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Autore: Napee    21/10/2018    0 recensioni
Quella era una pistola. Un’arma. Una di quelle cose che, se usate bene, tolgono la vita alle persone.
Criminali o innocenti che siano.
Deglutì ancora, più spaventato.
Ash si mosse impercettibile al suo fianco, sfiorandogli il ginocchio con la propria gamba.
Quel contatto bastò a far sobbalzare Eiji e fargli scivolare la pistola dalle mani.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Please





 

“Tieni, è una pistola automatica” aveva detto Ash con aria annoiata mettendogli l’arma fra le mani.
“È semplice da usare, non avrai problemi.”
Eiji lo guardava con aria confusa e gli occhi sbarrati. Il solo tenere quell’oggetto metallico e pesante fra le mani gli faceva gelare il sangue nelle vene.
Deglutì saliva e un po’ della sua codardia.
“P-perché me la stai dando?” Chiese balbettante e incerto.
Ash lo scrutò a lungo, cercando di comprendere il motivo di quella tensione che iniziava ad aleggiare fra loro.
Come dirgli che non sapeva se sarebbe sopravvissuto, ma che pretendeva di vederlo vivo e vegeto al suo fianco una volta finito il lavoro?
Un nodo di ansie e preoccupazioni gli occluse la gola.
Non voleva che Eiji prendesse parte a quell’impresa. Non c’era alcun margine che lasciava ben sperare, nessuna sicurezza, nessuna garanzia che sarebbe andato tutto per il meglio e che sarebbero tornati a casa sani e salvi.
Ma il giapponese, testardo come pochi, aveva insistito non volendolo lasciare solo.
Ma Ash non poteva pensare a lui.
Proteggerlo era difficile in quel caso, soprattutto se si è il bersaglio principale da far fuori.
Si sedette al suo fianco allora, sul comodo materasso candido, riprendendo l’arma fra le mani.
“Qui c’è la sicura.” Spiegò con voce atona mostrando una piccola levetta di fianco.
“Qui si carica.” Aggiunse ancora, rigirando l’arma fra le mani e facendo uscire il caricatore pieno di proiettili.
Prese la pistola per la canna e la rivolse a Eiji affinché l’afferrasse per il calcio.
“Capito tutto?” Chiese poi guardandolo dritto negli occhi.
Eiji annuì titubante. Un leggero tremolio alle mani a tradire la sua convinzione.
Ci furono attimi interminabili di un silenzio pressante ed opprimente in cui il giapponese non osò alzare lo sguardo dalla pistola, scrutandola con attenzione fino ad imprimersi bene ogni minimo dettaglio visivo.
Quella era una pistola. Un’arma. Una di quelle cose che, se usate bene, tolgono la vita alle persone.
Criminali o innocenti che siano.
Deglutì ancora, più spaventato.
Ash si mosse impercettibile al suo fianco, sfiorandogli il ginocchio con la propria gamba.
Quel contatto bastò a far sobbalzare Eiji e fargli scivolare la pistola dalle mani.
Ash lo guardò con uno sguardo di muto rimprovero e si allungò per recuperare l’arma.
“Spero che avrai una presa più salda quando dovrai usar-…”
“Credi che dovrò usarla?” Chiese interrompendolo senza osare guardarlo in faccia.
Era una domanda stupida, lo sapeva. In un mondo fatto di guerre fra bande, in una realtà dove la mafia la fa da padrona, come si può pensare di non voler usare una pistola per proteggersi?
Ash tentennò sulla risposta mordendosi il labbro inferiore. La voglia di dirgli di no, di tenerlo al sicuro, si affacciò nel suo animo come un cioccolatino tentatore al quale è davvero difficile resistere.
Eiji alzò lo sguardo ed incrociò quello del boss.
La tensione accumulata poco prima si era consolidata e solidificata fra loro come un muro di cemento.
Troppo diversi.
Avevano avuto due vite troppo diverse.
Per quanto ancora la loro diversità non sarebbe stata un problema?
Ash poteva sopravvivere in quella giungla di dannati, ma Eiji?
Un’anima così pura e innocente quanto sarebbe rimasta tale prima che il suo mondo marcio la corrompesse?
Si morse l’interno della guancia e, per un momento, maledì ogni cosa. Volle dimenticarsi di tutto, della mafia alle calcagna, del suo passato di merda, dei ragazzi della gang, di tutta la sua vita.
Avrebbe mandato tutto a puttane con un solo schiocco delle dita soltanto per avere la certezza di poterlo trovare ancora vivo e vegeto al suo ritorno.
Ma la realtà incombeva sulle loro teste con la pesantezza di una scure pronta a decapitarli e non c’era posto per i sogni ad occhi aperti.
Allungò il braccio verso il giapponese e lo attirò a sé con forza.
Eiji gli ricadde addosso goffamente, ma ricambiò la stretta con ardore, beandosi del profumo dell’altro e del sordo rumore di quel suo cuore impavido che batteva.
“Resta vivo, Eiji, per favore.”

  
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