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Autore: laira16    28/10/2018    2 recensioni
Bella ha 18 anni, vuole godersi la vita e spassarsela con i suoi amici.
Edward la insegue e ogni volta lei scappa con mille stratagemmi.
Una storia che vuole essere allegra e frizzante.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buonasera a tutti ed eccomi con una nuova storia! Per tutti coloro che aspettano un nuovo capitolo della storia "JALABR" chiedo scusa ma ho il computer fuori uso da parecchio tempo e sono in attesa di riparazione. Il nuovo capitolo è salvato sull'apparecchio fuori uso perciò la storia ha subito un momentaneo arresto. Prometto che non appena possibile, la storia riprenderà regolarmente e nel frattempo uso questo computer gentilmente in prestito. 
Per quanto riguarda questa nuova storia, avevo voglia da tempo di scrivere una storia dai toni leggeri e spensierati. Perciò ho deciso di fare una prova, sperando in un vostro clemente giudizio. Buona lettura!

DRIIIIN…! Quando la campanella suonò si scatenò un trambusto talmente pericoloso che dovetti rannicchiarmi sotto il banco per non essere travolta dalla mandria imbufalita di studenti che si riversava in corridoio. Tanto casino per la fine delle lezioni poteva sembrare esagerato ma non lo era in quella occasione dato che si trattava dell’ultimo giorno di scuola.

Non appena la classe si fu svuotata, mi alzai e uscii dall’aula per immergermi nella fiumana di gente che correva in direzione dell’uscita. Si udiva soltanto un vociare concitato di persone che si abbracciavano e si davano i saluti in vista dell’estate imminente. Le più ridicole, come sempre, erano le cheerleaders che si salutavano come se fossero in procinto di dirsi addio per sempre piuttosto che per soli tre mesi. I ragazzi più indisciplinati correvano urlando e dando il cinque ai professori come se si trattasse di loro amici stretti e i docenti, dal canto loro, scuotevano la testa alzando gli occhi al cielo.

Non avevo granchè voglia di prendere parte a tutta quella commedia ma non potevo fare a meno di sorridere e rivolgevo saluti al volo a destra e a sinistra, dispensando anche qualche bacio per scherzo ai miei compagni.

“Bella” mi chiamò qualcuno. Mi voltai e vidi Angela che correva verso di me, talmente velocemente che dovette fare una sgommata sulle scarpe per frenare in tempo. Non appena ebbe recuperato il fiato, si alzò di scatto facendomi trasalire e mi puntò il dito contro il naso con sguardo accigliato. “Avevi per caso intenzione di andartene senza salutarmi?”. Stavolta fui io ad alzare gli occhi al cielo come i professori. Nonostante sapessi perfettamente che sarebbe stata via solo per una settimana con la famiglia, pretendeva che ci salutassimo come i passeggeri del Titanic. “Assolutamente no, tranquilla!” mi affrettai ad aggiungere per evitare che si arrabbiasse “Mi stavo solo godendo il casino di quelli dell’ultimo anno”.

Angela sorrise e disse: “Credo che quando toccherà a noi, faremo decisamente di peggio”. Quello che si era appena concluso era il nostro penultimo anno e a settembre avremmo cominciato il nostro ultimo anno. Mi saliva l’ansia ogni volta che ci pensavo perché avrebbe significato la scelta del college. College= futuro. Futuro=responsabilità e genitori che stressano.

Per cambiare discorso, le chiesi della partenza per la piccola vacanza che l’avrebbe portata dai suoi nonni in Canada. Per tutta risposta, sbuffò facendo svolazzare alcuni ciuffi che le erano sfuggiti dalla coda: “Adoro i miei nonni, ma la prospettiva di passare una settimana intera in compagnia di mio fratello proprio non mi va giù.”  “Almeno tu porterai il culo da qualche parte” mi lagnai io “A me toccherà passare l’estate qui a Forks con le mie sorelle”. Angela mi guardò sorpresa prima di dire: “Credevo che non sarebbero tornare prima della metà di luglio”. Sospirai accarezzandomi la fronte con una mano. “Lo credevo anche io, ma hanno deciso entrambe di anticipare il ritorno questo week-end. E non chiedermi il motivo perché non ne ho la più pallida idea”

“Comunque puoi stare tranquilla, Bella” pronunciò sorridendo e ammiccando “Tra 10 giorni troverai la mia macchina sotto casa tua e potrai uscire dalla finestra senza farti sentire dai tuoi”. Lo sguardo di disperazione fu sostituito da un enorme sorriso sulla mia faccia al pensiero delle mie uscite notturne. I miei erano soliti fissare il coprifuoco intorno alle 23,30 perciò quando avevo intenzione di rientrare a notte fonda mi bastava fare finta di dormire per poi scappare dalla finestra. In più i genitori di Angela avevano avuto la geniale idea di regalarle una macchina elettrica ultra-silenziosa che copriva alla perfezione le nostre fughe. In più di due anni, non ci avevano mai sgamato.

“Beh, io ti saluto” disse Angela interrompendo il flusso dei miei pensieri e allargò le braccia. Non ero tipa da smancerie di quella sorta ma con Angela non potevo fare proprio a meno perché era la mia più cara amica. Perciò non ci pensai due secondi a tuffarmi tra le sue braccia e ad abbracciarla stretta. Rimanemmo in quella posizione per qualche secondo prima di separarci e andare in due direzioni opposte. Ci saremmo riviste entro pochi giorni ma mi sarebbe comunque mancata perché Angela era l’unica persona con cui potessi confidarmi praticamente su tutto con la garanzia di non spifferare ogni cosa in giro.

Quando uscii dall’edificio, il sole mi baciò la pelle e chiusi gli occhi per goderne del tepore. Sorrisi in quel momento perché la mia vita non poteva andare meglio: diciotto anni, tanti amici, una bella famiglia, buoni voti a scuola. Praticamente non mi mancava nulla ed era tutto semplicemente perfetto. Con questa convinzione aprii gli occhi e mi colpì come uno schiaffo l’immagine di un’auto della polizia parcheggiata proprio davanti all’ingresso della scuola. Appoggiato al cruscotto con la divisa e le braccia incrociate c’era l’agente Edward Cullen. Vent’anni e bello come un dio, nella penisola di Olympia era una leggenda per il fatto di aver completato l’addestramento ed essere diventato poliziotto in meno di un anno. Era considerato da sempre uno dei ragazzi più belli di Forks e ogni ragazza che passava accanto all’auto non se ne andava prima di avergli rivolto almeno tre occhiate e fatto lo scanner alle chiappe.

 Andai nella direzione opposta e mi coprii la faccia con la cartelletta che avevo in mano, certa di sfuggirli. Ma doveva avere una specie di vista Raggi-X perché mi sentii chiamare a gran voce: “Bella Swan, fermati immediatamente!”. Feci finta di non sentirlo e accelerai il passo in direzione della mia macchina, rimpiangendo di non essermi messa un paio di scarpe di tennis ai piedi quella mattina per andare più veloce. “Bella fermati o accendo la sirena della macchina!” urlò lui a gran voce ma continuai a ignorarlo. Andammo avanti così per circa duecento metri, con lui che mi urlava minacce di ogni sorta e io che facevo finta di non conoscerlo sperando che qualcuno lo prendesse per un pazzo e lo fermasse. Alla fine, riuscì a raggiungermi e mi si parò davanti bloccandomi ogni via di fuga. “Agente Cullen, che piacere vederla!” sbottai nel panico con eccessiva allegria. Lui si accigliò e mi fissò come se gli avessi appena detto di essere Donald Trump. “Da quando mi dai del lei?” mi chiese con tono scuro e io mi affrettai a rispondere. “Da quando lei è diventato un agente di polizia. Mi dica, deve riferirmi qualche messaggio da parte di papà?” Lavorava alle dipendenze di papà che era l’Ispettore della città. “Smettila, Bella!” esclamò lui nervoso e mi rivolse uno sguardo talmente arrabbiato che desistetti subito dal mio intento di continuare con quella farsa. Quando racquistai la mia espressione seria, disse: “Si può sapere come diavolo vi è calato in mente di addentravi nel bosco questa notte?”. Alzai gli occhi al cielo e sospirai per la frustrazione. “Hai di nuovo fatto il terzo grado a Mike e Tyler, non è vero?” gli chiesi sebbene sapessi già la risposta. Mi guardò con un sorriso beffardo prima di aggiungere: “Quei due sono troppo idioti. Si lasciano mettere nel sacco troppo facilmente”. Aveva perfettamente ragione ma non ero lì per discutere dell’idiozia dei miei amici perciò mi limitai ad alzare le spalle: “Sarà. Comunque, non sono affari tuoi quello che facciamo o non facciamo di notte”

“Può essere pericoloso, Bella. Non sai che razza di belve si possono incontrare nella foresta soprattutto di notte” ribadì Edward “Ah sì?” risposi con sufficienza “Beh, in effetti sono davvero pericolosi marmotte e scoiattoli. Avrebbero potuto provocarmi un trauma cranico con una noce in testa”

“Perché sei così cretina, Bella?” esclamò portandosi le mani nei capelli “Non puoi andarci di notte. È pericoloso!”. Lo fissai allibita perché mi sembrava che si stesse rivolgendo ad una bambina di cinque anni. “Edward, ti ripeto che quello che faccio o non faccio non è affar tuo. Ho 18 anni adesso!” esclamai a gran voce “Invece sì che lo è!” ribadì cocciuto e testardo. “Edward, io e te non stiamo più insieme!” gridai cominciando a innervosirmi per quello scambio di battute. A quelle parole si addolcì e mi prese delicatamente la mano portandosela alla bocca. Ci posò sopra un lieve bacio e mentre la teneva sulla guancia calda, fissò gli occhi dritti nei miei. “Se tu volessi, potremmo ancora stare insieme. Lo sai che non ho occhi che per te!” E mi rivolse quello sguardo che mi rivolgeva sempre, carico di desiderio e tanto amore allo stesso tempo. Quello sguardo a cui non ero mai stata capace di arrendermi e a cui stavo cedendo anche stavolta. Stava per poggiare le labbra sulle mie quando vidi passare la squadra di cheerleaders e in quel momento un’illuminazione mi riportò bruscamente alla realtà. “Edward Cullen a ore 12!” urlai a squarciagola e quelle si voltarono all’istante. Edward mi guardò stranito, come se qualcuno lo avesse risvegliato a suon di schiaffi e mollò leggermente la presa dalla mia mano. Ne approfittai per sfilarla via e correre via. Lui scattò nella mia direzione ma si trovò bloccato da una marea di pon-pon che le cheerleaders li mettevano davanti alla faccia, quasi ficcandoglieli in bocca. E mentre quelle ragazze adoranti si buttavano tra le sue braccia, io arrivai alla mia macchina e misi in moto con il suono di tutte le parolacce che mi stava rivolgendo nelle orecchie. Risi per tutto il tragitto, a più non posso.

  
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