L’ANGELO
 
Non riusciranno mai a provare che io sia colpevole. Gliela farò vedere io.
(Harold F. Shipman, due giorni prima della morte)
 
 
Il medico era giunto puntuale a casa sua.
«Dottore, è veramente un piacere averla qui.» lo accolse una signora anziana «Prego, si accomodi.»
Il dottore era un uomo di mezza età, dall’andatura stanca e la barba incolta. Doveva dormire poco. Dietro ai suoi spessi occhiali, due piccoli occhi timidi.
«Vuole qualcosa?» domandò l’anziana «Un tè? Un caffè?»
«Magari un po’ d’acqua, se non le dispiace.» rispose il medico, poggiando la borsa dei medicinali su un tavolino.
La signora andò in cucina e preparò un bicchiere d’acqua di rubinetto. Quando ritornò nel salotto, trovò il medico intento a maneggiare una scatoletta di medicinali: «Come si sente, oggi, signora?» chiese l’uomo.
«Beh, che vuole che le dica, dottore?» rispose la signora «Le tempie ancora mi scoppiano, ma stavolta un po’ di meno rispetto a ieri.»
Il medico aprì la scatoletta, tirandone fuori una fialetta.
«Stanotte non ho quasi dormito, avevo un vero e proprio cerchio alla testa.» continuò l’anziana.
«La capisco, signora.» disse il dottore, abbozzando un mezzo sorriso «Ieri ho dovuto visitare altre due persone, tutte di notte.»
«Qualcosa di grave?» domandò la signora, poggiando il bicchiere d’acqua su un tavolino.
«Oh, no, signora. Altri casi di influenza, con i suoi stessi sintomi. Ma ho risolto il problema. A quest’ora staranno un po’ meglio.»
«Merito suo. Lei è proprio un bravo dottore.»
L’uomo alzò la fialetta verso la luce pallida filtrata, debolmente, dalla finestra, per verificarne il contenuto: «Faccio solo del mio meglio. Al resto ci pensa la natura. Ha misurato la febbre, come le avevo chiesto?»
«Sì, proprio pochi minuti prima che lei arrivasse. È calata rispetto a ieri, ora è a 37.»
Il dottore poggiò la fialetta sul tavolino e cavò fuori dalla valigetta una siringa: «Vedo che sta migliorando. Lei ha una salute proprio ferrea, signora. Magari, per sicurezza, facciamo un’iniezione, che dice?»
«Va benissimo, dottore.»
«Allora si segga. Questione di pochi minuti.»
L’anziana si accomodò sulla sua poltrona e alzò una manica del suo maglione, denudando un braccio: «Lei è veramente un bravo dottore. Non so che dirle. È sempre disponibile.»
Il dottore aveva infilato l’ago della siringa nella fialetta e ne stava succhiando il liquido trasparente: «È il mio dovere, dopotutto.»
L’uomo strinse al braccio della signora un laccio emostatico ed infilò la siringa nella pelle bianca: «Le fa male, signora?»
«No, dottore. Non  sento praticamente nulla. Ha le mani molto delicate. Sembra un angelo.»
Il medico iniettò il liquido. Mentre eseguì l’operazione, la signora domandò: «Una curiosità, dottore.»
L’uomo sorrise, facendo scintillare i occhi porcini: «Sempre stata una pettegola la mia paziente preferita, eh? Mi dica pure.»
«Ma è vera quella storia che si dice sul suo conto?»
Il medico finì l’iniezione e tirò fuori dalla cute l’ago, con un gesto lento e calcolato: «Quale?»
«Si dice che lei sia stato… come dire…»
La donna sbadigliò.
«Dica pure, signora. Mica mi offendo.» disse il medico, sornione.
La donna sussurrò, affaticata: «Qualcuno dice che lei in passato sia stato un drogato. Una mia amica me lo disse, la settimana scorsa.»
Il dottore si tolse gli occhiali ed iniziò a pulire le lenti con un fazzoletto: «Storia vecchia, signora. Il medico titolare di un ambulatorio dove lavoravo in passato aveva notato una mancanza notevole di fentanyl.»
L’anziana non capì: «Che cosa?»
«Fentanyl. È un analgesico ricavato dalla morfina. Il mio capo mi convocò nel suo ufficio e gli dissi che tutte quelle scatole di fentanyl le avevo fatte sparire io, perché mi ci drogavo.»
Il mal di testa era scomparso, eppure la donna iniziò a sentirsi, di colpo, stanca. Parlò lentamente, facendo quasi ciondolare il capo: «Mi dispiace molto, dottore.»
Il medico si rimise gli occhiali: «Si sente bene, signora?»
«Sì, dottore. Solo un po’ assonnata.»
«Sarà effetto della nottata in bianco.»
«Però mi dispiace molto, dottore. Io non sapevo che lei… che lei…»
«Non si preoccupi, signora. Ho passato un anno in un centro di disintossicazione e, alla fine, me ne sono liberato. Sa, a volte capitano questi… incidenti di percorso, ma alla fine se ne esce sempre, in un modo o nell’altro.»
La signora sprofondò nello schienale della poltrona: «Ho sempre saputo che lei è una brava persona. Lei è… un angelo…»
«Adesso si riposi, signora. Il tempo che l’iniezione le faccia effetto…»
La donna reclinò il capo su una spalla.
«… e non sentirà più nulla.»
Il medico posò la siringa nella borsa, piena di scatolette di fentanyl, e tirò fuori la cartella clinica della signora, che si era portato dietro dal suo ambulatorio. In fondo a tutto scrisse:
 
Causa del decesso: infarto.
 
Prese la borsa e se ne andò.
 
 
Il dottor Harold F. Shipman venne arrestato il 7 settembre 1998. Fu accusato dell’uccisione di oltre 200 persone tramite iniezioni letali di morfina nell’arco di 23 anni di professione.
Al processo gli furono attribuiti solo 15 omicidi, venendo condannato a 15 ergastoli.
Morì in carcere il 13 gennaio 2004, il giorno prima del suo 58esimo compleanno, impiccandosi nella sua cella del carcere di Wakefield.
Non si è mai dichiarato colpevole.
A tutt’oggi, risulta essere il serial killer più prolifico della storia del Regno Unito.
Fatti e personaggi di questa storia, pur partendo da vicende reali, sono in gran parte frutto della mia fantasia e questo racconto non ha alcuna pretesa di essere una ricostruzione veritiera di quanto è effettivamente accaduto.