svelta che gli combatteva di fianco. Eccolo, l’ennesimo piano magnificamente architettato che gli si era rivoltato contro.

 

 

Di fronte al suo silenzio, Sigyn riprese a parlare, la voce accompagnata dal lento e inesorabile gocciare del veleno nel bacile.

“Quella notte non è finito tutto, Loki. Non per me, almeno.”

Il veleno continuava a cadere inesorabile nel bacile ormai quasi colmo.

“Ti sei sentita in colpa, dopo che sono caduto dal Bifrost.” Non era una domanda, ma una constatazione. Una delle fredde analisi tanto care a Loki quanto precise e pungenti. Di nuovo, lei attese a lungo, prima di rispondergli. Aspettò che il bacile fosse pieno per andare a svuotarlo in fretta, scossa dai singulti spezzati del fiero marito che aveva amato e odiato. Si morse le labbra e corse da lui, sistemò di nuovo il recipiente sotto le fauci orrende di quella bestia immonda che la fissava con occhi vitrei, pulì e bendò la pelle offesa del dio degli inganni soffocando la sofferenza che la causava quell’immagine tremenda. L’affascinante Ase era legato alla roccia come una bestia in cattività, ma pur scarmigliato, ferito e con le vesti stracciate com’era, riusciva a sfoggiare una dignità principesca, una grazia feroce, una disperazione fiera. Stringeva i denti e soffriva soffocando le urla perché c’era lei e per non dare soddisfazione alcuna al rettile che gli sbavava addosso, a Odino, agli Asi tutti. Mentre bagnava le sue labbra aride e riarse e calmava il respiro reso corto dal dolore, Sigyn pensò che lo aveva amato sempre, in ogni istante: persino quand’era fuggita da Asgard col cuore trafitto la sua anima gli era appartenuta, perché l’odio non è il contrario dell’amore, affatto. Il suo contraltare semmai è l’indifferenza, e Loki Laufeyson o Odinson non le era stato indifferente mai, neppure un momento.

 

“Cos’hai fatto quando te l’hanno detto, Sigyn?” L’Ase volse gli occhi ancora ciechi nel punto in cui dedusse dovesse esserci il suo viso e la giovane donna esitò asciugandosi in fretta una lacrima traditrice. Se lo ricordava bene, quel giorno. Una contrazione dolorosa le strinse il petto al ricordo del vuoto, del gelo che le era strisciato addosso, dentro, quando un soldato di Asgard le aveva portato la cattiva notizia. Le era mancato improvvisamente il respiro, l’equilibrio, il senno. Rammentò di aver indossato la bella collana di perle e di averla sfiorata con le dita un istante prima di tagliarsi i capelli fino all’ultima ciocca e stringersi in un lutto che non aveva più smesso di portare. Di fronte al tumulo vuoto che aveva finto di accoglierlo, non aveva versato una sola lacrima, forse perché consapevole che quell’inutile simulacro non era la tomba dove avrebbe riposato per sempre Loki, ma solo un inganno, l’ennesimo. Si era lasciato cadere, per le Norne. No, non pianse Sigyn quando le fu data la tremenda notizia né alla solenne cerimonia funebre voluta da un torvo Odino. Lo fece dopo, quando si risolse a sciogliere con dita tremanti il nastro delle lettere che non aveva più osato leggere per non rischiare di trovare tracce della voce di Loki tra le loro righe. Mentre a labbra strette ripercorreva con gli occhi i paragrafi che, in un altro tempo, avevano finito per farla sospirare, si ritrovò a pensare come quel legamento particolare tra la lettera n e la lettera t assomigliasse vagamente a quello tipico della grafia Loki; che certe espressioni avrebbero potuto davvero essere sue e la prima missiva, così come la seconda e la terza e la quarta, non erano nient’altro che il gioco di cattivo gusto di due ragazzi viziati e annoiati, sicuramente egoisti e crudeli.

 

Così Sigyn non rispose a Loki che le chiedeva cos’avesse fatto, dopo che lui era caduto oltre il ponte color arcobaleno per diventare il servo di un padrone totalmente folle, ma mentre un nodo le stringeva la gola ripensò allo strazio di quella lettura che era diventata uno studio attento di ogni sillaba, frase, battuta. Non gli aveva creduto, quando Loki aveva ammesso fieramente di essere stato l’autore delle lettere ma, rileggendole, il dubbio che lui, per una sola e unica e tragica volta, fosse stato totalmente sincero le infettò il cuore. Scovò il punto preciso in cui Thor si era stancato di giocare e gli aveva probabilmente detto di interrompere il carteggio, riconobbe il guizzo diverso dei paragrafi ora più liberi, arditi, acuti, notando un cambiamento nel tono, nelle informazioni, nei discorsi. Con le labbra che tremavano, rilesse ancora ogni missiva e scoprì le tracce che aveva ignorato fino a quel momento. Sì, a un certo punto, Loki aveva smesso di giocare per iniziare non a essere sincero, ma brillante in quel suo modo arguto e perfetto, totale. La lettera che le aveva recitato quella notte maledetta, l’ultima che avevano trascorso assieme come sposi e amanti, non aveva segnato solo la fine del suo matrimonio, ma anche della relazione epistolare intrattenuta quand’era poco più di una ragazzina. Conteneva un commiato appassionato che non era una dichiarazione d’amore eppure, a suo modo, lo era. Forse Loki aveva scritto più volte la missiva con cui si era deciso, alla fine, a interrompere il carteggio, perché Lingua d’Argento quella lettera non l’aveva letta, ma scritta. Una consapevolezza che non le fece meno male, anzi: era una coltellata nel petto che giustificava ancora di più la sua fuga e congelava il dolore. L’inganno appariva ancora più terribile e imperdonabile, e non importava che, forse, a forza di mentire e raggirarla, forse si era davvero invaghito di lei.

Passò notti insonni a chiedersi se non si stesse auto ingannando. Se la sua esegesi forsennata delle missive non nascondesse il desiderio di crederle davvero di Loki proprio perché lui ora non c’era più. Se non avesse semplicemente bisogno di riattaccare i pezzi del suo cuore infranto fondendo la figura evanescente di Theoric con quella, reale e ormai perduta, ma sempre amatissima, del dio degli inganni. Se non fosse il senso di colpa per la sua irrisolta relazione con il marito, a farle cercare nuovi significati in quelle lettere ormai stropicciate e sbiadite. Ci pensò e non trovò nessuna risposta soddisfacente. Finì per rintracciare in mezzo alle righe scritte in bella grafia la sua arguzia, nuovi ragionamenti e altri dettagli che non aveva mai analizzato abbastanza a fondo. S’innamorò di nuovo e bruciò ogni cosa.

 

 

“Perché non mi rispondi?” Il tono della voce di Loki era tornato neutrale, appena raschiato dall’ambiente umido della grotta e dalla lunga e sfiancante prigionia. “Vuoi che lo indovini? Non riesco a vederti, ma ancora posso sentirti.”

Sigyn batté le palpebre e una lacrima le rigò la guancia. Si chinò su di lui quel tanto che bastava affinché le sue ciocche bionde, ora cresciute, gli sfiorassero il viso e l’Ase provò ad allungare le dita intorpidite verso quel volto che ricordava quasi con precisione e ancora non riusciva a mettere a fuoco. Nonostante i ceppi, riuscì a sfiorarle la gota umida, la pelle morbida. Una carezza leggera che la fece rabbrividire costringendola a rispondere.

 “Non l’hai letta. L’hai scritta,” mormorò. “Non ti perdonerò mai per questo.”

“Lo so.”

Sigyn prese tra la sua la mano dell’Ase appesantita dalle catene per prolungare quel contatto che le era mancato in maniera totale, assoluta. “Non sono riuscita a dimenticarti,” ammise con un soffio di voce.

Loki increspò le labbra, parve riflettere su quell’ultima confessione. “Non hai voluto,” specificò. “Non mi pento di quello che ho fatto, Sigyn, ma la mia prigionia è ancora lunga. Torna a casa, smetti il lutto che senz’altro porti,” disse, “lascia che i tuoi capelli ricrescano,” aggiunse scoprendo con le dita che le sue belle ciocche bionde ora le sfioravano a malapena le spalle.

La sentì irrigidirsi. “Non posso, non voglio.”

 

 

C’è qualcosa di perverso, nell’incastrarsi nella propria stessa trama. Ingannare ed essere ingannati fa parte del gioco, ma ordire un piano e rimanerne invischiati è un beffardo scherzo del destino che Loki Laufeyson non poteva fare a meno di apprezzare, dopotutto. Lei all’inizio non era niente, l’aveva notata appena. Se i suoi occhi verdi e acuti si erano posati su Sigyn, era stato solo per seguire lo sguardo interessato del sanguigno Thor. Folti capelli biondi che nessuna acconciatura sembrava poter disciplinare, lineamenti delicati, grandi occhi grigi rotondi e profondi, vita stretta; non bella più di altre, ma interessante questo sì, senz’altro. Con tale spirito si era accinto ad assecondare i capricci del suo volubile fratello che solo l’esilio su Midgard avrebbe reso un vero eroe.

Solo che per ingannare davvero qualcuno, per convincerlo ad aprirsi e conquistarlo, è necessario concedere qualcosa di se stessi sacrificando una scintilla, un frammento della propria anima. Perché l’illusione sia davvero efficace, deve contenere al suo interno un barlume di inoppugnabile verità. Scriveva Loki, di notte. Lettere lunghe, appassionate, in cui ogni arguzia, frase, schermaglia era pensata per lei, la ragazza bionda che sedeva in giardino a leggere lettere d’amore raccogliendo le gambe al petto. Le sue. All’inizio erano stati il divertimento e la bieca curiosità a fargli alzare la penna, ma poi, per le Norne, qualcosa era cambiato. Sigyn era intelligente, vivace, acuta. Bella. Rispondeva a tono alle sue battute, commentava in maniera brillante i suoi ragionamenti. Intrattenere quella corrispondenza che Thor aveva dimenticato da tempo continuò a essere divertente, ma in maniera diversa. Quando comprese che per Sigyn il fittizio Theoric stava diventando troppo importante, pensò che fosse il caso di smettere, ma non volle, non riuscì, non poté. Seduto sul letto con le gambe comodamente allungate e un libro a rendergli più agevole la scrittura, la lunga penna di falco ancora stretta tra le dita, capì che non voleva privarsi di nulla – che non era in grado di rinunciare a niente – nemmeno a lei.  Scriverle spacciandosi per un altro, uno che nemmeno esisteva, era una bassezza terrificante, ma non farlo era fuori questione. Incastrato nella sua stesse rete, lasciò che l’inganno così abilmente tessuto la conducesse tra le sue braccia e nel suo letto solo per perderla. Com’eri bella, Sigyn, quella notte.

 

Il lento gocciare del veleno nel bacile continuò a scandire il tempo di cui Loki non riusciva più a tenere traccia e quella che sarebbe diventata la dea della fedeltà rimase lì, accanto a lui, al suo fianco, come aveva promesso quando lo aveva sposato, curando con la sua sola presenza il corpo torturato e lo spirito fiero e mai piegato dell’altero dio degli inganni in persona. Dopo avergli applicato sugli occhi l’ennesimo medicamento, lui registrò una variazione significativa di luce, strinse le palpebre, serrò la mascella. Lentamente, le macchie indistinte di nero e grigio lasciarono spazio ai colori, a lei.

Loki la osservò come si guarda qualcosa che si è avuto e poi perso e sul suo viso affilato si affacciò di nuovo il ghigno perenne che gli attraversava le labbra, il sorriso di lupo che l’aveva stregata.

“Sei sempre stato tu, solo tu, ad avere il mio cuore” mormorò Sigyn scostandogli una ciocca scura dal viso. “E l’ho capito troppo tardi. Mi dispiace.”

“Che importanza ha, adesso?” osservò l’Ase distante.

Lei scosse la testa, e il dio degli inganni s’incantò un momento osservando l’oro dei suoi capelli.

“Resterò qui, Loki, amore mio. Resterò con te fino a che Thor e Frigga non otterranno da Odino un appello e tu sarai graziato, finché queste catene non verranno spezzate, fino al Ragnarok, fino alla fine del tempo.”

Lingua d’Argento forse avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma non ci riuscì: lei lo baciò sulle labbra.

 

 

The end

 

 

 

Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo,

Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:

Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto

Dove non soffriremo e tutto sarà giusto.

Non ridere, ti prego, di queste mie parole,

Io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole,

Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora

Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora

Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano,

Se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...Cyrano

(Guccini, Cyrano)

 

 

 

 

Note Autore:

 

Cari lettori,

Questa storia nasce per il Contest di Laodamia94 “Cuore d’Ombra II Edizione, incentrato, come suggerisce anche il nome, sui villain. Come potevo non cogliere l’opportunità per parlare ancora di Loki, il mio villain preferito di sempre? ♥ Per l’occasione, ho voluto presentare il dio dell’inganno in uno dei momenti fondanti della sua storia mitologica, unendo la timeline del MCU al mito scaldico relativo alla punizione di Loki. Secondo quest’ultimo, il dio degli inganni viene condannato dagli dèi a una pena tremenda: incatenato in una grotta sotto la bocca di un serpente la cui bava urticante lo strazia, Loki si contorce e si lamenta. Sigyn, la dea della fedeltà, la moglie devota, gli resta accanto e raccoglie in un bacile il veleno del serpente, alleviando in questo modo la pena del marito. La Marvel ha dedicato uno spazio molto ristretto a questa figura di donna: ha inserito però nel comics il personaggio di Theoric, uno spasimante che lei avrebbe dovuto sposare, cui Loki si sostituisce con l’inganno. Partendo da questi spunti, ho creato una storia che si colloca idealmente tra Avengers e Thor: The dark world dato che presuppone un voltafaccia di Loki nei confronti di Thanos mentre Odino è vivo e una battaglia che distrugge Asgard. Le caratteristiche dell’inganno di Loki, il fatto che inventi il personaggio di Theoric per sedurre Sigyn, la loro corrispondenza e l’assonanza Theoric/Thor sono mie invenzioni/riflessioni di cui ribadisco la maternità, così come l’interpretazione e la caratterizzazione di questa Sigyn.

I versi riportati della Lokasenna nell’incipit appartengono all’edizione Garzanti in mio possesso (volevo farvi sentire la vera voce di Loki).

Nel testo sono presenti citazioni da De André (La canzone di Marinella), Pascoli (X Agosto) e altre mie storie. Gli appellativi di Odino e Loki (dio delle forche e fabbricante di bugie) vengono dall’Edda.

A fare da colonna sonora alla stesura della storia sono state le canzoni citate nel testo e non solo: Into my arms di Nick Cave, sulle cui note ho scritto l’epilogo, Vedi cara cantata da Guccini, e, soprattutto, Cyrano che, anni fa, ha ispirato il primigenio nucleo della storia. Come sempre, grazie a chi è arrivato fino a qui e grazie a chi ha ascoltato le mie paturnie durante la stesura della storia. ♥

 

Shilyss

   
 
Leggi le 40 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: shilyss