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Autore: AdhoMu    26/10/2018    6 recensioni
[Lavanda Brown / Roger Davies]
Hogwarts, maggio 1998.
Nell'infuriare della Battaglia, una graziosa sconosciuta salva la vita di Roger Davies. A partire da quel momento, per il simpatico e avvenente ex Capitano della squadra del Corvonero, nulla sarà più come prima.
Che sia giunto, anche per lui, il momento di innamorarsi sul serio?
*
Mini-(grafo)novela in tre rounds, con riferimenti alla OS "Profumo di Nebbia" ma leggibile separatamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calì Patil, Cho Chang, Lavanda Brown, Roger Davies
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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50 first Davies.
Terzo round... K.O.! (ding!)

Cho Chang era estremamente preoccupata.
Roger non sembrava più lo stesso; anzi, non era più lo stesso: era spento, lamentoso e irascibile, melodrammatico come non mai, facile alla lacrima, laconico, smunto, depresso. Neanche ai tempi della sbandata per la Dama Grigia l'aveva visto in quelle condizioni; certo: era stata una bella batosta anche quella, ma la situazione, stavolta, era infinitamente più grave. La ragazza aveva tentato di tirargli su il morale come poteva: coccolandolo, vezzeggiandolo, facedogli massaggi shia-tsu, istigandolo a praticare il tai-chi, preparandogli piatti orientali dal dubbio aspetto come l'Anatra Laccata ed arrivando perfino a prestargli il suo preziosissimo panda gigante di peluche, Saotome San, sul quale mai, prima di allora, qualsivoglia mago o strega aveva avuto il privilegio di posare mano.
L'aveva anche invitato ad unirsi a lei e Marietta nelle loro serate a base di pop-corn e fazzoletti, per poi retrocedere a tutta burrobirra dopo essersi resa conto che, se avesse versato anche solo una lacrima in più, Roger avrebbe seriamente rischiato un ricovero per disidratazione.
Scornata, Cho aveva quindi chiesto aiuto ai coinquilini, che si erano a loro volta prodigati in favore del benessere del loro beneamato Capitano.

Duncan Inglebee, che era sempre stato il mistico del gruppo, rintracciò una vecchia strega mapuche esperta nelle pratiche del candombe, che riceveva i suoi pazienti/clienti in una stanzetta straripante di conchiglie, collane di pasta di vetro e mascheroni rituali, nel quartiere latino di Londra. La pajé prese in consegna lo sbattutissimo Roger e, volenterosa, lo sottopose a rituali di purificazione con getti d'acqua santa e di aguardiente, lo affumicò con boccate di sigaro di paglia, lo tempestò di sale grosso, lo fece stendere in un cerchio di candele aromatiche e sacrificò perfino una gallina nera (che avrebbe poi cucinato per cena); lanciò conchiglie, infilzò bamboline, incarnò una mezza dozzina di orishás e batté il ritmo su di un enorme tamburo di pelle di anaconda. Niente da fare: quando si accorse che il Patronus del ragazzo, che solitamente era un elegante giaguaro trasudante vigore e forza animale, miagolava come un cucciolo di gatto bagnato dagli spruzzi di un'auto di passaggio, la vecchia gettò la spugna e cacciò fuori entrambi, senza neanche pretendere che la pagassero.

Grant Page, rotondetto, gioviale e amante della buona tavola, lo trascinò alla filiale londinese della caffetteria uruguaiana Oro del Rihn, deciso a combattere la tristezza dell'amico a colpi di zucchero. Roger divorò una trentina di dolci diversi senza battere ciglio, e la cosa avrebbe anche potuto funzionare dato che, è risaputo, il glucosio favorisce il rilascio di endorfine. Il Capitano aveva quindi cominciato ad abbozzare un vago sorriso, quando Page ebbe la malaugurata idea di farsi portare un bel tazzone di mate.
- Ma che schifo fa, questa broda!? - esclamò il ragazzo non appena ebbe sorbito un misero sorso di quella strana bevanda amara. Roger non ebbe neanche il tempo di rispondergli. In men che non si dica, i camerieri avevano scaraventato entrambi i ragazzi fuori dalla porta, indignati da cotanta mancanza di rispetto nei confronti della sacra bevanda nazionale.
"Forse è meglio così" pensò mestamente Roger, mentre aiutava il suo amico a rialzarsi dal marciapiede innevato. Era meglio troncare sul nascere quella sua istintiva attrazione per il richiamo adulatore dei glucidi. "Di questo passo, sarei presto diventato un botolo".

Quel furbetto di Randolph Burrow, dal canto suo, decise di ricorrere alle maniere forti.
Dopo aver osservato in silenzio per qualche tempo tutto quel pietoso viavai di tentativi di consolazione frustrati, Randy annunciò a Roger che quella sera l'avrebbe portato "in un certo posto" di sua conoscenza, senza rivelargli di cosa si trattasse, ma intimandogli di mettersi in tiro.
Quando, qualche ora più tardi, Roger Davies fece il suo ingresso trionfale (in jeans e camicia bianca, capelli finalmente raccolti a codino ed espressione corrucciata) da Pocitos, nota sala da ballo latina specializzata in cumbia, l'intero locale ammutolì e si pietrificò per guardarlo. Nel giro di pochi secondi nugoli di streghe gli si appiccicarono addosso, lanciandosi reciprocamente fatture via via più violente per sbaragliare la concorrenza.
E Colui che Di Solito ne Avrebbe Approfittato Spudoratamente, altro non fece che scrollarsele di dosso, per poi lasciarsi cadere tristemente su un divanetto celeste mentre, tutt'intorno a lui, scrosciavano sospiri, aleggiavano ferormoni e scoppiettavano ovaie.
Burrow tentò invano di trascinarlo in pista e farlo unire alle danze. Anche qui, tutto inutile. Dopo un'oretta scarsa, Roger lo prese per il gomito e, con voce sepolcrale, gli intimò:
- Portami via di qui, carajo.

La macchina Corvonero, insomma, si era messa in moto e ciascuno tentava, a modo suo, di risollevare il morale dell'abbacchiato Capitano dai denti di perla (cit. Ems, n.d.a.), cui tutti loro volevano molto bene. La voce si sparse: Roger Davies era triste, immensamente triste, e ben presto tutti i membri, attuali e passati, della scaltra Casa di Priscilla ne furono messi al corrente.
E a farne le spese, incredibile ma vero, fu Calì Patil, che ricevette una visita a dir poco infuocata dalla gemella Padma la quale, non appena la vide, l'aggredì con un sonoro:
- Che cosa cazzo vi è venuto in mente, a te e a quell'altra decerebrata della tua amica Brown?!
- Ma Padma!...
- Lisa mi ha detto che Luna le ha detto che Anthony le ha detto che Terence le ha detto che Michael le ha detto che Marietta e Cho sono incazzate nere per questa storia, e che la colpa è tutta vostra!...
- Ma io... io non ho fatto niente! - si difese Calì, sconcertata.
- E invece sì. Hai omesso! Ma sappi - ringhiò Padma, con la sua espressione più assassina - che, se non ti dai da fare per rimettere a posto le cose, racconto a mamma che ti vedi con Randolph, e a quel punto voglio vedere se babbo non ti spedisce seduta stante a Mumbai a calci in culo, per concretizzare il tuo stramaledetto matrimonio combinato con quel pirla di Balkrishna Doshi!...
E fu così che, messa alle strette dalle minacce apocalittiche della sua implacabile gemella, la povera Calì riuscì a convincere l'amica a recarsi a casa di Roger per chiedergli scusa e per tentare di risolvere la situazione. L'impresa fu tutt'altro che facile perché Lavanda, all'inizio, non ne voleva sapere. Alla fine, però, la ragazza si arrese.
Da una parte lo faceva per Calì, evidentemente; dall'altra però, e ammetterlo la faceva sentire un po' a disagio, lo faceva perché la presenza allegra di Roger le mancava sul serio e quindi, tutto sommato, quello poteva essere un ottimo pretesto per rivederlo.
Non che si facesse illusioni, ovviamente. Sapeva di averla fatta grossa e, soprattutto, non era affatto convinta che il bel Corvonero avesse mai avuto intenzioni serie nei suoi confronti. Ma quando c'era in ballo Roger Davies, c'era poco da fare: nessun cervello funzionava a pieno regime. Quel ragazzo, con la sua esplosiva bellezza ai limiti dell'indecenza, era un'autentica calamita attirafemmine, accidenti a lui.

- Possiamo entrare?
Cho le squadrò con occhio critico ma poi, con un cenno silenzioso, le fece passare.
Calì e Lavanda entrarono nell'appartamento, guardandosi intorno timidamente.
- Raaaaandolph!
Richiamato dall'urlo di Cho, Burrow fece la sua comparsa in salotto, profondendosi subito in un sorriso a trentadue denti alla vista di Calì.
- Siamo... sono venuta per... - cominciò Lavanda, mettendo su una faccia di estrema contrizione.
- Lo sappiamo. - tagliò corto Cho - Roger è in camera sua; vai pure. Terza porta a destra. E non bussare.
Lavanda fece come le era stato detto.
Prima di girare la maniglia e spingere la porta, trasse un respiro profondo per infondersi coraggio. Dall'interno della stanza filtrava la voce di Jorge Drexler che cantava:
...sobre todo, creo que
no todo está perdido;
tanta lágrima, tanta lágrima
y yo
soy un vaso vacío...

- Roger.
Sentendosi chiamare, il ragazzo alzò la testa e, con un colpo di bacchetta, spense il giradischi.
- Tu?! - le disse, tirandosi su di scatto.
Trovarselo davanti, così maledettamente incantevole nonostante l'assurdo pigiama con gli unicorni in cui era infilato, la scosse da cima a fondo; tuttavia, Lavanda si impose di mantenere la calma.
- Sono venuta a chiederti scu... - cominciò a dire, ma Roger l'interruppe bruscamente, puntandole contro l'indice.
- Tu... tu mi hai spezzato il cuore!- l'accusò, affranto.
Lavanda si sentiva in colpa ma, a quelle parole, non riuscì a trattenersi. Non seppe mai dire perché ma, in quel momento, il comportamento di Roger la fece ribollire di rabbia.
- Senti un po': con quante ragazze sei stato, tu? - gli domandò allora, stringendo appena gli occhi.
Lui esitò, incapace di fare i conti a mente, visti i numeri astronomici che gli si accavallavano fra le pieghe del cervello.
- Oh, beh - borbottò a mo' di risposta, un po' imbarazzato.
- E quante ne hai mollate? - lo incalzò subito lei.
Nuovamente, Roger dovette pesarci su per qualche attimo, per poi azzardare un:
- Boh... Ehm, tutte...?
- Ecco - continuò Lavanda, sbuffando fuori l'aria. - Giusto perché tu lo sappia io, di ragazzo, ne ho avuto solo uno... e non è stata un'esperienza per così dire felice.
Roger non disse nulla, limitandosi a fissarla in silenzio.
La ragazza alzò spavaldamente il capo e lo guardò negli occhi.
- Per nulla felice, in realtà. Ma ah, ho imparato una cosa, sai? - gli disse, in tono accorato. - Dimostrare affetto è controproducente, ai ragazzi non piace. Preferiscono quelle che li snobbano, che li tengono sulle spine... Ron era... io gli volevo bene davvero, sono stata tanto in pensiero per lui quando l'hanno avvelenato. E sai che cosa ci ho rimediato? - Lavanda continuava a ruota libera ormai, i suoi begli occhi scuri si erano fatti liquidi e Roger, guardandola, ebbe la sensazione che lui, in quel mare di cacao, ci sarebbe presto affogato. - Mi ha dato un bel calcio in culo, ecco cos'è successo!
- Oh.
- E io mi sono detta: mai più. Mai più ti farai trattare in questo modo, Lavanda; mai più. E me ne sono stata per conto mio per un bel po'... finché un bel giorno, all'improvviso, chi ti piomba nella mia vita? - Lavanda fece una breve pausa per riprendere fiato: - Roger Davies. Roger Davies, cazzo! Il più fottuto strafigo che abbia mai percorso i corridoi di Hogwarts dai tempi della Fondazione a questa parte!
- Non... non esageriamo, suvvia... - tossicchiò lui, a disagio.
- E perché mai, mi dico allora io, uno stragnocco del calibro di Roger Davies dovrebbe interessarsi ad una come me? Una che non è riuscita a tenersi stretto neppure il più defilato o dell'intera mandria Weasley, una la cui autostima, due anni fa, ha fatto le valigie ed è salpata per l'Antartide?
Con un'espressione mesta dipinta sul volto, Lavanda si sfilò il golfino a collo alto; il busto chiaro, coperto soltanto da un reggiseno rosa cipria, emise un bagliore quasi opalescente quando i raggi di sole lo investirono.
- E soprattutto (perché qui arriva il punto cruciale, caro mio): che cosa mai potrebbe volere uno come Roger Davies da una conciata così? - chiese Lavanda, la voce rotta dal pianto.
Linee arrossate in lieve rilievo le segnavano la pelle delle braccia, del petto punteggiato di lentiggini e dell'addome; si trattava delle ferite inflittele senza alcuna pietà da Fenrir Greyback quando questi l'aveva aggredita. Il lupo mannaro l'aveva agguantata mentre lei cercava di riprendersi dalla caduta, e l'aveva fatto con l'intenzione di ucciderla; aveva affondato le zanne e gli artigli nelle sue carni, e lei aveva gridato, ed era svenuta per il dolore.
Qualcuno l'aveva salvata, ma i risultati erano tutti lì da vedere.
Roger ammutolì. Non credeva alle sue orecchie.
Quindi le cose stavano in questi termini: Lavanda non aveva avuto intenzione di divertirsi alle sue spalle, ma l'aveva tenuto lontano perché non si riteneva alla sua altezza.
Aprì e richiuse la bocca più volte, come un pesce fuor d'acqua; conscio, tra l'altro, di trovarsi in una classica situazione di visione selettiva. La vista periferica glielo rivelava chiaramente: le cicatrici che deturpavano il corpo maltrattato di Lavanda erano lì in evidenza, era impossibile non vederle.
Lui, però, non le vedeva.
Le uniche cose che era in grado di mettere a fuoco erano la sua pelle chiara, le leggiadre lentiggini, la graziosa concavità dell'ombelico, le curve armoniose del collo, dello sterno, delle clavicole, del seno (e che seno, per Circe! non esagerato, non troppo minuto; semplicemente perfetto pensò lui, dandosi immediatamente del cretino. Ma tant'è: aveva sempre avuto un debole per certi dettagli).
E alzando gli occhi per fissarli nei suoi, si perse di nuovo in quei due liquidi laghi appena increspati, dolci come il cioccolato e densi come sabbie mobili, in grado di catturarlo e mantenerlo imprigionato senza possibilità di fuga.
- Lavanda - le disse con voce un po' arrochita, avvicinandolesi di un passo. - Uno come me, da una come te, potrebbe volere molte, molte cose. Ma per ora - soggiunse, posando le mani calde sulle sue spalle nude (e godendo nel sentirla fremere leggermente al suo tocco) - ho bisogno di una cosa sola: che tu ti ricordi di me.
Fece scivolare le mani verso il basso, accarezzando le braccia sottili (e il contrasto fra la sua pelle olivastra e quella bianca di lei era così maledettamente bello); poi le alzò di scatto e le allacciò dietro la sua nuca, sollevandole bruscamente il viso per affondare le labbra nelle sue. In breve il suo carattere esplosivo avrebbe preso il sopravvento e lo sapeva, ma a lui non importava, neanche se ciò avesse dovuto significare buscarsi un manorovescio colossale; le si strinse addosso, in piedi nel mezzo di quella stanza disordinata, mentre il suo riflesso allo specchio esultava in silenzio.
E probabilmente fu proprio la sua immagine duplicata a fargli perdere del tutto la testa; senza pensarci due volte si scostò da lei e, fulmineo, si sfilò la giacca del pigiama.
- Guarda qui, Lavanda - esclamò, puntando l'indice verso se stesso. - La vedi questa? Me l'ha fatta quella bestia di Montague due anni fa. E questa? Colpo di bolide, Goyle, 1995. E questa qui? Scottatura da calderone, 1993...
Enumerava le cicatrici che gli segnavano il corpo snello e abbronzato, per farle capire che anche lui, come tutti, aveva le sue.
Lavanda era rimasta di sale.
Molto probabilmente, se non si fosse trattato di un momento di rivelazioni epiche, la ragazza sarebbe venuta meno, perché la vista ravvicinata di Roger Davies senza maglietta aveva un alcunché di umanamente intollerabile. Una campagna di marketing particolarmente aggressivo della Nimbus ci aveva anche provato a proporre una sua fotografia a mezzo busto, capelli sciolti e pelle al vento, ma tutti gli outdoor avevano dovuto essere rimossi nel giro di una settimana per Decreto Ministeriale, alla luce dei troppi incidenti verificatisi per colpa di streghe distratte.
- Vedi, Lavanda?... Non sei l'unica... e non c'è problema! Non saranno certo quattro graffi a te inflitti da un cagnetto bastardo a farmi smettere di desiderare di... di ballare con te il tango per tutta la vita!...
Queste parole di affetto sincero, unite alla vista celestiale che le si parava davanti agli occhi, furono davvero troppo.
Avvicinatasi in fretta al ragazzo, Lavanda gli saltò letteralmente addosso.
E Roger... beh. Non si era certo denudato con questo preciso proposito ma, in fin dei conti, chi era mai lui per contrariare il desìo di sì ardente fanciulla?

- Vandita.
- Hmm.
- Credi che... che domani ti ricorderai di me?
Lavanda si accoccolò più strettamente contro di lui; il corpo di Roger era caldo e vellutato, rassicurante e profumato di mate.
- Eccome. E non solo domani, direi.
Lui le diede una piccola stretta, sicuro del fatto che si sarebbe impegnato più che volentieri nell'aiutarla a perpetuare il ricordo.
- L'unica cosa che non mi spiego è quel tuo assurdo pigiama con gli unicorni - rise lei, accarezzandogli il viso.
- Ah, ma la spiegazione è perfettamente plausibile.
- E sarebbe?
- Beh, ma Hagrid l'ha spiegato tante volte - rispose il ragazzo, con aria ovvia. - Gli unicorni attirano le vergini, no?
- Cretino!
Roger incassò lo sberlotto senza fiatare, una risata argentina a solleticargli la gola.
- Ascolta... - le disse ad un tratto, abbracciandola affettuosamente - secondo me devi trovare il modo di esorcizzare in un colpo solo l'autostima bassa e il patema delle cicatrici.
Lei lo guardò, mordicchiandosi l'interno della guancia.
- È una parola...
- Ma no... e, se ti fidi di me, potremo farlo insieme. Per la prima volta in tutta la mia vita da Corvonero atipico, ho appena avuto un'idea geniale.

Il mastodontico outdoor torreggiava sul muro dirimpetto il cortile di servizio del Paiolo Magico.
La giovane coppia appena sbucata dal muro di mattoni sgranò gli occhi a quella vista, andando ad unirsi alla già nutrita folla di maghi e streghe che, naso all'insù, osservavano basiti l'enorme fotografia.
Due ragazzi ritratti di profilo, in piedi l'uno davanti all'altra, si abbracciavano stretti, le fronti accostate, gli occhi chiusi. Una lieve brezza muoveva appena i loro capelli, lisci e lucidi quelli di lui, folti e ondulati quelli di lei. Un'immagine estremamente tenera e romantica, su questo nessuno avrebbe trovato nulla da eccepire, se non che...
...se non che, i due giovani erano completamente nudi.
Vista la posa, la fotografia non rivelava nulla di disdicevole, ma l'insieme era a dir poco mozzafiato.
La pelle olivastra del ragazzo formava un contrappunto divino con quella della ragazza, candida e costellata di lentiggini. E poco importava che, sul corpo di lei, fosse visibile anche un reticolo di cicatrici dall'aspetto doloroso.: quei due, insieme, erano assolutamente splendidi.
Accanto a loro, una scritta a lettere cubitali recitava:
THE BEAUTY EVEN THOUGH THE BEAST (La Bellezza nonostante la Bestia).
I due membri della giovane coppia appena approdata a Diagon Alley continuavano a fissare il cartellone, apparentemente pietrificati.
Fu la ragazza a riprendersi per prima; forbitasi di nascosto il rivolo di bavetta che le colava dall'angolo della bocca, diede uno strattone al suo accompagnatore dai capelli rossi.
- A... andiamo, Ron?
Il ragazzo parve metterci un'eternità, a riscuotersi. Aprì e richiuse più volte la bocca, curiosamente simile ad un pesce rosso; poi, scossa un paio di volte la testa, si girò verso la fidanzata, guardandola con un'espressione stralunata.
- Oh... sì. Sì, Hermione, certo. A-andiamo.

Notas:
1) Il camdombe è una pratica religiosa di origine africana sviluppata dagli schiavi deportati nelle Americhe e presenta interessanti sicretismi con la religione cristiana e le credenze indigene. È molto diffusa in Uruguay. Il mate, già citato in questa storia, è una bevanda "di uso continuo" in Uruguay, Argentina, Paraguay e nel sud del Brasile. La pasticceria Oro del Rihn esiste davvero e si trova a Montevideo; la torta árbol è una specialità deliziosa che consiste in una fetta di dolce con anelli concentrici che ricordano la sezione di un tronco. Balkrishna Doshi, poveretto, è un eminente architetto indiano, ultimo vincitore del prestigioso Premio Prizker (il Nobel dell'architettura); gli ho solo rubato il nome. Pocitos è una delle principali spiagge fluviali di Montevideo. E infine la cumbia è un tipo di musica che... lasciamo perdere. Non riuscirei a descriverla, meglio che ve l'ascoltiate da soli.
Aggiungo solo una cosa: sono e-sau-sta. Già scrivere di un tipo come Davies (è che ho di lui un'immagine piuttosto precisa, e forse alcuni di voi sanno di cosa parlo) è di per sé un'esperienza off-limits; immaginarlo impegnato in certi balli/situazioni mi ha definitivamente schiantata.
2) Per chi la letto La Cura Universale nel capitolo 3, durante la cena a casa di katie e Oliver che riunisce diverse coppiette di amici, si accennava a Lavanda "in compagnia del fidanzato", senza però specificare di chi si trattasse: ecco quindi svelato il mistero!
3) La bellissima frase sul ballare insieme il tango per tutta la vita la devo a E Niente. Davvero poetica!
4) Non fraintendetemi. Dichiaro qui e ora che Hermione Granger è uno dei miei personaggi preferiti della saga e che io l'ammiro tantissimo, così come non riuscirei ad immaginarla insieme a nessun altro che non fosse Ron. Ma avevo voglia di regalare un pizzico di rivalsa alla tanto bistrattata Lavanda, la cui storia mi ha sempre intristita e alla quale avevo davvero voglia di regalare un lieto fine (e che lieto fine!) coi fiocchi.
5) E questo è quanto. Al solito, grazie infinite a tutti coloro che hanno letto, commentato, partecipato (ad oggi: Bri, Ems, Ennis, Gatty e Jess, in ordine rigorosamente alfabetico!). Alla prossima!
   
 
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