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Autore: iulia2001    28/10/2018    1 recensioni
Italia, 1847
Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente a combattere per la libertà d'Italia. La primavera dei popoli sta per cominciare...
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi di Emilia Felici raggiunsero finalmente la riga finale dell'ultima lettera ricevuta dal suo amatissimo Giorgio: nulla, in quel momento, avrebbe potuto renderla più felice di quell'epistola. Incapace di riporla dentro i fiori che decoravano la superficie del portagioe che da un lustro ospitava le lettere del genovese, Emilia continuava a fissare quelle frasi, quasi senza voler rendersi conto che non avrebbe trovato nessuna nuova parola.
Dopo attimi che parevano anni, riuscì a distogliere lo sguardo dai periodi dell'amato e a costringere se stessa a scrivere una risposta degna delle emozioni che la stavano consumando in quel preciso istante. Non fece in tempo a comprendere di dover intingere la piuma nel calamaio, che subito la porta dello studio in cui si trovava sbattè violentemente contro le mura della sua dimora: non ebbe bisogno di voltarsi, già aveva capito di chi si trattasse. "Mia cara Jessica" disse nell'atto di alzarsi, tentando di nascondere, a causa della provata intuizione dell'amica, i sentimenti che le corrodevano il petto " hai appena dato prova della tua grazia."

Jessica Piperno proveniva, insieme al fratello Gabriele, da una delle famiglie più agiate del ghetto di Roma. Sono sicura che i miei lettori siano a conoscenza del fatto che nell'anno che precede il presente del mio racconto, il 1846, era salito al soglio pontificio il papa Pio IX, da molti osannato perchè di sembianze liberali. Il pontefice aveva dimostrato anche una maggiore tolleranza nei confronti degli ebrei romani, che fino a quel momento, eccettuata la breve parentesi del periodo napoleonico, erano stati fortemente discriminati.

I genitori di Emilia, borghesi dalla formazione illuminista, erano partircolarmente affezionati alle idee espresse da Voltaire circa la tolleranza religiosa e avevano approvato fin da subito l'amicizia fra le due giovani, non soltanto per motivi morali, ma anche perchè speravano che ciò potesse giovare all'immagine della loro famiglia.

"E hai pure bisogno di una prova per sapere quanto io sia sgraziata? Non ci conosciamo forse da tutta una vita?" esclamò la giovinetta attraversando il più rapidamente possibile, per quanto le fosse concesso da quello scomodo vestito che, nel secolo decimonono, le donne che se lo potevano permettere erano obbligate ad indossare.

Contemporaneamente venne raggiunta da Emilia: le due amiche soffocarono in uno strettissimo abbraccio. Quando questo non era stato ancora completamente sciolto, Jessica, che già aveva adocchiato la lettera, si rivolse all'amica "Dunque, che cosa ti ha scritto quel poveretto di Giorgio?". Emilia arrossì così tanto da poter essere una valida sostituta, in quel momento, della banda rossa del tricolore italiano: tanto più tentava di non far trapelare alcuna delle sue emozioni, tanto più queste divenivano visibili sul suo volto.

"Per quale mistorioso motivo sei diventata rossa?" le domandò Jessica camminandole intorno nel tentativo di destabilizzarla "Che cosa c'è scritto in quella lettera?". Emilia non riusciva a proferire una sola parola, non perchè non volesse informare l'amica di una così immensa notizia, ma perchè non era ancora riuscita a capacitarsi che ciò che aveva letto appena pochi minuti prima fosse reale: tentò invano di pronunciare frasi di senso compiuto.
"Cosa mai" borbottava Jessica fra sè e sè "cosa mai può averti ridotto così? A meno che" l'amica alzò gli occhi, sicura di aver risolto l'enigma della Sfinge "a meno che non ti abbia chiesto di sposarlo". Se avesse potuto, Emilia sarebbe arrossita ancora, ma le sue funzioni vitali non lo resero possibile. "Ho indovinato?" trillò Jessica, privandola nuovamente del respiro con un abbraccio "Ma è bellissimo, è fantastico!".

Improvvisamente un pensiero sia affacciò nella mente di Jessica, che subito lo rese noto "Ma te lo ha chiesto per lettera?". "Non proprio" rispose Emilia che, per intervento divino, aveva finalmente ritrovato l'uso della parola, che sembrava essere scomparso nelle prime battute della conversazione "mi ha scritto di volermelo chiedere quando sarò a Genova". Jessica fissò l'amica "Ma, agendo in questo modo, ti ha rovinato la sorpresa". Emilia, dopo aver ascoltato la preccupazione di Jessica, ridacchiò "È megliò così, ho il tempo di prepararmi. Oh!" esclamò improvvisamente, gli occhi persi in un bellissimo possibile futuro, il migliore dei futuri possibili, quel futuro che ha sempre poche possibilità di divenire reale "amica mia, non immagini da quanto tempo aspetti questo momento".

"Veramente? Da cinque anni, da quando hai conosciuto quel genovese, sono costretta ad ascoltare i tuoi deliri su un tuo venturo matrimonio. E tu, proprio tu, adesso affermi che io non ti possa capire?" esclamò Jessica, fingendo di esser stata offesa mortalmente da colei che considerava la sua migliore amica. "Esagerata!" rispose dunque Emilia "Tu sai bene che mi sono innamorata di lui solo leggendo e rispondendo alle sue lettere". "Così dici tu!" fu la pronta replica dell'amica "ma io c'ero quando vi siete incontrati per la prima volta, vi siete innamorati subito, peggio di Romeo e Giulietta".

"Stai attenta con i paragoni" mormorò Emilia, quasi risentita "vorrei che il mio, il nostro, finale fosse diverso". "Certo che lo sarà!" la rassicurò Jessica "Magari un giorno voi due avrete figli: non vedo l'ora di giocare con tanti piccoli Giorgio" disse ridendo, utlizzando la gestualità tipica italiana per mostrare all'amica quanto sarebbero stati piccoli "o con tante piccole Emilia che mi chiameranno zia Jessica". Detto questo, ancora allegra, la fanciulla si diresse a chiudere la porta, ancora spalancata a causa della sua irruenza: saggiamente, controllò che nessuno le stesse ascoltando. "Sarà bellissimo giocare con quei piccoli repubblicani" disse dopo averla chiusa.

Emilia, udendo tale proposizione, trasalì e impalllidì così tanto che, se le fosse capitato, per ogni motivo possibile, di colorarsi di verde, sarebbe diventata la personificazione del nostro tricolore. "Jessica, sei forse divenuta più folle del solito? Vuoi farci arrestare?". Jessica sbuffò, mentre i suoi occhi brillavano di un luccichio indescrivibile da ogni umana parola "Adesso non c'è alcun pericolo, i tuoi genitori non sono in casa". "La serv..." provò a proferire Emilia, subito zittita dalla risposta pronta dell'amica "La servitù non si sognerebbe mai di denunciare la figlia dei padroni di casa, cara" e, girandosi verso la porta precedentemente chiusa "comunque ho già controllato: fuori non c'è nessuno".
Emilia non ebbe a sua disposizione nessun altro debole scudo per riuscire a contrastare la provata caparbietà dell'amica. "Che cosa vuoi sapere?" chiese tentando di non essere sentita nemmeno da se stessa. "Cosa sai della loro spedizione in Inghilterra? Vogliono nuovamente provare a incontrare Mazzini? Non mi hai più dato notizie, dopo l'ultimo insuccesso" Jessica aveva, una domanda dopo l'altra, chinato il busto sempre più avanti, sempre più verso l'amica, verso le sue future risposte.

"Non ne hanno la possibilità" rispose avvilita la futura fidanzata del genovese "Come sai non possono scrivere nulla di ciò per lettera, ma credo di aver compreso che suo padre, intuito il loro scopo, non abbia alcuna intenzione di essere accompagnato da lui in nessuno dei suoi futuri viaggi, non solo quelli in Gran Bretagna". Solo un miracolo potè impedire che il cancelliere austriaco Metternich, da Vienna, non udisse il sonoro sbuffo di Jessica "Che occasione abbiamo perso! Ma perchè hanno preso quest'iniziativa?".

"Jessica, sai bene che Giorgio ha sempre sognato di incontrarlo" fu la risposta della ventenne "gli ideali politici da lui promulgati sono divenuti la sua ragione di vita". "Oltre a te, cara" ribadì Jessica con un sorriso. "Già, almeno spero" disse Emilia, la cui espressione era meno allegra di quella dell'amica. "E poi" domandò Jessica, riportando la conversazione sul binario abbandonato poco prima "perchè non è andato con lui anche quel Marco, quello di cui tanto racconta nelle sue lettere?".

"Non ricordi? O forse non te l'ho detto? Marco soffre il mal di mare come nessuno al mondo: non avrebbe mai retto un viaggio così lungo" il tono di Emilia si fece improvvisamente molto più amaro "Ma per quale motivo" disse " vogliamo tanto la rivoluzione se già abbiamo quel brav'uomo di Pio IX?". L'espressione che il viso di Jessica assunse dopo aver udito quel nome fu talmente disgustata che nemmeno Dante, al nome di quel famigerato Bonifacio, avrebbe potuto fare di meglio. "Non osare parlarmi di...  Quello lì!" sbottò Jessica, adiratosi improvvisamente " ne ho già discusso troppo con mio fratello: non riuscirei a dibatterne ancora".

"Oh" rispose Emilia, realmente stupita "non ne avevo idea: dunque qual è l'opinione di tuo fratello?". "Gabriele crede che questo papa sia quello che più di tutti si sia dimostrato tollerante nei confronti degli ebrei" sputò una Jessica ormai inacidita e infastidita dalla piega che stava prendendo il discorso. "Immagino, amica, che tu non condivida affatto la sua opinione" replicò pacata Emilia,  che più di ogni altro conosceva gli ideali dell'amica.

"Come potrei condividerla?!" esclamò Jessica, incredula "È vero che questo è stato il primo pontefice a prendere provvedimenti di questo genere, ma non lo avevano fatto anche i francesi prima di lui? Pio IX ha solo reso suoi i meriti dei rivoluzionari!" e, piena di ardore, continuò ancora "Ovvio che stiamo molto meglio di quando eravamo umiliati nelle corse del carnevale o costretti ad indossare un copricapo giallo per essere riconosciuti a colpo d'occhio, ma ciò dovrebbe essere la regola, non l'eccezione! Sicuramente vi è un merito nell'essere tolleranti se circondati dalla tolleranza, ma sono forse meritevoli quei governanti che, avendo nelle loro mani il potere assoluto, fermano un'ingiustizia?".

"No, non credo, sono persone civili e ciò, almeno in questo secolo, dovrebbe essere la norma" asserì Emilia, annuendo visilbilmente "ma non hai espresso queste ragioni a tuo fratello?". "Ovviamente l'ho fatto!" rispose una piccata Jessica "Ma, purtroppo, non è servito a nulla" e, dette queste parole, si lasciò cadere, sfinita, su un delle sedie della stanza. Emilia, raggiuntala, comprese l'estremo avvilimento dell'amica e decise di dirottare la conversazione su argomenti più leggeri: ignare del futuro per noi  già scritto, le due giovinette discussero di amori e di speranze.
   
 
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