La mia notte con te
La luce affievoliva, mentre il sole
scendeva docilmente tra le lontane colline.
Un refolo di vento mosse le foglie
del grande acero che si agitarono debolmente, alcune finirono a terra e si
unirono a quelle già cadute, altre resistettero per essere scosse ancora. Una
volò più lontano posandosi poi delicatamente su di una lapide bianca. Un raggio
la illuminò e quel rosso intenso sembrò, per un istante, vivo.
Kara Danvers
sfregò le mani una contro l’altra rabbrividendo dentro i propri caldi abiti.
Non che potesse davvero avere freddo, ma la faccenda “fingersi umana” ogni
tanto prendeva il sopravvento su di lei. Alzò il viso puntando il naso verso
l’alto e annusò l’aria, percependo il dolce profumo dei manicaretti che
riempivano le bancarelle. Sì, quella era la prima cosa da fare: prendersi una
bella mela caramellata o magari un bastoncino ricoperto di zucchero filato!
Sorrise: magari poteva prenderli entrambi!
Si avvicinò, sorridendo alle famiglie
con i bambini che passeggiavano allegri lungo la via e dentro alla piazza. La
cittadina si animava sempre per quella festa, zucche con sorrisi spaventosi,
pipistrelli, spaventapasseri, scheletri, streghe ogni tipo di decorazione
riempiva i negozi e le strade, ma lì, al mercatino di Halloween, l’ammontare di
decorazioni superava ogni altro luogo.
A Kal
sarebbe piaciuto quel cappello da mago?
Mentre analizzava gli oggetti esposti
sulle bancarelle i suoi occhi si fermarono su di una figura ferma tra la folla.
Indossava un cappotto borgogna, dei guanti delle stesso colore, aveva i capelli
raccolti in uno chignon e un viso tra i più belli che Kara ricordava di aver
mai visto. Ma non era solo la sua bellezza ad averla colpita, era la profonda
emozione che brillava nei suoi occhi. Vi era tristezza nel suo sguardo, ma
anche sollievo e qualcos’altro che non riusciva a comprendere, ma che, in
qualche modo, le fece battere forte il cuore.
I suoi passi la condussero fino alla
sconosciuta, si sistemò gli occhiali, in imbarazzo, eppure incapace di
fermarsi.
“Le serve aiuto?” Chiese.
“Forse.” Rispose lei, la sua voce
sembrava venata d’emozione.
“Sembra che tutti vadano di fretta
oggi…” Le disse allora, lanciando uno sguardo attorno a sé.
“La notte più breve dell’anno.”
Commentò la giovane, non aveva distolto gli occhi da lei. “Mi chiamo Lena.” Si
presentò poi.
“Kara Danvers.”
Disse e sorrise, indicando la folla attorno a sé. “Siete qua per il mercatino
di Halloween o per le giostre?” Le brillarono gli occhi al pensiero delle
giostre che quella notte sarebbero restate aperte fino all’alba.
“Mi hanno dato questo indirizzo,
dovrei parlare con un reporter, ma a quanto pare questa non è più la sede del
giornale.” Le indicò l’edificio addobbato con lucine arancioni la cui insegna
indicava un salone di bellezza.
“Oh no! Non lo è più da mesi, ci
siamo trasferiti dall’altra parte della strada…” Kara corrugò la fronte. “Ma
ormai è tardi e oggi è Halloween, non troverà nessuno.”
“Capisco.” Disse la sconosciuta,
corrugando la fronte. Kara si illuminò.
“Ma ha trovato me! Voglio dire: io
sono una reporter, può parlare con me!” Il suo entusiasmo era forse un po’
eccessivo, ma quel giorno aveva già mangiato molto zucchero… non che a lei lo
zucchero potesse fare effetto, però…
“Che fortuna.” La donna sorrise e il
cambiamento fu drastico, il suo viso si illuminò e i suoi occhi brillarono di
divertimento e ironia.
“Già…” Ridacchiò e si sentì
avvampare. Lanciò uno sguardo attorno a sé, se Alex fosse stata lì l’avrebbe
presa in giro fino alla fine dei suoi giorni, ma per fortuna non vi era la
macchina dello sceriffo in vista.
“Hai già mangiato?” Kara riportò la
propria attenzione sulla donna.
“No...” Disse, di certo la montagna
di caramelle non contava come cena.
“Bene, allora potremmo scegliere un
ristorante, magiare e parlare.”
“Come un appuntamento?” Chiese e
arrossì di nuovo violentemente. “No, no! Intendevo un appuntamento d’affari.”
Gli occhi della donna brillavano, vi
era dolcezza in essi.
“Come un appuntamento… d’affari. Sì.”
Solo lei aveva sentito quella breve pausa? Ma di certo era sparito quel lei
distaccato. Kara sorrise, annuendo.
Percorsero un breve tratto di strada
poi Lena le indicò un piccolo ristorante.
“Mi hanno detto che qua fanno cucina
cinese e… pizza.”
“Pizza!” Gli occhi le si illuminarono
alla sola idea.
“Bene, pizza sia. Ma offro io.”
“Grazie.” Lena aprì la porta e la
tenne aperta per lei che le sorrise. Quando le passò accanto Kara inspirò il
profumo della donna, fresco e fruttato, ma dal carattere deciso.
“Kara?” La chiamò la donna e lei si
ritrovò ad arrossire ancora una volta, era rimasta immobile sulla porta, gli
occhi chiusi. Cercando di non fare altre figuracce scelse un tavolo e si
sedette, poi ordinò.
“Dunque, perché volevi parlare con un
reporter?” Le chiese, cercando di apparire professionale per una volta.
“Mi sono trasferita da poco e volevo
conoscere la storia della mia famiglia in questa città. La cosa migliore è
partire dall’archivio del giornale.”
“Oh…” Kara la guardò sorpresa. “Oh!”
“Lena Luthor.”
Confermò la donna e lei arrossì.
“No, cioè… non ho pensato nulla,
voglio dire, è una famiglia con un certo passato, ma…”
“Sì, sto lavorando per far sì che
quelle azioni siano solo questo: passato.” Gli occhi della donna brillarono
ora, con forza, era chiaro che quello era un argomento che le stava a cuore.
“So il tuo nome, perché sei qui e che
sei così gentile da offrimi una pizza, posso chiederti cosa fai?” Chiese Kara,
mentre aspettavano la cena.
“È una domanda difficile, un giorno
sono una scienziata, quello dopo la CEO di un’azienda tentacolare che si occupa
di alta tecnologia, ma non solo, e quello dopo ancora dirigo un giornale…” Le
sorrise, mentre lei la guardava sorpresa, certo, sapeva qualcosa sulla Luthor Corporation, ma non ricordava molto di una figlia al
comando dell’azienda.
“Wow, devi essere molto
intelligente.” Disse allora, colpita.
“Non abbastanza.” Un sorriso amaro
decorò le labbra della donna, ma lo scacciò agitando la mano. “E tu? Reporter a
tempo pieno?”
“Certo…” Non era il caso di dirle che
salvava anche le persone volando di qua e di là per il mondo, anche se la
tentazione fu forte. “E poi c’è mio cugino…”
“Eccovi le pizze.” Il cameriere posò
le pizze sul tavolo. Lena gli lanciò un’occhiataccia che lui cercò di non
notare, si voltò e andò via.
Kara dirottò l’argomento su qualcosa
di più sicuro e così, senza neanche accorgersene, si ritrovarono a conversare
di tutto, tranne della ragione per la quale erano lì. Lena era intelligente,
brillante e sembrava condividere tutte le passioni di Kara: amavano la stessa
musica, avevano visto e apprezzato gli stessi film, adoravano entrambe le
stelle e condividevano la passione per la pittura. Lena era anche divertente,
mano a mano che la serata andava avanti Kara si ritrovò sempre più affascinata
da quella sconosciuta che in qualche modo sembrava conoscere da sempre.
Lena fece ruotare il vino nel
bicchiere, gli occhi fissi su di lei.
“Mi parlavi di una giostra?” Le
chiese mentre il cameriere allontanava dal tavolo due piatti, uno era intatto,
Lena non doveva aver mangiato niente, un peccato perché quella pizza era
squisita.
“Sì! La giostra di Halloween!”
Esclamò entusiasta.
“Non credo di esserci mai stata.” Gli
occhi di Kara si sgranarono.
“Ma devi!” Il sopracciglio di Lena si
alzò mentre un sorriso divertito apparve sulle sue labbra.
“Voglio dire… devi perché vuoi
conoscere la storia dei Luthor e sono stati i Luthor a portare la giostra di Halloween in città.”
“Ah sì?” Chiese e Kara capì che era
curiosa.
“Sì!” Assicurò.
“Quindi direi che hai ragione: devo
andarci.” Lena finì il sorso di vino che rimaneva nel suo bicchiere e si alzò.
Kara la imitò, rendendosi conto che quello era il momento di salutarsi.
“Ehm…” Iniziò, non voleva lasciarla
andare. “Se vuoi posso accompagnarti, conosco a memoria ogni angolo della
giostra.”
Lena le sorrise.
“Non ho abusato già troppo del tuo
tempo?”
“No! No, assolutamente. Mia sorella
fa lo sceriffo, notte impegnativa per lo sceriffo! E il mio cuginetto è troppo
piccolo per godersi questa notte, anche se spero di poterlo portare presto,
quindi io avrei passato la serata da sola a mangiare dolci.”
“Non sembra una cosa brutta.” Le fece
notare Lena e sorrideva.
“Non lo è, ma stare con te è meglio.”
Arrossì di nuovo, rendendosi conto di quello che aveva detto. Era stata così
brava a non dire sciocchezze per tutta la cena!
“Batto i dolci di Halloween? Ho come
l’impressione che sia davvero qualcosa di rimarchevole.” Eccolo di nuovo, quel
sorriso divertito e quel brillio pieno di dolce ironia.
“Mi piacciono molto i dolci.” Ammise
Kara e non aggiunse che Lena le piaceva ancora di più, ma fu ovvio e Lena lo
capì, perché il suo viso si addolcì ancora, mentre i loro sguardi non si
separavano.
“Allora andiamo a questa famosa
giostra.” Acconsentì infine Lena.
La strada per le giostre era semplice
da seguire, vi erano urla di gioia, musica e chiacchiericci a fare da briciole
di pane nella notte. Di nuovo l’aria fu piena di rumori e di profumi.
“Prendiamo dello zucchero filato!”
Propose e Lena non protestò, camminare tra la folla era facile, sembrava si
formasse un’isola di calma attorno a loro.
“Allora, vediamo cosa puoi vincermi.”
Lena si mise la mano al volto pensierosa. Kara osservò i diversi peluche e
incrociò le dita dietro alla schiena sperando che Lena scegliesse in più grosso
orsacchiotto di tutti, quello con un mantello rosso sulle spalle. “È
difficile…” Esitò la donna.
“Oh! Lo so che lo fai apposta!” Si
lamentò lei e Lena scoppiò a ridere per poi indicare proprio l’orsacchiotto con
il mantello che Kara desiderava conquistare.
“Bene, ora devi vincerlo però.” La
sfidò la donna.
“Consideralo fatto.” Esclamò.
Cinque tentativi dopo riuscì a
buttare giù tutti i barattoli. Esultò, agitando i pugni sotto lo sguardo
divertito di Lena. Percorsero la giostra in lungo e in largo esplorando ogni
gioco e chiosco, senza lasciare indietro quasi nulla.
“Ora tocca a me scegliere.” Le fece
notare la donna un ampio sorriso sulle labbra. Sembrava felice del tempo
passato assieme a lei, aveva riso, scherzato, l’aveva presa in giro e si era
divertita da morire nel vederla sobbalzare di paura sul trenino dell’orrore.
“Credevo che non ti piacessero le
altezze.” Le fece notare Kara nel vedersi accompagnare alla ruota panoramica.
Lena le lanciò uno sguardo sorpreso, come se avesse detto qualcosa di strano.
“Lo hai detto prima, me lo ricordo.” Le assicurò e lei annuì piano.
“Questa ruota è speciale.” Disse.
“Molto bene, ruota sia.” Acconsentì
volentieri, a lei piaceva e adorava rimanere in alto, ferma a guardare su verso
le stelle.
Il bigliettaio prese i biglietti e
loro salirono.
Lena seduta accanto a lei stringeva
tra le braccia l’enorme orso ed era buffo vedere una persona tanto seria
stringere così forse un oggetto tanto infantile.
“Credo che sia perfetto per te.” Le
fece notare e al suo sguardo interrogativo indicò il peluche.
“Perché?”
“Non sei di ghiaccio come fai
credere, sei dolce, gentile e sensibile… come questo peluche.” Arrossì nel
rendersi conto di quello che aveva detto eppure sapeva che era vero e sapeva
che poteva dirlo a Lena senza che si offendesse.
“Come fai?” Le domandò la donna e il
suo sguardo era serio.
La giostra iniziò a salire, ma loro
due se ne accorsero appena.
“Come faccio?” Chiese confusa.
“Come fai a…” Lena scosse la testa e
distolse lo sguardo, scuotendo la testa.
“Mi dispiace se ho detto qualcosa
che…”
“No, no, non ti dispiacere, è solo
che dovrei essere io a fare quello che fai tu, ma finisce sempre così.” Ora vi
era un sorriso sulle sue labbra e, no, non c’erano dubbi, delle lacrime nei
suoi occhi.
Kara alzò la mano per cacciarle via,
ma Lena improvvisamente conscia del suo gesto fece un brusco scatto indietro,
impedendole di toccarla.
“Scusami, non volevo.” Le disse,
confusa da quel brusco cambio d’atmosfera.
“La notte di Halloween è sempre
complicata per me, non ti preoccupare.” Tentò di rassicurarla Lena.
Rimasero in silenzio mentre la ruota
scattava sempre più in alto per poi fermarsi all’apice e permetter loro di
guardare la cittadina illuminata dalle candele e percorsa dai bambini a caccia
di dolci e dalle loro famiglie.
“Lo so che è strano e che ci
conosciamo appena, ma questa notte è stata bellissima e vorrei poterti vedere
ancora.” Le confessò Kara, non era più così sicura che Lena volesse sentire
quelle parole, ma non poté impedirsi di pronunciarle. Sentiva un profondo senso
di urgenza, come se quella fosse la sua unica occasione.
Lena le sorrise, aprì la bocca come
se volesse rispondere, poi guardò verso Est dove un leggero chiarore disturbava
la luce delle stelle.
“Dobbiamo andare.” Le disse soltanto.
Lasciarono le giostre, dove alcuni
ragazzi resistevano al sonno, e tornarono alla pizza della città.
“Sai, pensavo a quello che hai detto
prima, la notte di Halloween non è la più breve dell’anno.” Fece notare Kara, a
lei era sembrata una lunga e divertente notte passata con la donna più
interessante che avesse mai conosciuto.
“È la mia unica notte.” Mormorò Lena.
“Una notte magnifica.”
Kara si voltò a guardarla, perché
sapeva che Lena non stava ammirando il cielo sopra di loro, le decorazioni o il
lontano chiarore del sole, ma lei.
La sua pelle era bianca e perfetta,
le sue labbra appena truccate, i suoi occhi splendidi come la volta celeste,
forse di più.
“Perché mi sembra di conoscerti da
tutta una vita eppure so appena chi sei?” Bisbigliò.
“Ha importanza?” Le domandò allora
lei. Erano vicine eppure Kara percepiva una distanza incolmabile tra loro e
quella consapevolezza la ferì.
Lena voltò il viso spezzando il loro
contatto e continuò a camminare, le mani infilate in tasca.
“Il sole sta per sorgere, è tempo che
io ti dica la verità.”
“La verità?”
Kara la fissò perplessa e Lena si
fermò, indicandole un uomo fermo davanti ai cancelli del cimitero appena oltre
la piazza della città.
“Chi è?” Domandò Kara perché sapeva
che quell’informazione era vitale.
“Kal.” Disse allora Lena e lei si
ritrovò a scuotere la testa.
“Non è possibile. Lui è un bambino, è
nato da poco io… sono sicura…” Eppure ora non lo era più, lo sconosciuto doveva
averle viste perché si avvicinò a loro. Era alto, la corporatura muscolosa, le
spalle larghe e forti, ma gli occhi dolci, vi era tristezza in essi, malgrado
vi fosse un sorriso sulle sue labbra.
“È qui, vero?”
“Come sempre.” Confermò Lena, aveva
la voce rotta.
“Alex?” Alla domanda l’uomo indicò
con la testa il ristorante, ora silenzioso.
Kara ruotò la testa e osservò la
donna appoggiata allo stipite della porta. Non era Alex, non poteva essere lei...
era troppo vecchia per essere lei!
“Mi ha detto di dirti che ti vuole
bene.” Aggiunse l’uomo e questa volta non guardava Lena, ma l’aria accanto a
lei.
“È qui.” Spiegò allora Lena e la
indicò.
“Non capisco…” Si ritrovò a dire
Kara, eppure iniziava a capire.
“Kara, voglio che tu sappia che sto
bene, so che per te il tempo non è passato, che crei un mondo in cui mi stai
crescendo, ma devi sapere che Martha e Jonathan sono stati dei fantastici
genitori e sono felice, mia moglie, Lois, ha avuto una bambina, anni fa, si
chiama Kara Kal-El in tuo onore.” Le sorrise e lei
rivide in lui il bambino che ricordava. “Mi hai salvato, l’hai fatto tanti anni
fa, se sono qui adesso è grazie a te.”
“Kal…” Accettò
finalmente lei, sentiva la gola annodarsi e gli occhi pungere per le lacrime
che minacciava di versare.
“Ti voglio bene.” Aggiunse, poi annuì
a Lena, mise le mani in tasche e andò via, le spalle incassate come se
combattesse una battaglia contro se stesso o forse, solo contro il dolore.
“Lena?” Chiamò, sentiva dei pezzi
congiungersi nella mente, ma mancava qualcosa, qualcosa di importante. “Sono…?”
“Sì.” Ora vi era una lacrima che
scivolava sul viso della donna. “Sei morta molti anni fa, un asteroide avrebbe
colpito la Terra, troppo grande per qualsiasi cosa io potessi lanciargli
contro, tu e Clark siete partiti, solo lui è tornato, stringendo il tuo corpo.
Hai voluto salvarlo, come avevi promesso a tua madre, tanti anni fa. Hai dovuto
essere l’eroina del mondo, anche quando io avrei voluto che ti comportassi un
po’ più egoisticamente.” Sorrise, stemperando le sue parole. “Hai salvato tutti
noi, anche Clark.”
“Ma sono qui ora, sono davanti a te!”
La sua mente rifiutava di comprendere quello che il suo cuore iniziava a credere.
“Una volta all’anno, ad Halloween,
torni qua. Non so perché, non so come sia possibile. Tutta la mia conoscenza,
tutta la mia scienza non servono a nulla. Non riesco a capire, non riesco a
raggiungerti o a farti rimanere.” Era frustrata, ma in qualche modo non
lasciava che il dolore la sovrastasse come se…
“Hai già vissuto questa notte.”
Comprese.
“Sì, molte volte.”
“È sempre uguale?”
“Sì e no… a volte prendi i ravioli
cinesi a volte la pizza, certe volte mi dici che scrivi altre ammetti che salvi
le persone, tenti sempre di portarmi alle giostre, ma a volte andiamo
all’osservatorio oppure alla pinacoteca, vuoi sempre vincere l’orsacchiotto più
grande che c’è...” Sorrise stringendo il peluche. “Ne ho una montagna a casa.”
Scosse la testa. “Una volta parlavi solo kryptoniano,
per fortuna me l’hai insegnato. Alcune volte ricordi dettagli di me più in
fretta… come la mia paura di volare, altre no.” I suoi occhi ora contenevano
quell’amore che prima Kara non aveva compreso. “Ma riesci sempre, sempre, a
farmi innamorare di te, ogni volta in un modo diverso.”
Ora il suo sorriso era soffocato dal
dolore, non tratteneva più le lacrime. Kara fece un passo avanti e si ritrovò
ad attraversare il corpo di Lena senza poterla toccare.
Strinse i pugni dalla rabbia, mentre
percepiva di nuovo quella lontananza insondabile tra loro due.
“Perché puoi vedermi, posso parlarti,
ma non posso toccarti? Ho mangiato e…” Si fermò a pensare a quel piatto pieno,
aveva davvero mangiato? E quei barattoli, erano davvero caduti per mano sua o
si era convinta che a farli cadere fosse stata lei?
“Se non sai di essere morta, è la tua
stessa mente a ingannarti.”
“Ma la città… penseranno che sei
pazza.”
“Pensano solo che io sia eccentrica,
non mi importa in realtà. Ho provato a dirti subito tutto, ma è difficile per
te sopportare tutto questo per un'intera notte. Nasconderti la verità rende più
piacevole la tua serata.” Kara osservò il viso della donna e non provò neppure
ad immaginare quello che aveva dovuto passare.
“Dovresti...” Iniziò a dire, ma Lena
scosse la testa.
“Mi trovi sempre, non importa quanto
sia grande la folla, non importa in quale parte del mondo io sia. Tu mi trovi
sempre. Ogni volta mi chiedi di lasciar stare, di non passare questa notte con
te, di smettere di rimanere aggrappata al passato, di trovare un'altra persona
che mi possa rendere felice.” Kara annuì, anche se aveva le lacrime agli occhi,
un dolore sordo nel petto. “Ma, Kara, quando si ha la fortuna di incontrare la
propria anima gemella nessun altro potrà mai riempire il vuoto creato dalla sua
perdita.” Sorrise ora, poi le indicò il cimitero e verso di esso si incamminò.
Kara la seguì, lanciò solo un ultimo
sguardo verso la piazza deserta, lì dove Kal e Alex
stavano aspettando, uno accanto a l’altro, ma non erano soli, accanto a loro
c’era il barista, il bigliettaio della giostra e il proprietario dell’orsacchiotto
che Lena aveva lasciato in mezzo alla piazza, e molte altre persone che ora
Kara seppe riconoscere: Brainy, J’onn,
Eve…, tra tutti notò una donna aveva i capelli scuri,
come quelli di sua madre e lo stesso modo di tenere le spalle, elegante e al
contempo fiero, ma con i suoi occhi, lo sapeva anche se non poteva vederli nel
buio.
“Non ti ho lasciata sola, non è
vero?” Comprese.
“No, non sono sola, c’è tua sorella,
ci sono Sam e Ruby, Kal, Lois e mia madre che riesce
a non essere troppo pessima ogni tanto, c’è Lex e ci
sono i nostri amici: J’onn, Brainy,
Cat, Eve; e poi…”
“C’è nostra figlia.” Improvvisamente
ricordò la gioia di avere una bambina da stringere, lo sguardo fiero di Lena
nel vederla crescere, l’amore assoluto e totale che provava per lei.
“Non può vedermi?” Chiese e le sembrò
che quella verità le potesse spezzare il cuore.
“Saresti fiera di lei, tanto quanto
lo sono io.” Le disse Lena, senza rispondere a quella domanda la cui risposta
era ovvia, solo Lena poteva, solo lei aveva legato in quel modo indissolubile
il proprio cuore al suo.
Il cimitero era scuro e il grande
acero era una pozza più scura delle altre, ma le stelle riuscivano ancora a
brillare su di una lapide bianca al centro del quale vi era il simbolo che
adesso ricordava di aver portato sul petto per tanti anni fino a quel giorno,
nello spazio, dove neppure la tuta creata per lei da Lena era bastata a tenerla
in vita. Scostò la mantella rossa che aveva tenuto addosso fino a quel momento
e lo ritrovò ancora una volta inciso nel suo abito.
“Ti abbiamo seppellita negli abiti
tradizionali di Krypton.” Le spiegò Lena. “Eri bellissima.” Mormorò.
“Non posso restare.” Comprese Kara.
Sentiva che il suo tempo stava per finire, ancora una volta.
“Lo so, ma io ti aspetterò ogni anno,
qua, fino a quando non sarà il momento di partire con te.”
“Non posso andare.” Affermò allora
Kara. Lena le sorrise.
“Permettimi di mostrarti il mio vero
aspetto.” Disse e Kara annuì, consapevole che la stava solo distraendo da
quello che ben presto sarebbe successo. Lena premette su di un piccolo
dispositivo che portava al polso e il suo aspetto cambiò. Ora davanti a Kara vi
era una donna bella ed elegante, ma con almeno trent’anni di più. Lena abbassò
il viso sotto il suo esame.
“Sei bella, come il primo giorno che
ho posato lo sguardo su di te.” Le disse. “Come vorrei poterti baciare.” Mormorò,
poi.
“Un istante.” Le disse allora Lena,
sorridendo. “Avremo un istante.”
Il primo raggio del mattino illuminò
i suoi capelli e lei sentì che stava per perdersi di nuovo, poi la mano di Lena
fu sulla sua. Le loro dita si intrecciarono e Kara la attirò a sé premendo con
disperazione le proprie labbra contro le sue.
Un bacio.
Kara svanì e Lena si ritrovò sola
davanti alla bianca lapide.
Era andata via, di nuovo.
“Arrivederci, dolce amore mio.”
Mormorò al vento.
Note: Questo è il prompt che ho scelto: “B è un fantasma e può tornare nel mondo dei vivi solo nella notte di Halloween, A è l’unica a vederla.” Era molto semplice e, per una volta, non ho provato a piegarlo a mio piacimento, ma l’ho rispettato, facendo di esso il cuore della storia.
Ancora una
volta una storia di fantasmi, spero non vi siate stufate! Volevo aspettare la
mezzanotte prima di pubblicare, ma alla fine ho ceduto.
Fatemi sapere cosa ne pensate. ;-)
Ovviamente la storia partecipa all’iniziativa “Nightmare Before Femslash” del gruppo LongLiveToTheFemslash.