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Autore: Soly_D    27/10/2018    3 recensioni
[Questa storia partecipa all’iniziativa «Halloween Haunted Run» indetta dal forum Torre di Carta]
Come ogni notte, non appena udì il rumore metallico e graffiante del cancello del cimitero che si chiudeva ad opera del vecchio custode, Naruto sollevò il coperchio della bara, si tolse qualche ragnatela di dosso e trascinò fuori le sue ossa stanche in direzione della collina. Il vento soffiava gelido sulle lapidi portandosi via i petali di fiori appassiti, qualche corvo gracchiava in lontananza annunciando forse l’imminente arrivo di nuovi ospiti.
[NaruSaku♥, romantic horror]
~ Buon Halloween!
Genere: Horror, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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Questa storia partecipa all’iniziativa «Halloween Haunted Run» indetta dal forum Torre di Carta.
Immagine usata: n°2


Swing on the Hill


Come ogni notte, non appena udì il rumore metallico e graffiante del cancello del cimitero che si chiudeva ad opera del vecchio custode, Naruto sollevò il coperchio della bara, si tolse qualche ragnatela di dosso e trascinò fuori le sue ossa stanche in direzione della collina. Il vento soffiava gelido sulle lapidi portandosi via i petali di fiori appassiti, qualche corvo gracchiava in lontananza annunciando forse l’imminente arrivo di nuovi ospiti.
Come ogni notte, una volta arrivato ai piedi del bitorzoluto albero secolare che svettava in cima alla collina, Naruto trovò Sakura ad aspettarlo pazientemente sulla vecchia altalena cigolante; si dondolava avanti e indietro, lentamente, le falangi bianche strette intorno alle funi e le lunghe ossa delle gambe penzoloni nel vuoto. Non appena lo vide avvicinarsi, però, Sakura interruppe bruscamente il movimento.
«Sei in ritardo di diciassette minuti».
Naruto udì una nota di rimprovero nella sua voce e fu certo che, se fosse stata ancora viva, Sakura avrebbe aggrottato la fronte e assottigliato lo sguardo. Ma ora il suo volto non aveva più alcuno strato di pelle e le sue orbite erano completamente vuote − due cerchi perfetti, scuri e profondi come la notte perpetua che li avvolgeva − per cui Sakura potè segnalare la sua indignazione solo con un breve cenno del capo.
«Il custode ha fatto più tardi del solito». Quando Naruto prese posto sull’altalena al fianco di Sakura, gli ossi ruvidi e appuntiti dei loro gomiti sfregarono l’uno contro l’altro. «Non potevo mica uscire dalla bara davanti ai suoi occhi e rischiare di fargli venire un infarto, pover’uomo».
Sakura annuì lievemente con il capo, ancora poco convinta.
«Ma ora sono qui», aggiunse in fretta Naruto. «Con te». Cercò la mano di Sakura e la strinse nella propria: era incredibile come un semplice mucchietto di piccole ossa sottili incastrate le une nelle altre fosse in grado di farlo sentire meno solo, meno dannato in quella esistenza che non era né una vita né una morte, che era tutto e niente insieme.
«Non prenderti troppe libertà ora», disse Sakura imbarazzata ruotando il capo dall’altra parte. Se avesse avuto ancora le guance, probabilmente sarebbe pure arrossita.
«Ti ricordo che tu hai contato i minuti che ci separavano. Sei pazza di me, Sakura-chan».
Naruto rise, una risata ruvida e gutturale che ormai non aveva più nulla in comune con quella accesa e squillante di quando era vivo, ma che ebbe ugualmente il potere di contagiare Sakura. Anche lei infatti si lasciò sfuggire una risatina sommessa che risuonò nel silenzio funebre del cimitero lasciandosi trasportare via dal vento.
Quando smisero entrambi di ridere, Naruto si accorse che Sakura lo stava fissando in maniera diversa dal solito.
Si incontravano ogni notte su quella collina da anni o forse da decenni, precisamente da quando si erano resi conto che per qualche assurdo motivo, per qualche strana magia o maledizione, le loro anime si erano improvvisamente risvegliate all’interno dei loro corpi già morti e sepolti.
Il primo tra i due era stato Naruto. Riaprendo gli occhi all’interno della propria bara e ricordando subito l’istante in cui li aveva chiusi per sempre nel proprio letto circondato dai propri cari, si era lasciato letteralmente divorare dalla paura: lì per lì, credendo di essere ancora vivo, aveva tirato calci e pugni sul coperchio della bara fino ad aprirla e si era messo a correre per il cimitero urlando aiuto a squarciagola per ore e ore, poi lentamente si era reso conto che non respirava, che il cuore non gli batteva, che non aveva fame, sete o sonno, che la sua pelle stava cadendo a pezzi, che non aveva più niente di umano. Poteva solo muoversi, pensare e parlare. Il suo corpo era morto, ma la sua anima no. Un inferno praticamente.
Dopo una lunga battaglia interiore aveva deciso che, per quanto la tentazione fosse forte, non sarebbe tornato a disturbare i vivi perché altrimenti li avrebbe solo terrorizzati a morte scombussolando tutte le loro certezze sul ciclo della vita. Aveva scelto di trascorrere il suo inferno da solo, in silenzio: di giorno sarebbe rimasto nella sua bara continuando a far finta di essere morto, di notte sarebbe uscito a guardare le stelle in attesa della sua seconda morte, quella definitiva, se mai fosse arrivata.
La notte in cui aveva scoperto di non essere da solo, Naruto si stava dondolando sull’altalena che aveva trovato in cima alla collina dietro il cimitero. All’improvviso aveva sentito un lamento, poi delle urla e infine un pianto disperato. Era una voce femminile e sembrava terrorizzata almeno quanto lo era stato lui nel risvegliarsi dalla sua prima morte.
Ormai senza più muscoli e pelle, Naruto era corso giù dalla collina trovando una donna che si aggirava barcollante tra le lapidi: anche lei era ormai solo uno scheletro ambulante, ma i suoi occhi erano ancora lì, grandi e verdi, bellissimi. Naruto non li avrebbe mai dimenticati.
«Va tutto bene», le aveva detto andandole incontro con le mani alzate. «Io e te siamo uguali».
«Sta’ lontano da me, mostro!», aveva urlato la donna indietreggiando. Piangeva, ma piangeva solo con il cuore: non c’era traccia di lacrime nei suoi occhi vitrei. Era morta e risorta esattamente come lui e quella consapevolezza gli aveva ridato speranza, una luce a cui aggrapparsi in mezzo a tutto quel buio. Non sarebbe stato mai più solo.
Naruto ci aveva impiegato più notti consecutive per convincere Sakura che quello non era un incubo e che non poteva, anzi non doveva tornare dalla sua famiglia. La seguiva ovunque andasse, continuava a parlarle anche se lei gli urlava contro o faceva finta di non sentire, ogni tanto cercava – invano – di abbracciarla beccandosi una manata dritta in faccia (Naruto il dolore non poteva più sentirlo, ma era certo che se fosse stato vivo la guancia gli avrebbe pulsato in maniera tremenda). Poi una notte Sakura si era finalmente lasciata stringere dalle sue braccia e gli aveva sussurrato “grazie” in un orecchio. Accasciandosi per terra con quelle poche ossa racchiuse tra le proprie, Naruto aveva capito di aver trovato in Sakura la compagna giusta con la quale allietare il suo inferno e per la prima volta da quando aveva riaperto gli occhi nella bara si era sentito tremendamente e umanamente felice.
Da allora, non appena il buio calava sul cimitero e il custode andava via, i due si incontravano su quella stessa collina e si raccontavano pezzi della loro vita e della loro morte. Con il tempo Naruto aveva imparato a decifrare con chiarezza i pensieri di Sakura nonostante il suo volto non potesse esprimere più alcuna emozione, eppure in quel momento, quando lei prese a fissarlo in maniera strana, diversa dal solito, Naruto non riuscì a immaginare cosa si potesse nascondere nelle sue orbite ormai vuote.
«Che c’è?», chiese perplesso.
«Avrei voluto amarti mentre eravamo vivi». Sakura si lasciò sfuggire qualcosa di simile ad un sospiro rassegnato. «Così avrei potuto vedere i tuoi occhi e il tuo sorriso. Avremmo potuto baciarci, abbracciarci, fare l’amore. Avremmo potuto sposarci e avere dei bambini. Avremmo potuto passare tutta una vita insieme».
Naruto un cuore non ce l’aveva più da diverso tempo, eppure gli sembrò di avvertire una fitta dolorosa e piacevole al tempo stesso nella parte sinistra della gabbia toracica: non pensava che da morto avrebbe mai potuto ricevere una dichiarazione così maledettamente bella e così maledettamente triste. Emozionato, avvolse con l’osso del braccio le spalle scheletriche di Sakura e la attirò verso di sé fino a far incontrare le loro fronti.
Naruto aveva ormai ricordi vaghi della sua esistenza da vivo. Sapeva di aver avuto un lavoro importante, una moglie, due figli e molti nipoti. Forse Sakura l’aveva già conosciuta in gioventù e magari perfino amata per un certo periodo di tempo o forse l’aveva solo vista di sfuggita tra le strade trafficate della città, ma era certo che da viva fosse stata bellissima. Naruto la trovava bella perfino in quel momento, anche se non aveva più grandi occhi verdi e labbra carnose, un petto accogliente su cui posare la testa o fianchi morbidi da stringere, anche se di lei rimanevano solo le ossa e la voce. E a modo suo la amava, la amava perché lo aspettava ogni notte su quella collina, perché la morte con lei assumeva un sapore decisamente più dolce.
«Anch’io avrei preferito amarti in vita, Sakura-chan, ma mi accontento pure di questo».
Naruto spinse la bocca contro quella di Sakura toccando le ossa dure e fredde che un tempo ospitavano le labbra e lei ricambiò l’invisibile bacio accarezzandogli dolcemente il viso.
La luna, come ogni notte, illuminava i due scheletri abbracciati l’uno all’altro sulla vecchia altalena cigolante in cima alla collina del cimitero e di sicuro qualsiasi persona viva, guardandoli, avrebbe trovato la scena così terrificante da scapparsene a gambe levate, ma Naruto e Sakura insieme stavano così bene che non avrebbero potuto immaginare un modo migliore per trascorrere la loro esistenza oltre la morte.



Quello che i due non sapevano era che per lunghi anni il vecchio custode del cimitero aveva osservato segretamente le loro vite e aveva pensato che fosse davvero un peccato che due persone così giuste l’una per l’altra non avessero avuto modo di amarsi da vive. Gli era bastato, allora, un semplice schiocco delle dita per concedere ad entrambi una seconda possibilità: forse meno bella, forse meno felice, ma avrebbe permesso loro di amarsi come meritavano.
E anche quella notte, con il viso nascosto sotto il cappello e le mani infilate nelle tasche del lungo cappotto scuro, il vecchio custode sorrise svanendo in una nuvola di fumo dietro l’angolo del cimitero.









Note dell'autrice:
E' la prima volta che scrivo qualcosa del genere e credo che non sia nemmeno molto horror, ma questi due nelle mie storie finiscono per raccontarsi sempre da soli XD La storia è ispirata all'immagine qui in basso. Per il custode del cimitero ho preferito rimanere sul vago, immaginatevelo come meglio credete (un mago, un dio sceso in terra, un angelo...). Grazie a chi leggerà e vorrà lasciare un segno del suo passaggio, critiche e consigli sono sempre ben accetti. Se non dovessi pubblicare nient'altro prima di Halloween, be', buon Halloween!
Alla prossima :D

Soly Dea

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