TERZA
PARTE
Caro
Diario,
è
un pezzo che non ti scrivo. Sono passati mesi, forse troppi, avrei
voluto – o forse
dovuto - scrivere prima, ma tra una cosa e un’altra ho
preferito la via più
semplice: tenermi tutto dentro… e ora, ovviamente, ne pago
le conseguenze. Forse
ho tirato troppo la corda e sto arrivando al limite di esplosione.
Così
mi sono detta: perché non annoiare
a
morte il mio caro Diario?!
Infatti
eccomi qui a romperti le scatole.
Per
aggiornati mi sa che ci vorrà un po’
più di tempo delle altre volte. Infatti ho
bisogno di tornare all’invio di quella mail di cui ti ho
parlato la volta
precedente. Te la ricordi? Io sì, non potrei mai
dimenticarla.
Sarò
sincera non credevo che il suo effetto fosse così
devastante, quello che ho
scritto ha smosso le acque talmente tanto, da costringere mio padre,
Jake
Griffin, la persona meno tecnologica di questo mondo, a rispondere alla
mail.
‘Ciao Clarke,
ho letto la tua lettera e mi
sono messo a piangere… e anche adesso che provo a
risponderti la situazione non
è delle migliori. Capisco che sia difficile fare il primo
passo, ma la
situazione in essere vi fa stare molto male, entrambe state soffrendo e
anche
io non sono da meno. Bisogna che troviate un po’ di forza per
superare questa
fase dove vi siete dette delle cose troppo scomode di impeto, lasciando
che la
rabbia prendesse il sopravvento, causando quelle ferite che noi tutti,
in
questo momento, stiamo vivendo. Io vorrei vivamente che le cose si
aggiustassero e tornasse un clima di serenità tra di noi.
Un bacione e spero di
vederti presto, con la speranza di ritrovarci tutti assieme.
Con affetto
Papà’
All’epoca
la reazione a quella email non e stata delle migliori, il pensiero
ricorrente era
sempre quello: possibile che sia sempre
io la causa di tutti i mali?!
Ovviamente
ho pianto e tanto, non riuscendo a capire cosa ci fosse di sbagliato in
me. Ne
ho parlato con Lexa, le ho fatto leggere la mail e ovviamente non
l’ha presa
bene, per niente. Lei ha tuttora il dente avvelenato, neanche tanto per
quello
di cui l’ha accusata mia madre, ma per gli insulti, del tutto
privi di senso,
che ha rivolto a me. Come biasimarla, lei mi ama e detesta vedermi
soffrire.
Io
non ho mai risposto al messaggio di mio padre, non sono riuscita a
farlo,
perché non avrei saputo cosa scrivere.
Così,
il tempo passava inesorabile, mentre io cercavo solo ed esclusivamente
di non
pensarci, ma era una missione impossibile.
Una
sera forse una settimana o due dopo – ora non ricordo
esattamente – mentre io e
Lexa stavamo cenando, mi è arrivato un SMS di mia madre.
Non
ti riporto il contenuto esatto perché definirlo patetico e
vittimista è un vero
e proprio eufuismo. In pratica lei si aspettava che fossi io a
chiamarla, che
fossi io a fare il primo passo, perché secondo la sua mente
contorta era lei
che aveva ragione ed io torto (sai che novità), ma poi mio
padre le ha fatto
leggere la mail e forse vedere la sofferenza che stava creando in tutti
noi questo
conflitto le ha fatto chiedere scusa a me e a Lexa, anche se il suo
modo
lasciava decisamente a desiderare.
Quando
l’ho fatto leggere a mia moglie ancora un po’ e le
usciva il fumo dalle orecchie,
era quasi accecata dalla rabbia. Ricordo ancora quello che mi ha
chiesto, usando
un tono forse troppo rancoroso: “E adesso… cosa
pensi di fare?”.
Devo
ammetterlo, in quel momento non volevo far altro che buttare via il
cellulare e
farmi di nebbia, ma la mia ingenuità, il mio buonismo, mi ha
impedito di farlo.
Ho discusso con Lexa per questo, fino alla nausea, ma alla fine le ho
risposto:
‘Quando posso passo e
parliamo’.
Ripesandoci
avrei dovuto ascoltare mia moglie, la delusione di quel incontro
è stato
veramente sconfortante.
Sono
rientrata in quella casa, da sola, perché Lexa aveva giurato
che non ci avrebbe
mai più messo piede e di solito è di parola,
quindi non me la sono sentita di
forzarle la mano, e mi sono sentita un’estranea. Il mio
approccio era positivo,
avevo buoni propositi, ero disposta ad ascoltarla. Ingenuamente speravo
che mi
chiedesse scusa – in modo sincero questa volta – e non solo per risaltare il
suo continuo
vittimismo, ma mi sbagliavo.
Come
una sceneggiatura già scritta e ben nota, ha esordito
rinfacciandomi subito le
mie accuse nei suoi confronti – che tra parentesi continuo a
pensare che sia
solo ed esclusivamente la verità, ma non questi sono
dettagli – in quel momento
ho capito come sarebbero andate le cose. Infatti ha portato subito la
conversazione su sé stessa – come è
solita fare – trascurando completamente tutto
il resto, non lo so, ad esempio il fatto che mi abbia insultato e anche
pesantemente.
Ricordo perfettamente che
per lei sono solo una figlia ingrata e lei non riesce ad accettarmi.
Ho
cercato di trattenere la rabbia, facendo una fatica enorme, sapevo
benissimo
che urlandole contro non avrei risolto nulla. Così ho
ingoiato il rospo, per
l’ennesima volta, non esprimendo ad alta voce il conflitto
che c’era dentro di
me.
I
miei pensieri stavano andando veloci, faticavo a comprenderli, forse
offuscati
da quella collera che non riuscivo ad evitare, ma poi…
è spuntata dalla porta
mia nonna, con il suo bellissimo sorriso guardandomi in quel modo
speciale che
riserva solo a me ed in un attimo la rabbia che provavo si era
dissolta. Senza
pensarci troppo, sono corsa ad abbracciata forse più forte
di quanto avrei
dovuto, le ho dato un timido bacio sulla guancia e le ho chiesto come
stesse,
ricacciando indietro quelle lacrime che minacciavano di scendere.
È
incredibile il potere che mia nonna ha su di me, le voglio talmente
bene che
farei di tutto per lei. Lexa dice sempre che quando io mia nonna ci
guardiamo
ci illuminiamo l’un l’altra, e forse ha ragione, se
non fosse stato per lei non
avrei abbassato la testa… un’altra volta, ma
l’idea di non vederla più mi
faceva stare ancora peggio.
Lei
non sa nulla di questa faccenda e sono contenta che non si sia accorta
di nulla,
ci rimarrebbe troppo male e lei ha già sofferto abbastanza
nella sua vita, e si
merita tutta la serenità di questo mondo.
L’ho
salutata e mio malgrado sono ritornata a sedere su quello scomodo
divano,
affianco a mia madre, sospirando e cercando disperatamente la mia
razionalità. La
nonna era già fuggita in cucina ed io potevo finalmente
parlare. Ho ceduto a
quelle scuse – che di scuse avevano veramente poco
– forse troppo velocemente,
ma per lo meno sono riuscita a dettare le mie condizioni, cosa che un
tempo non
mi sarei mai sognata nemmeno di pensare.
Quei
vincoli sono ancora in essere, dopo mesi. Vado a trovarli considerando
prima le
mie esigenze, tempo, voglia (sempre troppo poca) e non secondo le loro.
La cena
settimanale ormai è un vago ricordo e non corro
più quando c’è un problema del
cazzo (scusa il francese) alla TV o al computer, ora non possono fare
altro che
aspettare i miei tempi e rispettare i miei spazi. Mi rendo conto di
quanto
questa mia conquista sia irrisoria, ma per una persona come me, sempre
abituata
ad essere scontata per ogni cosa, è un gran passo.
Io
non li chiamo più, sono sempre loro che mi cercano, le telefonate sono diminuite,
non sono più
frequenti come prima e ogni tanto mi arriva qualche messaggio che
fatico a comprendere
e mi lasciano l’amaro in bocca. L’altra sera mia
madre mi ha scritto che le
mancavo. Vero o falso che sia mi sono infuriata leggendolo, non ha il
diritto
di scrivimi cose del genere solo per farmi sentire in colpa.
L’argomento
con Lexa è diventato un tabù, tutte le volte che
mi chiamano o che mi scrivono
è sempre sulla difensiva. Il suo tono cambia diventando
più aggressivo quando
mi chiede cosa volevano o cosa avevano da dirmi. Non gliene faccio di
certo una
colpa, ma il risultato si può sintetizzare in tre parole:
minimizzo, tralascio,
ometto.
Ho
provato diverse volte a tirare fuori l’argomento, ma finiamo
sempre per discutere,
o peggio, litigare, ed io sono stanca di questa storia, vorrei
rimuovere tutto
il problema come se non fosse mai successo, ma immagino di essere solo
un’illusa perché la realtà dei fatti la
conosco bene e che lo voglia o no è
questa.
Ogni
mattina mentre guido per venire al lavoro, mi ritrovo ad annegare in
questo
groviglio di pensieri. Sai, a volte mi piacerebbe proprio registrarli
tutti e
poi riascoltarli in loop, quasi fosse la cura a tutti i miei mali.
È
buffo, stamattina stavo ascoltando la radio in macchina e trasmettevano
l’ultima canzone di uno dei gruppi preferiti i Thirty Seconds
to Mars: Rescue me.
È
singolare quanto una canzone possa descrivere il tuo stato
d’animo. Mi sono
ritrovata a cantare il ritornello e a pensare che fosse quello di cui
avrei bisogno
in questo momento.
‘Rescue
me from the demons in my mind’
Forse
è proprio quello che mi serve, essere salvata da quei demoni
che infestano i
miei pensieri ormai da mesi.
Comincerai
ad odiarmi caro Diario, non faccio altro che lamentarmi, ti chiedo
scusa per
questo, ma al momento visto che non riesco a parlare con Lexa
liberamente, non
mi rimane altro che assillarti con i miei assurdi sproloqui. Solo il
fatto di
scrivere e raccontarti come vanno le cose, tirando fuori quello che ho
dentro,
mi fa stare meglio. Dovrei farlo più spesso, me ne rendo
conto, ma il tempo è
veramente poco.
A
dire la verità una bella notizia ce l’ho da darti,
io e Lexa finalmente abbiamo
comprato casa insieme e a Marzo dell’anno prossimo il nostro
sogno comincerà a
realizzarsi. Infatti ci trasferiremo nella nostra
nuova casa. E quel nostra
è una
grossa conquista, a scapito di tutto e tutti stiamo vivendo la nostra vita senza preoccuparci delle
conseguenze, o almeno provandoci.
Ad
essere sincera io sono ancora in bilico, considerando tutti quei
pensieri negativi
che cercano sempre di offuscare questa mia gioia di vivere che fatica a
prendere il sopravvento, ma ci sto lavorando.
Sono
arrivata ad una conclusione: penso troppo. Ma sono fiduciosa, prima o
poi
riuscirò a spegnere il cervello e a fare quel reset che mi
permetterà di
cancellare ogni singola cosa negativa, sono ad un passo e forse la
nostra casa
mi darà la spinta giusta.
Credo
di averti annoiato anche troppo con i miei sproloqui mentali e non ti
ringrazierò mai abbastanza per avermi ascoltato.
Ciao… caro Diario e alla prossima.
Clarke