Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Symphonia    21/10/2018    5 recensioni
Non c'è niente di meglio di una fiaba per far addolcire delle piccole pesti. Soprattutto se questa fiaba è quella di Momotaro, il giovane guerriero che sconfisse gli oni!
Dal testo:
/.../Gli animali parlanti erano spariti per fare spazio a tre forti guerrieri.
“Chi siete voi?!”
“Io sono Takeshi.”
“Io sono Ryo!”
“E io sono Hikaru. Taro, siamo rimasti ammaliati dalla tua generosità e dal tuo forte, nobile spirito. Abbiamo deciso che resteremo al tuo fianco per sempre!” dichiarò fiero il guerriero dalla hachimaki piumata.
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Genere: Fiaba, Commedia, Generale | Personaggi: Taro Misaki, Takeshi Sawada, Ryo Ishizaki, Hikaru Matsuyama e un po' di sorprese! | Coppie: Tsubasa/Sanae (accennata) | Avvertimenti: OOC, Momotaro!AU (circa) | ★ Questa storia partecipa a “Fairy Tale” a cura di Fanwriter.it! ★ | Parole: 3400
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sorpresa, Taro Misaki/Tom
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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momotaro     ★ Iniziativa: Questa storia partecipa a “Fairy Tale” a cura di Fanwriter.it!
    ★ Numero Parole: 3400
    ★ Prompt/Traccia: TEMA LIBERO! + Leggenda




La Leggenda di MomoTaro




    “C’era una volta una coppia di nonnini. Un giorno la non-”
    “Come si chiamavano i nonnini?”
    Era una voce ingenua quella che l’aveva fermato. Le braccia del ragazzo cascarono a peso morto sulle ginocchia, rivelando una faccia annoiata dietro le pagine del libro illustrato.
    “Non lo so.”
    “Ma come???”
    “Non ha importanza.”
    Ora erano tre le voci si alzarono in coro: “EDDAI!!” - bum bum bum - battevano i piedi sul tatami. Il narratore era accerchiato dai capricci.
    “Fatemi raccontare la storia!”
    Il più piccolo stava per scoppiare in lacrime, gli altri due non accennavano a smettere. “E va bene... Ricominciamo.”
    “Con i nomi!”
    “Con i nomi...”
    “E le vocine!” esordì un’altra bimba. Aveva un tono più squillante. “Ti preeego!” Ricevette in risposta uno sguardo scocciato.
    “Qualcuno mi uccida...” pensò il fratellone tra sé e sé. Decise infine di accontentarla; tanto peggio di così non poteva andare. “— E le vocine.”
    “Sììì!!”

***

    “C’era una volta, nel villaggio di Sagami, una coppia di teneri nonnini - i loro nomi erano... Tsubasa e Sanae. Il nonnino portava a casa la legna e il cibo, mentre la nonnina si occupava della casa. Un giorno, nonna Sanae andò al fiume per lavare i panni. Neanche il tempo di immergerli, che il suo sguardo fu catturato da un qualcosa che navigava per le acque. Era gigante. E rosa per di più!
    “Santo cielo! È una pesca!” esclamò sbigottita la nonnina. “Devo assolutamente prenderla!”

***

    (“Non sei abbastanza convincente, fratellone. Nessuna ragazza strillerebbe in quel modo!”
    Stock! Chiuse il libro di getto. “Senti, Naoko. Già io non amo fare le vocine stridule e in falsetto... Oggi hai deciso di farmi arrabbiare?”
    La bimba affondò parte del viso nel cuscino. “No, scusa...” Lo guardava divertita; le sue spalle singhiozzavano proprio come se stesse trattenendo una risata. “Continua.”
    “Sei proprio una piccola peste.”
    “Ti voglio bene anch’io, fratellone.”
    Kojiro sussultò e riaprì in fretta il libro.)

***

    “Così disse e così fece. Abbandonò i panni e corse lungo la riva. Corse così tanto da non avere più fiato. Provò a più riprese a raggiungere il frutto tanto desiderato, ma ahimé!, una volta aveva le braccia troppo corte, l’altra ancora era colpa delle rocce troppo alte. Decise che si sarebbe arrangiata in un altro modo. Trovò una canna di bambù per terra e la usò per trascinare la pesca a sé. “Hah! Sapevo che ti avrei acchiappata.”
    Sanae fu molto felice dell’impresa riuscita e tornò subito a casa per portare il frutto al marito. Aspettò fino a sera, quando Tsubasa fece ritorno.
    “Miseria!
sussultò il marito alla vista dellenorme frutto. Sanae dove l’hai trovata questa pesca!?”
    “Navigava per le rive del fiume e l’ho raccolta! Che ne dici di mangiarla?”

***

    (“EH?! MA LA DEVONO PRIMA COMPILARE!”
    “Contemplare, Masaru!” lo corresse il più grande dei tre bambini.
    “Quella cosa lì!”
    “No, passiamo avanti.” decretò il maggiore.
    “Ma è importante!” insistetté Masaru.
    Kojiro sospirò e riprese la storia.)

***

    “I due nonnini rimasero a contemplare la pesca, finché non iniziò a borbottar loro il pancino. “Sì, tesoro! Direi che proprio il caso di mangiarla! Passami un coltello così la possiamo dividere in due.” disse Tsubasa.
    Inaspettatamente dal nocciolo uscì un bellissimo neonato. I due nonnini ne furono incredilmente sorpresi, tant’è che Sanae esclamò: “Tesoro, dev’essere un dono divino! ”
    “Dev’esserlo davvero, cara.” rispose il marito. “Chiamiamolo Taro!”
    “Momotaro vorrai dire.”
    “Ma no, Taro: primogenito.”

***

    ( “Il nonnino è un po’ scemo!” esclamò Takeru.
    Scoppiò una risata generale nella camera.
    “Momotaro, nonnino Tsubasa! La storia si chiama Momotaro, quindi il protagonista è Momotaro!” urlò Naoko, come a incitarlo alla scelta più giusta.
    “Devo fare attenzione a non prenderci troppo gusto...”)


***

    “Alle insistenze della moglie, Tsubasa si decise: “E va bene. Lo chiameremo Momotaro, per gli amici Taro.”
    Da allora, i due nonnini si prodigarono per non far mancare nulla al piccolo Taro. In breve tempo, il bimbo crebbe forte, gentile e intelligente. Adorava giocare con la palla, ma restava spesso solo e non parlava molto. Nonostante tutto, i genitori erano soddisfatti e non smisero mai di ringraziare il cielo per avergli regalato il figlio che loro non avevano mai avuto.

    - Flip

    Negli anni, iniziarono a girare delle voci su Onigashima. Era un’isola distante qualche giorno di viaggio e si mormorava che fosse inabitata dagli oni1 e che essi nascondessero un grande tesoro. Quando questa diceria giunse alle orecchie di Momotaro, lui - che era di animo nobile e buono - non poté non pensare al bene che tali tesori potessero fare.
    “Oh, un’isola piena di ricchezze? Se me ne impadronissi, potrei aiutare la mamma e il papà, e tutta Sagami anche, a riprendersi dalla povertà... Ho deciso, partirò in viaggio per Onigashima!”
    Il giovane spiegò le sue intenzioni ai nonnini e, nonostante Sanae fosse molto in ansia per il suo bambino, i genitori gli diedero tutto il loro appoggio. Gli prepararono il necessario per il viaggio: delle provviste, delle corde e uno spadino. Il giorno dopo, Momotaro annunciò in piazza la sua partenza: “Me ne vado da Sagami! Parto in viaggio per Onigashima, vado a sconfiggere gli orchi! Se qualcuno volesse seguirmi, questo è il momento!”
    Tuttavia, nessuno rispose alla sua chiamata. Un po’ amareggiato, Tar-ehm-Momotaro salutò affettuosamente i suoi genitori e partì.

    - Flip

    Il viaggio che lo condusse verso il suo destino era lungo qualche giorno di camminata e qualche giorno di navigazione. La distanza non lo preoccupava e nemmeno le peripezie che avrebbe dovuto affrontare. Ma la strada era tortuosa, la foresta fitta e finì col perdere l’orientamento. Era solo. Momotaro non aveva amici su cui fare affidamento.
    Cercò di non perdere la calma e si preparò un falò per passare la notte. Aprì la sua bisaccia quando - frush frush - uno strano rumore lo fece sobbalzare. Prese in mano la spada - la cui lama fu ricavata dal coltello con cui venne tagliata la pesca da cui nacque - e la puntò verso la vegetazione oscura.
    “Chi va là??”
    “Dove stai andando, ragazzo?”
    “Vado all’isola dei demoni, per sterminarli.”
    “E cosa porti in quella bisaccia, giovane guerriero?”
    Momotaro fu certamente stranito dalla domanda, ma ricordando le lezioni dei suoi genitori, decise di rispondere con educazione. “Sono dei kibidango5. Me li ha preparati mia madre. Ora dimmi chi sei.”
    Dai cespugli, spuntò fuori un cane.
    “Se me ne darai uno, ti accompagnerò fuori dalla fores-”

***

    (“COME SI CHIAMA IL CANE?!” chiesero di colpo Naoko e Masaru.
    “Ma non lo so!”
    “EDDAI!”
    “Me ne pentirò tantissimo... Perdonami Takeshi.”)

***

    “Dai cespugli, spuntò fuori un cane
nero dagli occhi grandi.
    “Io sono Takeshi, e se mi darai uno dei tuoi kibidango, ti accompagnerò nella tua impresa.”
    Momotaro gli sorrise: “Ma certo! Non è un problema, sono forte, posso sopravvivere anche con uno in meno.” e gli porse un dango. Il cane lo divorò con gusto. La mattina seguente, il nuovo amico gli indicò la strada per uscire dal bosco.

    - Flip

    Arrivati alla base delle montagne, udironò un lamento provenire dalle rocce. “Aaaah, se solo avessi qualcosa da mangiare! Almeno non morirei di fame!”
    Momotaro si avvicinò cauto e vide uno scimmiotto mingherlino steso per terra, coperto di polvere e fanghiglia.
    “Tieni, posso fare a meno di un altro kibidango.”
    La scimmia divorò il dolcetto e riprese subito le forze.
    “Sono Ryo!” si presentò, saltellando in giro. “E giacché mi hai salvato la vita, ti mostrerò la via per le grotte! Sia mai non ti serva il mio aiuto!”
    “Sono felice di averti in gruppo con me!” Così, Momotaro si guadagnò un nuovo compagno di viaggio.

    - Flip

    Il terzetto arrivò fino in cima alla montagna. Davanti a loro, una lunga coltre di bianche nuvole e azzurro mare si estendeva per chilometri e chilometri. Da qualche parte più in là, nel vasto oceano, c’era l’isola degli oni.
    “Accampiamoci qui, per stanotte.” esortò la scimmia, indicando una fessura. Era accogliente e piena di paglia e rametti. Assomigliava a un nido. Accesero il fuoco e quando furono pronti a mangiare, Taro sentì un qualcosa appoggiarsi sulle sue spalle. Cercò di dileguarsi, ma il grande uccello non lo mollò.
    “Che cosa vuoi?”
    “Dammi uno dei t-”

***

    (“IL NOMEEE!!” strillò nuovamente il terzetto.
    “Ma si può sapere che vi prende oggi??”
    “Ci sono troppe scimmie, cani, volpi e altro nelle fiabe, vogliamo dargli un nome!” spiegò finalmente Naoko.
    “E va bene...” Kojiro roteò gli occhi. “...Come fa Matsuyama di nome?”)


***

    ““Non avere paura di me.” disse il fagiano. “Il mio nome è Hikaru e questo è il mio nido.”
    “Oh!” esclamò Taro. “Mi dispiace aver occupato la tua casa.”
    “Va tutto bene; dammi uno dei tuoi kibidango e siamo pari.”
    Momotaro sorrise al fagiano e gli diede uno dei suoi famosi dolcetti. “Tieni. Li ha fatti mia madre, col miglior miglio di tutto il Giappone!”
    Dopo una notte passata più a chiacchiere di eroiche imprese, piuttosto che a dormire, Hikaru decise di accompagnarli nel loro viaggio.

    - Flip

    Arrivati in riva al mare, Momotaro s’accorse di non avere un’imbarcazione per poter arrivare a destinazione. E quando si voltò per chiedere consiglio ai suoi amici, lo spettacolo che si trovò davanti quasi lo pietrificò. Gli animali parlanti erano spariti per fare spazio a tre forti guerrieri.
    “Chi siete voi?!”
    “Io sono Takeshi.” rispose il ragazzo dai capelli neri e gli occhi grandi.
    “Io sono Ryo!” disse il giovane dalle orecchie sporgenti.
    “E io sono Hikaru. Taro, siamo rimasti ammaliati dalla tua generosità e dal tuo forte, nobile spirito. Abbiamo deciso che resteremo al tuo fianco per sempre!” dichiarò fiero il guerriero con la hachimaki2 piumata.
    “Amici!” esclamò Momotaro commosso. “Molto bene, raggiungeremo l’isola degli orchi insieme! Ma...” si voltò verso il mare perplesso - “come faremo a navigare?”
    “Non ti preoccupare amico!” esordì Ryo “Qua vicino c’è un villaggio di pescatori! Sono sicuro che potranno fornirci una nave.”
    Takeshi li aveva già preceduti. “Cosa state aspettando?? Andiamo!” Continuò a correre e arrivò velocemente alla loro nuova destinazione. In un attimo, però, calò la scure sulla soddisfazione di essere arrivato primo. “Momotaro, c’è una cosa che devi assolutamente vedere!!” urlò.
    Esortati dalla preoccupazione nella sua voce, gli altri tre lo raggiunsero in fretta e furia. Per trovare solo un paesaggio disperato. Per trovare solo un villaggio distrutto. In passato, era stato abitato da dei pescatori; ora, altro non era che un cumulo di macerie, raso al suolo da quella che sembrava la forza di un ciclone.
    “Ma cos’è successo qui??” chiese indignato Taro.
    “Sono stati gli oni, giovane guerriero. Guidati dal loro Re, che con la sua mazza può uccidere tutti all’istante. Ci hanno derubati di ogni cosa... persino della vita.”
    “Molto bene! Vorrà dire che li ripagheremo con la loro stessa moneta!
esclamò Hikaru furioso.
    La reazione di Taro fu invece più mite e con tono gentile chiese:
Vecchietto, per piacere, avresti una nave da prestarci?”

    - Flip

    Finalmente, il gruppo s’imbarcò per l’isola. Passarono i giorni. Il quartetto di guerrieri dovette affrontare una tempesta, onde gigantesche e quasi patire la fame, prima di vederla.
    “Eccola!”
    Onigashima. Finalmente, l’isola piena di tesori e ricchezze era davanti ai loro occhi. Era un pezzo di terra grigio, arido e con una montagna alta quanto il Fuji.

***

    (“ALTA QUANTO IL FUJI??” esclamò Masaru, strabuzzando gli occhi.
    “No, dai questa te la sei inventata.” lo denigrò Takeru, cercando di leggere la pagina, ma Kojiro lo teneva a debita distanza. “Non c’è scritto nel libro questo!”
    “Dicono che in realtà l’isola di Onigashima sia Megijima!” aggiunse Naoko.
    Kojiro stava veramente iniziando a perdere la pazienza. “Quando questa favola ve l'ho raccontata l’anno scorso, non eravate così polemici!”
    “Scusa.” dissero i tre in coro.)

***

    “Raggiungere la rocca in cima alla vetta sarebbe stata la prima delle loro sfide. Scoprire come entrarvi la seconda; ed infine, attendeva loro la sfida più ardua: sconfiggere il Re degli Orchi.
    Roccia dopo roccia, Momotaro arrivò in cima alla montagna e s’incamminò verso le porte del castello. Hikaru lo fermò: “Aspetta. Sorvolerò il castello per scoprire cosa stanno facendo i nostri nemici!” - e così dicendo si ritrasformò in un fagiano. Si librò in aria e con fare attento, volò sopra gli orchi.
    Erano ubriachi, bonari e stavano facendo baldoria. Gongolavano e ridevano, la loro pelle resa ancora più rossa dai fiumi dell’alcol. Contavano le ricchezze ottenute dal loro ultimo saccheggio; probabilemente, era tutto ciò che avevano guadagnato dal villaggio dei pescatori. Hikaru decise che la sua ricognizione era stata più che sufficente e tornò dai suoi compagni.
    “Dovete fare tutti molta attenzione. Sono in tanti, ma anche ubriachi.”
    “Quindi è il momento migliore per attaccarli.” dichiarò Taro. “Forza! Ryo, scavalca le mura e abbassa il ponte, ti prego!”
    Il guerriero ubbidì prontamente e - ritrasformatosi in scimmia - superò facilmente la cinta e fece cadere le difese nemiche. Un boato assurdo echeggiò nell
aria e attirò l’attenzione delle truppe mostruose.
    “Fate attenzione, amici! ALL’ATTACCO!!”
    Gli animali partirono alla carica contro gli oni. Il cane morse i sederi dei demoni, la scimmia graffiò le loro schiene e il fagiano beccò i loro occhi. Momotaro invece brandì la sua spada.
3
    Si fecero strada nel castello con inaudita violenza fino ad arrivare nella zona più centrale: la sala del consiglio degli orchi.
    Era lì che li attendeva il loro capo: Akandoji.


***

    (“Certo che però ha proprio un nome brutto.” lo interruppe di nuovo Naoko. “Si chiama davvero Akandoji solo perché ha la pelle rossa?”
    “Tu ti chiami ‘bimba onesta’, ma sei veramente onesta?” chiese Takeru.
    “Che uscita filosofica fratellino...”
    Calò un silenzio imbarazzante nella stanza.
    “Ma tu parli, Takeru?!”
    Kojiro li bloccò prima che i due potessero iniziare a tirarsi i capelli. “E va bene, e va bene!! Come lo vorresti chiamare? Taichi?”
    Gli occhi della bambina brillarono.)


***

    “Il Re degli Oni era conosciuto come Akandoji dalle sue truppe, ma il suo vero nome era Taichi, l’orco divoratore di... uhm... dolci. Quando Momotaro e i suoi amici arrivarono, lui se ne stava seduto sul suo gigantesco trono di pietra, un sorriso affilato delineato dai denti aguzzi. Le corna enormi crescevano dalla sua folta nuca e stava giochicchiando con una mazza tra le mani. La ruotava come un giocattolo: era famosa, i pescatori sopravvissuti dissero a Taro che era in grado di uccidere un uomo in un colpo solo.
    Gli amici del giovane guerriero si prepararono ad attaccarlo, ma Taro li fermò: “Me ne occuperò io!”
    “Momotaro...!” esclamarono i tre.
    “Voi occupatevi di bloccare il resto degli orchi con le corde nella mia bisaccia.” Il terzetto annuì e andò a eseguire l’ordine.
    Lo scontro si aprì con Momotaro che riuscì a schivare un colpo dato con la pericolosa mazza. Continuò costringendo l’oni a dondolare e dimenarsi tutt’attorno, finché non riuscì a fargli perdere l’equilibrio e, di conseguenza, anche l
’arma. Taichi fu quindi costretto in un corpo a corpo con Taro, ma la forza del giovane nato dalla pesca era di gran lunga superiore a quella del terribile orco.
    In quel momento, i tre guerrieri tornarono e corsero in aiuto di Momotaro, per legare il Re ormai sconfitto. Fu solo allora che questi supplicò: “Ti prego, Momotaro, risparmiami! Tu e i tuoi compagni siete dei validi guerrieri e io non ho intenzione di continuare questa lotta. Se mi libererai, potrai chiedermi in cambio tutto ciò che vorrai!”
    “Molto bene.” rispose Momotaro. “Come ricompensa per averti sconfitto, mi prenderò tutte le tue ricchezze, ma ti lascerò il castello. Resterai qui e se solo oserai torcere un altro capello, tornerò e definitivamente ti sterminerò!”
    L’oni si prodigò in un inchino profondo, dando a Momotaro le ricchezze promesse.

    - Flip
   
    Mentre i guerrieri caricarono la nave con i forzieri, Momotaro spiegò finalmente ai suoi amici le sue vere intenzioni. I tre rimasero ancora più colpiti dalla sua nobiltà d’animo e chiesero a Taro di usare le loro parti del tesoro per continuare a fare del bene.

    “Tornate a Sagami con me.” propose infine il ragazzo. “Ci aspetta una grande festa e io farò sapere a tutti delle vostre eroiche gesta! Non sarei mai riuscito in questa impresa senza di voi! Tornate a Sagami con me e potremmo vivere tutti insieme felici!”
    I tre guerrieri accettarono. Fecero ritorno al villaggio e i quattro eroi si goderono la loro gloria e ricchezza per quattro giorni e quattro notti. Al quinto giorno, gli abitanti del villaggio decisero di far diventare Momotaro il signore delle loro terre.
    Negli anni avvenire, tutti lo ricorderanno come un regnante saggio e giusto; i suoi uomini non combatterono mai tra di loro, anzi, continuarono a dare prosperità alle sue terre e la ricchezza del loro signore non provocò mai né guerre, né invidie.
    Fu così che Momotaro visse una lunga, prospera e felice vita.”

***

    “FINE!”
    “Ho sempre adorato come finisce questa storia!” Takeru si alzò dal suo futon saltellando. “Grazie per avercela raccontata di nuovo fratellone.”
    “Mi sono piaciuti i nomi.” aggiunse Naoko.
    “Possiamo prendere un cane e chiamarlo Takeshi?”
    Kojiro si lasciò scappare una risata nervosa. “No.” Masaru affondò nel cuscino, mugolando triste. Il maggiore gli scompigliò i capelli e si preparò a fare la fatidica domanda. “Allora, cosa avete imparato?”
    Takeru e Naoko si scambiarono uno sguardo complice. “Che bisogna sempre essere gentili col prossimo!”
    “E picchiare i cattivi.”
    “Ma no, Masaru. Tu non devi picchiare nessuno!” esclamò la sorellina.
    “Ah, no?”
    “No, non sei mica Momotaro!”
    Gli altri due fratelli se la risero tra di loro. Poi Kojiro si alzò e andò a chiudere le tende. “Forza... È ora di andare a dormire.”
    Takeru, Naoko e Masaru non se lo fecero ripetere due volte. In un battibaleno, erano tutti nei loro futon4 pronti a essere rimboccati nelle coperte e spediti nel mondo dei sogni.
    “Buonanotte, fratellone.”
    “A domattina.”
    “Sconfiggerò qualsiasi oni!”
    Kojiro cercò di trattenere una risata. “Va bene Masaru... Buonanotte.”
    Fece scorrere delicatamente la porta della camera. Se ne andò in cucina sospirando pesantemente.
    “Sembra che vi siate divertiti.”
    Kojiro alzò lo sguardo e sorrise.“Bentornata, mamma.” Le si sedette accanto e si prese anche lui una calda tazza di tè.
    “Vedo che il mio libro delle fiabe ti è tornato utile...”





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    Note:
    1: gli oni sono creature mitologiche del folklore giapponese, simili ai demoni e agli orchi occidentali. (cit. Wikipedia)
    2: Lo hachimaki è una fascia di tessuto tradizionalmente indossata in Giappone, cingendosi la fronte, come simbolo di impegno e perseveranza. (cit. Wikipedia)
    3: è una frase originale della fiaba.
    4: futon = È il materasso tradizionale della cultura giapponese, interamente in cotone, rigido, sottile e arrotolabile. (cit. Wikipedia)
    5: Kibidango = dolcetti al miglio

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    N.A.: Ohi! Sono tornata con questa cosa stupidina per divertirmi durante il Fairy Tale organizzato da fanwriter.it! Non è esattamente una Momotaro!AU, ma spero d’aver più o meno azzeccato con l’evento. Inoltre è un Momotaro un po’ rivisitato(?), nel senso: la fiaba originale non ha davvero tutte queste info (trovando il testo originale giappo è brevissimo, come giusto che sia per una fiaba), quindi boh, spero di aver azzeccato tutti gli avvenimenti.
    E mi dispiace un po’ per Kojiro: in realtà non credo sia il tipo di persona che denigrerebbe in questa maniera i propri compagni, però oh, non sapevo sennò come inserirceli tutti gli altri personaggi.

    Tra l’altro, questa cosa delle oneshot a tema fiaba mi sta piacendo un sacco e sto seriamente pensando di farci una raccolta stile: “Kojiro racconta le fiabe classiche giapponesi”. Però non so, vediamo.

    Spero comunque che la storia vi abbia divertiti! A presto!

   
 
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