La piazza sembrava illuminata a giorno.
Le fiamme delle candele proiettavano mille ombre sulla volta dei rami bassi di Quercia, sorrisi erano tornati a brillare a ogni angolo e le stelle parevano fare a gara con i bagliori delle fate. Ma nessuna stella, nessuna fata quella notte avrebbe potuto competere con la luce negli occhi della sua strega.
Danzava Tomelilla, stretta fra le sue braccia, con quell’espressione dolce e fiera che sarebbe sempre riuscita a lenire la stanchezza del mago. Nonostante tutto, nonostante la battaglia estenuante, gli spaventi, il pericolo, lei era radiosa, nel suo morbido abito verde fico selvatico, al punto che a Duff sembṛ di scorgere sotto i capelli argentati e le rughe sottili che tanto amava, il viso della giovane strega della luce che se ne stava a giornate sui libri, dallo sguardo saggio e il portamento orgoglioso.
Le sfioṛ la guancia con le dita, guardandole le labbra curvarsi in un sorriso.
I ragazzi, senza più ali né piume variopinte, si stringevano intorno a Quercia, sotto lo sguardo delle fate appollaiate su qualche ramo poco più alto.
Magici della luce, Non magici e Magici del buio, tutta Fairy Oak si era riversata nella piazza e ballava e rideva, mentre ogni attimo che passava la paura degli ultimi mesi sembrava sbiadire sempre di più.
Ogni tanto immagini della lotta attraversavano fulminee la mente di Duff, ma venivano scacciate prontamente dagli occhi chiari incatenati ai suoi, che durante la battaglia, come spesso negli ultimi decenni, avevano rappresentato un faro nel buio di una tempesta.
“Lillà.” Disse solo, racchiudendo in quella singola parola il mondo intero. La strega in risposta gli restitú lo sguardo. “Lo so, Duffus. Anche io.”