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Autore: NPC_Stories    23/10/2018    1 recensioni
Amelior Amanitas è un mago potente, a dir poco eccentrico, curioso fino ad essere indiscreto... ma ha qualche problemino a ricordare la quantità immane di informazioni che apprende, perché la sua mente è troppo svelta e geniale per poter essere anche ordinata. Se è vero che gli opposti si attraggono, forse ha bisogno di avere accanto una persona con i piedi per terra.
***
Disclaimer: Amelior Amanitas non è un mio personaggio. In realtà, esiste da canon nei Forgotten Realms. Credo che compaia solo in manuali e avventure di AD&D, non nella narrativa.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1372 DR: Un giorno di ordinario disordine


Amelior Amanitas, rispettato Saggio del Nord, spalancò il portone della sua torre e lanciò il suo cappello da mago nella generica direzione dell’appendiabiti in ferro battuto. La sua mira era pessima, anche perché l’oggetto si trovava nel suo lato cieco dove una benda copriva l’occhio mancante; ma non aveva importanza, perché l’appendino era incantato e si lanciò di lato acchiappando al volo il cappello fradicio di pioggia.
Il mago fischiò, imitando il cinguettio del rigogolo per chiamare i suoi adorati gatti dai colori assurdi.
Non arrivò nessuno.
“Erek?” Amelior si girò verso la sua fida guardia del corpo. “Ho portato i miei gatti da qualche parte prima di partire?”
“Non che io ricordi” l’altro uomo si strinse nelle spalle. “Ma le finestre sono chiuse, non ci sono segni di effrazione e le difese non si sono attivate.” Erek indicò con un cenno del capo i vari golem ricoperti da un leggero strato di polvere.
Amelior soppesò tutti gli elementi di quell’affascinante mistero.
“Tenterò di indagare con mezzi magici.”

Amelior Amanitas, rispettato Saggio del Nord, utilizzò alcuni incantesimi basilari per rilevare il passaggio recente di creature, o l’utilizzo di incantesimi. Alla fine, dopo un quarto d’ora di accurate divinazioni e dopo essersi accorto che le chiavi di scorta erano ancora al loro posto, trovò una lievissima traccia di magia non arcana.
Fu a quel punto che si ricordò di avere una moglie.

C’è un piccolo negozio a Secomber che vende tisane e rimedi erboristici, ma anche pasticceria su ordinazione (quindi praticamente sempre, in un villaggio abitato per metà da halfling) e, in virtù di una burocrazia molto lasca, a chi sa di poterlo chiedere, qualcosa di più particolare nel retrobottega: oggetti magici.
Lo gestisce una ragazza del posto. Il suo nome è Hilda, e la gente ama definirla scherzosamente Per metà umana, per metà strega.
In effetti, è mezza umana. Ed è vero che sua madre è una strega. Lei stessa è di sicuro abbastanza strega da influenzare la vegetazione locale: nei pressi del suo negozio i giardini e gli orti sono più rigogliosi che mai. Perfino i fiori in vaso non sfioriscono e resistono a lungo anche se i loro proprietari distratti dimenticano di innaffiarli. Per contro, le strade cittadine sono un disastro. I sentieri di terra battuta si ricoprono d’erba novella ogni giorno, nelle rare strade acciottolate le erbacce si fanno strada fra i sassi. È normale che la presenza di una strega sedentaria finisca per impregnare la sua regione di magia della fertilità, ma le streghe di solito non vivono in città.
Hilda non smette mai di scusarsi per questo, ma è lei il principale motivo del fiorente commercio di sale che il villaggio deve continuamente importare da Daggerford o da altre città sul mare. Una squadra di volenterosi ragazzini sparge il sale sulle strade una volta alla settimana.
Nonostante questo, nessuno a Secomber si sognerebbe mai di mandarla via. Con il suo sorriso aperto e gentile, con il suo carattere pacato e con la sua naturale capacità di ascoltare gli altri, Hilda non solo è amica di tutti… sa anche tutto di tutti. Lei non userebbe mai questa conoscenza per scopi truffaldini, ma in un certo senso tutti la tengono in gran conto.
Il lord della città, un ranger di buon cuore che lavora per l’Alleanza dei Lord di Waterdeep, si rivolge a lei quando ha il sospetto che gli Zhentarim stiano cercando di nuovo di infiltrarsi nella cittadina. Hilda ha sempre un modo per scoprire cosa succede nella zona e sembra che qualsiasi protezione contro le divinazioni sia inutile contro di lei. Nessuno sa se lei sia una grandissima divinatrice o se, semplicemente, conosca così bene tutti quanti da poter andare per esclusione.
È anche la moglie di Amelior Amanitas. Più o meno.

Amelior non ricordava esattamente dove fosse il negozio della moglie, ma bastava seguire la direzione in cui le strade diventavano sempre più ingombre di erbacce.
Il piccolo edificio era stato recentemente stuccato e riverniciato con un affresco che nella pioggia non riuscì bene a distinguere, ma l’incantesimo di Individuazione del Magico che era ancora attivo nel suo unico occhio gli rivelò che sullo stipite erano stati dipinti dei glifi magici.
Amelior non aveva alcun timore della magia di sua moglie, anche perché il suo talento magico impallidiva davanti a quello dell’anziano Saggio del Nord. E poi, quale commerciante avrebbe posto incantesimi offensivi sulla porta del suo negozio quando esso era aperto al pubblico? In quel momento, anche se la porta a vetri era chiusa per la pioggia, un cartello in lingua chondathan e in lingua comune assicurava che il negozio era aperto.

Il vecchio spinse la maniglia e socchiuse la porta, deciso ad entrare in fretta prima che s’infiltrasse troppa acqua. All’interno lo accolse un forte odore di erbe sconosciute, dolci e speziate, un vero assalto per i sensi. Gli incantesimi sulla soglia avvolsero la sua figura, asciugando i suoi abiti umidi e mettendolo subito a suo agio. Amelior riconobbe quest’ultimo incantesimo come un blando ammaliamento. Di norma avrebbe combattuto istintivamente contro un incantesimo di influenza mentale, ma uno charme non poteva rendere Hilda più amabile di quanto già non fosse, per il suo vecchio cuore. Un altro incantesimo ancora più nascosto, atto a calmare le emozioni violente, gli scivolò addosso senza attecchire perché lui era già perfettamente calmo.
Il mago realizzò in un angolo della sua mente che quegli incantesimi erano chiaramente pensati per i clienti occasionali, quelli che venivano da fuori città, e sospirò sconsolato. Non gli piaceva che Hilda fosse così sulla difensiva, ma non poteva combattere le battaglie di sua moglie.

Non appena l'uomo mise piede nel negozio, un gatto color giallo canarino gli corse subito fra i piedi, strusciandosi con entusiasmo. Amelior lo riconobbe al primo sguardo: era uno dei suoi tanti gatti colorati.
“Oh, eccoti qui, eccoti qui.” Il mago prese in braccio il gatto, ma l’animale non amava essere costretto; si arrampicò sulle sue spalle e si acciambellò lassù. “Topaz, avevo scordato che fai sempre questa cosa.” Sospirò l’anziano mago, facendo un grattino al micio.
Hilda non era in vista, ma Amelior udì la sua voce provenire dal retrobottega. Poco dopo uscì, accompagnando una halfling grassottella.
“Certo, Prulile, con questa tisana starai molto meglio. Non più di una tazza ogni mattina, vedrai che le nausee spariranno. Ma se non dovesse succedere, dovrai rivolgerti ad un vero guaritore… Oh. Amelior.” La ragazza si fermò di colpo, stupita da quell’apparizione. “Non mi hai avvertita che saresti tornato.”
Il mago le sorrise con calore, ma era un sorriso che nascondeva una punta di panico.
“Ti eri di nuovo dimenticato di me, eh?” Domandò lei, sollevando un sopracciglio.
“Be’, bene, io vado…” mormorò la donna halfling, afferrando il suo pacchettino dalle mani dell’erborista. “Tante care cose, eh!”
Seguì un momento di silenzio, mentre i due incantatori restavano soli. Nessuno fece caso alla cliente che usciva, nessuno si preoccupò che non avesse pagato. Era una halfling. Gli halfling non pagavano mai in denaro.
“Ma no, cara, non mi ero affatto dimenticato.” Mentì il mago.
“Ah-ah.” La donna incrociò le braccia, sempre più scettica. “Bene, allora, come mi chiamo?”
Amelior esitò, ma a suo merito, solo per un paio di secondi.
“Hilda, sei mia moglie, non potrei mai dimenticarmi di te.”
Lei finalmente rispose al sorriso, perché non riusciva mai a tenere il broncio al marito per tanto tempo.
“Non sono davvero tua moglie. Abbiamo fissato una data per tre volte ed ogni volta ti sei dimenticato di presentarti, quindi ci abbiamo rinunciato.”
L’umano si sbatté una mano contro la fronte, facendo perdere l’equilibrio al gatto che saltò giù dalle sue spalle con un miagolio offeso.
Ma certo! Hai ragione, dove ho la testa… mi dispiace, nella mia mente e nel mio cuore tu sei mia moglie.”
“Sì, lo so.” Sbuffò lei. “Ed è per questo che ti sei dimenticato di darmi la chiave della tua torre.”
“Non… non si apre per te?”
“No, razza di testone, perché non sono tua moglie!” La strega gli agitó contro un dito ammonitore, ma non era davvero arrabbiata. Voleva solo che lui capisse le conseguenze della sua sbadataggine. “I tuoi gatti hanno rischiato di morire di fame, ho dovuto aprire una porta magica con un trucchetto da strega, ma non potevo entrare o i golem mi avrebbero attaccata. Quindi ho dovuto attirare fuori i gatti con un po’ di moine e tanto cibo, ma Fucsia è scappata, e quando sono riuscita a recuperarla ormai si era presa il raffreddore.”
Amelior capì che si riferiva alla gatta color fucsia. Nessuno dei due aveva gran fantasia per i nomi.
“Ah… mi dispiace, adesso come sta?”
Hilda allargò le braccia. “Tu cosa ne dici? Guarda la mia pelle: il fucsia non è il mio colore naturale. La gatta è contagiosa e attacca il suo colore a chiunque le stia vicino, quindi è in quarantena.”
Il mago realizzò solo in quel momento che era vero, di solito Hilda non aveva la pelle di quel colore violaceo. Di solito era… era… boh, era Hilda. Il mago non aveva proprio il tempo per memorizzare dettagli, la sua mente era sempre proiettata sul futuro, su ricerche assurde e innovative in ogni campo della magia.
La strega notò dal suo sguardo che stava partendo di nuovo per la tangente. Le scappò una risatina, pensando a quanto fosse del tutto incorreggibile.
“Amelior. Ehi.” Richiamò dolcemente la sua attenzione, avvicinandosi e toccandogli un braccio. “So che stai già pensando ai tuoi prossimi progetti. Non vuoi prima parlarmi di ciò che hai cercato e scoperto questa volta? Lo sai che rischi di perdere dei pezzi, se non archiviamo tutto nel modo giusto.”
“Oh, sì. Sì. Ho indagato di nuovo quella fonte di magia caotica sulle Colline Forlorn. Un vero incanto, così tante potenzialità! Ma ora devo lasciar sedimentare la cosa e tornare alla Grande Foresta per…”
“Una cosa alla volta” gli ricordò la moglie, imponendosi con gentilezza ma anche con fermezza.

Passarono il resto del pomeriggio e tutta la serata nel retrobottega, a mettere in ordine appunti sparsi. Il magazzino dietro il negozio di Hilda era il luogo dove lei archiviava la copia originale degli appunti del marito, poi nel tempo libero ne realizzava una seconda copia che veniva portata alla torre. In entrambi i luoghi, gli appunti erano catalogati per tema, in modo che lo scostante e creativo mago potesse riprendere le sue ricerche su un particolare argomento anche a distanza di anni. Amelior Amanitas non aveva veramente una bassa soglia di attenzione, poteva leggere un tomo di migliaia di pagine se ne aveva voglia, ma era semplicemente troppo intelligente e curioso per completare una ricerca senza farsi distrarre da nuovi e più stimolanti misteri. Hilda lo aiutava moltissimo, non a restare con i piedi per terra (sarebbe stato impossibile, contrario alla sua natura) ma a non perdere i frutti del suo lavoro.
Verso mezzanotte, quando il suo secondo incantesimo di Luce si consumò e la stanza tornò ad essere avvolta nell’ombra, Amelior alzò lo sguardo dalla pergamena e prese una decisione.
“Hilda, tu sei la migliore segretaria che si possa avere. Sei anche una bravissima infermiera di gatti e sei una donna eccezionale per la tua pazienza.”
“Hm?” La ragazza stava leggendo lentamente, con la guancia appoggiata ad una mano, e non sembrava nemmeno essersi accorta che la luce si era spenta. Gli rivolse un’occhiata perplessa, mentre lo stupore faceva evaporare il sonno. “Uh… grazie?”
“Vorrei sposarti.”
Seguì un momento di stupore. Poi Hilda sbuffò una mezza risata.
“Lo so, mio caro, me l’hai già detto tre volte. Per me è come se lo fossimo.”
“No, intendo sul serio. Basta dimenticanze, basta distrazioni.”
“Non dire basta distrazioni, non sarò mai al primo posto per te e non mi interessa nemmeno, tu sei un uomo dai forti interessi e io ti amo così come sei.”
“Lo so.” Ammise lui, con candore. “Hilda, lo so, nel momento in cui accenderò un altro incantesimo di Luce non potrò fare a meno di ricominciare a scrivere. Ma in questo momento non posso farlo, sono costretto a non pensarci, quindi è solo adesso che posso sposarti. Vuoi essere mia moglie?”
La donna accolse la proposta con un silenzio attonito.
“Non ci serve un officiante, dei testimoni?”
“Posso procurarmi entrambe le cose, in fretta, ma se vuoi la tua famiglia non credo che…”
“No, non importa.” Lo fermò lei. “C’erano tutti nei nostri primi tentativi, e questo non ci ha portato fortuna. Facciamo a modo tuo.”
“Quindi è un sì?” La fioca luce della luna, che filtrava da una finestrella, si rifletteva sull’occhio sano del mago e in quel momento sembrò che brillasse di aspettativa.
“Ti ho già detto di sì in passato.” Gli ricordò lei, con un sorriso. “Sarà sempre un sì. Amelior… voglio essere la persona su cui puoi sempre contare. C’è già abbastanza disordine nella tua vita, io posso essere il tuo punto fermo.”
“Conto così tanto su di te che a volte ti do per scontata.” Ammise il mago, in tono di rammarico. “Come fai a sopportarmi?”
La ragazza scrollò le spalle, ma lui la vide appena. “Un ingranaggio non viene mai notato quando fa bene il suo lavoro, e a me piace far bene. Mi dà la sensazione di… avere un ruolo, un posto. Non mi interessa essere al centro dei pensieri di qualcuno, nemmeno di un marito, anche io ho la mia vita da portare avanti e sono felice se può allacciarsi alla vita di qualcun altro.” Esitò un momento. “Non è che questo sia… necessariamente un bene, e forse non è nemmeno del tutto sano. Di sicuro altre persone hanno un carattere opposto. Ma io sono così e non posso essere diversa.”
“Quando tornerò dalla foresta ti porterò un cat shee” promise solennemente, prendendo una mano della fidanzata. “So che ne hai sempre voluto uno.”
“No, non… non si può prendere un cat shee, Amelior, un gatto fatato non è un oggetto. Ma sono lusingata che te lo sia ricordato.”
“Ah, non si può? Qualcos’altro, allora.” Il mago allontanò quel pensiero con una scrollata di spalle e fece due passi indietro, spostandosi dal tavolo per avere più margine di manovra. Prevedeva di aver bisogno di gesticolare, per lanciare gli incantesimi a cui aveva pensato.

Amelior prese a recitare un incantesimo di convocazione. Mentre borbottava, un cerchio magico composto di luce cominciò a tracciarsi da solo sul pavimento davanti a lui. Due figure di stazza umanoide si materializzarono nel cerchio, fu come se prendessero consistenza dall’aria. Quando furono completamente formate, la luce venne meno all’improvviso, e Hilda non riuscì a capire bene che cosa fossero perché i suoi occhi dovevano ancora adattarsi alla semi-oscurità.
Una delle creature parlò in una lingua che lei non comprendeva, con un tono d’urgenza. Quando finalmente la donna riuscì a recuperare l’uso della vista, si accorse che i due ospiti appena evocati sembravano degli uomini-uccello, dalle piume candide e dallo sguardo severo. Anzi, quasi minaccioso. E puntato su di lei.
Amelior rispose nella loro lingua e quelli si rilassarono subito, anche se uno di loro continuò a tenerla d’occhio. Poi il mago ricominciò a salmodiare; un nuovo cerchio di evocazione comparve in un altro angolo della stanza.
Questa volta, la creatura evocata aveva l’aspetto di un uomo-leone, una presenza che incuteva timore e rispetto al solo sguardo. Hilda non aveva idea di che cosa fosse, ma qualcosa le suggeriva che dovesse essere molto potente e molto importante. Le venne naturale piegare il busto in un inchino di benvenuto.

Il leonal si guardò intorno, soppesando i presenti con il suo sguardo. A prima vista poteva sembrare che avesse un’espressione severa, ma in fondo ai suoi occhi c’era uno scintillio di divertimento.
“Hai chiamato tre possenti guerrieri, mago.” Constatò, parlando nel linguaggio delle creature angeliche. “Ma non vedo nemici in questo luogo.”
“Nessun nemico.” Confermò Amelior, poi decise di passare alla lingua comune perché anche Hilda potesse capire. Infilò una mano nel colletto ed estrasse il simbolo sacro che teneva sempre al collo, a conferma della sua buona fede. La medaglietta d’argento recava l’emblema della dea della magia, la stessa divinità che il leonal serviva. “Siamo onorati della vostra presenza, nobili Guardinal. Io sono Amelior Amanitas, mago ricercatore e Saggio del Nord, fedele servitore di Mystra. Questa è la mia fidanzata, Hilda. Mi rendo conto che è una richiesta inusuale, ma vorremmo che voi ci sposaste.” Sorrise, guardando il leonal negli occhi senza alcuna vergogna. “E naturalmente, occorrono dei testimoni.” Questa volta si girò verso i due avoral, rivolgendo anche a loro un rispettoso cenno del capo.
I tre restarono in silenzio attonito per un paio di secondi, guardandosi l’un l’altro come se non avessero capito bene.
Alla fine il leonal, che era il più importante nella scala gerarchica, si schiarì la gola con un suono che sembrava un accenno di ruggito.
“Sposarvi? In… un minuto?”
“Quasi due.” Rivendicò il mago, perché la durata di un’evocazione dipendeva dal potere dell’evocatore. “Ma consiglierei comunque di decidere in fretta.”

Era certamente un’esperienza nuova per quelle creature celestiali, che di solito venivano chiamate sul Piano Materiale soltanto per scannarsi con qualche demone. Ma i Guardinal hanno sempre un cuore nobile e un animo giocoso, tranne che in battaglia, e quella richiesta rappresentava un piacevole diversivo. Portare gioia a due persone buone era un compito che accettarono volentieri.
“Va bene, allora…” cominciò il leonal, mentre i due avoral si disponevano al fianco degli sposi. “Siamo qui riuniti perché queste due persone hanno manifestato l’intento di camminare sullo stesso sentiero. Amelior Amanitas, Saggio del Nord, e…” guardò la ragazza in tono interrogativo.
“Hilda...” sussurrò lei, anche se le sembrava un po’ poco. Lei era tante cose: la strega di Secomber, ma sua madre era una strega migliore e viveva a meno di un giorno di distanza. Una guaritrice, ma sua sorella era migliore di lei. Non c’era nessuna abilità in cui Hilda spiccasse, nulla di eccezionale, era una dei tanti abitanti del villaggio, anche se c’era stato un tempo in cui aveva dubitato persino di riuscire ad integrarsi. Non aveva nemmeno un cognome da offrire al leonal.
“Hilda di Secomber” decise infine. Di tutta la sua famiglia, lei era quella che più si era integrata nella cittadina. Nessuno apparteneva a quel posto quanto lei, forse nemmeno suo marito.
“Amelior Amanitas, Saggio del Nord, e Hilda di Secomber: confermate di voler allacciare le vostre vite unendovi in matrimonio?”
“Sì!” Risposero in coro i due sposi, prendendosi per mano e intrecciando le dita.
Il leonal rivolse ai due mortali un sorriso che era tutto denti.
“Allora, davanti a questi testimoni e per il potere conferitomi dalla dea Mystra, io vi riconosco come marito e moglie.” Decretò.
Gli sposi lo ringraziarono con calore e si baciarono. Si baciarono così a lungo che non si accorsero nemmeno quando i tre Guardinal sparirono, richiamati nei loro Piani di provenienza.

“Bene, moglie.” Disse infine Amelior, con lo sguardo che splendeva davvero di felicità. “Adesso cosa facciamo?”
“Voglio vederti brillare di entusiasmo il più a lungo possibile.” Sorrise lei. “Quindi facciamo quello che preferisci… andiamo alla torre, che ora dovrebbe riconoscermi, e formalizziamo il nostro matrimonio? Oppure finiamo di mettere in ordine gli appunti?”
Amelior ci pensò per un momento, davvero indeciso.
“Portiamo gli appunti alla torre e facciamo le due cose insieme?” propose, ammiccando con l’unico occhio che aveva.
Hilda rimase a bocca aperta per questa proposta.
Decisamente non conosceva quell’uomo tanto bene quanto pensava.


In quello stesso momento, nel reame divino di Mystra

La città di Cuore del Dweomer era splendente come sempre, pregna di un fascino che andava oltre la normale bellezza. Era un luogo dedicato allo studio dell’Arte magica e nessun esperimento era troppo strano o troppo ardito per i suoi abitanti.
Donom il leonal ricomparve con un crepitio elettrico proprio nel punto in cui era scomparso due minuti prima. Il suo compagno Kianira lo stava aspettando con pazienza. Aveva appoggiato la schiena contro un bellissimo palazzo di nebbia solida, che scelse proprio quel momento per tremare con un botto sordo. La natura magica delle pareti assorbì quasi tutta la forza dello scoppio, quindi il leonal ignorò la cosa. Era normale, per un laboratorio di alchimia.
“Donom. Sei stato richiamato su qualche Piano sperduto?”
Il Guardinal appena apparso si limitò ad annuire, mentre faceva mente locale per riprendere il compito che aveva interrotto poco prima. Ma che diamine era…? Le evocazioni lo lasciavano sempre un po’ confuso.
“Hai combattuto contro qualche demone? No, no, non dirmelo.” Il suo amico era sempre un po’ troppo entusiasta nei suoi voli pindarici. “Un diavolo della fossa? Ho sempre desiderato di suonarle ad un diavolo della fossa.”
“Non ho dovuto combattere.” Tagliò corto il leonal. Poi scoppiò a ridere, una risata piena e soddisfatta. “Anzi, se ti dicessi per che cosa mi hanno chiamato, non ci crederesti, amico.”

   
 
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