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Autore: Felixia    29/10/2018    1 recensioni
[Yooseven]
La monotonia della chatroom dell'RFA verrà sconvolta dall'arrivo di un nuovo personaggio: nome utente MC. La ragazza si rivelerà una grande amica per Yoosung che finalmente si renderà conto di quel che prova davvero per quello che aveva sempre considerato il suo più grande amico. Ma come reagirà Seven a questa novità? E come potrà affrontare il suo terribile passato tornato a galla così all'improvviso?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: 707, Un po' tutti, Yoosung Kim
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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“Luciel” lo chiamò una voce pacata che lo fece tornare alla realtà dall’oblio in cui era precipitato. Si voltò verso Jumin e lo guardò senza dire neanche una parola.

“Come procede?” chiese con il solito tono asettico, ma con il viso tutt’altro che tranquillo, sembrava perso, ma allo stesso tempo pronto ad agire.

“Stanno operando d’urgenza V. La sala per operare Yoosung è quasi pronta, lui è già stato sedato. Saeran sta parlando con uno psichiatra, ha voluto che MC lo accompagnasse” rispose Seven continuando a fissarlo, le parole scivolavano fuori dalla sua bocca come se non avessero alcun senso. Ma ormai niente sembrava avere più senso.

“Tu come stai?” chiese poi Jumin dopo un lungo sospiro.

“Non ne ho idea. Sono così tante cose tutte insieme…” rifletté Seven seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva a fianco a lui.

“Ho già fatto in modo che avessero solo i migliori dottori, non preoccuparti” disse Jumin e Seven annuì silenzioso.

“Yoosung stará bene, ero già in contatto con il miglior oftalmologo della Corea” disse Jumin dopo un attimo di silenzio “Mesi fa sono venuto a scoprire che Rika aveva ferito V agli occhi e che lui avrebbe perso la vista se non avesse subito fatto un intervento, ma si é sempre rifiutato di farsi visitare da questo dottore”

“Tu sapevi di Rika?” chiese Seven stupito voltandosi di scatto verso di lui.

“Sapevo solo che avevano discusso prima della sua scomparsa, non immaginavo niente del genere” rispose Jumin incrociando le braccia sovrappensiero.

“Mi ero fidato di loro” disse a bassa voce Seven concentrando tutto il suo sguardo sul pavimento.

“Riusciremo a risolvere anche questo” lo guardò serio Jumin.

“Come pensi di risolverlo? Mio fratello mi odia, ha preferito Mi-Cha a me…” sospirò affranto Seven.

“Luciel, tuo fratello è stato drogato per mesi e mesi, gli è stato fatto il lavaggio del cervello, non sa ancora di chi si può fidare ed è confuso” disse mettendosi in piedi mentre Seven continuava a tenere lo sguardo sul pavimento, senza sapere più cosa rispondere, la sua testa continuava ad affollarsi di sensi di colpa è sentiva il bisogno di piangere, ma era troppo stanco anche per sfogarsi con le lacrime.

“Devo chiamare Jaehee per sapere come procedono i preparativi per il party” concluse Jumin tirando fuori dalla giacca il suo telefono.

“Party? Volete ancora fare il party?” chiese Seven perplesso, non gli sembrava affatto il momento di festeggiare.

“È assolutamente necessario che il party si realizzi, Luciel, lo dico per il tuo stesso bene” rispose lui intento a comporre il numero che ormai sapeva a memoria per tutte le volte che aveva chiamato la sua assistente.

“Cosa state organizzando?” si alzò per guardarlo in faccia preoccupato e ansioso.

“Una conferenza stampa” disse secco poggiando il telefono all'orecchio per poi rivolgergli le spalle e allontanarsi, lasciando Seven immobile a fissarlo con ancora più pensieri che gli ronzavano in testa. Confuso e sovrappensiero non si rese minimamente conto dell’arrivo di Vanderwood alle sue spalle.

“707, io me ne vado” gli disse l'agente appoggiandogli una mano sulla spalla che lo fece sussultare. Seven si voltò verso di lui ed impiegò qualche istante per riuscire ad elaborare una risposta.

“Va bene, grazie di tutto. Dovrò sparire per un po’ per aspettare che si calmino le acque…” disse infine accennando un sorriso.

“Farò la stessa cosa, probabilmente tornerò in Inghilterra” rispose Vanderwood tirando fuori il pacchetto di sigarette pronto ad accendere una appena uscito dalle porte dell'ospedale.

“Oh, bene! Salutami la regina!” disse Seven ridacchiando e si stupì di essere riuscito a strappare un sorriso persino a quell’agente segreto, sempre così serio.

“Stammi bene, 707” disse Vanderwood congedandosi da lui con la sigaretta già in mezzo alle labbra. Seven rimase a guardarlo allontanarsi. Sospirò coprendosi il volto stanco con le mani, poi si buttò sulla panchina pronto ad aspettare ancora e ancora, finché tutto non si sarebbe risolto.

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In quel momento tutta l’attenzione di Rika era concentrata sulla figura del maestoso palazzo del Mint eye, o almeno di quello che ne restava. Alcune macerie erano ancora di un bianco brillante, la luce del fuoco appagava i suoi occhi e li riempiva tanto da farle dimenticare di sbattere le palpebre. In breve tempo li sentì umidi, una lacrima attraversò in tutta fretta la sua guancia e precipitò dalla sua mascella sfiorando il suo polso mentre cadeva verso il prato per mischiarsi insieme alle gocce di rugiada che imperlavano i fili d’erba ai suoi piedi. Solo in quel momento si rese conto di stare piangendo, abbassò lo sguardo verso il terreno, come se potesse ancora vedere dove fosse finita quella lacrima. Rise quando si ritrovò a pensare che persino lei l’aveva abbandonata, era scappata dai suoi occhi e non avrebbe più fatto ritorno.

Ironico, no?

Chiuse gli occhi ed un’altra lacrima scese sulla sua guancia. Questa volta cercò di afferrarla portandosi velocemente la mano verso il volto, ma si bloccò quando vide il sangue sulle sue mani. Si fermò ad osservare come si fosse seccato sulla sua pelle, come si fosse infilato sotto alle sue unghie. Poi il suo sguardo scese e fu catturato da alcune ciocche dei suoi lunghi capelli che non erano più bionde, ma di un rosso che si avvicinava al marrone. Allo stesso modo i suoi vestiti erano ricoperti di macchie dalle forme scomposte e irregolari.

“É per lui che sto piangendo?” si chiese scoprendo che il tono della sua voce era rauco e che la gola le prudeva terribilmente per le urla violente che aveva lanciato poche ore prima.

Un’altra lacrima scese sul suo volto e quella volta fu inutile cercare di sfuggire alle dita di Rika che la bloccarono immediatamente. Toccandosi la guancia con un gesto repentino e deciso, nonostante il sangue fosse ormai secco, si macchiò leggermente uno zigomo.

Ma Rika sorrise soddisfatta.

“Non è ancora finita” disse sottovoce tornando a guardare il fuoco che divampava dall’edificio ed iniziava ad espandersi verso la vegetazione che lo circondava. Il suo sguardo puntava dritto al meraviglioso giardino che il suo prediletto aveva tanto amato e il suo sorriso non mostrò più soddisfazione, ma un velo di affetto si accese nei suoi occhi.

“Tornerò a salvarti, Saeran. Vi salverò tutti.” concluse subito prima di voltare le spalle al Magenta per dirigersi verso la sua nuova meta.

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Il fiato corto ancora intrappolato nella sua gola fu il primo pensiero di V quando riaprì gli occhi. Il mondo si fece velocemente sempre più limpido e luminoso mentre il suo sguardo girava intorno a quella stanza che non aveva mai visto. Dalla finestra aperta, alle pareti bianche si posò infine sulla figura alla sua sinistra: il suo migliore amico con la testa china e la braccia incrociate.

“Jumin?” lo chiamò V con la voce ancora impastata per aver passato così tanto tempo senza parlare, ma probabilmente Jumin era troppo stanco per accorgersi che gli avesse rivolto la parola. Così gli avvicinò una mano sfiorandogli una manica della camicia che aveva tirato su lasciando completamente scoperti gli avambracci. Sentendo il suo tocco, Jumin sussultò abbandonando, come raramente il suo vecchio amico aveva potuto vedere, la sua espressione seria e distinta per lasciare spazio ad una sorpresa del tutto genuina.

“Come ti senti?” gli chiese Jumin dopo essersi immediatamente ricomposto.

“Bene” gli sorrise V.

“Probabilmente è l'effetto della morfina” rispose Jumin stropicciandosi gli occhi gonfi di spossatezza.

“Dove sono gli altri? Stanno tutti bene?” domandò V sentendo il cuore che batteva più velocemente e l'angoscia che iniziava ad impossessarsi di lui.

“Yoosung è stato operato all'occhio ieri, Saeran ha iniziato il ciclo di sedute con uno psichiatra e pare che si stia avvicinando all’RFA… Gli altri stanno bene fisicamente. Sono scioccati, ma stanno bene.” concluse sospirando.

“Capisco… E tu come stai?” chiese infine V tornando a sorridere a Jumin che si sorprese della domanda, non perché non si aspettasse che il suo amico si interessasse a lui, ma perché lui stesso non aveva avuto minimamente il tempo di pensare a come si sentiva. Dovette impiegare qualche istante prima di riuscire ad elaborare una risposta.

“Non mentirò, sono confuso. Non so se sentirmi deluso o arrabbiato con te. Continui a cercare di risolvere tutto da solo, sai che io ci sono sempre per te, eppure mi lasci sempre indietro…” disse fissandolo serio.

“Mi dispiace… È proprio perché tu sei così importante per me che non potevo coinvolgerti in tutto questo, volevo solo che tutti stessero bene” V non riusciva a sostenere lo sguardo di Jumin, si coprì gli occhi mentre le lacrime iniziavano ad imperlargli le ciglia.

“Smettila di dire idiozie, non sei solo” Jumin gli strinse la mano con cui nascondeva il viso.

“Non merito un amico come-” singhiozzò V scostando la mano per guardare in viso Jumin, ma si bloccò quando fra le lacrime che gli offuscano la vista, vide che il suo amico stava piangendo insieme a lui.

“Non farmi mai più preoccupare così” disse piano Jumin stringendogli più forte la mano. V si alzò di scatto e si lanciò verso Jumin abbracciandolo con tutte le forze che aveva.

“Mi dispiace così tanto, Jumin… Sono un idiota…” disse fra un singulto e l'altro. Jumin non rispose nulla, lo abbracciò a sua volta rimanendo in silenzio mentre le loro lacrime continuavano a scendere.

Dopo un tempo che sembrava infinito, finalmente si erano calmati entrambi. Il medico si era presentato per visitare V e assicurarsi che l'operazione fosse stata completata con successo, mentre Jumin era uscito dalla stanza per telefonare alla sua assistente ed essere aggiornato sui preparativi per il party che si sarebbe tenuto due giorni dopo.

Il telefono era già fra le sue mani, quando si sentì chiamare da una voce che non riconobbe subito.

“Signor Han, sono venuto a sapere che il mio artista preferito era stato ricoverato in questo ospedale e sono venuto a trovarlo non appena ho avuto un attimo di tempo” disse l'ultima persona che Jumin poteva immaginare di trovarsi davanti in quel momento.

“Signor Primo Ministro, un uomo impegnato come lei è venuto a far visita al mio amico? Non posso che ringraziarla e mi spiace dirle che purtroppo in questo momento Jihyun è con il suo medico e non può riceverla.” lo salutò con lo stesso garbo che da sempre gli era stato insegnato a dimostrare nel mondo degli affari, anche se dentro di sé si sentiva scoppiare di rabbia. Velocemente la sua mente si concentrò su Seven. L'ultima volta che l'aveva visto era nella camera di Yoosung, si erano addormentati insieme. Mentre Saeran dov'era? Forse ancora con lo psichiatra e Mi-Cha? Il cuore gli batteva forte nel petto e sentiva le mani formicolare per il bisogno di scappare da lì e assicurarsi che tutti stessero bene, ma sul suo viso non apparivano l'ansia e il panico che lo scuotevano interiormente, continuava a sostenere lo sguardo del primo ministro con dignità e fierezza, ma senza nemmeno una traccia di presunzione.

“Aspetterò qui fuori dalla sua stanza finché non potrò entrare a salutarlo, non si preoccupi, signor Han” gli sorrise l'uomo con lo sguardo determinato che faceva intuire a Jumin che niente lo avrebbe spostato da lì.

“Come preferisce, primo ministro. Ora, se mi vuole scusare, dovrei fare una telefonata” concluse Jumin allontanandosi dopo un profondo inchino che gli fece provare più disgusto di quanto fosse abituato a sentire ogni volta che doveva dimostrare rispetto a uomini potenti e orribili come gli capitava in continuazione di incontrare durante il suo lavoro.

Le lunghe falcate di Jumin misero subito distanza fra i due uomini, lasciando il primo ministro ad osservarlo andare via. Quando sparì dal suo sguardo svoltando l'angolo del corridoio, gli occhi del primo ministro si spostarono verso la porta di fronte a lui, ancora chiusa.

Ma non passarono molti minuti, che si spalancò lasciando uscire un paio di infermiere che seguivano il medico ancora concentrato sulla cartella che reggeva fra le mani. Si bloccò quando si trovò davanti al primo ministro, sorpreso nel vedere un uomo della sua fama davanti a lui.

“Pri-primo ministro?! Buongiorno! È qui per fare visita al signor Kim?” chiese il dottore con la voce che tremava per l'emozione.

“Buongiorno a lei, dottore. Sì, vorrei vedere il signor Kim. Sarebbe possibile?” gli rispose cordiale.

“Ma certo che può! Il signor Kim può ricevere visite adesso, entri pure!” disse mantenendo la porta aperta in attesa che il primo ministro l'attraversasse. Quello lo salutò con un lieve inchino prima di farsi largo verso la stanza, afferrò la maniglia e richiuse la porta alle sue spalle sfoggiando un sorriso al medico che lo guardava riverente.

Si voltò verso il letto gettando uno sguardo gentile all'artista che lo fissava con gli occhi sgranati, ammutolito dalla sua presenza.

“Buongiorno, signor Kim. È un piacere fare la sua conoscenza.” gli sorrise dal fondo della stanza inchinandosi appena. V lo guardò senza sapere cosa dire, ci mise qualche istante per riprendersi dalla sorpresa. Si schiarì la voce prima di parlare.

“Il piacere è tutto mio, primo ministro. Mi vorrà scusare se non mi alzo per salutarla” si sforzó di sorridergli a sua volta.

“Ma si figuri, non si preoccupi. Volevo solo farle una veloce visita, non occuperò troppo il suo tempo con la mia presenza” rispose avvicinandosi a passi lenti e misurati verso il letto da cui V lo osservava.

“Mi sento onorato che un uomo del suo rango abbia deciso di venirmi a trovare” continuò a seguirlo con lo sguardo.

“Non sia così sorpreso, probabilmente il suo caro amico, il signor Han, le avrà già detto che avevo intenzione di incontrarla. Sa, sono un suo grande fan” ormai la distanza che li separava era pochissima e il cuore di V batteva sempre più velocemente.

“Lei mi lusinga, primo ministro. Sono solo un fotografo” rise con modestia V cercando di mantenere la calma come meglio poteva.

“Ma lei è molto più che un semplice fotografo, lei è un uomo da tenere d'occhio” gli occhi del primo ministro erano puntati sul suo viso, V non sentiva vie di scampo.

“Da tenere d'occhio…?” ripetè V perplesso aspettando una spiegazione.

“Ho sentito parlare della vostra associazione di beneficenza, si chiama RFA, dico bene?” rispose senza aspettare una risposta da V “Ho saputo della recente dipartita della fondatrice, Rika. Le vorrei porgere le mie condoglianze, so che eravate molto legati”

“La ringrazio. Sembra che lei abbia fatto molte ricerche…” disse V interdetto per la paura di sapere dove volesse andare a parare con quel discorso.

“È perché sono un suo fan, spero di non averla offesa con il mio interesse…” la sua espressione era imperturbabile, come se si divertisse a mettere in scena quel teatrino per il suo piccolo pubblico “So anche di sua madre, mi dispiace molto che un'artista come lei se ne sia andata così presto. Se mi è permesso dirlo, sembra che la morte sia un visitatore comune nella sua vita, signor Kim”

V deglutì a fatica, il pensiero della morte di sua madre gli provocò un lungo brivido lungo la schiena. Rimase in silenzio ad aspettare che il primo ministro continuasse il suo gioco crudele.

“In realtà, le devo confessare, sono molto curioso riguardo l'RFA. Il governo si interessa ai gruppi di carità come questo ed è un peccato che sia un'associazione così poco conosciuta” continuò a sorridergli con falsa cortesia.

“Sarebbe difficile per i suoi membri gestire la propria vita privata se fosse un'associazione più pubblica. Abbiamo sempre preferito la riservatezza” rispose V perdendo il suo tono gentile per un attimo per sostituirlo con una risposta fredda e secca.

“Eppure, se mi potesse fornire i nomi dei suoi membri, potrei fare in modo che l'RFA riceva un riconoscimento da parte del governo. Non sono sicuro di essere al corrente di tutti i membri che ne fanno parte…” lo sguardo maligno del primo ministro fissava il viso di V, sempre più contratto dall'ansia “naturalmente c'è lei, poi il signor Han e la sua assistente Jaehee Kang…” cominciò ad elencare “...un ragazzo biondo e infine un attore di musical, ma di questi ultimi due non ricordo i nomi… Ho dimenticato qualcuno?” chiese per concludere con uno sguardo accusatorio e divertito allo stesso tempo.

“No, nessuno. Abbiamo un nuovo membro da poco tempo, ma è normale che non la conosca, non ha ancora partecipato a nessun party” rispose V cercando di non far tremare la voce.

“Capisco. È sicuro che non ci sia nessun altro? Eppure ricordo un ultimo membro…” provò a suggerirgli il primo ministro non rinunciando ancora a mollare la presa sul fotografo.

“Ne sono certo. Adesso, se mi vuole scusare, mi sento parecchio stanco, vorrei riposare. La ringrazio per la sua visita e le auguro una buona giornata” disse secco fissandolo in attesa che se ne andasse. Il primo ministro gli sorrise ancora una volta prima di fare un leggero un inchino ed uscire dalla stanza.

Non appena la porta si chiuse lasciando V nella solitudine di quella stanza ormai troppo silenziosa, finalmente l'artista riprese a respirare regolarmente, le sue mani cominciarono a tremare scosse dal terrore. Sentiva che presto un attacco di panico lo avrebbe travolto, quando la sua attenzione fu catturata dalla porta che si spalancò all'improvviso.

“Luciel è sparito” disse Jumin con il fiato corto per la stanchezza di essere corso immediatamente da lui.

Il cuore di V impazziva nel suo petto.

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I suoi lunghi capelli biondi e sciolti ondeggiavano seguendo il ritmo dei suoi passi mentre camminava spedita fra gli ospiti del party. Il vociare allegro degli invitati la faceva tornare al passato e un sorriso non poteva fare a meno che comparire sul suo viso. Non sapeva bene il motivo, forse il lasciarsi trasportare dai ricordi, forse l'adrenalina che le animava tutto il corpo e la spingeva in mezzo alla folla.

I suoi tacchi ticchettarono mentre saliva sul palco ancora vuoto, ma già allestito per attirare l'attenzione del grande pubblico.

“Buonasera, miei cari signori! Sono Rika, fondatrice di questa associazione, come molti voi già sapranno.” annunciò la sua voce squillante portando gli occhi di tutti i presenti a guardare nella sua direzione.

“Vi ringrazio per essere venuti anche quest'anno al nostro party e per contribuire con le vostre donazioni alla nostra causa.” sorrise affabile accompagnando le sue parole con un piccolo inchino.

“Ma che diavolo?! Jaehee, cosa sta succedendo? È Rika quella?” Chiese Zen preoccupato dal mezzo della folla. Al suo fianco Jaehee era rimasta immobile con gli occhi puntati sul palco, incapace di muoversi.

“Come omaggio per la vostra presenza abbiamo allestito alle vostre spalle un tavolo con calici del miglior champagne importato direttamente dalla Francia. Prego, favorite pure.” continuò il suo discorso Rika, in attesa che il pubblico rispondesse alla sua richiesta.

“Jaehee…?” Zen si rivolse di nuovo alla ragazza ancora pietrificata.

“Ma quella è…” la voce di Yoosung fece girare di scatto sia Zen che Jaehee che lo guardarono senza sapere cosa dire. Anche Saeran e Mi-Cha erano appena entrati nella stanza. La mano di lui stringeva forte quella della ragazza mentre i suoi occhi puntavano verso quella che fino a poco tempo prima chiamava “Salvatrice”.

“Saeran, calmati. Sono qui” Mi-Cha gli accarezzò piano le dita che si annodavano fra le sue.

“Jaehee, chiama la sicurezza” Jumin, che si era aggiunto al gruppo arrivando silenziosamente alle loro spalle, posò una mano sulla spalla della sua assistente. Lei concentrò il suo sguardo verso l'espressione seria e decisa del suo capo e, senza pensarci un attimo di più, posò la mano sull'auricolare pronta a intervenire.

“Yoosung, dove vai?” La domanda di Zen attirò l'attenzione di tutto il gruppo verso il ragazzo che a passi svelti correva verso il palco. Ormai immerso nella folla degli invitati, era impossibile per loro fermarlo, ormai era già di fronte alla cugina.

“Rika, che stai facendo?” la guardò mostrando sul volto un misto di delusione, rabbia e pietismo.

“Yoosung, mio caro, perché non ti unisci anche tu al mio paradiso? Bevi anche tu!” gli sorrise lei avvicinandosi a lui per accarezzargli il viso.

“Non toccarmi” la scansó lui “Che stai cercando di fare? Hai bisogno di aiuto”

“Io ho bisogno di aiuto? Tu ne hai bisogno, tutti ne hanno bisogno. È proprio quello che vi sto offrendo, un aiuto. Bevete, bevete!” rispose lei con entusiasmo rivolgendosi a tutto il pubblico.

La sicurezza si avvicinava con discrezione verso il palco per non terrorizzare tutti i presenti. Lo sguardo di tutti era puntato su di lei.

“Aspettate… ha detto di bere?” chiese all'improvviso Saeran voltandosi a guardare il tavolo verso cui Rika continuava a spingere gli ospiti del party. Tutto il gruppo dell'RFA seguì gli occhi di Saeran, in quel momento Jumin capì.

“Dannazione… Sicurezza! Impedite che tocchino quello champagne!” chiamò a gran voce, nessuno lo aveva mai sentito urlare, nemmeno lui stesso.

Tutti capirono il motivo immediatamente.

Zen scattò verso una delle invitate che reggeva un calice nella mano e glielo rovesciò lasciandola senza parole.

In un attimo alcune delle guardie bloccarono l’accesso al tavolo con perplessità di tutti gli invitati, altri membri della sicurezza avevano accerchiato Rika costringendola a scendere dal palco.

“Yoosung! Fermali! Yoosung!” lo chiamava lei cercando di liberarsi dalla presa delle guardie.

“Non sei più tu, Rika…” gli rispose lui guardandola mentre la portavano via, non mosse nemmeno un muscolo in sua direzione. Zen, che nel frattempo lo aveva raggiunto sul palco, gli diede una pacca sulla spalla come segno di sostegno. Yoosung sospirò, poi si rivolse verso di lui.

“Fai quel che devi” gli disse con un sorriso forzato cercando di incoraggiarlo, Zen sorrise a sua volta e fece un cenno della testa prima di afferrare il microfono.

“Signore e signori, vi prego di rivolgermi la vostra attenzione” annunciò richiamando la folla ancora concentrata sugli eventi inaspettati di quel party.

“Mi chiamo Hyun Ryu, in arte Zen, sono un attore di musical e sono stato recentemente accusato di violenza dall’attrice Echo Girl. Per quanto riguarda questa storia sono pronto a negare tutte le domande che mi vorrà rivolgere la stampa, ho delle prove della mia innocenza, ma il motivo per cui mi trovo su questo palco in questo momento è ben peggiore.” Zen si fermò ad osservare gli sguardi puntati su di lui, respirò a fondo prima di continuare.

“Tutti voi conoscete il primo ministro Saejoong Choi, probabilmente lo considerate un grande uomo politico ed una persona rispettabile. Mi dispiace dirvi che vi sbagliate e, in quanto membro dell’RFA, so bene di cosa sto parlando. Uno dei nostri membri, a cui tutti noi siamo affezionati, è stato rapito da quest’uomo in quanto suo figlio illegittimo.” Dalla folla si alzò un grosso vociare, gli ospiti fremevano, spaventati e confusi. Gli occhi di Zen però puntavano su Yoosung, quel ragazzo così mingherlino buttato in mezzo a una calca di persone scalpitanti, si vedeva chiaramente fin dal palco come cercasse di trattenere le lacrime, come tentasse in tutti i modi di mostrarsi forte e di continuare ad ascoltare la dichiarazione stampa imperturbabile. Zen sospirò e tornò a parlare.

“Ora che sapete la verità, prego le autorità competenti di agire contro quest’uomo orribile che vi ha riempito di bugie e a cui avete affidato la vostra fiducia.” concluse con un inchino prima di scendere dal palco.

Le sue parole colpirono tutti.

Saeran stringeva sempre più forte la mano di Mi-Cha. Sapeva bene cosa significava cadere nella rete di menzogne creata da qualcun altro e lasciarsi manipolare. L’odio che ancora faticava a soffocare si scontrava con i sensi di colpa e l’immagine di suo fratello disperso.

Yoosung si voltò verso di lui e lo guardò senza dire niente.

Saeran si chiese se lo odiasse mentre lo fissava con uno dei due occhi ancora fasciato a causa sua. I sensi di colpa lo stavano divorando e lo sguardo di Yoosung non lo abbandonava neanche un secondo. Aveva evitato di parlare con lui fin da quando erano arrivati all’ospedale, vederlo con quella ferita sul viso lo faceva sentire così sbagliato, così indegno di stare lì a guardarlo. Voleva scappare via, lontano da tutto e da tutti, ma la mano di Mi-Cha lo ancorava al terreno. Non voleva lasciarla andare, non voleva perderla.

Yoosung fece un passo verso di lui e il cuore di Saeran tamburava nel suo petto così forte da fargli girare la testa.

“Siete così simili, eppure così diversi” gli disse il ragazzo biondo con un sorriso leggero e l’occhio bagnato di lacrime.

A quel punto Saeran capì perché lo stava fissando. Era per il suo viso.

“Lo ritroveremo” gli rispose accennando anche lui un sorriso.

_________________________________________________________________________

*Una nuova chatroom è stata aperta*

Zen

C'è nessuno online?

MC

Io! Che succede?

Zen

Accendi la TV, stanno parlando del primo ministro.

*Jaehee Kang è entrato nella chatroom*

MC

Jaehee! Parlano del primo ministro al telegiornale!

Jaehee Kang

Lo so, hanno fissato il processo.

Molte persone stanno testimoniando degli atti di violenza.

A quanto pare i suoi figli illegittimi non erano gli unici a cui ha rovinato la vita.

Zen

Finalmente sarà fatta giustizia.

*Jumin Han è entrato nella chatroom*

MC

Jumin! Sicuramente sai già del primo ministro.

Jumin Han

Sì. Sta succedendo esattamente quello che mi aspettavo. L'avvocato dell'accusa mi ha chiesto di testimoniare contro di lui in tribunale.

Lo ha chiesto anche a V, ma è ancora ricoverato in ospedale.

Zen

Come sta? Volevo andarlo a trovare questo pomeriggio.

Jumin Han

Fisicamente si sta riprendendo, ma gli hanno diagnosticato un disturbo post traumatico da stress.

Puoi comunque andare a fargli visita, ne sarebbe felice.

Jaehee Kang

Ha più avuto attacchi di panico?

Jumin Han

Sono sempre meno frequenti.

MC

...e Rika?

Jumin Han

È ricoverata in psichiatria, i dottori dicono che è ancora presto per andare a trovarla, ha bisogno di più sedute.

Zen

È ancora assurdo pensare che dietro tutto ci fosse lei…

Jaehee Kang

E che fosse così diversa da come la conoscevamo…

*Saeran è entrato nella chatroom*

Saeran

Penso di averlo trovato.

Zen

Cosa?!

Lo hai trovato???

Jaehee Kang

Ne sei sicuro?

Saeran

Sì.

Jumin Han

Saeran, manda i dati all’ufficio di Intelligence. Organizziamo una squadra al più presto.

Saeran

Già fatto.

MC

!!!

Chiamo subito Yoosung.

*MC ha abbandonato la chatroom*

Jaehee Kang

Signor Han, la raggiungo in ufficio.

Jumin Han

Porta le cartelle.

*Jumin Han ha abbandonato la chatroom*

*Jaehee Kang ha abbandonato la chatroom*

Zen

Saeran, posso fare qualcosa?

Saeran

Preparati, fra poco partiamo.

Zen

Vado.

*Zen ha abbandonato la chatroom*

*Saeran ha abbandonato la chatroom*

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Il vento sfiorava leggero i capelli e il viso di Yoosung. Persino da sotto la fasciatura la sua pelle sentiva il pizzicore fresco dell'aria che lo accarezzava. Erano in viaggio da qualche ora e non aveva idea di quanto ci sarebbe voluto per arrivare a destinazione. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo, gli altri avevano cercato di scambiare qualche parola, ma ogni volta si tornava alla quiete.

Zen al volante, Yoosung a fianco a lui, Saeran e Mi-Cha sul sedile posteriore. Probabilmente si stavano tenendo per mano per darsi forza a vicenda. Questo pensiero gli fece tornare in mente il lungo viaggio in macchina e la testa di Seven poggiata sulle sue gambe. Gli scappò un sorriso quando ricordò quella testa piena di capelli rossi arruffati.

Zen iniziò a rallentare seguendo la macchina che lo precedeva, poi si accostò di fronte ad una casa sgangherata. Dalla macchina davanti a loro scesero Jumin e Jaehee, oltre a un paio di guardie del corpo che seguivano sempre il capo della C&R.

Lentamente scesero anche tutti gli altri passeggeri, osservando l'edificio davanti a cui si erano fermati.

C'era qualche finestra rotta, il giardino che introduceva alla porta d'ingresso era pieno di erbacce e le pareti sembravano scolorite e danneggiate.

“Stai bene?” chiese Mi-Cha a Saeran con un sussurro, lui rispose con un lungo sospiro e un cenno della testa.

“È così strano pensare che Seven sia cresciuto qui…” commentò Zen sottovoce mentre indugiava con lo sguardo alle crepe sui muri.

“Entriamo” comunicò Jumin alle sue guardie del corpo.

Uno dopo l'altro si avviarono a passi misurati verso la casa, la porta si aprì senza opporre alcuna resistenza. Il pavimento era ricoperto da polvere interrotta da alcune impronte lasciate recentemente. Tutti seguirono con gli occhi i movimenti disegnati dalle suole delle scarpe, percorrevano tutto il corridoio fino a svoltare verso una stanza.

Yoosung per primo si fece largo per continuare a seguire le tracce, ma si bloccò quando il suo sguardo si trovò davanti a delle macchie di sangue sparse sui muri e gli stipiti della porta. Come se qualcuno, ferito e sanguinante, ci si fosse appoggiato per reggersi in piedi. Entrò nella stanza quando il resto del gruppo lo raggiunse.

Saeran subito dietro di lui osservava la stanza con il fiatone, come se fare anche solo un passo verso il suo passato lo sfiancasse.

“Se non te la senti, puoi tornare indietro” si rivolse a lui Yoosung parlando a bassa voce per non farsi sentire dagli altri.

“Ce la devo fare” rispose lui deglutendo. Il suo viso era pallido, più del solito e Yoosung non poteva fare a meno di preoccuparsi, sembrava che stesse per vomitare.

“Aspetta” interruppe i suoi pensieri Saeran “cosa c'è lì per terra?”.

Lo sguardo di tutti si rivolse verso il pavimento, dove indicava Saeran. Due stecchi di legno chiaro erano buttati fra la polvere e la sporcizia.

“Sono stecchi di… gelato?” chiese Mi-Cha avvicinandosi incuriosita. Saeran annuì facendo dei passi in direzione del centro della stanza. La ripercorse tutta con lo sguardo più e più volte. Sapeva esattamente che quegli stecchi erano lì per lui, solo suo fratello poteva averli lasciati lì e potevano essere un segno della sua presenza che solo lui avrebbe potuto capire. Era sempre più certo che le sue ricerche fossero esatte, ma dove si era nascosto? Era ancora vivo, vero? I suoi occhi si fermarono sul camino sporco di fuliggine e anni di abbandono. Si abbassò verso l’interno del camino e passò la mano sulla parete sporca aspettandosi di toccare dei mattoni, ma la sensazione che provò sulle dita fu quella di una cartone leggero che cedette immediatamente al suo tocco.

La parete finta crollò.

“Saeyoung…?” chiamò Saeran la figura raggomitolata su se stessa e coperta di polvere, sangue e sporco. Il resto del gruppo ormai alle sue spalle, Yoosung inginocchiato per terra si era infilato insieme a Saeran nell’incavo del camino.

“Seven, ci senti?” gli mise una mano sulla spalla Yoosung cercando di scuoterlo dolcemente, ma rimase immobile.

“Aiutatelo a uscire da lì, deve respirare” suggerì Jumin. Zen si fece largo fra Saeran e Yoosung, si caricò Seven fra le braccia e lo fece stendere nel mezzo della stanza.

“Respira? C’è battito?” chiese Jaehee, ma non aspettò una risposta, si gettò immediatamente sul pavimento per controllare lei stessa. Gli altri, inermi, la lasciarono fare.

Dopo pochi istanti Jaehee si rialzò dal petto di Seven e fece un lieve sorriso per confermare che era ancora con loro.

Yoosung tremava, voleva gettarsi su di lui e stringerlo senza lasciarlo più andare, non riusciva più a trattenersi, ma allo stesso tempo era terrorizzato dal toccarlo. E se non appena lo avesse toccato si sarebbe svegliato? Gli era successo così tante volte negli ultimi giorni, continuava a sognare di trovarlo, stringerlo e poi, proprio mentre stava per parlargli, si svegliava e ripiombava in quella terribile realtà in cui il suo amore era sparito chissà dove.

Eppure adesso sembrava così reale.

Seven all’improvviso tossì e si agitò, come se fosse appena tornato a respirare dopo essere quasi affogato. Si alzò a sedere di scattò e senza pensarci un attimo, Yoosung lo afferrò per impedire che cadesse. Lo stava toccando. Aveva davvero le braccia intorno alla vita di Seven e la sua testa poggiata sulla spalla. Non si era svegliato.

Tossì un’altra volta e rivolse lo sguardo verso Yoosung che ancora lo sosteneva incredulo fra le sue braccia.

Gli sorrise.

“Buongiorno, principessa” disse a Yoosung con voce rauca, tossì un’ultima volta, ma il sorriso era ancora fissato sul suo viso. Poi il suo sguardo passò ad esplorare il resto della stanza, prima su Jumin serio nel suo abito firmato, poi Jaehee preoccupata che si era tolta gli occhiali appannati dalle lacrime, Zen piegato vicino a lui con espressione affranta, Mi-Cha con gli occhi arrossati coperti dai lunghi capelli e, infine, Saeran.

“Saeran? ...Sei venuto davvero” faceva fatica a parlare, tanto meno a muoversi, ma fece uno slancio verso suo fratello senza indugiare.

“Saeyoung, sei debole! Aspetta…” cercò di fermarlo Saeran, ma ormai si era gettato fra le sue braccia e faceva del suo meglio per sostenere il suo peso.

“Non ti ho mai voluto abbandonare, mi dispiace tanto” gli sussurrò stringendolo come meglio poteva.

“Lo so” rispose Saeran stringendolo a sua volta “In fondo l’ho sempre saputo.”

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Qualche mese dopo

Yoosung concentrava tutto il suo sguardo sui pancakes che sfrigolavano nella padella. Con una mano reggeva il manico della padella, con l'altra impugnava la spatola e ogni tanto punzecchiava l'impasto con aria preoccupata.

“Non si brucerà di nuovo, ne sono convinto” si ripeteva ogni tanto con espressione seria.

Era talmente preso dal suo lavoro che saltò quando si sentì abbracciare da dietro le sue spalle.

“Saeyoung! Mi hai fatto prendere un colpo!” lo rimproverò il biondino capendo immediatamente di chi fossero le braccia che si annodavano intorno al suo busto.

“Che bel grembiulino, principessa” rispose lui dandogli un bacio leggero sul collo e appoggiando il mento sulla sua spalla.

“Scemo” si finse offeso Yoosung.

Seven tornò a baciargli il collo e con le labbra percorse tutta la sua lunghezza fino alla mascella, poi alla guancia. Yoosung aveva perso tutto il suo interesse per la padella, seguiva ogni bacio con un sospiro sempre più profondo. Voltò il viso verso quello di Seven e si ritrovò a sfiorare il suo naso con il proprio.

Sorrise prima di baciarlo sulle labbra. Dopo quel contatto fu impossibile per entrambi fermarsi.

Le braccia di Yoosung si ancorarono alle spalle di Seven, si alzò appena sulle punte per raggiungerlo più agevolmente e approfondire quel bacio. Durò un'eternità e li lasciò entrambi senza fiato, con le fronti poggiate l'una sull'altra perché non potevano fare a meno di rimanere uniti.

Le dita di Seven accarezzavano piano le guance di Yoosung, si allontanò da lui per guardarla in faccia e godere di quel momento.

La sue mani continuavano a sfiorarlo dolcemente, scivolarono fino ai suoi zigomi. Si trovò ad indugiare con lo sguardo sull'occhio che per mesi era stato nascosto dalle fasciature e la sua espressione cambiò mostrando i sensi di colpa che,ogni volta che ripensava a tutto quello che era successo, la animavano.

Yoosung se ne accorse.

“Ti preoccupi per me?” chiese sorridendo.

“Sempre” gli rispose lui tornando ad inarcare le labbra in un sorriso.

Sapeva sempre come farlo sentire meglio, era perfetto sotto ogni aspetto. Seven si avvicinò per baciarlo ancora una volta.

“Cos'è questo odore di bruciato?” domandò la voce di Saeran annunciando il suo arrivo nella stanza.

“I miei pancakes!” esclamò Yoosung staccandosi immediatamente da Seven per cercare di salvare in qualche modo la colazione, ma ormai c'era poco da fare.

Seven scoppiò a ridere osservando la disperazione del suo fidanzato di fronte al suo ennesimo fallimento culinario.

“Non ridere! È tutta colpa tua!” lo rimproverò Yoosung tirandogli dei pugni scherzosi sul petto.

“Arrenditi, non ti verranno mai bene!” continuò a sghignazzare Seven ignorando le sue proteste.

“Smettetela di fare i piccioncini, siete una sofferenza per gli occhi” cercò di interromperli Saeran.

“Andiamo, fratellino. Sai bene che significa essere innamorati” lo punzecchiò il suo gemello.

“Non ho idea di cosa tu stia parlando” rispose nascondendo il rossore del viso come meglio poteva.

“Siamo nella fase della negazione? Va bene, ti dò il tuo tempo” continuò a prenderlo in giro Seven mentre Yoosung ridacchiava divertito da come riuscisse a metterlo in imbarazzo.

“Piuttosto sbrigatevi, il party di Natale è stasera e Jaehee ha bisogno di aiuto” cercò di cambiare argomento Saeran.

“Sappiamo benissimo perché vuoi andare ad aiutare Jaehee, anche qualcun altro è lì…” sorrise malizioso Seven.

Saeran arrossì ancora di più, ormai il suo viso era dello stesso colore dei suoi capelli che piano piano stavano tornando all'originale colore rosso acceso.

“Non ti rispondo neanche” disse cercando di mostrarsi risoluto ed uscì dalla stanza a passi svelti per evitare altre frecciatine che non sarebbe riuscito a gestire.

“Saeyoung, sei tremendo” lo rimproverò Yoosung senza riuscire a nascondere un filo di divertimento.

“Ma tu mi ami comunque, no?” gli chiese Seven posando le mani sui suoi fianchi.

“Certo, scemo” rispose Yoosung prima di tornare a baciarlo.

Grazie a tutti per aver seguito fin qui la mia storia. Vorrei ringraziare più di tutti la mia amica Maria per aver fatto da cavia fin dal primo capitolo e la mia fedele recensitrice ChrisAndreini. Mi scuso per averci messo così tanto, ma l'ultimo capitolo per me è stato molto difficile da scrivere. Se qualcuno fosse interessato a tradurre questa storia, sarei molto felice di accettare, non esitate a contattarmi. Ci vediamo alla prossima storia!
  
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