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Autore: iulia2001    28/10/2018    0 recensioni
Italia, 1847
Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente a combattere per la libertà d'Italia. La primavera dei popoli sta per cominciare...
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le campane della chiesa del Gesù di Genova dovevano ancora suonare le ore sei del mattino del giorno 9 settembre 1847, quando il ventenne Giorgio Bacigalupo uscì con circospezione dal ricco portone della sua dimora, pregando che nessuno lo notasse.

Si era vestito al buio, frettolosamente, e solo dopo essersi allontanato cominciò a soffrire il fresco della frizzante aria degli ultimi giorni d'estate.Tentava di riscaldarsi aumentando la velocità di una camminata che, già normalmente, era assai rapida: i suoi ricci neri ondeggiavano a causa di quel cammino tanto simile ad una corsa.
 In meno di una decina di minuti giunse alla sua meta, uno dei tanti vicoli propri di Genova. Si guardò intorno, ma la persona da lui aspettata non era presente; ruotò su se stesso, ma ancora non la vide; camminò avanti e indietro nel vicolo, ma non c'era alcuna sua traccia. Possibile che la sua famiglia lo avesse notato? O, ipotesi ancora peggiore, che le guardie sabaude, dopo aver scoperto i nomi degli affiliati, lo avessero arrestato? No! Non lui, non lui!

"Giorgio!" Il giovane genovese subito trasalì ma, dopo aver riconusciuto la voce amica, si rilassò e smise di preccuparsi. "Marco!" esclamò il Bacigalupo, mentre i suoi occhi verdi fissavano severamente quelli marroni dell'amico "per quale dannato motivo sei in ritardo? Hai una vaga idea di quanto io sia stato in pena?".

"Mi davi già per spacciato, amico?" rispose subito il temerario amico "Tranquillo, faticheranno a prendermi. Comunque, se dovesse succedere, seguirei l'esempio del Ruffini". Giorgio inorridì immaginandosi Marco con l'aorta tagliata per un gesto suicida "Non farmi pensare al peggio" disse "so bene che tu stai cercando di deviare il discorso dal motivo del tuo ritardo".
Marco sbuffò, rendendosi conto di non avere alcuna alternativa "Ho dormito malissimo, mi sono svegliato tardi, mi dispiace". "Lascia stare" sospirò Giorgio, pensando che fosse inutile discutere ancora del latte versato. Marco ondeggiò da un piede all'altro, impaziente "Allora, dimmi, come è andata?"

Prima di permettervi di continuare a leggere questo modesto racconto, sono costretta  a narrarvi i fatti che lo hanno preceduto. I due giovani che abbiamo appena incontrato, come ovviamente i miei coltissimi lettori avranno già compreso, hanno deciso di vivere pienamente, soprattutto tramite l'impegno politico, il periodo storico nel quale erano stati costretti a nascere a causa dell'irrevocabile decisione condivisa dalla dea Fortuna e dalla Storia: Marco e Giorgio, come avrete sicuramente già inteso grazie ad un palese indizio, sono due mazziniani.

Spero di non tediare ulteriormente i miei lettori, che sicuramente conoscono come le loro tasche questo particolare periodo della nostra storia nazionale, facendo una breve digressione: Mazzini, nato in quella Repubblica di Genova che, dopo il congresso di Vienna, era stata obbligata a piegarsi sotto il giogo sabuado, era da tempo costretto a vivere in esilio in Inghilterra a causa delle sue idee unitarie, indipendentiste e, soprattutto, repubblicane, per le quali era stato condannato a morte nel territorio governato da Carlo Alberto.

E ora, abbandonata la Storia, torniamo ai nostri due protagonisti: il padre di Giorgio, il mercante Rodolfo Bacigalupo, aveva appena compiuto un viaggio a Londra. Giorgio, colta al volo l'occasione, pur non amando i lunghi viaggi, si era subito unito al padre per avere la possibilità di incontrare il suo idolo; Marco, costretto da motivi superiori a rimanere in patria, ha bisogno di conoscere se l'amico è riuscito a raggiungere il suo scopo.

Per le ovvie ragioni che i miei lettori avranno compreso, i due repubblicani non possono discutere ad alta voce di argomenti così scottanti senza utilizzare nessuna precauzione: sarebbe come prendere la rincorsa per gettarsi con foga dentro a un precipizio. Non li vedremo nominare quel nome che, benchè fosse veramente minima la possibilità di essere ascoltati a quell'ora,  se casualmente sentiti dalle persone sbagliate, avrebbe condotto loro o in prigione o di fronte a un plotone d'esecuzione.

Giorgio osservò la strada con la coda dell'occhio, per essere sicuro che di non essere nè guardato nè ascoltato; avvicinatosi a colui che, da parte di madre, era suo cugino rispose con un tono della voce talmente basso che poteva essere udito solo da coloro il cui orecchio era allenato: fortunatamente, Marco era uno di questi.

"Male" rispose Giorgio, più rattristato che mai "l'ho visto una sola volta, e soltanto di sfuggita: sono stato colto da un potente febbrone pochi giorni dopo il mio arrivo".  Marco si rabbuiò "Per quale motivo non me ne hai parlato nelle tue lettere? E non lo dico certo per il fallimento del nostro piano, ma perchè, caro amico mio, io voglio sapere quando stai male!". "Perdonami" si scusò Giorgio, che tanto si sentiva in colpa, "c'erano già molte cose a cui pensare, e non volevo darti altri affanni; comunque ora sono completamente guarito".

Marco sembrò meno arrabbiato di prima " Lascia perdere" borbottò aggiungendo parole in dialetto "Piuttosto... Hai saputo del Sud?". Giorgio smise di tormentare i suoi disordinati riccioli neri e guardò l'amico negli occhi "Certo che ho saputo" rispose preoccupato "e ci vorrei andare subito , ma non ho idea di come fare, non credo che esista un modo per andare laggiù in questo momento". Sono sicura che i miei lettori abbiano capito che probabilmente non era facile raggiungere una città in rivolta, come la  Reggio Calabria di allora. "E tuo padre conosce tutte le navi che attraccano o partono dal porto" concluse per lui l'amico.

"Non ce la faccio, Giorgio, non ce la faccio ad aspettare!" fu l'esclamazione improvvisa di Marco "Ci sono, me lo sento, sono certo che sta per succedere, che entro poco vedremo una nuova presa della  Bastiglia, e magari anche la nostra città dal sangue repubblicano si ribellerà ai Sa... ". "Taci, incosciente!" lo zittì Giorgio conficcandogli una gomitata nelle costole "vuoi farci arrestare prima che la rivoluzione cominci?". Non poteva permettere che le affermazioni repubblicane e un filino nostalgiche dell'amico li conducessero nelle regie prigioni. "Scusa" rispose Marco, contrito "non intendevo metterci in pericolo."

Giorgio, avendo notato sia l'aumento del numero di persone presenti in strada, sia la crescita dell'irruenza mazziniana di Marco, ritenne più che opportuno cambiare totalmente argomento. "Sai" disse "non mi ricordo se ti ho detto che io e mio padre abbiamo finalmente convinto i genitori di Emilia a venire da noi per Natale". Qui sono costretta a spiegare che Rodolfo, accompagnato dal figlio, cinque anni prima si era recato nello Stato Pontificio, dove il giovane Giorgio aveva conosciuto la giovinetta Emilia Felici. I due, diventati amici, avevano avuto un rapporto epistolare, finendo con l'innamorarsi l'uno dell'altra.

"Mi era sembrato strano che tu non mi avessi ancora parlato della tua Emilia" rispose Marco, avendo compreso le intenzioni dell'amico. "Non vedo l'ora di fare la sua conoscenza, fortunatamente" e qui il suo sarcasmo fu così poco velato che anche una persona qualunque residente a Torino, che avesse avuto lo sguardo rivolto, in linea d'aria, verso i due amici, lo avrebbe notato "grazie alla tua laboriosa narrazione, è come se già la conoscessi".
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Giorgio rise sentendo quelle parole "Allora siete in due, anche Emilia afferma di averti già conosciuto, attraverso le mie lettere". Marco lo guardò di traverso "Quindi tu parli di me nelle lettere per la tua amata? Povera martire che ti sopporta!".

Giorgio finse di sentirsi oltraggiato dalle parole poco carine dell'amico, pur sapendo che, in un angolo del suo cuore, a Marco aveva fatto piacere sapere che per lui fosse un persona a tal punto importante. Continuarono a camminare e a discutere di diversi argomenti, nessuno dei quali legato alla politica, mentre le strade ed i vicoli si riempivano di persone affacendate nei loro vari mestieri: superarono il Carlo Felice mentre, da ogni parte del centro, discorsi in dialetto si univano a discussioni in italiano.

L'uno accanto all'altro procedevano i nostri due giovani, ignari di ciò che la Fortuna e la Storia avevano già deciso per loro.
   
 
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