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Autore: chiara_raose    27/10/2018    2 recensioni
"Voltron! Legendary Defender - La nuova frontiera del gioco online!
Vivi la tua avventura intergalattica in prima persona e sperimenta l'esperienza più immersiva di sempre! Lotta, alleati e divertiti con giocatori da ogni parte del mondo!
Disponibile da gennaio e solo per le migliori console 4D!
Prevendite aperte su voltr**LD.net"
E' un gioco, dicevano.
Sarà divertente, dicevano.
Genere: Generale, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PART I

Cosa gli aveva detto il cervello?
Erano passati ormai mesi da quando aveva iniziato a frequentare quella scuola, e quasi altri due dopo la scoperta di condividere parte della strada del ritorno con Lance. Ora, per esattezza, con quale rigore logico il suo corpo si era mosso da solo lungo la via che il cubano aveva imboccato da solo? Perchè mai avrebbe dovuto inseguire di nascosto un ragazzo? Per scoprire dove abitava? Che sciocchezza. Sarebbe bastato chiederglielo. In fondo la settimana aveva ben cinque giorni e migliaia di possibilità per chiedere a qualcuno dove abitasse con esattezza. Avrebbe anche cercato una risposta alla possibile richiesta di spiegazioni da parte dell'altro, ovviamente. Quindi per quale motivo le sue gambe avevano deciso diversamente da quel meticoloso e ben studiato piano? Perchè lui e la sua impulsività dovevano sempre mandare a monte i piani e ora si ritrovava a seguire Lance McClain per scoprire dov'era casa sua. Prima non sembrava una cosa così losca. Dannazione!
I passi procedettero con cautela solamente per i primi metri, concedendogli il tempo di capire di averlo perso. Allungò il viso su ogni incrocio che incontrava in quell'angolo periferico della città dove le strade parevano non aver perso nulla di come potevano essere decenni fa: strette sufficienti a contenere un marciapiede e una corsia, una serie di traverse davano accesso a garage privati e interni di abitazioni sempre più avvolte dalla vegetazione. Sembrava esser entrati in un paesello di periferia. Continuò a cercare la figura del compagno seguendo quella che doveva costituire la strada principale. Keith iniziò a pensare che non l'avrebbe più trovato. Magari era già rientrato in casa; forse aveva già superato la sua palazzina. A quel punto sarebbe stato meglio tornare semplicemente indietro, pensando a quanto fosse stupido quel che aveva cercato di fare, ma le sue gambe avanzavano ormai da sole fino a doversi fermare di colpo. Per poco non scivolò nel frenarsi e tornare a nascondersi dietro l'angolo. Lance era fermo davanti a uno dei portoni, con lo zaino sul petto a cercare qualcosa al suo interno. Keith si sentì inspiegabilmente immobilizzato, certo che se si fosse sporto Lance l'avrebbe visto.
«Ciao Lance, devi salire?»
«Buongiorno signora!»
Keith si sporse leggermente cercando di apparire più tranquillo di quanto in realtà non fosse. Inquadrò un'anziana signora dai capelli grigi elegantemente legati dietro la nuca e il portone che si richiuse in un suono basso. Il ragazzo ebbe il tempo di voltarsi e praticamente correre via da quel posto prima che la signora potesse rendersi conto della sua presenza.
Keith corse come se qualcuno lo stesse inseguendo; corse fino a trovarsi senza fiato e con le ginocchia doloranti. Si convinse che se correva abbastanza veloce anche la consapevolezza dell'idiozia appena fatta non l'avrebbe raggiunto. Certo non aveva ucciso nessuno, ma dannazione poteva mai comportarsi come un bambino delle medie alla prima cotta? Poteva mai ridursi ad essere uno stalker? La situazione stava sfuggendogli di mano e la cosa lo terrorizzava. Lo spaventava l'idea di voler sapere quante più cose possibili di quel ragazzo. Si era appena ritrovato a seguirlo fino a casa. Come aveva potuto fare una scelta così folle e... era da malati!
Giunto a casa gettò la borsa in un angolo della propria stanza e giurò di non aver mai trovato il proprio letto tanto comodo. Più ci pensava più la cosa risultava assurda. Aveva appena seguito Lance McClain fino a casa.
«Merda...»
Gli piaceva.
Al punto da seguirlo a casa? Quello era da bambini. Un chiaro comportamento che non ci si aspetterebbe da un ragazzo della sua età; ancor meno da lui. Non ci si aspetterebbe neanche che a Keith Kogane possa piacere così tanto qualcuno; qualcuno come Lance McClain poi!
Keith osservò la propria console quando questa entrò nel suo campo visivo. Ripensò alle parole e alle domande di Charles. Cosa gli piaceva davvero. Di sicuro ora la risposta l'aveva pronta; ma la cosa più importante ora era che niente al mondo lo distraeva come quella console.
Stava comportandosi come un idiota per un'emerita stronzata. Accese la console e si sistemò il visore sugli occhi. Un mondo fuori dalla realtà, un posto dove aveva un gruppo di persone con cui divertirsi e distrarsi. Forse gli serviva solo quello: divertirsi e sfogarsi, dimenticare l'accaduto e promettersi che non sarebbe semplicemente mai successa una stupidaggine del genere.


 
PART II

Voleva distrarsi Keith. Aveva desiderato dimenticare l'accaduto buttandosi sul gioco. Eppure più ci pensava più gli sembrava assurdo. Si sentiva stordito, come fosse stralunato - termine anche abbastanza adatto visto lo spazio immaginario che lo circondava. Stelle, pianeti, galassie e navicelle randomiche che spuntavano di tanto in tanto mentre lui pilotava quel robottone gigante che aveva rinominato semplicemente Red. Si osservò attorno prima di percepire un leggero suono nelle orecchie che lo avvisava di una finestra di dialogo comparsa alla propria destra. Era il modo in cui Red comunicava con lui e così ogni leone col proprio pilota. Chissà, nel mondo fantastico sarebbero state una serie di collegamenti e connesioni emozionali e cerebrali; ma, invetabilmente, i creatori del gioco non potevano fare altro che far comparire una finestrella coi semplici comunicati. In questo caso, Red si stava rendendo conto di quanto stessero allontanandosi dagli altri, dal Castello, dall'area sicura e da casa.
Casa.
Chissà a che piano era la casa di Lance.
Chiuse gli occhi reclinando la nuca. Merda. Fece ruotare Red dirigendosi nuovamente alla base, la testa ormai già altrove seguendo meccanicamente la strada sulla mappa proiettata. La mente rivolta alla propria vita fuori da quel gioco, non riuscendo ad immaginare come ora ne stesse sognando una. Una che non aveva mai neanche preso troppo in considerazione oltretutto. Sì, non era la sua prima cotta, ma...
Sospirò. Non poteva dire che quelle sensazioni con Lance fossero differenti dalle cotte avute in precedenza, ma per lui era già tanto arrivare a quello stadio di consapevolezza. E ora gli sembrava tutto troppo assurdo. Era passato dall'avere gravi problemi sociali durante il periodo successivo alla perdita del padre, al non riuscire a stare in casa per poter raggiungere qualsiasi punto Lance si trovasse per passare un po' di tempo assieme. Gli parve impensabile che ci erano voluti mesi per Shiro, che era il suo migliore amico e quasi un fratello, a convincerlo ad uscire... e poi questo. Aveva quasi raggiunto uno stadio patologico e ora stava raggiungendolo nel senso opposto?
Raggiunto il Castello, guidato Red al suo posto, Keith si trovò dinanzi gli avatar di Shiro e Allura.
«Quanta cattiveria là fuori»
Keith non comprese subito, ricordandosi poco dopo di esser salito su Red per andare a massacrare qualche navicella che sarebbe ricomparsa di lì a poco nello stesso punto.
«Nessuna cattiveria, ho solo sparato»
Ora che ci pensa, non le aveva neanche contate per la sfida con Charles.
«Cattiveria, Akira»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo alle parole ironiche di Allura, facendo per allontanarsi, fuggire da chissà quale assurdo discorso. «Resta un gioco, non ho ucciso nessuno.»
«Akira...» intervenne Shiro, portandolo a fermarsi e a rivolgersi all'amico «Vieni con me un secondo»
Keith seguì l'avatar che si avviò lungo l'ambiente, congedandosi dalla compagnia della ragazza. Keith esitò parecchio nel seguirlo, fin quando non lo condusse in una stanza di quel Castello. Era praticamente il rifugio e la base di una Gilda. C'era chi aveva navicelle, loro avevano ricevuto, nel pacchetto Voltron, anche quel castello immenso di eredità Alteana. Comprendeva parecchi ambienti al suo interno: il punto di ritrovo, le singole camere, una sala di allenamento, immensi corridoi, lo spazio dedicato ai leoni e un paio di stanze come la cucina che rendevano il tutto più reale e vivibile. Una delle stanze che piacevano molto a molti di loro era una stanza semplicissima, con una parte del pavimento di un livello più basso e circondato dallo spazio per sedersi. Potevano chiamarla sala Relax, ma Keith aveva imparato che corrispondeva all'ambiente dedicato alle conversazioni private tra due o tre giocatori. Essere in quella stanza era come essere faccia a faccia col giocatore con cui avresti parlato da lì a quel momento. In quella stanza non aveva importanza l'esistenza degli avatar e, per quanto con Shiro poteva dirsi abituato, Keith non potè fare a meno di sentire una strana sensazione di ansia pugnalare alla bocca dello stomaco. Fece un sospiro profondo mentre il proprio avatar si sedette, notando Shiro fare altrettanto nel posto di fronte. Mancava solo il tavolo al centro per fare una sorta di interrogatorio misto a confessionale.
«Keith...» Ecco lo sapeva
«Non chiamarmi con quel nome quando siamo online» gli ricordò.
«Siamo soli e dobbiamo parlare»
«Non puoi sapere se entrerà qualcuno»
«Intanto dovrà chiedere permesso per collegarsi con la conversazione audio e lo sai.»
Keith sbuffò contro il microfono con la voglia improvvisa di togliersi il visore e mollare tutto lì, lasciando vegetare il proprio avatar.
«Keith, sai che se c'è qualche problema puoi parlarmene, vero?» gli ricordò dopo qualche secondo «Qualsiasi cosa, davvero»
«Non ho niente»
Shiro sospirò, lo sentì chiaramente. Lo conosceva sufficientemente bene da dire che era combattuto: costringerlo a parlare insistendo o lasciar perdere attendendo che fosse pronto. Fosse stato pragmatico come Shiro non avrebbe avuto tanti problemi dovuti alla propria impulsività.
«Sono solo preoccupato per te. Quando ti scateni in quel modo è palese che qualcosa non va»
 
* * *
 
Keith uscendo da quella stanza si sentì liberato da una gabbia. Aveva dovuto costruire una bugia credibile su due piedi per nascondere il fatto di aver inseguito una cotta fino a casa; con Shiro era diventata una seduta psicologica approfondita riguardante il rapporto con la madre. Gli era salita anche l'emicrania nel frattempo, come un'ondata d'acqua che martella sulle spalle e sulle tempie. Ponderò se scollegarsi dal gioco o meno durante il tragitto dell'avatar verso la sala di comando, ma ogni tipo di proposito si spense quando si ritrovò dinanzi Charles che gli chiedeva se avrebbe partecipato all'evento che si era aperto sulla mappa poco fa.
«Stavamo giusto cercando te e Shiro! Pronti?»
Aveva massacrato navicelle fino a quel momento, ora si sentiva così stanco. «Devo proprio?»
«Ohhh qualcuno qui ha paura di perdere»
«Scusa?»
«Tu non vuoi partecipare perchè sai che ti batterei ugualmente alla nostra scommessa; quindi preferisci ritirarti piuttosto che l'umiliazione» Perchè la tirava sempre fuori quella maledetta scommessa?
«Intendi la scommessa che hai voluto fare tu senza un premio definito?»
«Questi sono dettagli irrilevanti. Il discorso non cambia»
«Decisamente non cambia, dal momento che sono in vantaggio io sul conto» si inventò nella speranza di farlo tacere.
«Non dopo questo evento» il sogghigno di Charles lo convinse nel giro di mezzo secondo a raggiungere il proprio Leone e partire.
Tutti gli altri seguirono a ruota, trascinati dall'impulsività di Keith che si era lasciato convincere da Charles. Non era nulla di complicato, ma i propositi di terminare in fretta la faccenda svanirono minuto dopo minuto.
«Serve una mano!»
«Sono un po' impegnata!»
«Arrivo!»
Dopo pochi minuti, i comandi cambiarono nel momento in cui attivarono la formazione di Voltron e anche il timer iniziò il conto alla rovescia. Voltron era l'arma più potente del gioco, la più difficile anche da gestire in quanto cinque giocatori su un unico avatar; quindi anche il tempo in cui potevano mantenersi così era limitato. Keith osservò i propri comandi, limitati alle funzioni di Red come braccio destro: la spada, il pugno, il laser e così via. Shiro coordinava tutti i movimenti reclamando una cosa piuttosto che l'altra perchè il rispettivo giocatore l'attivasse.
Tutto si susseguì facilmente da quel momento in poi, almeno fin quando il timer evidenziò il raggiungimento degli ultimi dieci secondi.
«E meno male che era un evento facile»
«CHE NE SAPEVO CHE ERA UN PORTALE PER UN RAID DEL GENERE??»
«NON PRESTI MAI ATTENZIONE E PARLI SOLO A VANVERA! DOVEVI GUARDARE MEGLIO»
«MA SEI TU CHE TI SEI FIONDATO SENZA PENSARE COME TUO SOLITO!»
«NON VOLEVO FARLO LO GIURO!» l'aggiunta di Garry non aiutò.
«NON URLATEMI NELLE ORECCHIE»
«LO STAI FACENDO ANCHE TU»
«TEMPO» esclamò Pidge dal nulla e Keith ebbe il tempo di notare la scritta '00:00' che lampeggiava.
Voltron si dissolse lasciandoli nuovamente coi singoli Leoni e la voce di Shiro che cercava di placare gli animi.
«Evidentemente abbiamo passato tutti una pessima giornata! Ma è un Raid, nulla di impossibile e che non abbiamo fatto prima. Stiamo divertendoci, siamo qui per farlo quindi calmatevi e non c'è bisogno di urlare.» Un attimo di tregua «Continuiamo»
 
* * *
 
«E' stato tutto così caotico e confusionario»
Charles e Keith si tenevano il muso uno seduto, l'altro in piedi, entrambi con le braccia incrociate, dai lati opposti della stanza.
«Decisamente, ma ne siamo usciti bene»
«A me è venuto anche il mal di mare»
Pidge si volse verso i due «E voi non dite niente?» quasi le sembrasse strano.
«Non vorrei parlare a vanvera.» ribeccò Charles marcando le ultime parole non solo nel modo in cui rivolse le iridi ad Akira.
Keith sentì sospirare la ragazza, prima di udirla annunciare il proprio congedo e sparire, seguita a ruota da Shiro. Garry, invece, esitò un po' di più, avvicinandosi ai due ciondolante.
«Allora...» tentennò, palesemente, mentre Akira e Charles non si erano mossi di mezzo centimetro. «Ehm...» Garry dava chiaramente l'idea di non sapere dove cominciare per i primi lunghissimi istanti.
«Okay» Keith lo sentì prendere un lungo respiro e, quando si voltò, aveva le mani giunte dinanzi al viso per concentrarsi. «Non vorrei essere quello che mette dito tra moglie e marito, come si suon dire» Keith assottigliò gli occhi. Cominciava male. «Ma siete voi. Nel senso, litigate così spesso che a volte mi spaventate ragazzi, dico sul serio! Ma siamo una squadra ormai da tanto tempo, siamo qui a divertirci, staccare la spina dal mondo reale che a volte è troppo da sopportare.»
Garry alternò lo sguardo tra loro due. «Sappiamo che siamo tutti qui per questo motivo; è inutile fingere il contrario. Quindi, datemi retta, è inutile creare dissapori anche qui. E' un gioco. Divertiamoci come dei grandi amici!»
Charles parve pensarci poco rispetto a Keith che si sentiva... semplicemente sperso. Come quando succedono solo troppe cose per sole ventiquattro ore.
«No.» Il tono secco di Charles fece voltare anche Keith in sua direzione «Scusami amico, ma non accetto che una testa calda» marcò principalmente quest'ultima parola, puntando l'attenzione su Akira. «mi consideri come qualcuno che parla a vanvera.»
Keith non ce la fece più. «Speravo fossi meno cocciuto nel prendertela per un gioco anzichè cominciare ad urlare.»
«Ehm, ragazzi-» Garry provò ad intervenire, ma venne ignorato.
«Non capisci proprio niente, eh Akira? Non mi sorprende che tu faccia fatica a farti degli amici se neanche capisci quando uno, nel parlare a vanvera, passa le serate a cercare di tirar su di morale anche te.»
Charles si dileguò nel giro di pochissimi istanti, scollegandosi dal gioco e lasciando Keith imbambolato per qualche secondo.
Cosa diavolo stava succedendo?
   
 
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