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Autore: Freeshane    30/10/2018    10 recensioni
[Storia partecipante al Contest "Senza Tempo" indetto da mystery_koopa sul forum di EFP].
Questo scritto narra la vita di una donna della Storia, la Regina Maria Antonietta, e di come per un crudele gioco di potere abbia dovuto rinunciare ai suoi sogni, alla sua vita, a se stessa.
E se la Storia fosse andata diversamente?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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3 Agosto 1763
 

Ero solo una bambina quando respiravo piccoli sorsi di libertà, celandomi dai miei doveri e dalle mie responsabilità, e correvo spensierata tra i campi di grano e ridevo, assaporando ogni attimo sottratto alle buone maniere a cui ero stata educata dal momento in cui ho messo piede a questo mondo.

-Maria Antonia, voi siete l’Arciduchessa d’Austria, non vi abbiamo educata ad essere una degna erede al trono d’Austria per poi vedervi scorrazzare tra i campi coltivati dalla plebe!-

L’arciduchessa Maria Teresa d’Asburgo- mia madre – si trovava proprio di fronte a me, con i suoi occhi che, severi, si poggiavano verso di me, solo una bambina che ancora non aveva capito cosa significasse veramente essere Arciduchessa, anche se si sentiva chiamare così da quando ne avesse memoria. Però, in quel preciso istante capì finalmente cosa significasse questo titolo e, allo stesso tempo, persi ogni speranza di poter essere veramente chi volevo essere, di essere semplicemente felice, di essere solo una bambina.

-Per tutto questo tempo mi avete mentito- , esordì nel salottino adibito alla lettura, dove la contessa Braindeiss stava scegliendo le prossime letture da propinarmi.

-Arciduchessa, come dite?- chiese alzando gli occhi dal manuale che teneva tra le mani.

-Mi avete insegnato che nella vita c’è molto di più del titolo nobiliare, mi avete portata fuori e mi avete fatto scoprire un mondo nuovo… Per poi capire che la felicità, la libertà non hanno alcun valore, non per me.- dissi arrabbiata, guardandola con le lacrime agli occhi.

La contessa Braindeiss sospirò e si avvicinò dolcemente a me, prendendomi delicatamente la mano con un tocco che non avevo mai sentito sulla mia pelle. Un tocco materno.

-La libertà e la felicità hanno sempre un valore… Voi incontrerete solo più difficoltà a trovargliene.- disse stringendomi la mano, come per trasmettermi forza.


 

13 Ottobre 1769
 
Ero solo una bambina quando, alle porte dei miei quattordici anni, l’Arciduchessa mi aveva comunicato di essere stata promessa al Delfino di Francia.

-La Francia ha bisogno di un alleato dopo il patto tra Prussia e Inghilterra, è per il bene del Paese.-

Mi aveva detto con occhi austeri e gelidi, gli unici che riconoscevo nella mia Signora Madre, gli unici che avrei mai conosciuto. Non dissi niente, tornai nella mia stanza e piansi tutta la notte di nascosto tra le braccia della contessa Braindeiss, che mi ripeteva continuamente “sii forte”. Essere forte era l’unica scelta che avevo. Ero solo una bambina.

La prima volta che incontrai il Delfino di Francia era Natale, il mio giorno preferito dell’anno: l’Arciduca e l’Arciduchessa non c’erano mai, però la contessa Braindeiss ordinava ai servitori di imbandire la tavola piena di cose deliziose da mangiare e bere, poi dopo cena chiamava l’orchestra e passavamo il pomeriggio e ballare e, infine, la sera andavamo nella salotto per la lettura e aprivo il mio regalo, sempre un bellissimo libro, che leggevamo fino a quando non calava la notte e il sonno ad entrambe. Tutto ciò, ovviamente, avveniva di nascosto alla Signora Madre, che non avrebbe sicuramente tollerato un comportamento del genere da me. Quel giorno, invece, non sarebbe stato il mio preferito e non l’avrei trascorso a ballare e a leggere con la contessa Braindeiss, come facevo sempre. Ero davanti quel ragazzotto dai lineamenti buffi e dalla corporatura grassotta, nessuno avrebbe mai pensato che proprio lui fosse il Delfino di Francia e il futuro sovrano del Paese.

-Ho preparato questo dono per voi.- disse facendo un cenno alla servitù lì presente, che si impegnò a presentare al mio cospetto uno scrigno, con dentro un brillante collier di diamanti.

Era bellissimo, più di quanto avessi mai potuto aspettarmi, ma il suo valore affettivo non avrebbe mai superato quello del libro che la contessa, ogni anno, con tanto amore mi regalava.

-Vi ringrazio.- dissi guardandolo intimorita e imbarazzata.

-Suvvia, Maria Antonia, indossatelo.- mi riprese mia madre, mentre le dame che ci avevano accompagnato per il viaggio si adoperarono per mettermi il regalo al collo.

-Maria Antonia, è il vostro nome?- chiese il sovrano, questa volta.

-Si, sua maestà.- risposi rivolgendomi con il capo chinato.

-E’ molto… austriaco. Non trovate?- chiese al figlio, il quale annuì.

-Per il popolo è già molto difficile dover accettare questa alleanza con l’Austria, dunque credo sia meglio che sentano la loro futura sovrana più vicina, come se fosse una di loro.- osservò il Delfino.

-Cosa intendete?- chiese mia madre, l’Arciduchessa.

-Maria Antonia non va bene, quando si uniranno in matrimonio diverrà Marie Antoniette, la Delfina di Francia.-

Io ero lì, davanti tutti loro, che stavano strappando la mia anima pezzo dopo pezzo senza nemmeno chiedermi il permesso; da un lato, i sovrani francesi cercavano di cambiare ciò che ero, perché l’austriaca non andava bene, dall’altro mia madre stringeva i pugni affogando tutta la rabbia perché quell’alleanza era ciò che più aveva di caro al mondo. Anche più di me. Ero solo una bambina.



 
21 Aprile 1770
 

Ero solo una bambina quando cinquantasette carrozze erano pronte a portarmi via da casa mia, dalla mia Vienna, verso la Francia, da mio marito e dal mio nuovo popolo. Prima di voltare le spalle alla tenuta della mia infanzia, della mia vita, guardai per l’ultima volta lo sguardo di mia madre e con mia scarsa sorpresa vi incontrai quegli occhi austeri e gelidi che conoscevo già. Speravo in un gesto, in una parola, in un incoraggiamento di cui fare tesoro per la nuova vita che mi attendeva, così la guardai negli occhi con timore e attesi.

-Rimanete una buona tedesca!.-

Fu tutto ciò che riuscì a dirmi. Soffocai le lacrime e annuì, per poi voltare le spalle senza ritornare mai più indietro. Ero solo una bambina, e la vita era stata già crudele con me; la felicità, la libertà e i sogni a cui aspiravo non avrebbero mai più avuto valore per un cuore ormai vuoto come il mio.

L’arrivo alla corte di Francia non era stato come l’avevo immaginato: i nobili mi guardavano con diffidenza e sospetto, esattamente come si guarda un’austriaca, come erano soliti chiamarmi. Mi sentivo terribilmente spaesata e spaventata, quello non era il mio mondo né lo sarebbe mai stato. Cosa ci facevo lì?

-Spero che abbiate fatto un buon viaggio.- esordì il Delfino di Francia, entrando nella mia camera non appena calò la notte.

-S-Si, vi ringrazio per il gentile pensiero.- risposi, imbarazzata, chinando il capo al cospetto di mio marito.

-Vi prego, non chinatevi a me.- ,disse dolcemente avvicinandosi a me, -Ora sono vostro marito, saremo i futuri sovrani di questo Paese, e voglio che sia tutto perfetto.-

Deglutì, mi sentivo terribilmente fuori posto e imbarazzata: lui, che mi guardava con occhi languidi, e io, in vestaglia da notte, che avrei voluto essere in qualsiasi posto ma non tra quelle braccia.

-Abbiamo un dovere nei confronti della Francia.- continuò a dire il ragazzo, donandomi un dolce bacio sulla guancia mentre io, impassibile, rimanevo lì a guardare.

Quel dolce bacio continuò a ripetersi e ripetersi: prima sulla guancia, poi sulla bocca, sul collo, fin quando giunse sull’incavatura dei miei seni ancora poco sviluppati. Ero solo una bambina.

-Delfino, io…- ,dissi con voce flebile, mentre lui invece continuava, -Vi prego…- ,continuai a dire con insistenza, la stessa con cui lui continuava imperterrito a cercare di farmi sua, -Smettetela!- dissi questa volta con maggiore coraggio, spingendolo via da me con le labbra arrossate e gli occhi colmi di lacrime.

-Voi rifiutate me, vostro marito, futuro erede della Corona di Francia?- ,chiese con riluttanza e disprezzo nei miei confronti, mentre io ero ferma di fronte a lui, incapace di rispondere, -Ve ne pentirete.-

E così fu.

La corte cominciò a disprezzarmi, a non considerarmi degna del titolo che portavo, e in fondo, anche io sentivo che era così. Non era quello il mio posto e mai lo sarebbe stato. Stavo lì, durante le feste di corte, seduta al fianco del Delfino e dei monarchi della Francia, ma era come se non ci fossi.

-Vostra Delfina di Francia, è un vero onore essere al vostro cospetto, sono la Duchessa Yolande Martine Gabrielle De Polignac.-

Guardai quella donna così bella e potente e ne rimasi folgorata: nessun nobile mi aveva mai considerata degna di nota, non fino a quel momento almeno. Chiesi di scortare la Duchessa a Versailles e decisi che sarei stata una donna nuova, diversa: così divenni veramente l’Austriaca, la donna frivola, irresponsabile, assetata di lusso, ossia dell’unica cosa che poteva darmi sollievo in quel mondo ormai di vuoto e di dolore.  La Francia mi conosceva anche come Maria Antonietta. Ero solo una bambina, e avevo perso chi ero e chiunque fossi mai stata.



 
17 Marzo 1789


Gli anni trascorrevano inesorabili alla corte di Francia, che si mostrava sempre più intollerante nei confronti della mia persona: ogni giorno sentivo maldicenze, pettegolezzi nuovi sul mio conto e lamentele sulla vita sfarzosa che conducevo. Che potevano aspettarsi da me, la Regina di Francia? Non avevo altro, non ero altro… Se non quando lui veniva nei miei appartamenti, alimentando il malcontento su me.

-Fersen, siete arrivato.- dissi col sollievo nel cuore, correndo ad abbracciarlo.

-Non sarei mai potuto mancare, mia Regina.- rispose, stringendomi nell’abbraccio.

Il conte Fersen era un militante svedese, incontrato ad una festa in maschera a cui ero sopraggiunta in incognito, per una sera soltanto non volevo essere la Regina della Francia, ma semplicemente Maria Antonia. Parlammo e ballammo per tutta la sera e dopo tanto, forse troppo, tempo assaporai la felicità e la libertà. Fersen mi ricordava le mie corse spensierate nei campi di grano, a Vienna. Lui mi faceva sentire esattamente come volevo essere. Rimasi stretta a lui per qualche momento, sentivo di essere me stessa soltanto tra quelle braccia così potenti e calde, di cui ormai non potevo più farne a meno. Era più forte di me. Tra me e il conte Fersen non c’era ancora stata passione, forse non ci sarebbe stata mai, ma quello che c’era tra noi contava più di qualsiasi cosa, perché solo lui riusciva a riportarmi in quel campo di grano dove correvo quando ero solo una bambina, con la mente e con il cuore.

Quando dovetti lasciarlo andare via, sentì un’altra crepa nel mio cuore, poiché questo significava ritornare ad essere Maria Antonietta, l’austriaca, la frivola.

-Sua maestà, questo pomeriggio il popolo si è rivoltato per la mancanza di pane.- , esordì il consigliere reale,  - Il popolo è affamato.-

Mi voltai verso il consigliere, che rivolgendosi a me teneva chino il capo, e lo guardai con ciò che il Paese pensava fosse frivolezza e irresponsabilità. In realtà, era solo vuoto. Un grande vuoto nel cuore e un immenso disinteresse nei confronti della vita.

-Se non hanno pane, che mangino brioches!-

Quello fu l’inizio della fine.
 



15 Luglio 1789

 
Il vuoto nel mio cuore cominciò ad essere accompagnato dalla paura della morte. Dicevano che avevo tradito il popolo francese, così come avevo tradito me stessa, quando ero solo una bambina. La Bastiglia era stata catturata dai cittadini francesi e sapevo in cuor mio che tutto ciò a cui avevo rinunciato per mia madre di lì a poco non avrebbe avuto più valore: la Rivoluzione era iniziata.

-Mia Regina, dobbiamo andare via da Versailles.- ,esordì il Re, -Una folla armata sta facendo strada verso Versailles, presto invaderanno la reggia.- spiegò.

-Vostro Signore, non possiamo andare via da Versailles… Questa è casa mia.- sussurrai con le lacrime agli occhi.

-Starete bene, andremo a Parigi, nel palazzo di Tuileries e vi prometto che presto finirà tutto.- disse il Re stringendomi la mano.

Lo guardai negli occhi, in quegli anni ci eravamo odiati profondamente e poi avevamo imparato ad amarci. Non potevo lasciarlo solo in quel momento.

-Sono con voi.- dissi.

Con le lacrime soffocate e il cuore spezzato, dissi addio ad un altro pezzo della mia vita, alla cosa che più si avvicinava ad una casa. Ma questo non importava ai parigini: la monarchia aveva tradito il popolo e se stessa, esattamente come avevo fatto io.
 



20 Giugno 1791
 

Il mio mondo stava andando in frantumi e la paura per la mia vita e quella dei miei figli cresceva ogni giorno di più; ogni cosa perdeva la sua importanza quando scontravo i miei occhi con quelli dell’uomo più importante della mia vita.

-Maria Antonietta.- esordì Fersen, nel buio della notte cosicché nessuno potesse sentirci.

-So perché siete qui.- risposi col dolore nel cuore.

Fersen mi guardò con le lacrime agli occhi, io invece non avevo il coraggio di incontrare il suo volto, non in quel momento; così, stetti col capo abbassato per tutta la conversazione.

-La Francia sta diventando un posto troppo pericoloso per voi e per la vostra famiglia.- , cominciò a dire, - Dovete andarvene… All’alba oltrepasserete i confini e sarete tutti al sicuro.-

-La vita è così strana, sapete?-

-Che volete dire, mia Regina?-

-Quando ero solo una bambina ho dovuto rinunciare a tutti i miei sogni, alla mia felicità, alla mia casa per venire in Francia… Adesso, per quella stessa vita a cui ho rinunciato, devo andarmene via da qui.-

-So quanto dolore vi ha recato questa vita, ma se non foste mai stata Regina di Francia io non avrei mai potuto incontrarvi e… Amarvi.-

-Queste parole sono un azzardo molto grande, lo sapete.- , cominciai a dire, alzando lo sguardo verso i suoi occhi, -Ma domani, ancor prima di oltrepassare il confine, potrei essere catturata dai sovversivi e potrei morire, dunque…-

Per la prima volta, e forse ultima, nella mia vita decisi di seguire il mio cuore e mi fiondai tra le braccia dell’unico uomo che avessi mai avuto la fortuna di amare e lo baciai, sancendo così il nostro addio.




 
21 Giugno 1791.
 

Il cuore batte all’impazzata mentre tengo stretta i miei figli, con lo stesso tocco e amore che anni prima avevo conosciuto grazie alla contessa Braindeiss. Il tocco di una madre. Nascondo i loro volti dentro il mio mantello, mentre attraversiamo il confine, a pochi chilometri dalla cittadina di Varennes-en-Aragonne, con una carretto mal andato per non dare nell’occhio e cercare di scampare alla morte e ai sovversivi. Sentiamo, poi, la carrozza fermarsi e ci guardiamo col terrore negli occhi, pensando esattamente la stessa cosa: ci hanno trovati, moriremo. Non possiamo nemmeno scendere e vedere cosa succede, se lo facessimo ci scoprirebbero immediatamente; dunque, l’unica cosa che potevamo fare era aspettare e pregare che il buon Dio avesse misericordia di noi e dei nostri destini. Il mio cuore si alleggerisce non appena la carrozza riprende il percorso e il confine è superato, non siamo più in territorio francese, siamo salvi.

-Vi rifugerete presso un monastero, sarete al sicuro.- disse il Re guardando la sua Regina e i suoi figli, stretti alla madre.

Mi volto verso l’uomo che ho tanto odiato quanto amato per avermi dato il bene più prezioso, i miei figli,  e una lacrima segna inevitabilmente il mio volto.

-Torno a casa mia, a Vienna.-

Il Re mi guardò ma non disse una parola, adesso avrei preso in mano la mia vita, che mi era stata tolta da un titolo nobiliare che non avevo mai veramente voluto. L’ancièn règime aveva avuto definitivamente fine, adesso la Francia e il suo popolo avrebbero potuto vivere liberi, esattamente come avrei fatto io.

Così, sarei ritornata nella tenuta della mia infanzia, mi sarei ripresa me stessa, la mia felicità e la mia libertà e avrei amato Fersen fino alla fine del miei giorni, lasciando andare per sempre Maria Antonietta, la Regina; sarei ritornata ad essere Maria Antonia e avrei corso felice e spensierata tra i campi di grano, esattamente come quando ero solo una bambina.










Spazio Autrice______: 
Anzitutto vorrei ringraziare mystery_koopa per avermi concesso la possibilità di sperimentare la mia scrittura anche in questo ambito. Mi ha sempre affascinata la figura di Maria Antonietta e sono felice di aver avuto la possibilità di scrivere qualcosa a riguardo; ho deciso di interessarmi alla sua vita e all'aspetto introspettivo del personaggio storico in questione. Ammetto che forse sono andata fuori tema con la richiesta del contest (e me ne prendo tutte le responsabilità), però ci tengo a pubblicarla ugualmente, perchè è pur sempre qualcosa di innovativo nel mio repertorio.
Ci tengo a precisare che nella scrittura della storia mi sono documentata in maniera approfondita della vita di Maria Antonietta, sia prima che dopo l'incoronazione a Regina: dalle date degli anni, alle figure presenti nella sua vita come la Contessa Braindeiss o il Conte Fersen; dai piccoli dettagli come l'appellativo datole dalla corte francese- l'austriaca- alla frase che tutti attribuiscono a lei, anche se molti storici confutano questa supposizione- sto parlando della celebre frase che mangino brioches!.
Ci tenevo anche a inserire una copertina, per rendere la storia più ordinata e bella a vedersi, e non potevo non scegliere la protagonista del film incentrato proprio su Maria Antonietta! La parte a colori vuole indicare ciò che la Regina fa vedere, mentre la parte in bianco e nero indica ciò che invece sente veramente.
Che dire? Spero che questo mio lavoro venga apprezzato. Abbiate pietà di me, è la prima volta che scrivo qualcosa di così "impegnativo", infatti sono un pò nervosa ahah.
Ad ogni modo, ci ho messo tutto il mio cuore. Un abbraccio a tutti, e grazie a chi leggerà.

 
   
 
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