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Autore: WrongandRight    22/10/2018    1 recensioni
Quando Yuuri Katsuki lavora in un cafè di Detroit, per potersi pagare l'affitto, e incontra la star russa Viktor Nikiforov ancora non sa che dovrà passare molto tempo in sua presenza e non sempre protetto dall'ambiente lavorativo che lui ama tanto. Però forse è giunto il momento per lui di trovare la determinazione necessaria per affrontare il ghiaccio con coraggio e con il supporto di chi riconosce il suo talento.
Tentativo di long nato dalla one-shot "Dall'altra parte del bancone" che fa da prologo a questa storia piena di clichè e Phichit invadenti.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie ' Profumo Parigino, Caos Americano'
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Salve! Volevo cimentarmi nell'ardua impresa di scrivere una long e, dopo aver meditato sulla trama e su come possano essere suddivisi i capitoli, ho deciso di provarci davvero e di dare vita a ciò che la mia mente malata stava progettando. Questa long ha un prologo che è "Dall'altra parte del bancone" con il quale volevo attribuire ad una coppia ben poco cliché uno dei trope più utilizzati, ovvero l'incontro in un café. Mi scuso in anticipo se ci dovessero essere incongruenze nella città di Detroit, cercherò di documentarmi il più possibile ma non conoscendola di persona sarà àimpresa ardua.
Questa è l'apertura ufficiale di un incontro decisamente e strano e spero che vi possa piacere e decidiate di rimanere con me fino alla fine di questa avventura!
Grazie per essere qui! Buona lettura ^_^


Capitolo 1: Dalla Russia di soppiatto

 

Ah, il bancone. Meravigliosa barriera architettonica in grado di separare fisicamente e spiritualmente due persone seppur vicine ed in grado di comunicare tra di loro. Una presenza solida e fredda sotto le dita di Yuuri che stavano diventando bianche e fredde per la forza con cui si stava aggrappando ad esso.
Maledetto Phichit. Maledetto lui e le sue decisioni istantanee.
Se sperava di avere il turno libero sabato mattina per andare a girovagare tra i negozi del Fairlane Town Center, ora poteva anche dimenticarselo. Yuuri non avrebbe ceduto la sua mattinata davanti alla console per nulla al mondo.
E soprattutto non dopo averlo abbandonato lì, con quella visione celestiale in preoccupata attesa.
Yuuri poteva ben vedere come, da così vicino, sull'espressione del russo si fosse dipinta un'espressione tra il perplesso ed il preoccupato. La fronte corrucciata, le labbra chiuse in una linea tesa e le intense iridi azzurre rabbuiate da un qualche pensiero conosciuto solo dal suo proprietario.
Stupendo, affascinante proprietario che riusciva a portare una tuta sportiva come un capo di alta moda e a integrarsi tra i colori caldi del locale nonostante la pelle candida.
Yuuri avrebbe potuto scrivere poemi per giorni su quella visione. Perché doveva essere un sogno. DOVEVA.

Non realizzò il lieve sorriso che l'atleta gli stava rivolgendo fino a quando la voce di Viktor non lo riportò nel mondo dei vivi, tra l'aroma dei chicchi di caffè e il brusio delle chiacchiere dei clienti e delle stoviglie spostate.

“Mi scusi, posso ordinare? Continuerei a fissare i suoi meravigliosi occhi per molto tempo, ma credo che i clienti dietro di me non apprezzerebbero”
“I-Io... S-si, certo! Mi dica pure.”
“Un cappuccino, grazie”
“P-può attendere al tavolo, scusi l'attesa”

E il pluripremiato sex symbol si allontanò dal bancone con un mirato occhiolino che fece esplodere il cuore del giapponese e lo colorò di un intenso rosso pomodoro.

“Io invece prenderei una di quelle deliziose brioches... Anche se capisco che tu abbia scelto il succulento straniero.”
“Tua moglie oggi non è qui, eh?”
“No, ho ancora qualche minuto di libertà per rimpinzarmi di grassi.”
“Dovresti seriamente seguire i suoi consigli.”
“Sei molto gentile Yuuri, ma seguirò il tuo consiglio quando tu seguirai quelli del tuo simpatico amico.”

Una colorata risata fece voltare il nipponico barista, ancora a bocca aperta dopo l'affermazione del cartolaio che si dirigeva tutto soddisfatto a recuperare la sua ricca colazione. Che anche i clienti gli facessero la predica era inaudito! Era lui ad ascoltare le lamentele della gente, non il contrario!
Si mise a fissare con sguardo assassino il suo migliore amico ancora piegato in due dalle risate nella speranza di farlo desistere dal deriderlo pubblicamente ma, noncurante dello sguardo truce che lo trafiggeva, il tailandese tirò fuori il telefono dalla tasca del grembiule per catturare l'espressione rabbuiata del pattinatore.
Intanto la folla dietro di loro aumentava e una giovane ragazza, studentessa alle prese con un esame importante da lì a breve, aveva appoggiato i gomiti sul bancone e sorreggeva la testa con le mani, affascinata dalla scena.

“Arriviamo subito Lucy, scusaci.”
“Tranquilli, fate pure. Siete una buona pausa da quei libri prolissi... Yuuri, non essere imbarazzato, quel russo fa ribollire il sangue, ti capisco.”
“Cos-?!”
“Ahahahah! Grazie, Lucy, magari si smuove un po'”
“PHICHIT!”
“Credo che il tuo meraviglioso idolo stia ancora aspettando il suo cappuccino. Io prendo la fila, tu attacca!”
“Non siamo in un film, Phi. E non attacco proprio nessuno!”
“Quel tipo è già comparso dal nulla mentre stavamo parlando di lui, a questo punto potrebbe anche, chessò, lasciarti scritto il numero sul tovagliolo.”
“Smettila, per favore, è già imbarazzante così.”
“Se vuoi porto io la sua ordinazione. Poi se viene a sapere della tua collezione di poster non farmene una colpa.”
“VADO IO! Vado io, non ti muovere da qui. Lucy, non ridere!”
“Vedo cosa posso fare!”

Un disastro. Una mattinata disastrosa. Il suo rifugio, il suo lavoro senza inconvenienti... Tutto stravolto da una persona che travolgeva chiunque ed ovunque senza, forse, rendersene conto. E solo in quel momento una domanda si fece spazio tra gli agitati pensieri di Yuuri.
Cosa ci fa l'inarrestabile campione mondiale ed olimpico del pattinaggio artistico seduto ad un normalissimo tavolino di legno, che profuma di calma e di antico, nel mezzo di una metropoli al confine tra U.S.A. e Canada e, soprattutto, così lontana dalla Russia?
Prese il cappuccino preparato dal suo collega e lo mise sul vassoio insieme alle altre ordinazioni con cui fare il giro dei tavoli. Non amava dover oltrepassare la così detta barriera protettiva, ma qualcuno doveva occuparsi dei tavoli e ogni tanto il compito toccava anche a lui. Tutti preferivano stare dietro al bancone. Affrontare le scorbutiche persone affollate ai tavoli nell'ora di punta era sempre stancante. Alla fin fine impari a voler bene un po' a tutti, ma i chiacchierini liceali, l'uomo d'affari che già urlava al telefono e la vecchiuccia che non ricordava mai quali paste fossero le preferite dei nipoti, la mattina presto non erano affrontabili. In particolar modo se la sera prima l'allenatore insiste nel ripetere più volte salti stancanti.
E poi Celestino aveva parlato e parlato la sera scorsa... Era così allegro e pimpante e Yuuri voleva solo andare a letto. Sperava solo che non fosse un'osservazione importante perché non aveva recepito un solo vocabolo dall'esuberante italiano.

Consegnò il nettare nero ad una signora sulla quarantina, continuò il suo giro e si fermò ad osservare il campione che teneva gli occhi incollati allo schermo del suo telefono e che scrollava con rapidità un qualche social, Instagram probabilmente. Sembrava stranamente a suo agio in quel luogo, ed era così diverso dalla figura russa che tempestava i programmi televisivi sportivi, con quell'espressione seria con la quale fissava il tecnologico strumento... Curvato su di esso e sul tavolino sottostante, con gli occhi spenti e un sospiro fievole che lasciava le sue labbra.
A Yuuri sembrava quasi triste. Distante.
Ma cosa ne poteva sapere lui, che era ben lontano dall'affrontarlo sullo stesso ghiaccio? Dagli sponsor entusiasti e dai fan accaniti?

Si avvicinò, teso ed emozionato, e pose il caffè con molto latte sul tavolino cercando di non balbettare. Cercando. Ognuno prova a fare del suo meglio.

“E-Ecco a lei il suo ordine, scusi ancora il ritardo”
“Oh, grazie! Sembra ottimo! Come il barista.”
“Co- Come?!”
“Non essere così formale. Sei un mio fan, non è vero...?”
“Yuuri”
“Yuuri... Che bel nome! Vuoi farti una foto con me?”

Gli occhi del giapponese si illuminarono e si aprì ad un sorriso entusiasta... Per pochi secondi.
Pochi attimi prima che una voce dentro di lui si alzò irritata, delusa e affranta, con tanta prepotenza che non poté ignorarla. Una voce che gli stava dicendo che la persona davanti a lui, che gli stava rivolgendo un plastico, spettacolare sorriso a trentadue denti, non sapeva minimamente chi era. Non sapeva quanti sforzi aveva fatto per partecipare alle sue stesse competizioni e non sapeva quanto lui desiderasse essere riconosciuto come suo avversario.
Yuuri non era riuscito neanche in questo. E faceva anche pena a servire un caffè.

Nel frattempo quello smagliante sorriso si era richiuso, quasi scomparso, davanti al cambiamento repentino di espressione del giovane.

“Quindi...”
“No, grazie, non vorrei mai rubare il tuo tempo. Spero che il cappuccino sia buono.”

Il giapponese si voltò e quasi corse via, in piena agitazione, dietro alla sua fonte di sicurezza. Prese un grosso respiro e tornò ai suoi compiti sotto lo sguardo preoccupato del suo amico che nei seguenti cinque minuti tentò più volte di rivolgergli la parola senza successo.
Soltanto quando la prima mandata della mattinata si fu placata e Phichit fece ritorno dal suo giro di pulizia, l'ansioso Yuuri si decise a parlare, prorompendo in una melodrammatica lamentela, accasciandosi a terra come panna montata andata a male.

“Ho perso l'occasione di una vita, Phi! Uccidimi ti prego!”
“Oooh, ecco. Finalmente ti decidi a dirmi che ti è preso! Non essere esagerato e spiegami tutto”
“Ho fatto la peggior cosa che potessi fare. Sono un disastro, Phi! E sono anche presuntuoso!”
“Amico mio, che tu sia un disastro è un dato di fatto, visto che sei quasi steso a terra. Ma sei una persona meravigliosa... A volte un po' maldestro, ma indubbiamente meraviglioso! Ora, prima che mi metta stendere le tue lodi, mi dici che hai combinato?”
“Hai presente quando ho sbattuto contro CiaoCiao durante un allenamento e per poco non si è rotto una gamba?”
“Si, certo, ora ti sta a distanza per un motivo. È passato alla storia quel giorno”
“PHI!”
“Okok, si, mi ricordo. E allora?”
“Peggio.”
“Peggio cosa?”
“La mia conversazione con Viktor!”
“Ehm... Perdonami se te lo dico, ma devi insegnarmi ad essere un disastro come te, allora”
“Che diamine stai dicendo?”

Il nipponico finalmente guardò negli occhi il collega che lo guardava divertito. Cosa ci fosse di divertente nella sua orrenda figura con il russo non lo sapeva.
O forse si.
Anche solo aver pensato di poter interagire con lui senza avere un infarto era un'idea da deridere.

“Amico mio, forse dovresti vedere il tovagliolo che Nikiforov ha lasciato al tavolo.”
“Oh, perfetto. Non gli è piaciuto il cappuccino?”
“Prendilo e basta!”

Prese il tovagliolo dalla mano di Phichit, notando come quest'ultimo fosse già pronto ad estrarre il telefono dalla tasca.
Quel sabato Yuuri l'avrebbe decisamente passato davanti ai videogiochi mentre l'altro pattinatore avrebbe sgobbato in quel posto.

“So già che grazie a questo sabato farò ottimi acquisti.”
“Io stavo giusto pensando al contrario.”
“Guarda quel fazzoletto invece che il mio telefono.”

Sbuffando, guardò il pezzo di carta tra le sue mani e per poco non iniziò tremare tanto il battito prese ad accelerare e tanto violentemente rimbombava nelle sue orecchie.Sul tovagliolo c'era un numero di telefono seguito da un “per Yuuri” e la firma di niente popò di meno che Viktor Nikiforov. L'espressione allibita di Yuuri fu accuratamente filmata da un esuberante Phichit, forse eccitato quanto il destinatario del fazzoletto.

“N-non... Non è possibile!”
“Invece lo è! Amico mio, non so cosa tu abbia fatto, ma sei stato eccezionale!”
“M-ma io me ne sono andato... Io...”
“Il bellissimo Yuuri Katsuki colpisce ancora!”
“NO! Non è possibile, queste cose non accadono nella realtà! Nel mondo reale io studio, pattino e lavoro e non ho soldi per andare a cena fuori ogni settimana.”
“E questo è ancora vero. Solo che ora hai il numero di una celebrità in tasca”
“Non ho il numero di una celebrità in tasca.”
“Ah, no? E dai, ammetti di essere un rubacuori e...”
“HO IL NUMERO DEL DIVINO VIKTOR NIKIFOROV TRA LE MANI!!”
“Sì, effettivamente è mooooolto differente.”
“Aiutami”
“Fai cambio col mio turno sabato, vero?”
“Tutto quello che vuoi!”
“L'importante è che non intralciate gli allenamenti flirtando”
“Che intendi dire? Non salto mai gli allenamenti e, anche se sono molto tentato, non li salterò per Viktor”
“Tu... Non stavi ascoltando CiaoCiao ieri sera, vero?”
“No... Perché?”

Un ghigno sinistro proruppe sul volto del coinquilino. Un ghigno e un lampo negli occhi che non prometteva nulla di buono.
Ma Yuuri non fece in tempo a chiedere niente perché la campanella suonò di nuovo e il bar si riempì di voci e odori e la mattinata era ancora lunga.
Ancora più lunga con un numero importante tenuto al sicuro nella tasca del suo pantalone.
Ancora più lunga con un collega che l'avrebbe stuzzicato tutto il giorno, ma è un fardello tollerabile quando si ha la testa fra le nuvole.

   
 
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