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Autore: Nemesis01    30/10/2018    5 recensioni
Luca è un ragazzo all'ultimo anno di liceo che, nel giorno più brutto della sua vita, incontra il dottor Vittorio Salvemini. Peccato che l'uomo sia "responsabile" della morte del nonno di Luca.
[Storia scritta per la challange "Autumn" del gruppo Boy's love]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita mia per cambiare la storia'
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Si sta come d’autunno sugli alberi

 

 

 

 Questi è un vile, perché soggiace;

quegli che sopporta, è un eroe?

Mentre l'amore della vita è così imperioso

 che più battaglia avrà fatto il primo per non cedere,

che il secondo per sopportare.

(Ugo Foscolo)

 

04 – Vediamoci

 

Luca sbuffò verso la finestra lasciando intaccato quel piatto di brodo che l’infermiera gli aveva portato. Aveva fame ma voleva del cibo vero, non quella specie di rancio iposodico e povero in carboidrati.

- Hai saltato un altro pasto, - lo rimproverò Vittorio, - Cos’è, vuoi rimanere ospite fisso in questo hotel a cinque stelle? –

- Ci vuole coraggio a definirlo “Hotel”… -

- Beh, rifletti: posto letto, pensione completa, sesto piano, vista sul mare, reception e assistenza ventiquattr’ore, sette giorni su sette… -

Luca rise per quella frase e scosse leggermente la testa, - Se la metti così… -

- Te l’avevo detto io! Bisogna sempre guardare tutto dalla giusta prospettiva.  

- Peccato che come hotel sia una bettola, però. –

- Perché? –

- Perché il cibo fa schifo. –

- Beh, sei qui a titolo gratuito, che ti aspettavi? – rise Vittorio.

Luca l’osservò ridere: aveva il viso illuminato dalla luce della finestra. Era così bello che non poté fare altro che imitarlo, ridendo per quella battuta che, in fin dei conti, non era male.

 

   

 

- Ciao! – la voce di Luca echeggiò nel corridoio stranamente calmo. Lui non avrebbe voluto disturbare Vittorio ma gli aveva promesso che avrebbe provato a rimettersi in piedi e, di conseguenza, voleva dimostrargli di esserci riuscito. Probabilmente a lui non sarebbe interessato, dato che stava parlando con dei colleghi, ma Luca, un paziente come un altro, ci provò ugualmente.

- Hey, ciao! – sorrise Vittorio, - Vedo che finalmente sei in piedi! –

- Sono solo uscito dalla stanza, - sbuffò Luca.

- Va beh, io vado, - parlò il ragazzo accanto a Vittorio, - Se lo semo 'nsaponato e domani se 'o risciacquamo, – concluse, salutando.

- Ce se pija, - rispose l’altro stringendogli la mano, per poi rivolgersi a Luca, - Come ti senti oggi? –

- Che… Che razza di idioma era quello? – domandò il ragazzo, battendo le palpebre perplesso.

- Oh no, nessun idioma, è romanesco. –

- E che significava? –

- Arrivederci, - riassunse Vittorio, - Ma tu non hai risposto alla mia domanda. –

- Meglio, - rispose Luca, confuso, e osservò con attenzione l’altro medico mentre si allontanava, - Quindi… non sei di Napoli? –

- Perché, nun se sente? – ridacchiò il medico.

- Un po’, - rispose Luca, sorridendo. Provò a fare un ulteriore passo ma si sentì venir meno nelle gambe; già vistosi per terra, Luca chiuse gli occhi, sorprendendosi di non aver emesso alcun rumore sordo per la caduta. Quando li riaprì, si accorse che Vittorio l’aveva sorretto e aveva così evitato l’impatto col pavimento.

- Forse dovresti tornare in stanza… Dai, t’accompagno e poi finisco il giro visite. –

 

   

 

Erano passati tre giorni dall’ultima volta che Luca aveva incrociato Vittorio. In tutti quei giorni che aveva passato ricoverato in ospedale l’aveva incontrato circa due volte al giorno e quindi quell’assenza immotivata gli aveva causato una leggera ansia. Luca, però, era anche un ragazzo molto perspicace: sapeva che Vittorio non era un suo amico ma soltanto uno dei medici che l’aveva in cura e, probabilmente, quello che gli aveva salvato la vita. Tuttavia aveva visto in quel medico qualcosa di più di un semplice camice bianco e nozioni varie. Un nuovo medico l’aveva visitato e, dopo aver firmato diversi documenti, Luca era stato dimesso.

- Ma non c’è quel medico tanto caruccio, come si chiama? Salvemini, possibile? –

- No, - rispose secco il figlio, - Non passa da qui da giorni. –

- Ma che peccato, - disse la signora sinceramente dispiaciuta, - Gli avevo preparato un dolcino. –

- Ma’, fammi capire, prepari dolci per lui e non per me? E poi che… NO, mi rifiuto, è una figura di merda. Metti in borsa, - la rimproverò, impegnato nell’atto di chiudere la zip della felpa.

- Aho, ‘nnamo ‘npò!

A quello strano accento Luca allungò l’orecchio e si catapultò letteralmente fuori dalla stanza. Guardò a destra e a sinistra ma non ci fu traccia di Vittorio. Così, sconsolato, si recò verso l’uscita dell’ospedale insieme alla madre.

- Dottor Salvemini! – la signora Caruso sembrò essere raggiante, al contrario del figlio che assunse un’espressione accigliata.

- Signora Caruso, Luca, buongiorno! –

- Dottore, io le avevo portato un pensierino, per ringraziarla… -

- Ma signora lei… -

- No, stia zitto! Niente di che, eh, non si aspetti un Rolex. È un dolce che ho fatto io, una specialità! Non è vero, Luca? –

Il figlio della signora Caruso storse il naso nell’annuire. Era un po’ innervosito, giacché aveva appurato un notevole distacco da parte di Vittorio, ma forse era tutto frutto della propria paranoia.

La signora costrinse Vittorio a prendere un pezzo di dolce al cioccolato che lo specializzando assaporò con gusto.

- Vedo che stai meglio! – farfugliò il medico.

- Sì, mi hanno dimesso. –

- Lo so, ho firmato io quelle cartelle, - sancì Vittorio, poggiandogli una mano sulla spalla.

Luca gli lanciò un’occhiataccia che voleva intendere “perché non sei più venuto a trovarmi?”.

- Ah, non ci ho fatto caso. –

- Questa settimana mi hanno dato ben due turni di notte e quando sono venuto a controllarti dormivi sempre. Va meglio anche con l’insonnia? –

 

Ma come poteva Luca restare arrabbiato con lui?

 

   

 

Vittorio gli aveva lasciato il suo numero.

 

A questo pensava Luca mentre se ne restava steso sul letto in camera sua: Vittorio gli aveva lasciato il numero di cellulare e gli aveva detto “Chiamami se hai bisogno”. Era stato vago e sicuramente si riferiva ad una mera questione medica, qualcosa come “chiamami se si riapre la ferita” piuttosto che “chiamami se ti fa ancora male il cuore”.

 

Luca aveva appena portato a termine l’ennesima lunga giornata, tra la scuola e qualche attività extra, era ora sul letto e fissava lo schermo del proprio smartphone.

 

«Vediamoci» era stato quello l’SMS che Luca aveva inviato. Ma quanto era stato stupido? Una parola messa lì, a caso, senza dire chi fosse. Che diavolo gli era passato nella testa?

 

«E tu saresti?»

«Luca»

«Adesso?»

«Non lo so, vediamoci»

 

Gli SMS di Luca erano sempre brevi e concisi: non amava perdersi in chiacchiere e, in realtà, non sapeva cos’altro dirgli: voleva vederlo, ammirare il suo sorriso e sentire la sua voce. Che altro doveva scrivere?

 

«Ti vengo a prendere»

 

Vittorio aveva sorriso nel ricevere quei messaggi. Non aveva voluto scrivergli per primo da una parte perché non conosceva il numero, dall’altra perché era stato pur sempre il suo medico e non avrebbe voluto farlo sentire sotto pressione per qualcosa. Per cosa poi? Non lo sapeva. Per diventare amici? Insomma, Vittorio era sicuramente omosessuale (era stata una rivelazione in tenera età, quando a Carnevale chiedeva sempre di mascherarsi sempre da Daphne della Scooby gang) ma non aveva idea di che tipo di interessi potesse avere Luca. Fatto sta che, per qualche ragione a lui ignota, desiderava poter passare tempo con il ragazzo.

L’evidenza che fosse così anche per Luca la sancì proprio quel primo messaggio striminzito.

 

«L’indirizzo non ti serve?»

«Seconda stella a destra e poi diritto fino al mattino?»

 

   

 

- Sai, - Luca parlava davanti ad una tazza di tè al sapore di Natale. Non aveva idea di perché avessero optato per un caffè letterario, ma a quell’ora della notte non c’erano molti locali aperti, ad eccezione delle discoteche che erano state ampiamente bocciate da entrambi.

Così, vagabondando su una vecchia Vespa Acquamarina, Luca e Vittorio erano giunti in un caffè letterario alle due di notte. Avevano parlato del più e del meno come due grandi amici, anche se in realtà non si conoscevano affatto, e si erano, infine, soffermati su quel tè al gusto di Natale, - Credo sia la cannella. –

- Secondo me è lo zenzero. –

- Cannella. –

- Zenzero. –

- No, è cannella! –

- Ma dai, lo sanno tutti, il Natale è fatto da biscotti pan di zenzero! –

- In America, forse, qui è fatto di struffoli e pandoro. –

- Che, in ogni caso, non contengono cannella. –

- E neanche lo zenzero. –

- Ma non potevo prendere un tè nero normale come tutti i cristiani, no, eh? –

- No. Il Natale è più buono, - rise Luca.

 

   

 

Era giunta l’alba quando Vittorio aveva accompagnato Luca a casa; la città aveva assunto un fascino particolare senza tutto quel trambusto che, da lì a poco, avrebbe ripreso a sconvolgerne l’equilibrio naturale.

Luca era sceso dalla Vespa e si era tolto il casco rosa che il medico gli aveva prestato, per poi restituirglielo.

- È stato divertente. –

- Mai più tè al Natale. –

- La prossima volta assaggiamo quello alla birra. –

- La prossima volta? –

- Sì, vediamoci ancora. –

- Tè alla birra sia. Che, probabilmente, secondo il tuo bizzarro senso del gusto, avrà il sapore di wasabi, ma ok. –

 

Luca sorrise a quell’appunto e, prima di rientrare nel portone di casa sua, si tuffò ad abbracciare Vittorio. Fu una stretta, durata solo pochi secondi, nella quale avvertì uno strano calore riempirgli il corpo.

In assoluto silenzio Luca rincasò, riflettendo sul fatto che, in un modo completamente assurdo, suo nonno doveva avergli fatto un ultimo regalo: Vittorio Salvemini.

 

   

Note a margine

E così metto fine anche io a questa storia.

Ricordo a tutti che è stata scritta per la challange “Fall into autmn” indetta dal gruppo “Boys love”. È una storia senza pretese, scritta di getto, senza betaggio e sicuramente piena di errori di forma e punteggiatura, ma non importa. Spero che chiunque abbia investito due minuti di tempo per leggerne i capitoli sia rimasto comunque felice di averlo fatto.

Grazie a tutti di cuore

 

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