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Autore: Master Chopper    26/10/2018    0 recensioni
Una raccolta di one-shot senza alcun collegamento di trama, riportanti momenti importanti delle vite dei personaggi di Danganronpa FF- Limbo of Despair
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 2: Fidati solo della tua arma

 

Il vento del deserto sollevava solo sabbia, trasformandosi in nuvole gialle che strisciavano tra la terra ed il cielo per pochi secondi.

Le dune proiettavano ombre, ma rocce dalle forme più contorte e primordiali stagliavano vera e propria oscurità sull’ammasso uniforme di sabbia.

Un passo e poi l’altro. Questa era la regola.

La figura si trascinava ormai contando solo sulla forza del proprio corpo, mentre la mente era impiegata in altri tipi di pensieri. La resistenza messa a dura prova non era la priorità.

 

Il mantello sferzava nel vento, e se solo il cappuccio non fosse stato appesantito da un panno un tempo umido, avrebbe sicuramente rivelato il volto del viaggiatore.

Il sole era ancora lungi dal tramontare, eppure il viaggio era quasi al termine.

In lontananza scorse un punto dove le rocce facevano appena capolino da sotto una duna, somigliando al tetto di una casa poggiante su di una collina.

Arrivò al limite dell’altura, facendo attenzione affinché la sabbia non cedesse sotto il suo peso, ed ammirò cosa gli stagliava di fronte.

Illuminata dal sole, una conca circondata dalle dune era puntellata da colonne di roccia rossa, alte dai quattro ai cinque metri, le quali gocciolavano fiumi di sabbia e polvere per generare fini cascate lucenti.

Tutto era poggiato su di un pavimento calcareo sbiadito dal sole, ma che presentava delle venature larghe e spesse quanto delle automobili, proiettando ombra su quel pavimento imperfetto.

La figura compì un agile balzo verso la colonna più vicina, afferrandone uno spuntone di roccia con le mani poco prima dell’impatto. In seguito si lasciò scivolare per un buon tratto, fino a quando, con un altro balzo, atterrò su di un ammasso di sabbia ai piedi delle dune.

L’atterraggio fu al quanto morbido, ed una volta scrollatasi la sabbia dai vestiti, il viaggiatore si rialzò.

Il cappuccio era scivolato via dalla sua testa durante la caduta, rivelando un volto  giovane, in contrasto con le numerose cicatrici presenti sulla sua pelle. I capelli erano rossi, tagliati fino alle punte su tutto il cranio, mentre i grandi occhi da ragazzino brillavano con silenziosa serenità.

Il suo fisico ed il suo volto sicuramente non parevano adatti al suo atteggiamento e alla sua postura, i quali rivelavano un trascorso duro e colmo di pericoli.


Con somma attenzione Iwayama Koan si sporse sotto una delle venature nel terreno, individuando un punto dove la roccia si apriva in un profondo squarcio nascosto dall’ombra. Aria bollente colpì il suo volto, al punto che provò un’immediata secchezza degli occhi.

Nell’oscurità era difficile individuare quanto l’insenatura fosse profonda, così si picchiettò sul petto, e dalla sua tuta attillata ma ricoperta di cinture e tasche, una piccola torcia proiettò un fascio di luce.

Quello che credeva fosse un semplice fosso si rivelò essere una caverna che serpeggiava nella terra fino ad aprirsi e raggiungere la grandezza di una casa.

Delle piante crescevano  sulle pareti, segno che quando il sole raggiungeva determinate angolazioni permettesse ai suoi raggi di filtrare anche lì sotto.

Il ragazzo comprese che la sua discesa sarebbe iniziata da lì.

 

- Non posso crederci di essere finalmente qui.- Si disse, mentre con aria concentrata sfilava dalle sue tasche un rampino ed una fune, assieme a dei paletti di acciaio che si attaccò ai polsi tramite dei legacci di cuoio.

- Questo… sarà l’ultimo dei miei lavori prima di entrare nella Hope’s Peak Academy.-

La trepidazione era ben celata dalla sua espressione rigida e attenta, ma chiunque lo avesse sentito parlare nei giorni precedenti avrebbe sicuramente capito quanto fosse emozionato.

Solo l’idea di frequentare la migliore scuola del mondo, in quanto parte della Speranza che l’istituto mirava a proiettare nel futuro, era un sogno per molti studenti.

Inoltre era stato considerato Ultimate Weapon Collectioner in merito alla collezione di armi che aveva accumulato in anni di viaggi ed odissee, come quella che stava appena compiendo.

I suoi genitori sarebbero stati senz’altro fieri del merito per cui era stato riconosciuto.

- Se solo potessero vedermi ora.- Ripensò con un debole sorriso colmo di tristezza, mentre i preparativi per la discesa erano stati ultimati.

 

Conficcò il rampino nella venatura sopra la sua testa, e si calò lentamente nella fossa. Tenendo premuto un pulsante collegato alla sua cintura, dove la corda era stata annodata, riusciva a srotolare lentamente la fune verso l’alto per discendere.

Talvolta utilizzò i picchetti sulle sue mani per allontanarsi da spuntoni rocciosi nel suo percorso, ma non si rivelò per niente una discesa complicata.

- In confronto all’Himalaya e al Chile questo è nulla.- Commentò con presunzione, quando poté finalmente poggiare i piedi sul pavimento sabbioso del fondale.

Sfilò la corda rimasta dalla sua cintura, lasciandola penzolare a pochi centimetri da terra, poi guardò in alto.

Il sole era solo un bagliore luminoso che indicava la sua unica uscita.

La torcia sul suo petto, invece, rivelava le pareti lisce della caverna che lo avvolgeva.

- La mia ricerca inizia qui.-

 

Avanzò nel buio, affondando i piedi nella sabbia che aveva inghiottito il pavimento di quel luogo. Tutto attorno a sé emanava un odore di bruciato molto intenso, sicuramente capace di far perdere i sensi a qualsiasi essere umano dopo molto tempo.

La sua ricerca però necessitava molto tempo.

 

Con la torcia illuminò le pareti, fino a quando, dopo una buona mezz’ora, individuò un punto dove i rampicanti erano ammassati in modo uniforme e scomposto. Li scostò con la mano, rivelando delle rocce accatastate contro la parete.

- La parte superiore di queste rocce non è calda …- Osservò con la fronte aggrottata nella confusione.

- Sebbene il sole non colpisca direttamente questa zona, le pareti emanano calore a causa del surriscaldamento di questa caverna col passare degli anni. Quindi… perché queste rocce sembrano essere state da poco spostate ?-

Il dubbio si fece ancora più angosciante quando la luce della torcia proiettò ombre tra i sassi, le quale si insinuavano fra le cavità come serpenti.

A prima occhiata quel pezzo di parete sarebbe sembrato semplicemente colmo di detriti, magari generati da un crollo, ma agli occhi del ragazzo ora la questione era diventata molto più complessa.

 

Non ebbe nemmeno il tempo di porsi altre domande, perché presto la luce che raggiungeva i suoi piedi venne oscurata.

Si voltò appena in tempo per scorgere una shilouette davanti all’entrata della caverna, con il sole splendente direttamente alle sue spalle.

Iwayama si mise subito in allerta. Nessun altro sarebbe dovuto essere lì.

Quando dalla testa della figura venne emanato un bagliore verdognolo, accompagnato da un rumore meccanico di accensione, il ragazzo intuì che si trovava nei guai.

- È un visore termico !-


D’istinto saltò lateralmente, appena in tempo per evitare che un proiettile gli si conficcasse in corpo, preceduto dal boato di uno sparo.

La figura continuò a sparargli addosso dall’alto dell’apertura, supportata dal visore senza il quale sarebbe stato impossibile localizzare il suo bersaglio nel buio.

Sfortunatamente per lo Ultimate Weapon Collectioner, muoversi consentiva soltanto al sole di indirizzarsi contro il suo sguardo, impedendogli quindi di prestare attenzione al suo avversario.

- Sono in trappola! Da qui giù non posso fare assolutamente nulla.- Ringhiò con rabbia, mentre la polvere veniva sollevata attorno a lui, e nella caverna rimbombavano gli spari.

Il sudore gli imperlava la fronte, e a lungo andare la cappa che lo ricopriva stava soltanto venendo appesantita dalla sabbia che trascinava con sé.

Quando notò questo dettaglio, il rosso ebbe un’illuminazione, e la sua espressione frenetica divenne di colpo più rilassata.

- Uno, due, tre …- Iniziò a contare a mente i proiettili sparati. Dal suono e dalla velocità di colpo aveva riconosciuto il modello di pistola utilizzato. Ne conosceva persino il tempo di ricarica.

Attese fino a quando il caricatore non venne svuotato, dopodiché tutto quello che il suo avversario vide  tramite il visore fu una macchia uniforme materializzarsi dove prima c’era Iwayama.

 

Il rosso, al di sotto della cappa che aveva lanciato sopra la propria testa, portò entrambe le mani a due tasche diverse.

Il mantello cadde a terra, ed il pistolero poté appena percepire qualcosa venir lanciato dal suo bersaglio verso l’alto, prima di esser colpito alla testa da una forza centrifuga devastante.

Ciò che gli era appena stato lanciato contro era un boomerang, antica arma di origini australiane, il quale era stato avvolto dalla catena di una kusarigame, ovvero un’arma giapponese formata da un falcetto ed un peso.

Il mazzafrusto aveva sfruttato la forza del boomerang per accumulare velocità ed ancora più peso nella sua estremità in ferro, la quale aveva colpito con forza fulminea l’assalitore.

Iwayama osservò il corpo precipitare sul pavimento di sabbia dopo un volo di una decina di metri.

Il suo sguardo era gelido e completamente rilassato.

Sin da piccolo era stato addestrato nel mestiere della sua famiglia, ovvero sopravvivere a bestie feroci, trappole millenarie e profanatori di tombe in qualsiasi tempio o landa avversa all’umanità si trovasse.

Tutto per recuperare ciò che per lui rappresentava l’essenza stessa del progresso storico e del passato di ogni cultura, ovvero le armi.

 

Proprio grazie a questa spietata preparazione, non fu sorpreso di vedere la figura rialzarsi dopo la sua caduta, come se nulla fosse successo.

Si presentavano come un misterioso individuo di almeno venti centimetri più alti di lui. Indossa una pesante mimetica dai colori opachi del deserto, con scarponi color sabbia ed una sacca appesa sul fianco.

Il volto era coperto da un casco bianco con davanti il visore termico, ormai danneggiato dal colpo di prima.

Senza una protezione del genere difficilmente un essere umano si sarebbe ripreso dopo un attacco alla testa così impattante.

“ Soldati …” Sibilò il ragazzo, non molto sorpreso.

Il suo avversario  si tastò senza badargli attenzione, muovevano leggermente alcuni muscoli del corpo per verificare i danni riportati. In base a come un istante dopo volse il suo sguardo impercettibile verso Iwayama, questo comprese che doveva essere nuovamente pronto all’attacco.

“ Più precisamente sei un mercenario di Fenrir, dico bene ?”

Nonostante non volesse temporeggiare, il ragazzo notò il marchio di una testa di lupo all’interno di un ottagono spuntare sulla mimetica avversaria.

Non era un esperto di guerra, però durante i suoi numerosi viaggi in Medio Oriente aveva sentito a lungo le gesta di questo feroce ed apparentemente invincibile gruppo bellico. Si diceva che attaccassero feroci e spietati come lupi, mietendo le loro prede in qualsiasi ambiente, sia naturale ed ostile come il deserto, che urbano.

Il suo maggiordomo, unica figura paterna a lui rimasta, lo aveva sempre messo in guardia dal non scontrarsi con avversari del genere.

 

“ Purtroppo siamo capitati in due fazioni avversarie.” Sospirò con rammarico il ragazzo, mentre l’altro avanzava senza rispondergli.

“ Immagino che tu sia stato assoldato dalla repubblica avversaria a quella che mi ha ingaggiato. Il tuoi datori di lavoro hanno iniziato una guerra fredda senza mai manifestare pubblica violenza… però sanno che se io riportassi alla luce la leggendaria arma sepolta in queste terre, tutto il mondo avrebbe i suoi riflettori puntati sul vostro nemico.”

Di situazioni del genere gliene erano capitate a bizzeffe ormai, e ai suoi genitori prima di lui.

Le scoperte storiche portavano un grande successo e molte attenzioni, le quali si traducevano ovviamente in soldi. Ed i soldi causavano invidia.

Iwayama non credeva che si sarebbe dovuto sentire come un Indiana Jones contemporaneo, perché sicuramente svolgere il suo lavoro nel silenzio e nella calma di un antico luogo era il solo motivo per cui portava avanti il mestiere della sua famiglia.

- È davvero così sbagliato pretendere un po’ di serenità ?-

Un sospiro fu tutto ciò che il ragazzo riuscì a fare, prima di venir attaccato frontalmente da colui che era stato incaricato di ucciderlo.

 

Il soldato balzò in avanti, sguainando un coltello da una guaina posta sul proprio avambraccio. La desert eagle usata fino a prima era stata sbalzata via, forse in superficie o forse lì sotto, ma non aveva interesse nel recuperarla.

Un soldato che aveva affrontato un addestramento marziale impeccabile nei ranghi della più temuta organizzazione mercenaria, di certo avrebbe potuto uccidere un semplice studente con un coltello e anche meno.

Pensandola in questo modo, il mercenario fu stupito dal vedere il primo affondo verso il torace mancare il bersaglio. Iwayama aveva evitato il colpo lateralmente, e con una mano quasi a contatto con il braccio armato dell’avversario, era intenzionato a prevederne i movimenti.

Questo allora non si lasciò sopraffare dall’eccessiva sicurezza nelle proprie abilità, e ruotando il braccio con assieme al bacino sferrò un fendente orizzontale mirato a tagliare in due il rosso.

Un bersaglio così vicino sarebbe stato senza dubbio ucciso da un colpo di coltello portato a tale velocità, ma con le poche abilità marziali acquisite, Iwayama Koan sapeva che un attacco del genere era mirato a fallire.

Afferrando infatti il braccio del mercenario, si lasciò spostare all’esterno della sua guardia sfruttando la sua spinta.

Un movimento del genere è tipico delle mosche, le quali si lasciano spingere dalle correnti d’aria generate dagli attaccanti che cercano di colpirle.

Il soldato, tuttavia, ne aveva compreso il movimento. In un istante si sollevò da terra, ed usando la stessa presa di Iwayama come leva, ruotò il suo corpo a mezz’aria per piombare perpendicolarmente addosso al suo nemico.

 

Lo Ultimate Weapon Collectioner vide così il riflesso del proprio volto nel casco lucido dell’avversario. La mano libera del suo nemico si stava avvicinando ai suoi occhi, al punto che parte della sua visuale era già stata coperta.

Il guanto indossato presentava delle placche metalliche sulle dita, le quali se gli si fossero conficcate nei globi oculari li avrebbero trasformati in poltiglia.

Eppure quegli occhi erano calmi e placidi come uno stagno.

Iwayama aveva appena individuato un punto appena sotto il casco del suo assalitore, dove la carne era rimasta esposta durante il balzo, proprio in prossimità del collo. Stava aspettando che quel punto rimanesse scoperto, in quanto sapeva che tutte le mimetiche presentavano quel punto vulnerabile durante determinate azioni.

Così, mantenendo la sua innaturale compostezza, sputò verso quel punto un minuscolo frammento metallico coperto da una rete di circuiti.

Nell’istante in cui questo entrò in contatto con la carne, il mercenario venne attraversato da una scarica elettrica in tutto il suo corpo, capace di paralizzarlo a mezz’aria e di strappargli un urlo agonizzante.

“ Una voce… femminile ?” Esclamò sorpreso Iwayama, osservando il suo avversario cadere al suolo, reso inerme dalla sua trappola, fino ad allora nascosta sul retro di un suo dente.

 

Lo stupore fu l’ultima sensazione che il rosso provò, prima che il boato di un esplosione proveniente da sopra la sua testa lo scaraventasse al suolo.

Una pioggia di detriti cadde nel punto in cui si trovava l’unica uscita, e presto altri tremori e crolli provenienti dalla superficie si aggiunsero.

Lo studente provò a rialzarsi in piedi, ma una cascata di sabbia proveniente dall’alto lo investì, trascinandolo all’indietro con una potenza insormontabile.

In poco tempo la sua visione si oscurò, e la luce nella caverna venne inghiottita solo da sabbia e roccia.

 

Il ragazzo riaprì gli occhi una quantità di tempo dopo che non seppe definire, anche se gli sembrava di aver perso i sensi per appena pochi istanti.

L’intera struttura della grotta attorno a sé era cambiata, al punto che gli sembrò di essere in un luogo completamente diverso.

Si trovava steso su di uno sperone di roccia che aveva funto da conca per ripararlo dall’inondazione. Tutto attorno a sé ora era sabbia, solo che il soffitto della grotta era molto più vicino, al punto che solamente alzandosi in piedi avrebbe potuto toccarlo.

L’edera e le piante erano state inghiottite, e solo detriti appartenenti ai monoliti di roccia in superficie riempivano lo spazio.

Tutto ciò era reso visibile dalla torcia appesa al petto di Iwayama, senza la quale tutto sarebbe stato senz’altro buio pesto. Proprio quando lo studente fu sul punto di ringraziare la torcia, la luce si interruppe per un secondo intero.

- Dannazione! Non mi resterà molto tempo… devo esser rimasto incosciente per ore.-

Un dettaglio ancora più frustrante si aggiunse in quella situazione tanto pericolosa.

- Di questo passo… l’Arma Leggendaria che cerco…- Con aria mesta il ragazzo si guardò attorno.

La conca, prima profonda più di dieci metri, ora era stata ridotta appena ad altezza d’uomo. Se ciò che cercava si trovava in profondità, ormai era sepolta.

- Profondità …- Ripeté lo studente, prima di comprendere perché quella parola gli accendeva una lampadina nell’oscurità della sua preoccupazione.

Ricordò la parete rocciosa che aveva notato immediatamente al suo ingresso, ed i punti in cui le rocce sembravano essere state spostate da poco.

 

-Se quella cavità nascondeva una conca sul fondale, vuol dire che la pressione della sabbia deve averla sfondata, riempiendola.-

Iwayama ispezionò la zona con la luce della torcia, trovando in breve tempo un punto in cui il pavimento sabbioso si ritirava, formando una discesa perfettamente liscia.

Soddisfatto della sua intuizione, si lasciò scivolare sulla sabbia, percependo la parete rocciosa avvicinarsi sempre di più a sé.

Quell’area non era stata sepolta come il resto della grotta.

Dopo qualche secondo giunse al limite della conca. Doveva essere ritornato quasi sul fondo, e l’aria lì era più fresca e respirabile.

La sabbia formava un piccolo fiume all’interno di una cavità, testimoniando la teoria del ragazzo, ma un dettaglio scintillante sembrò attirare maggiormente la sua attenzione.

Il corpo del soldato, o meglio, della soldatessa, era accasciato al suolo, ricoperto in parte dalla sabbia.

Senza più casco era possibile notare i corti capelli biondi come il sole ocra del deserto, i quali a stento ricoprivano un rivolo di sangue che sgorgava dalla fronte.

Gli occhi erano chiusi, e la pelle olivastra era sporca di polvere , con particelle biancastre della sabbia che formavano delle macchie sul suo volto.

 

Lo Ultimate Weapon Collectioner posò il suo sguardo freddo e silenzioso sul corpo inerme della sua assalitrice. L’aria cominciava a mancargli, non avrebbe retto ancora per molto.

 

La ragazza schiuse le palpebre, trovando un solitario ma lontano raggio di luce proveniente dall’alto a fargli compagnia nell’oscurità. In preda ad un terrore puramente istintivo cercò di tirare su la testa, ma un’acuta fitta di dolore le attraversò la spina dorsale fino alla base del collo, bloccandola.

Emise un rantolo strozzato, vergognandosene immediatamente, ma che risuonò ugualmente nella caverna.

Piegando leggermente la nuca lateralmente, scorse attorno a sé. I resti della caverna nascosta erano irriconoscibili.

L’odore ferroso del sangue e quello pungente e amaro della sabbia le ricoprivano le labbra, ma avvertiva ugualmente una sensazione di refrigerio sulla testa.

Sollevando la mano per sorreggersi il capo notò di non possedere più i guanti. Continuando così con l’ispezione del proprio corpo, notò di essere praticamente rimasta solo in indumenti intimi, stivali ed una canottiera bianca che a stento le ricopriva le forme.

Fu allora che emise un altro grido di sorpresa, ed allora qualcuno la sentì.

 

Dal suo fianco emerse qualcuno, letteralmente scavalcando una discesa di sabbia per raggiungere lo spuntone di roccia sulla quale era adagiata.

“ Tu sei… il ragazzino.” Osservò la soldatessa con sommo stupore e confusione, riconoscendo il volto di Iwayama.

Il ragazzo stringeva tra le mani un bastoncino luminoso, il quale gli illuminava il viso pallido e gli occhi rossi, irritati per la poca luce e l’alone di polvere nell’aria.

“ Sì.” Rispose lui con voce rauca.

- Da quanto siamo qui dentro ?- Si chiese la ragazza, mentre un panno umido le scivolava dalla fronte, ricadendo sulla sua spalla.

“ Spero tu non mi voglia attaccare, almeno non adesso.” Mormorò stancamente lui, prima di voltarle le spalle e saltare giù.

Questa volta lei lo seguì, muovendosi a carponi e sporgendosi in basso.

Il rosso, con il solo ausilio delle mani stava scavando nella rientranza più profonda di un piccolo tunnel all’interno della parete. Aveva ormai formato un varco di almeno due metri di profondità.

Lei notò come le sue mani fossero ormai ricoperte di sangue, il quale aveva macchiato la sabbia e apparentemente anche la sua canottiera.

Si fermò a riflettere.

 

“ Mi hai toccato mentre ero incosciente ?!”  Sbraitò, carica di vergogna, cercando di coprirsi il petto con entrambe le braccia.

Da lì in fondo il ragazzo rispose con un imbarazzato colpo di tosse.

“ Non fare finta di niente, lo so che mi hai sentito !” Insistette lei, furente.

“ Non respiravi più ormai …” Rivelò infine l’altro, mentre il suo corpo era impegnato in un doloroso sforzo.

“ La sabbia ti era entrata nella divisa, schiacciandoti i polmoni e bloccandoti la circolazione in più punti del corpo. Quindi… ho… dovuto praticare il massaggio cardiaco, ecco.”

Con più imbarazzo nella voce di quanto sembrava dimostrare, Iwayama e le sue parole fecero sussultare la soldatessa.

 

“ Perché… l’hai fatto ?” Domandò lei con il poco fiato che aveva in corpo.

“ Avresti potuto prendere ciò  che cercavi ed andartene. Quanto tempo hai perso per aiutarmi? Quante provviste abbiamo ?”

“ Niente. Nessuna provvista.” Rispose improvvisamente il rosso, gelido.

“ Tutta la mia acqua è stata usata per il panno che avevi sulla fronte.”

Quell’assurdo dialogo non aveva di certo aiutato la soldatessa a comprendere meglio la situazione.

“ Ti ho chiesto perché mi hai aiutato! Sono un tuo nemico, sono stata pagata per ucciderti !”

Sin da quando era piccola l’avevano addestrata all’arte del combattimento e dell’assassinio.

Fallire significava morire, anche se si sopravviveva. Un corpo sopravvissuto senza vittoria era un corpo incapace di guadagnare soldi e rispetto.

I mercenari di Fenrir vivevano sulla fama che si erano costruiti nel corso di innumerevoli battaglie, era tutto quello che serviva per mantenere l’ordine ed il terrore ovunque andassero.

Se solo fosse tornata dai suoi compagni, questi non sarebbero più stati tali per lei, e lei non sarebbe stata degna di vivere ancora.

 

La morte la terrorizzava, ed odiava quel ragazzo per non averle permesso una dipartita rapida ed indolore nel buio e nel freddo.

“ Perché ?” Domandò ancora una volta, questa volta con il terrore che le si impossessava della voce.

“ Non so spiegarti il perché.” Il rosso finalmente si fermò, rimanendo in piedi nell’oscurità più profonda, ora che persino il bastoncino luminoso non emetteva più luce.

La sua voce rauca e stanca rimbombava nella caverna.

“ Sono sempre stato frainteso quando parlavo con gli altri, non importa cosa dicessi, e la gente aveva paura di me …”

Da quando i suoi genitori erano morti, non aveva avuto più nessuno con cui parlare, se non il suo maggiordomo. Mai nessun compagni di scuola era venuto a trovarlo a casa, o lo telefonava per parlare.

O forse non poteva semplicemente saperlo, siccome da quando era rimasto il solo a poter portare avanti il mestiere di famiglia, dedicava ogni suo momento libero a spedizioni di ricerca.

“ Per questo motivo, io ho sempre preferito rimanere da solo, in modo da non spaventare gli altri e non sentirmi offeso dalla loro paura. Però, mi sono accorto che più passo del tempo da solo, e più mi sento giudicato ed infelice.”

L’amarezza nella voce di Iwayama ero lo specchio della sua anima.

Le forze gli mancavano e sentiva che presto sarebbe crollato lì, nell’oscurità più profonda senza più la forza di respirare. Il sangue gli colava dalle mani, e non poteva più sfiorare la sabbia senza avvertire una scarica di bruciore fin dentro le carni.

“ Per questo forse non volevo lasciarti qui da sola, senza nemmeno avere la possibilità di aiutarti… come non ho potuto farlo con i miei genitori… e come nessuno vuole fare con me.”

 

Le palpebre gli si chiudevano, e sentiva di star parlando all’interno della sua testa. La caverna era diventata come il suo corpo, pulsava attorno a lui e lo investiva di caldo, soffocandolo ma abbracciandolo.

 

“ Ormai, tutto quello che posso fare è trovare l’Arma Leggendaria che giace da millenni in queste rovine… dopodiché, e solo allora, potrò andare alla Hope’s Peak Academy. Altrimenti non sarò mai degno di avere degli amici, come un ragazzo normale…”

Un sorriso triste e stanco gli sfuggì dalle labbra, prima che la bocca gli venisse serrata da un brivido.

“ Portami fuori di qui. Subito.” La soldatessa era arrivata alle sue spalle senza emettere un rumore, ed ora premeva la fredda lama di un coltello sulla sua gola.

Con tono terribilmente spietato sollevò ancor di più il coltello sotto il mento, strattonando il ragazzo da un braccio, per poi torcerglielo dietro la schiena.

“ Non posso.” Rispose Iwayama, soffrendo per il dolore. La soldatessa esplose in un grido furioso non appena lo sentì, serrando ancor di più la presa attorno al suo polso.

 “ Cos’hai detto ?!”

“ La mia corda può… reggere solo il peso di una persona per volta.” Ammise il ragazzo.

La morsa si allentò, e sorprendentemente la ragazza gli permise di girarsi. Il suo volto era fiero, con occhi immobili che non sembravano più provare paura.

Con calma gli disse:

“ Allora salirai tu per primo.” E lo lasciò libero.

 

Con le ultime forze rimaste ed i muscoli che gli esplodevano in corpo, Iwayama lanciò il rampino sulla sommità della grotta, ormai non più molto lontana. Con la fune attaccata alla cintura riuscì a tirarsi su.

Mentre meccanicamente si sfilava il supporto, rifletté su quanto stava facendo.

Guardò in basso, e vide la bionda aspettarlo con la testa all’insù.

Calò la cintura e la fune, senza sfilare il rampino dalla roccia.

 

In meno di un minuto anche lei fu salita, ed entrambi, per la prima volta, volsero lo sguardo al cielo.

La volta celeste risplendeva nel cielo bluastro, coronato da un aurora sottile, come se il deserto fosse stato un mare di specchi.

Il vento soffiava, riempiendo i polmoni dei due di aria fresca.

Iwayama ebbe appena il tempo di recuperare la sua cintura, prima che l’altra lo colpisse al volto con uno schiaffo.

Il dolore fu poco intenso, ma fulmineo e sorprendente.

“ Un’arma… un’arma di cui non si è mai accertata l’esistenza… vale quanto la tua vita ?”

La faccia del ragazzo rimase bloccata con lo sguardo fisso nel vuoto.

La soldatessa invece lo guardava intensamente, ancora con la mano tremante dopo il colpo.

“ Vale quanto il diritto di avere degli amici, di frequentare una scuola, di costruirsi un futuro? E dici che senza quell’arma non hai diritto di essere normale, come se una cosa così insignificante possa autorizzarti a vivere ?!”

Afferrò il ragazzo per il colletto, sollevandolo da terra nonostante le poche energie rimaste ed il fiatone. Lo sollevò come fosse uno straccio, stagliando verso il cielo stellato e luminoso un volto cupo e due occhi pieni di paura e confusione.

“Tu non puoi conoscere la morte così presto solo perché pensi che il mondo non ti accetti diversamente da come vorresti essere! Noi due, adesso, qui, in questo deserto di merda, dopo aver rischiato le nostre vite ed essere sopravvissuti … ”

Con voce tremante ebbe la forza di guardare finalmente in faccio Iwayama. Gli mostrò un tenero sorriso, con zigomi tremanti e forse prossimi al pianto.

“… siamo la dimostrazione che si può voler vivere ancora, dopotutto.”

 

Proprio lei in quel momento aveva infranto una delle leggi di Fenrir, e probabilmente avrebbe dovuto condurre il resto della sua esistenza nell’ombra, ma non le importava di star correndo quel pericolo.

Era viva, e non temeva la morte. La bellezza di una sensazione simile era paragonabile allo stupore della miriade di stelle sopra di loro in quel momento, le quali riempivano il nulla del cielo ed illuminavano il nulla del deserto.

E fu allora che Iwayama Koan comprese che i suoi genitori gli avevano donato la vita, e non avevano mai preteso altro da lui.

Né che continuasse il loro mestiere, né che trovasse quell’Arma Leggendaria. Gli avevano donato la vita, appunto, e allora il loro ultimo desiderio era stato che lui continuasse a viverla sempre e comunque.

 

-Mamma… papà …- Sussurrò il ragazzo al suo inconscio, dove le ombre dei suoi genitori finalmente sorridevano.

-Sono vivo anch’io da stanotte.- Sorrise anch’egli, mentre l’unica lacrima gli percorse il viso abraso, secco e sporco. Una goccia di acqua nel deserto, quella notte, era la dimostrazione che aveva saputo fare la cosa giusta.

 

La soldatessa lo  aiutò a medicarsi le ferite alle mani, mentre il deserto attorno a loro soffiava vento gelido e sabbia come fiumi o serpenti luminosi tra le dune, rischiarate dalla luce argentea della luna.

“ Chissà se è passata davvero solo qualche ora, oppure se siamo rimasti svenuti per diversi giorni …” Si domandò lei, rivolgendo uno sguardo nostalgico alla caverna che li aveva inghiottiti per tempo indefinito.

“ Pensi che quelli della tua squadra ti credano morta ?” Domandò il giovane.

“ Se hanno preferito seppellirci a suon di dinamite nella grotta… forse mi volevano morta e basta. Sono cresciuta con loro sin da quando ho memoria, non sospettano di me e non credo rappresenterei una minaccia se sparissi e basta.”

“ D’altronde se ti preferiscono morta perché vorrebbero cercarti ?”

Il vento trascinava altra sabbia lungo le macerie delle stalagmiti, e questa colava a picco nel buco, ricordando una grossa clessidra.

“ La sabbia ricoprirà le nostre tracce… e anche l’Arma Leggendaria, sempre che questa sia davvero esistita e che si trovasse lì sotto.” Mormorò la donna con un sorriso stanco, sentendosi presa in giro dal destino.

“ Sei sicuro che la cosa non ti dispiaccia ?”

Iwayama annuì con un movimento secco, dando infine le spalle a quel gorgo.

“ Spero che si trovasse davvero lì.” Disse con estrema serietà, a petto in fuori.

La donna non poté non assumere un’espressione confusa, inclinando il capo e squadrandolo interrogativa.

Il ragazzo notò la sua faccia, e l’ombra di un sorriso divertito gli attraversò il volto.

“ In questo modo potremo dire che la sabbia avrà ricoperto un qualcosa che entrambi vogliamo dimenticare e mantenere nascosto.”

 

I suoi occhi profondi si posarono sulla soldatessa, la quale ora lo guardava sbigottita. Le guance di lui si colorarono di rosso dopo un po’, e dovette abbassare la testa per la vergogna.

“ Oh santo cielo, ero solo sorpresa di sentire una frase del genere da te !” Lo rimproverò lei.

Il ronzio di pale in rotazione ed una forte luce emersero dalla notte,  emergendo dalle dune come una nave che sfida la tempesta fa con le onde.

Un elicottero apparve nel cielo. Non aveva colori militari, ma era di un acciaio nero lucido, e portava il simbolo di un organizzazione giapponese.

Il veicolo si fermò a diversi metri sopra le teste dei due puntando un potente riflettore verso il basso per investirli di luce.

“ Signorino, sta bene ?!” Una voce amplificata da un altoparlante rimbombò, venendo ugualmente riconosciuta dal ragazzo.

Iwayama sollevò lo sguardo e tese il braccio verso l’alto. Stavolta non resistette a sfoggiare un sorriso, con annessa una risata gorgogliante che gli nasceva in gola.

“ Chi è ?!” Urlò la soldatessa nel frastuono, coprendosi gli occhi per difendersi dalla luce.

Una scaletta venne fatta calare dall’elicottero, venendo afferrata da lui prontamente.

“ Il mio maggiordomo.” Rispose Iwayama Koan, per poi non muoversi più.

 

Rimase immobile, fissando la donna negli occhi con esitazione, devozione e rispetto.

“ Vuoi venire con me ?” Le domandò. Si sentiva il petto esplodere di tristezza perché già in cuor suo sapeva la risposta prima ancora di formulare la domanda.

Lei sorrise. Scosse il capo.

“ Abbiamo scelto di vivere, ed è giusto che ognuno trovi il proprio posto nel mondo.”

La sua immagine sembrava star svanendo tra la sabbia sollevata dal vento.

“ Però promettimi una cosa …” Strinse forte il braccio del ragazzo, facendolo sobbalzare.

“ Non abbandonare mai i tuoi sogni, ma dai sempre priorità alla tua vita! Quando deciderai che per te sarà il momento, mettiti pure alla ricerca di qualche inesistente Arma Leggendaria… però, almeno con la consapevolezza di avere qualche amico che ti aspetta.”

 

Con quelle parole ed il petto troppo pesante per rispondere, lo Ultimate Weapon Collectioner salì i pioli di quella scala sospesa in aria. La sua ultima missione in quanto ricercatore di armi era terminata.

Si sentì sollevare e portare via nel buio della notte, troppo in alto per toccare di nuovo il deserto che gli aveva ridato la vita e troppo in basso per raggiungere le stelle e non provare più una sensazione di vuoto nel cuore.

 

 

Iwayama Koan, Ultimate Weapon Collectioner, era rimasto pietrificato nel Salone della torre che ormai da quattro giorni lo teneva prigioniero.

Domen Ienobu era entrato mentre lui stava aprendo un misterioso pacco, e lo aveva visto estrarre un coltello militare jagdkommando. Non aveva avuto il tempo di fermarlo, di spiegargli che andava tutto bene e che non avrebbe fatto nulla di male con quell’arma.

Eppure, ora che era rimasto solo, schiacciato dal terrore che tutti avrebbero pensato a lui come un pericolo, un singolo pensiero sorse nella sua mente.

- Non ha senso dire che va tutto bene.- Snudò la lama contorta, osservando il suo riflesso deformato sull’acciaio.

- Io non sto bene. Questo posto mi sta privando della libertà. Solo che… non ho nessuno che mi aiuti.-

Gli sembrò di percepire la luce verdastra dello stick luminoso sfiorargli il viso, o il caldo opprimente togliergli il fiato.

In quella notte non aveva potuto comprenderlo da solo, ma ormai qualcuno gli aveva insegnato che vivere era senza dubbio meglio che annegarsi in un mare di dubbi, timori e paure.

 

“ Voglio sopravvivere ancora. Voglio ancora una volta dire… sono vivo anch’io.”

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Eh… questo ritorno è difficile, soprattutto perché immagino di non aver ripagato la mia totale scomparsa da Agosto con questo piccolo capitolo spin-off. Perdonatemi tutti miei cari lettori, ma tra vacanze, impegni, ed il sempre simpaticissimo blocco dello scrittore è stato molto difficile convincermi a pubblicare qualcosa.

Sono molto felice però, adesso, di star davvero aggiornando. Sento di aver sconfitto una parte di me che voleva a tutti i costi tenermi lontani da EFP, dalle fan fiction, e dalla bellissima passione di scrivere.

Perdonate il papiro, anche se chi mi conosce da tempo sa che questo nei miei Angoli Autore è praticamente una briciola xD

Parlando del capitolo:

Spero sia stato di vostro gradimento. Volevo riportare per l’ultima volta l’attenzione su Iwayama Koan, assassino del First Chapter della mia fan fiction, approfondendo di più il suo talento e anche il suo carattere. Mi sono divertito molto a descrivere questo episodio del suo “mestiere”, e mentre lo stavo correggendo sentivo un po’ di vibes alla Metal Gear per qualche motivo.

Tornerò presto con la fanfiction della storia principale (Danganronpa FF- Limbo of Despair) ed un’altra storia sul fandom di Fairy Tail (Stella d’Argento: La Stella non si eclissa)

Alla prossima, e scusate ancora per la lunga attesa >.


Scheda: ​

Nome:  Koan

Cognome: Iwayama

Talento: Ultimate Weapon Collectioner

Altezza: 160 cm

Peso: 45 kg

Gruppo Sanguigno: B

Ama: Indiana Jones, le armi;

Odia: Non essere trattato come gli altri.

 

   
 
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