Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: Ely_Pommy    22/10/2018    1 recensioni
Una fiaba su alcune delle festività più e meno conosciute
Genere: Commedia, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Sono un disastro!»
Piagnucolava lo strano individuo rannicchiato sul marciapiede all’incrocio col vicolo “Sepolti sghignazzanti”, ironico che effettivamente i defunti che abitavano in quel vicolo fossero conosciuti per essere delle vere e proprie iene.
Il lampione mezzo fulminato dava quel tocco di patetico, che rendeva Jeremy ancor più deprimente agli occhi di chiunque fosse passato di lì.
Ad un occhio più disattento poteva apparire un mendicante e il passante qualunque non avrebbe esitato a lanciargli una moneta per ripulirsi la coscienza.
Peccato che in quel piccolo paesino tutti sapevano chi fosse.
«Anche per quest’anno nulla di fatto, eh? Sei davvero la vergogna della nostra casa Jey».
Jeremy non rispose.
Il suo interlocutore ghignò ed entrò nella gotica villa dall’altra parte della strada.
Solo ora Jeremy sollevò il viso colmo di lacrime dalle ginocchia.
Ora che era ben illuminato (o perlomeno a tratti) dal malandato lampione, si poteva ben leggere la sua fisionomia, anche se deformata da un lungo pianto.
Non doveva avere più di 13 anni, anche se nel paese in cui viveva, il tempo scorreva in maniera tutta sua.
Il viso pallido e levigato si colorava di un acceso rosa all’altezza delle gote.
Aveva un naso lungo e rivolto all’insù.
I suoi occhi erano uno di color verde e l’altro color viola.
I suoi capelli erano biondo cenere e arruffati.
Aveva degli incisivi quasi simili a quelli di un castoro.
Scendendo nell’osservazione del suo corpo, l’osservatore avrebbe notato una morbida coda da coniglio.
Era un aspetto certamente insolito, ma mai più insolito per il paese in cui abitava.
Hallowcity era abitata da esseri che suscitavano ribrezzo, spavento, terrore.
Non cercatela sulle mappe: questa città è avvolta dalla nebbia che esce dai pozzi, dai camini e dai calderoni dei suoi abitanti.
Questa nebbia la rende visibile solo e soltanto ai suoi abitanti, nati ed abituati a tale foschia.
Questi ultimi passavano il loro tempo a spaventare gli abitanti della Terra.
Infilarsi sotto i loro letti e svegliarli di soprassalto, fare cigolare i loro pavimenti in un angolo buio della casa, mostrare i loro occhi di fuoco per poi sparire, mormorare ai loro sogni tramutandoli in incubi.
Il loro giorno preferito, però era Halloween.
Questa festa fu creata proprio da loro come fosse il Capodanno degli umani e l’avevano portata loro, per poter mostrarsi senza maschera ed agire indisturbati.
Cosa c’era di così speciale per loro: in palio per ogni creatura vi erano dei premi, destinati a chi avesse svolto meglio degli altri taluni compiti: più urli di bambini, più infarti, più morti (e no, non avete capito male), più sangue succhiato, più incubi provocati ecc…
La creatura, o la famiglia di creature che raggiungeva questi traguardi, guadagnava il rispetto di tutte le altre creature.
Per loro era letteralmente un onore trasformare l’anarchia in lustro.
Jeremy faceva parte di una delle casate più illustri della città.
I suoi antenati avevano unito la dinastia dei lupi mannari e quella dei vampiri.
Quest’unione aveva portato ad alcune delle creature più spaventose ed astute che avessero mai respirato la grigia aria di Hallowcity.
Ognuno dei membri di quella famiglia vinceva annualmente un premio tra quelli in palio, fino a poter dire di averli conquistati quasi tutti.
Jeremy, però, era come si suol dire dalle loro parti, il vampiro sdentato della situazione.
Non perché non ci provasse, ma la sua sola presenza, provocava ilarità.
Se c’era una cosa che facesse accapponare la pelle alla sua famiglia, erano proprio le risate di quegli inutili e mocciolosi bambini umani.
Jeremy col passare degli anni aveva provato col truccarsi, travestirsi, ma nulla: ogni suo tentativo portava a risate ancor più fragorose.
Così il povero erede degli Urlanti venne sempre più isolato e schernito dal resto della sua famiglia.
Anche gli abitanti della città lo trafiggevano con sguardi di scherno.
Jeremy, non ne poteva più.
Quell’anno decise di scappare.
Corse lontano finchè il fiato gli e lo permise.
Le sue gambe ad un certo punto cominciarono a fargli male e la sua testa prese a vorticare.
Svenne.
L’indomani si trovò in una radura.
Certo di essere lontano dalla città, dopo un primo attimo di smarrimento, sentì il sole accarezzargli il volto.
Decise che non avrebbe più dato ascolto a nessuno, ma avrebbe preso in mano la sua vita.
Cominciò col costruirsi una casa: fu semplice, dato che la sua prozia era una strega e alcuni poteri erano entrati in lui, purtroppo niente che potesse essere d’aiuto per il 31 ottobre.
Ciò che venne fuori dal movimento della sua mano, fu una struttura a forma di strano cappello, simile ad un polpo, i cui tentacoli terminavano con dei campanelli.
Bizzarro, ma a lui piaceva.
Era una struttura molto evidente, ma la magia con cui era stata prodotta veniva da Halloween, perciò non poteva essere vista da occhio umano.
Non sapendo come passare il tempo, si annoiò: ormai i lavori di arredamento erano terminati.
Quasi per caso, accadde.
Un coniglio rosa passava sempre davanti a casa sua e Jeremy lo nutriva.
Anche questo animale era bizzarro: non mangiava carote, ma cioccolato e da sazio, muoveva le sue zampine e creava delle uova di cioccolato.
Chissà, magari era stato esiliato anche lui dalla sua famiglia.
Col passare dei mesi i due scoprirono di riuscire ad intendersi anche senza parole.
Jeremy, decise di visitare anche lui gli umani, ma stavolta con la promessa di farli ridere di proposito.
Aiutava i comici, i bambini, si mischiava tra loro e sperimentava nuovi giochi.
Alcune volte lasciava nei loro giardini le uova create dal suo amico peloso.
Fu così che in memoria e in rifiuto della festa de Halloween volle inventarsi una sua festa dove portare le risate.
Prese il calendario e lo posò davanti al suo coniglio, che aveva chiamato Pasquale.
Egli rosicchiò il primo giorno di aprile.
Così fu.
Da quel giorno egli portò le risate nel mondo ogni primo di aprile.
Furono anni bellissimi.
Adulti e bambini erano felici e adoravano questa data.
Cominciarono anche loro a giocare e farsi gli scherzi, i quali si concludevano sempre con una fragorosa risata.
Nonostante tutta la sua felicità nell’essere ben voluto dagli umani, tanto da averlo appellato come nientemeno che il re degli scherzi, non si capacitò mai del perché Pasquale una volta l’anno scappasse con un cestino pieno delle sue uova.
Non lo seppe mai, ma dato che anche questa ricorrenza era annuale e fissa, decise di chiamare quel giorno Pasqua, come fosse uno scherzo dal suo amico Pasquale.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Ely_Pommy