Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: satakyoya    20/10/2018    1 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Il giorno dopo mi svegliai molto tempo dopo l’alba e corsi il più velocemente possibile verso il castello. Entrai e cercai di andare nella Sala di Consultazione ma venni beccata da Sara che mi fece un lungo discorso sgridandomi per il ritardo con cui ero arrivata e arrabbiandosi con me per aver chiacchierato troppo a lungo con i padroncini ieri sera durante la festa. Lei credeva che io non avessi seguito la sua regola e mi fossi concentrata solo sui due padroncini eseguendo solo i loro ordini, ma io in realtà sapevo che non era così.
La sgridata di Sara durò qualche minuto e non appena lei finì camminai più veloce che potevo verso la Sala di Consultazione. Quando entrai vidi Emma, Aiko e Miko prendere delle cose che c’erano sui tavoli che erano stati usati ieri sera. Emma stava prendendo in mano i bicchieri usati dagli ospiti, Aiko aveva in mano dei piatti e delle posate e ne stava aggiungendo altre, mentre Miko stava prendendo i tovaglioli e i piatti usati per le torte. Loro presero quelle cose e passando per la porta che era dietro di me andarono in cucina.
La prima cosa che feci non appena entrata era chiedere se avevano bisogno e Aiko mi disse di aiutarle a portare tutto ciò che c’era sui tavoli giù in cucina e così io feci. Ma c’era così tanto casino per la stanza, così tanta roba sparpagliata  e così tante cose da portare via che ci impiegammo tutta la mattinata fino all’ora di pranzo.
Una volta portato le ultime cose io mi appoggiai al tavolo e sospirai per un attimo e poi tutte e quattro ci mettemmo a chiacchierare mentre pulivamo ciò che avevamo portato aiutandoci a vicenda. Improvvisamente sentii dei passi venire verso di noi e alcuni secondi dopo entrò padroncino Inari.
Noi ci fermammo di pulire e lui aveva il fiatone. Io gli diedi un bicchiere d’acqua e lo bevve tutto d’un sorso.
“Grazie. Scusate ma posso parlare con Iris per qualche minuto?” disse Inari.
Le ragazze mi guardarono con occhi stupite ma non dissero nulla.
“Ragazze scusatemi, ma mi sposto per un po’. Non ci impiegherò molto tempo.” dissi io e lo seguii.
Uscimmo dalla cucina, facemmo le scale e lui mi portò nel corridoio del primo piano. Ci fermammo a un paio di metri di distanza dalle scale.
“Iris, ehm… non so come dirtelo ma devo ringraziarti.” Mi disse lui.
“Ringraziarmi per cosa?” chiesi io.
“Ringraziarti per il suggerimento che mi hai dato ieri sera.”
“Eh?” chiesi io.
“Stamattina ho scritto una lettera alla persona che mi piace. Mi sono sentito molto felice mentre la scrivevo e nella lettera io le ho chiesto di uscire per poterle parlare. Ma ancora non ho ricevuto una risposta.” disse lui.
“Sono contenta per lei, ma non capisco come posso esserle utile.” dissi io.
“Beh, non so cosa dirle, come comportarmi e cosa risponderle nel caso mi facesse delle domande.” Disse lui.
“Nemmeno io so come posso aiutarla su questo, provate a parlarle di voi.” Dissi io.
“Certo, ma ho paura di non riuscire a dire e a fare nulla davanti a lei. E ho paura che possano non uscirmi le parole di bocca.” disse lui.
“Lei ce la farà. O almeno così penso io.” dissi io.
“Capisco…” mi disse lui. Fece un’espressione pensierosa per una decina di secondi e poi mi guardò facendomi una domanda che non mi aspettavo.
“Iris, scusa se te lo chiedo, ma tu ce l’hai il ragazzo?” chiese Inari.
“No mai, ma come mai lei mi fa questa domanda?” chiesi io.
“Beh, mi dai dei consigli molto utili e adatti per ogni momento. Mi chiedevo come  fosse possibile una cosa del genere.” Disse lui.
“Non lo so, forse è una mia sensazione. Io provo soltanto a mettermi nei panni della persona che mi parla e provo a dare il mio consiglio. Tutto qui.” Dissi io.
“Oh… capisco. Avrei un’altra domanda da farti.” Disse lui.
“Mi dica.” Dissi io.
“Io ho un grande desiderio: poter viaggiare per i villaggi controllati da mio padre. Mi piacerebbe tanto esaudirlo. E tu?” disse lui.
“Io ne ho tre: avere una famiglia, di potermi innamorare di qualcuno e quella di poter viaggiare al di fuori del mio villaggio.” Dissi io.
“Uao, sono bellissimi. Ora devo andare, ma ti auguro di esaudirli.” Disse lui andandosene via.
Dopo che lui se ne andò io tornai giù in cucina e continuai a lavorare insieme alle altre cameriere. Loro erano a metà del lavoro però io le aiutai lo stesso. Mentre lavorai mi venne in mente la proposta che mi aveva fatto Aki. Dopo aver sentito l’opinione di Emma e di Inari ieri sera durante la festa, ero decisa ad accettare la sua proposta.
Però accettare così facilmente non mi piaceva, dovevo trovare una condizione o un qualcosa che lui doveva rispettare. Ma quale poteva essere? E dovevo metterci una o più condizioni?
Dovevo certamente mettercene più di una, perché non potevo sapere che cosa mi sarebbe successo dal momento in cui avrei accettato. Ci impiegai tutto il pomeriggio e alla fine riuscii a trovare alcune clausole, ma quando smisi di pensare e tornai a ciò che stavo facendo vidi di essere nella stanza in cui i padroncini stavano mangiando.
Forse ero arrivata lì senza accorgermene e facendolo in automatico, ma non appena loro finirono noi quattro prendemmo i piatti su cui avevano mangiato e li portammo in cucina. Lì mangiai del pane e me ne andai a casa lasciando le cose a Emma e Aiko.
Uscii dalla porta laterale del castello a cui abbiamo accesso solo noi cameriere, percorsi la strada alberata lungo qualche centinaio di metri e arrivai nel mio villaggio. Per andare a casa mia mi fermai nella piazza centrale del villaggio dove vidi tanta gente di nuovo uno vicino all’altro, proprio come due giorni fa.
Feci solo alcuni passi verso la gente che notai in quel momento una cosa che mi sconvolse e che non avevo mai immaginato fosse possibile. C’erano tre croci con appese tre persone e nella croce centrale c’era mio padre legato molto stretto. Lui era pieno di lividi e di tagli, aveva i pantaloni ma non aveva la maglia e aveva gli occhi chiusi con la testa inclinata a destra.
“No… non ci credo. Papà! Papà!” dissi io correndo verso la sua croce.
Quando arrivai ai piedi della croce notai che tutta la gente intorno iniziava a parlare male delle tre persone appese alle croci. Io ero così disperata che stavo piangendo davanti a mio padre e nello stesso tempo sentii alcune delle cose che dicevano le persone e non mi piaceva.
“Cavoli, un altro caso di persone appese alla croce.” Dissi un uomo.
“Questo perché non bisogna mai andare contro le regole imposte dai padroni del villaggio e perché bisogna pagare le tasse.” Disse un altro uomo.
“Già, non vorrei essere al posto loro. Per fortuna che noi paghiamo le tasse al contrario di loro.” disse una donna.
“Signori, signore, aiutatemi vi prego! Aiutatemi a portarlo giù, per favore!” dissi io guardandomi intorno. ma sembrava che nessuno volesse aiutarmi.
“Quella ragazza è la figlia di quell’uomo?” disse la donna di prima.
“Che orrore e che disonore.” Disse un’altra donna.
“Io sicuramente non la aiuto.” Disse un uomo.
“nemmeno io. Lui ha una brutta reputazione e io non voglio averci niente a che fare.” Disse un altro uomo. Poi calò il silenzio per almeno due secondi.
“Signori, vi prego, aiutatemi. Io e mio padre siamo sempre state delle buone persone e vi abbiamo sempre aiutato. Vi prego, datemi una mano.” Dissi io.
Mi guardai intorno e vidi che per terra lontana da tutti noi c’era una scala lunga tra i 30 e i 40 centimetri. Nessuno sembrava interessato a prendere la scala e tutti sembravano rifiutarsi di darmi una mano.
Io ero disperata perché non potevo chiedere a nessuno e stavo piangendo dalla disperazione. Mio padre sembrava svenuto dal dolore e dalle ferite.
“Papà! Papà come ti senti? Rispondi! Rispondi per favore!” dissi io. ma da lui non ottenni nessuna risposta.
“Vi prego signori, aiutatemi! Vi scongiuro! Io vi ho sempre aiutato quando erano i vostri parenti ad essere sulle croci in passato, quindi vi prego, aiutatemi!” dissi io e di nuovo nessuno si fece avanti.
“Ti aiuto io.” disse una voce lontana.
Le persone si spostarono e vidi una persona giovane in lontananza. Si avvicinò e riconobbi che era un maschio con occhi marroni e capelli neri. Stava tenendo con una mano una scala in legno. La stessa scala che io avevo visto poco fa per terra. Quella persona era Aki. Ma cosa… che ci faceva lì? Cosa era venuto a fare? Perché era lì? E da dove era venuto?
Non sapevo rispondere a quelle domande e non era nemmeno il momento di fargliele. In quel momento ero felice che lui era venuto e che si era offerto di aiutarmi.
“Oh, grazie al cielo. Ti prego, vieni ad aiutarmi! Per favore.” Dissi io in tra le lacrime e la gioia.
Lui si avvicinò a me e a mio padre, appoggiò la scala alla croce e slegò mio padre. Io cercai di prenderlo non appena venne giù ma era talmente pesante che caddi a terra dal gra che era pesante. Aki slegò allo stesso modo anche gli altri due che erano appesi, ma nessuno tra quelli presenti si avvicinò a loro.
Una volta che lui finì scese dalla scala e mi aiutò a portarlo via mettendo il braccio destro di mio padre intorno al suo collo mentre io misi il braccio sinistro intorno al mio.
“Dovreste vergognarvi a comportarvi in questo modo con una ragazza che vi ha sempre aiutato.” Disse lui con tono ed espressione arrabbiata verso la gente che c’era dietro di noi.
Mi aiutò a portarlo in casa dove gli chiesi di coricarlo sul letto della camera di mio padre, che era a fianco alla mia, mentre io riempii un secchi di acqua e ci misi uno straccio bagnato dentro. Una volta riempito il secchio a metà camminai il più velocemente da mio padre dove mi sedetti al suo fianco e, dopo aver bagnato lo straccio, lo mossi delicatamente più volte sul corpo di mio padre.
Lui aveva una struttura corporea robusta, aveva i capelli neri, grandi muscoli e quando era un piedi era alto un metro e 75. Era sempre stata una brava persona e capace di difendersi, ma vederlo in quelle condizioni mi metteva ancora più tristezza di quella che mi sarei aspettata di provare fino a quel momento. Ero così triste che a un certo punto appoggiai la mia testa contro il petto di Aki e iniziai a piangere moltissimo.
“Mi dispiace davvero tanto per tuo padre.” Disse Aki.
“Grazie. Vorrei chiederti una cosa: cosa ci facevi là nella piazza e come sapevi come arrivarci se io non te l’ho mai detto?” chiesi io.
“Beh… ho notato che era tutto deserto, così ho iniziato a girare per le diverse strade. Girando delle volte a destra e delle volte a sinistra, mi sono ritrovata in una piazza e lì ho sentito una voce disperata. Dopo alcuni secondi ti ho riconosciuta e sentendo dalla voce quanto eri disperata, ho deciso di aiutarti.” Disse lui.
“Cosa eri venuto a fare là? E perché eri lì?” chiesi io.
“Io stavo cercando te, ero venuto davanti a casa tua ma tu non mi avevi risposto. Così ho iniziato a cercarti. E come ti ho detto prima, sono arrivato nella piazza per caso. Però non mi aspettavo che nel tuo villaggio potesse accadere qualcosa come quello che ho visto.” Disse Aki.
Io non gli risposi subito perché diventai ancora più triste di prima e ripresi a trattare i lividi di mio padre.
“Perché… perché è successo questo a mio padre. Io non riesco a capire che cosa può essere successo  per avergli causato tutti questi lividi. Come non riesco a capire il motivo per cui tu mi hai aiutato e sei venuto proprio da me. Voglio dire, tu non sai nulla di questo villaggio perché tu provieni da un altro posto.” Dissi io.
“Sì, è vero, io provengo da un altro villaggio. Però a me non piace vedere le persone trattate nella stessa maniera in cui è stato trattato tuo padre. E non hai nemmeno risposto alla mia domanda di prima.” Disse lui.
“Beh, qui la gente viene appesa ad una croce se non rispetta le regole, alle imposte da pagare e alle decisioni imposte dai padroni del castello che controllano questo villaggio. La gente è sempre legata al rispetto delle norme chiunque non la rispetti viene prima picchiato per varie volte per vedere se lui si arrende e rispetta tutto ciò che deve rispettare. Se la persona, dopo che è stata picchiata, non rispetta ciò che gli è stato imposto, allora viene appesa a una croce e picchiata ancora in base alla quantità di denaro o alla tipologia di problemi che la persona ha causato. Sono anni che esistono queste regole e nessuno può evitarlo. Solo che non riesco a capire come sia potuto capitare a mio padre.” Dissi io.
“Capisco. È davvero una brutto. Ma adesso avrei io una domanda per te.” Disse lui.
“Mh…” dissi io tra le lacrime.
“ti ricordi che due giorni fa sono venuta qui da te e ti  ho proposto quella cosa riguardante il viaggio che vorrei fare?” chiese lui.
“Sì, ma dove vuoi arrivare?” chiesi io.
“Beh, vorrei sapere la tua risposta. Che cosa hai deciso di fare?” disse lui.
“Mio padre è stato appeso a una croce ed è appena venuto a casa e tu mi chiedi che cosa ne penso di viaggiare con te?”
“lo capisco che adesso non è un buon momento, ma io vorrei saperlo.” Disse lui molto tranquillo.
“Al momento vorrei poter assistere mio padre fino a che non si sentirà meglio adesso. Puoi chiedermelo più tardi?” chiesi io.
“Va bene…” rispose lui.
Passai un’ora ad asciugare mio padre dal sudore che aveva sul corpo e cercando di coprirgli le ferite. Ne aveva diverse su di lui e io tolsi quanto più sangue possibile. Ogni volta che lo facevo lui fece un’espressione molto sofferente e respirava a fatica. Vederlo in quelle condizioni mi costrinse a correre in cucina dove vomitai nel lavandino e quando finii mi sciacquai la bocca con dell’acqua e tornai subito dopo a fianco di mio padre. Passai un’altra ora a pulire tutte le sue ferite, pulire lo straccio ogni volta e lui riuscì a respirare un pochino meglio di prima. Questo mi fece rilassare i muscoli mi preoccupai un po’ meno per lui.
“Iris, adesso potresti rispondere alla domanda che ti avevo fatto prima per favore?” mi chiese lui con tono molto rilassato.
“Sì, viaggerò con te.” Dissi io dopo un respiro profondo.
“Davvero? Che bello!” disse lui saltando per la stanza tutto felice. Saltò per tre o quattro volte ed era felicissimo.
La sua espressione sorridente mi fece venire in mente di averla già vista, ma non riuscivo a ricordare dove poteva essere. Forse era un ricordo recente, o forse era lontano…non riuscivo a ricordare. Ma quell’espressione divertita mi era già famigliare, non era una qualunque.
“Partiremo domani mattina presto subito dopo aver mangiato.” Disse lui una volta che si era calmato.
“Va bene, però avrei delle condizioni che vorrei tu rispettassi. Se le rispetterai tu, lo farò anch’io. Ma non devi dimenticarle.” Dissi io alzandomi in piedi e spostandomi in cucina dove avevo la sedia a fianco alla finestra. Lui si sedette sula sedia e io camminandogli davanti gli spiegai ciò che volevo.
“Condizioni? Che genere di condizioni? Spiegati meglio.” Disse lui.
“Beh, come condizione numero uno non ci devono essere bugie tra di noi. Quindi mai nascondere nulla. Condizione numero due: aiutarsi sempre nel momento di bisogno. Nel caso uno dei due si trovasse in difficoltà, l’altro dovrà andare ad aiutarlo. Numero tre… ancora non ce l’ho in mente.” Dissi io.
“Va bene!” disse lui sorridendo.
“Scusa ma hai sentito ciò che ho detto?” chiesi io.
“Non vedo l’ora di partire. Chissà che cosa vedremo, che villaggi scopriremo, che cibi mangeremo, che gente incontreremo. E poi chissà se ci saranno dei templi e delle feste. Vorrei che fosse già domani mattina. Senti, posso abbracciarti?” disse lui.
“Eh? Ma che cosa stai dicendo? Perché dovrei abbracciarti?” chiesi io.
“Le uniche persone qui dentro siamo io, te e tuo padre. Dato che tuo padre è malato e non riesce a muoversi e parlare e non considerando me, rimani solo tu. Quindi vorrei abbracciarti per poter condividere la mia felicità con te.” Disse lui.
“Ehm… si certo. Come no.” dissi io.
“Stai ferma e lasciati abbracciare.” Disse lui allargando le braccia e avvicinandosi a me lentamente.
“Tu sei un tantino strano, ma stai lontano da me. ho detto stai lontano, lontano.” Dissi io. ma lui era  a una ventina di centimetri da me e continuava ad avvicinarsi.
“Non avvicinarti! Stammi lontano! Stammi lontano ho detto, lon-…” dissi io.
Venni fermata da una sensazione improvvisa, inaspettata. Le sue labbra stavano toccando le mie e le mie toccavano le sue. Io mi feci trascinare da questa emozione e chiusi gli occhi. Una sensazione bellissima e perfetta, come la cosa più dolce e buona mai creata fosse messa insieme. Come se il mio corpo si stesse sciogliendo tutto in un momento. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo così. Era il mio primo bacio.
Non riuscirei a dire quanto quella sensazione e quel bacio era durato, a me era sembrato moltissimo ma non avevo idea di quant’era in realtà. Quando lui si staccò da me mi ci volle qualche secondo per poter tornare alla normalità e non sentirmi più come prima, ma lui si staccò e mi abbracciò per una decina di secondi poi si allontanò. Io ne rimasi sconvolta da quel bacio e non riuscivo a spiaccicare parola.
“Ah, scusami, non volevo farlo apposta. Io… ehm, non volevo farlo. Tutto questo è successo all’improvviso e il mio corpo ha reagito da solo.” Disse  lui.
“Il mio… primo… bacio…” dissi io.
“Eh? Non ho capito cos’hai detto. Che cos’hai? Ti senti bene?” chiese lui.
Io mi toccai le labbra perché non credevo a ciò che avevo provato e a ciò che mi era successo. Era la prima volta che venivo baciata in quel modo da qualcuno. Sicuramente non mi aspettavo che fosse una persona conosciuta due giorni fa a farmi provare una cosa del genere.
“Quello era… il mio primo bacio.” Dissi io ancora un po’ sconvolta.
“Oh… non lo sapevo. Scusami tanto, il mio corpo ha agito da solo. Mi dispiace.” Disse lui.
“Sono stata baciata da un ragazzo conosciuto due giorni fa… il mio primo bacio. Io… non riesco a crederci.” Dissi io.
“Lo so che sei sconvolta, e per questo mi dispiace molto. Ti ripeto che non l’ho fatto apposta. Il mio corpo ha agito da solo, mi dispiace. Possiamo fare finta che questo non sia mai successo? Ti prometto che non succederà più!” Disse lui tutta preoccupato per me. Io però rimasi in silenzio per quasi un minuto.
“Okay. Ehm… adesso io vado a letto perché sono stanca. Ci vediamo.” Dissi io ancora sconvolta. Mi spostai verso camera mia con la mente molta confusa e leggermente dolorante.
“Certo, capisco. Scusami ancora per prima, eh?” disse lui.
Arrivata in camera mia cercai di dormire, ma da quel bacio tutto mi sembrava più strano e diverso. Cercai di dare un ordine alle cose e agli avvenimenti, ma era tutto molto difficile. Anzi, tutto era diverso.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: satakyoya