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Autore: Najara    31/10/2018    11 recensioni
Il sole tramonta e Kara non vede l'ora di lanciarsi sui manicaretti del mercatino di Halloween e poi fare un giro alle giostre che festeggiano con un'apertura lunga tutta una notte, ma i suoi occhi vengono catturati da una figura tra la folla.
La notte di Halloween, una notte speciale, per qualcuno più che per altri.
Una storia SuperCorp partecipante all'iniziativa "Nightmare Before Femslash" del gruppo LongLiveToTheFemslash.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mia notte con te

 

La luce affievoliva, mentre il sole scendeva docilmente tra le lontane colline.

Un refolo di vento mosse le foglie del grande acero che si agitarono debolmente, alcune finirono a terra e si unirono a quelle già cadute, altre resistettero per essere scosse ancora. Una volò più lontano posandosi poi delicatamente su di una lapide bianca. Un raggio la illuminò e quel rosso intenso sembrò, per un istante, vivo.

Kara Danvers sfregò le mani una contro l’altra rabbrividendo dentro i propri caldi abiti. Non che potesse davvero avere freddo, ma la faccenda “fingersi umana” ogni tanto prendeva il sopravvento su di lei. Alzò il viso puntando il naso verso l’alto e annusò l’aria, percependo il dolce profumo dei manicaretti che riempivano le bancarelle. Sì, quella era la prima cosa da fare: prendersi una bella mela caramellata o magari un bastoncino ricoperto di zucchero filato! Sorrise: magari poteva prenderli entrambi!

Si avvicinò, sorridendo alle famiglie con i bambini che passeggiavano allegri lungo la via e dentro alla piazza. La cittadina si animava sempre per quella festa, zucche con sorrisi spaventosi, pipistrelli, spaventapasseri, scheletri, streghe ogni tipo di decorazione riempiva i negozi e le strade, ma lì, al mercatino di Halloween, l’ammontare di decorazioni superava ogni altro luogo.

A Kal sarebbe piaciuto quel cappello da mago?

Mentre analizzava gli oggetti esposti sulle bancarelle i suoi occhi si fermarono su di una figura ferma tra la folla. Indossava un cappotto borgogna, dei guanti delle stesso colore, aveva i capelli raccolti in uno chignon e un viso tra i più belli che Kara ricordava di aver mai visto. Ma non era solo la sua bellezza ad averla colpita, era la profonda emozione che brillava nei suoi occhi. Vi era tristezza nel suo sguardo, ma anche sollievo e qualcos’altro che non riusciva a comprendere, ma che, in qualche modo, le fece battere forte il cuore.

I suoi passi la condussero fino alla sconosciuta, si sistemò gli occhiali, in imbarazzo, eppure incapace di fermarsi.

“Le serve aiuto?” Chiese.

“Forse.” Rispose lei, la sua voce sembrava venata d’emozione.

“Sembra che tutti vadano di fretta oggi…” Le disse allora, lanciando uno sguardo attorno a sé.

“La notte più breve dell’anno.” Commentò la giovane, non aveva distolto gli occhi da lei. “Mi chiamo Lena.” Si presentò poi.

“Kara Danvers.” Disse e sorrise, indicando la folla attorno a sé. “Siete qua per il mercatino di Halloween o per le giostre?” Le brillarono gli occhi al pensiero delle giostre che quella notte sarebbero restate aperte fino all’alba.

“Mi hanno dato questo indirizzo, dovrei parlare con un reporter, ma a quanto pare questa non è più la sede del giornale.” Le indicò l’edificio addobbato con lucine arancioni la cui insegna indicava un salone di bellezza.

“Oh no! Non lo è più da mesi, ci siamo trasferiti dall’altra parte della strada…” Kara corrugò la fronte. “Ma ormai è tardi e oggi è Halloween, non troverà nessuno.”

“Capisco.” Disse la sconosciuta, corrugando la fronte. Kara si illuminò.

“Ma ha trovato me! Voglio dire: io sono una reporter, può parlare con me!” Il suo entusiasmo era forse un po’ eccessivo, ma quel giorno aveva già mangiato molto zucchero… non che a lei lo zucchero potesse fare effetto, però…

“Che fortuna.” La donna sorrise e il cambiamento fu drastico, il suo viso si illuminò e i suoi occhi brillarono di divertimento e ironia.

“Già…” Ridacchiò e si sentì avvampare. Lanciò uno sguardo attorno a sé, se Alex fosse stata lì l’avrebbe presa in giro fino alla fine dei suoi giorni, ma per fortuna non vi era la macchina dello sceriffo in vista.

“Hai già mangiato?” Kara riportò la propria attenzione sulla donna.

“No...” Disse, di certo la montagna di caramelle non contava come cena.

“Bene, allora potremmo scegliere un ristorante, magiare e parlare.”

“Come un appuntamento?” Chiese e arrossì di nuovo violentemente. “No, no! Intendevo un appuntamento d’affari.”

Gli occhi della donna brillavano, vi era dolcezza in essi.

“Come un appuntamento… d’affari. Sì.” Solo lei aveva sentito quella breve pausa? Ma di certo era sparito quel lei distaccato. Kara sorrise, annuendo.

Percorsero un breve tratto di strada poi Lena le indicò un piccolo ristorante.

“Mi hanno detto che qua fanno cucina cinese e… pizza.”

“Pizza!” Gli occhi le si illuminarono alla sola idea.

“Bene, pizza sia. Ma offro io.”

“Grazie.” Lena aprì la porta e la tenne aperta per lei che le sorrise. Quando le passò accanto Kara inspirò il profumo della donna, fresco e fruttato, ma dal carattere deciso.

“Kara?” La chiamò la donna e lei si ritrovò ad arrossire ancora una volta, era rimasta immobile sulla porta, gli occhi chiusi. Cercando di non fare altre figuracce scelse un tavolo e si sedette, poi ordinò.

“Dunque, perché volevi parlare con un reporter?” Le chiese, cercando di apparire professionale per una volta.

“Mi sono trasferita da poco e volevo conoscere la storia della mia famiglia in questa città. La cosa migliore è partire dall’archivio del giornale.”

“Oh…” Kara la guardò sorpresa. “Oh!”

“Lena Luthor.” Confermò la donna e lei arrossì.

“No, cioè… non ho pensato nulla, voglio dire, è una famiglia con un certo passato, ma…”

“Sì, sto lavorando per far sì che quelle azioni siano solo questo: passato.” Gli occhi della donna brillarono ora, con forza, era chiaro che quello era un argomento che le stava a cuore.

“So il tuo nome, perché sei qui e che sei così gentile da offrimi una pizza, posso chiederti cosa fai?” Chiese Kara, mentre aspettavano la cena.

“È una domanda difficile, un giorno sono una scienziata, quello dopo la CEO di un’azienda tentacolare che si occupa di alta tecnologia, ma non solo, e quello dopo ancora dirigo un giornale…” Le sorrise, mentre lei la guardava sorpresa, certo, sapeva qualcosa sulla Luthor Corporation, ma non ricordava molto di una figlia al comando dell’azienda.

“Wow, devi essere molto intelligente.” Disse allora, colpita.

“Non abbastanza.” Un sorriso amaro decorò le labbra della donna, ma lo scacciò agitando la mano. “E tu? Reporter a tempo pieno?”

“Certo…” Non era il caso di dirle che salvava anche le persone volando di qua e di là per il mondo, anche se la tentazione fu forte. “E poi c’è mio cugino…”

“Eccovi le pizze.” Il cameriere posò le pizze sul tavolo. Lena gli lanciò un’occhiataccia che lui cercò di non notare, si voltò e andò via.

Kara dirottò l’argomento su qualcosa di più sicuro e così, senza neanche accorgersene, si ritrovarono a conversare di tutto, tranne della ragione per la quale erano lì. Lena era intelligente, brillante e sembrava condividere tutte le passioni di Kara: amavano la stessa musica, avevano visto e apprezzato gli stessi film, adoravano entrambe le stelle e condividevano la passione per la pittura. Lena era anche divertente, mano a mano che la serata andava avanti Kara si ritrovò sempre più affascinata da quella sconosciuta che in qualche modo sembrava conoscere da sempre.

Lena fece ruotare il vino nel bicchiere, gli occhi fissi su di lei.

“Mi parlavi di una giostra?” Le chiese mentre il cameriere allontanava dal tavolo due piatti, uno era intatto, Lena non doveva aver mangiato niente, un peccato perché quella pizza era squisita.

“Sì! La giostra di Halloween!” Esclamò entusiasta.

“Non credo di esserci mai stata.” Gli occhi di Kara si sgranarono.

“Ma devi!” Il sopracciglio di Lena si alzò mentre un sorriso divertito apparve sulle sue labbra.

“Voglio dire… devi perché vuoi conoscere la storia dei Luthor e sono stati i Luthor a portare la giostra di Halloween in città.”

“Ah sì?” Chiese e Kara capì che era curiosa.

“Sì!” Assicurò.

“Quindi direi che hai ragione: devo andarci.” Lena finì il sorso di vino che rimaneva nel suo bicchiere e si alzò. Kara la imitò, rendendosi conto che quello era il momento di salutarsi.

“Ehm…” Iniziò, non voleva lasciarla andare. “Se vuoi posso accompagnarti, conosco a memoria ogni angolo della giostra.”

Lena le sorrise.

“Non ho abusato già troppo del tuo tempo?”

“No! No, assolutamente. Mia sorella fa lo sceriffo, notte impegnativa per lo sceriffo! E il mio cuginetto è troppo piccolo per godersi questa notte, anche se spero di poterlo portare presto, quindi io avrei passato la serata da sola a mangiare dolci.”

“Non sembra una cosa brutta.” Le fece notare Lena e sorrideva.

“Non lo è, ma stare con te è meglio.” Arrossì di nuovo, rendendosi conto di quello che aveva detto. Era stata così brava a non dire sciocchezze per tutta la cena!

“Batto i dolci di Halloween? Ho come l’impressione che sia davvero qualcosa di rimarchevole.” Eccolo di nuovo, quel sorriso divertito e quel brillio pieno di dolce ironia.

“Mi piacciono molto i dolci.” Ammise Kara e non aggiunse che Lena le piaceva ancora di più, ma fu ovvio e Lena lo capì, perché il suo viso si addolcì ancora, mentre i loro sguardi non si separavano.

“Allora andiamo a questa famosa giostra.” Acconsentì infine Lena.

La strada per le giostre era semplice da seguire, vi erano urla di gioia, musica e chiacchiericci a fare da briciole di pane nella notte. Di nuovo l’aria fu piena di rumori e di profumi.

“Prendiamo dello zucchero filato!” Propose e Lena non protestò, camminare tra la folla era facile, sembrava si formasse un’isola di calma attorno a loro.

“Allora, vediamo cosa puoi vincermi.” Lena si mise la mano al volto pensierosa. Kara osservò i diversi peluche e incrociò le dita dietro alla schiena sperando che Lena scegliesse in più grosso orsacchiotto di tutti, quello con un mantello rosso sulle spalle. “È difficile…” Esitò la donna.

“Oh! Lo so che lo fai apposta!” Si lamentò lei e Lena scoppiò a ridere per poi indicare proprio l’orsacchiotto con il mantello che Kara desiderava conquistare.

“Bene, ora devi vincerlo però.” La sfidò la donna.

“Consideralo fatto.” Esclamò.

Cinque tentativi dopo riuscì a buttare giù tutti i barattoli. Esultò, agitando i pugni sotto lo sguardo divertito di Lena. Percorsero la giostra in lungo e in largo esplorando ogni gioco e chiosco, senza lasciare indietro quasi nulla.

“Ora tocca a me scegliere.” Le fece notare la donna un ampio sorriso sulle labbra. Sembrava felice del tempo passato assieme a lei, aveva riso, scherzato, l’aveva presa in giro e si era divertita da morire nel vederla sobbalzare di paura sul trenino dell’orrore.

“Credevo che non ti piacessero le altezze.” Le fece notare Kara nel vedersi accompagnare alla ruota panoramica. Lena le lanciò uno sguardo sorpreso, come se avesse detto qualcosa di strano. “Lo hai detto prima, me lo ricordo.” Le assicurò e lei annuì piano.

“Questa ruota è speciale.” Disse.

“Molto bene, ruota sia.” Acconsentì volentieri, a lei piaceva e adorava rimanere in alto, ferma a guardare su verso le stelle.

Il bigliettaio prese i biglietti e loro salirono.

Lena seduta accanto a lei stringeva tra le braccia l’enorme orso ed era buffo vedere una persona tanto seria stringere così forse un oggetto tanto infantile.

“Credo che sia perfetto per te.” Le fece notare e al suo sguardo interrogativo indicò il peluche.

“Perché?”

“Non sei di ghiaccio come fai credere, sei dolce, gentile e sensibile… come questo peluche.” Arrossì nel rendersi conto di quello che aveva detto eppure sapeva che era vero e sapeva che poteva dirlo a Lena senza che si offendesse.

“Come fai?” Le domandò la donna e il suo sguardo era serio.

La giostra iniziò a salire, ma loro due se ne accorsero appena.

“Come faccio?” Chiese confusa.

“Come fai a…” Lena scosse la testa e distolse lo sguardo, scuotendo la testa.

“Mi dispiace se ho detto qualcosa che…”

“No, no, non ti dispiacere, è solo che dovrei essere io a fare quello che fai tu, ma finisce sempre così.” Ora vi era un sorriso sulle sue labbra e, no, non c’erano dubbi, delle lacrime nei suoi occhi.

Kara alzò la mano per cacciarle via, ma Lena improvvisamente conscia del suo gesto fece un brusco scatto indietro, impedendole di toccarla.

“Scusami, non volevo.” Le disse, confusa da quel brusco cambio d’atmosfera.

“La notte di Halloween è sempre complicata per me, non ti preoccupare.” Tentò di rassicurarla Lena.

Rimasero in silenzio mentre la ruota scattava sempre più in alto per poi fermarsi all’apice e permetter loro di guardare la cittadina illuminata dalle candele e percorsa dai bambini a caccia di dolci e dalle loro famiglie.

“Lo so che è strano e che ci conosciamo appena, ma questa notte è stata bellissima e vorrei poterti vedere ancora.” Le confessò Kara, non era più così sicura che Lena volesse sentire quelle parole, ma non poté impedirsi di pronunciarle. Sentiva un profondo senso di urgenza, come se quella fosse la sua unica occasione.

Lena le sorrise, aprì la bocca come se volesse rispondere, poi guardò verso Est dove un leggero chiarore disturbava la luce delle stelle.

“Dobbiamo andare.” Le disse soltanto.

Lasciarono le giostre, dove alcuni ragazzi resistevano al sonno, e tornarono alla pizza della città.

“Sai, pensavo a quello che hai detto prima, la notte di Halloween non è la più breve dell’anno.” Fece notare Kara, a lei era sembrata una lunga e divertente notte passata con la donna più interessante che avesse mai conosciuto.

“È la mia unica notte.” Mormorò Lena. “Una notte magnifica.”

Kara si voltò a guardarla, perché sapeva che Lena non stava ammirando il cielo sopra di loro, le decorazioni o il lontano chiarore del sole, ma lei.

La sua pelle era bianca e perfetta, le sue labbra appena truccate, i suoi occhi splendidi come la volta celeste, forse di più.

“Perché mi sembra di conoscerti da tutta una vita eppure so appena chi sei?” Bisbigliò.

“Ha importanza?” Le domandò allora lei. Erano vicine eppure Kara percepiva una distanza incolmabile tra loro e quella consapevolezza la ferì.

Lena voltò il viso spezzando il loro contatto e continuò a camminare, le mani infilate in tasca.

“Il sole sta per sorgere, è tempo che io ti dica la verità.”

“La verità?”

Kara la fissò perplessa e Lena si fermò, indicandole un uomo fermo davanti ai cancelli del cimitero appena oltre la piazza della città.

“Chi è?” Domandò Kara perché sapeva che quell’informazione era vitale.

“Kal.” Disse allora Lena e lei si ritrovò a scuotere la testa.

“Non è possibile. Lui è un bambino, è nato da poco io… sono sicura…” Eppure ora non lo era più, lo sconosciuto doveva averle viste perché si avvicinò a loro. Era alto, la corporatura muscolosa, le spalle larghe e forti, ma gli occhi dolci, vi era tristezza in essi, malgrado vi fosse un sorriso sulle sue labbra.

“È qui, vero?”

“Come sempre.” Confermò Lena, aveva la voce rotta.

“Alex?” Alla domanda l’uomo indicò con la testa il ristorante, ora silenzioso.

Kara ruotò la testa e osservò la donna appoggiata allo stipite della porta. Non era Alex, non poteva essere lei... era troppo vecchia per essere lei!

“Mi ha detto di dirti che ti vuole bene.” Aggiunse l’uomo e questa volta non guardava Lena, ma l’aria accanto a lei.

“È qui.” Spiegò allora Lena e la indicò.

“Non capisco…” Si ritrovò a dire Kara, eppure iniziava a capire.

“Kara, voglio che tu sappia che sto bene, so che per te il tempo non è passato, che crei un mondo in cui mi stai crescendo, ma devi sapere che Martha e Jonathan sono stati dei fantastici genitori e sono felice, mia moglie, Lois, ha avuto una bambina, anni fa, si chiama Kara Kal-El in tuo onore.” Le sorrise e lei rivide in lui il bambino che ricordava. “Mi hai salvato, l’hai fatto tanti anni fa, se sono qui adesso è grazie a te.”

Kal…” Accettò finalmente lei, sentiva la gola annodarsi e gli occhi pungere per le lacrime che minacciava di versare.

“Ti voglio bene.” Aggiunse, poi annuì a Lena, mise le mani in tasche e andò via, le spalle incassate come se combattesse una battaglia contro se stesso o forse, solo contro il dolore.

“Lena?” Chiamò, sentiva dei pezzi congiungersi nella mente, ma mancava qualcosa, qualcosa di importante. “Sono…?”

“Sì.” Ora vi era una lacrima che scivolava sul viso della donna. “Sei morta molti anni fa, un asteroide avrebbe colpito la Terra, troppo grande per qualsiasi cosa io potessi lanciargli contro, tu e Clark siete partiti, solo lui è tornato, stringendo il tuo corpo. Hai voluto salvarlo, come avevi promesso a tua madre, tanti anni fa. Hai dovuto essere l’eroina del mondo, anche quando io avrei voluto che ti comportassi un po’ più egoisticamente.” Sorrise, stemperando le sue parole. “Hai salvato tutti noi, anche Clark.”

“Ma sono qui ora, sono davanti a te!” La sua mente rifiutava di comprendere quello che il suo cuore iniziava a credere.

“Una volta all’anno, ad Halloween, torni qua. Non so perché, non so come sia possibile. Tutta la mia conoscenza, tutta la mia scienza non servono a nulla. Non riesco a capire, non riesco a raggiungerti o a farti rimanere.” Era frustrata, ma in qualche modo non lasciava che il dolore la sovrastasse come se…

“Hai già vissuto questa notte.” Comprese.

“Sì, molte volte.”

“È sempre uguale?”

“Sì e no… a volte prendi i ravioli cinesi a volte la pizza, certe volte mi dici che scrivi altre ammetti che salvi le persone, tenti sempre di portarmi alle giostre, ma a volte andiamo all’osservatorio oppure alla pinacoteca, vuoi sempre vincere l’orsacchiotto più grande che c’è...” Sorrise stringendo il peluche. “Ne ho una montagna a casa.” Scosse la testa. “Una volta parlavi solo kryptoniano, per fortuna me l’hai insegnato. Alcune volte ricordi dettagli di me più in fretta… come la mia paura di volare, altre no.” I suoi occhi ora contenevano quell’amore che prima Kara non aveva compreso. “Ma riesci sempre, sempre, a farmi innamorare di te, ogni volta in un modo diverso.”

Ora il suo sorriso era soffocato dal dolore, non tratteneva più le lacrime. Kara fece un passo avanti e si ritrovò ad attraversare il corpo di Lena senza poterla toccare.

Strinse i pugni dalla rabbia, mentre percepiva di nuovo quella lontananza insondabile tra loro due.

“Perché puoi vedermi, posso parlarti, ma non posso toccarti? Ho mangiato e…” Si fermò a pensare a quel piatto pieno, aveva davvero mangiato? E quei barattoli, erano davvero caduti per mano sua o si era convinta che a farli cadere fosse stata lei?

“Se non sai di essere morta, è la tua stessa mente a ingannarti.”

“Ma la città… penseranno che sei pazza.”

“Pensano solo che io sia eccentrica, non mi importa in realtà. Ho provato a dirti subito tutto, ma è difficile per te sopportare tutto questo per un'intera notte. Nasconderti la verità rende più piacevole la tua serata.” Kara osservò il viso della donna e non provò neppure ad immaginare quello che aveva dovuto passare.

“Dovresti...” Iniziò a dire, ma Lena scosse la testa.

“Mi trovi sempre, non importa quanto sia grande la folla, non importa in quale parte del mondo io sia. Tu mi trovi sempre. Ogni volta mi chiedi di lasciar stare, di non passare questa notte con te, di smettere di rimanere aggrappata al passato, di trovare un'altra persona che mi possa rendere felice.” Kara annuì, anche se aveva le lacrime agli occhi, un dolore sordo nel petto. “Ma, Kara, quando si ha la fortuna di incontrare la propria anima gemella nessun altro potrà mai riempire il vuoto creato dalla sua perdita.” Sorrise ora, poi le indicò il cimitero e verso di esso si incamminò.

Kara la seguì, lanciò solo un ultimo sguardo verso la piazza deserta, lì dove Kal e Alex stavano aspettando, uno accanto a l’altro, ma non erano soli, accanto a loro c’era il barista, il bigliettaio della giostra e il proprietario dell’orsacchiotto che Lena aveva lasciato in mezzo alla piazza, e molte altre persone che ora Kara seppe riconoscere: Brainy, J’onn, Eve…, tra tutti notò una donna aveva i capelli scuri, come quelli di sua madre e lo stesso modo di tenere le spalle, elegante e al contempo fiero, ma con i suoi occhi, lo sapeva anche se non poteva vederli nel buio.

“Non ti ho lasciata sola, non è vero?” Comprese.

“No, non sono sola, c’è tua sorella, ci sono Sam e Ruby, Kal, Lois e mia madre che riesce a non essere troppo pessima ogni tanto, c’è Lex e ci sono i nostri amici: J’onn, Brainy, Cat, Eve; e poi…”

“C’è nostra figlia.” Improvvisamente ricordò la gioia di avere una bambina da stringere, lo sguardo fiero di Lena nel vederla crescere, l’amore assoluto e totale che provava per lei.

“Non può vedermi?” Chiese e le sembrò che quella verità le potesse spezzare il cuore.

“Saresti fiera di lei, tanto quanto lo sono io.” Le disse Lena, senza rispondere a quella domanda la cui risposta era ovvia, solo Lena poteva, solo lei aveva legato in quel modo indissolubile il proprio cuore al suo.

Il cimitero era scuro e il grande acero era una pozza più scura delle altre, ma le stelle riuscivano ancora a brillare su di una lapide bianca al centro del quale vi era il simbolo che adesso ricordava di aver portato sul petto per tanti anni fino a quel giorno, nello spazio, dove neppure la tuta creata per lei da Lena era bastata a tenerla in vita. Scostò la mantella rossa che aveva tenuto addosso fino a quel momento e lo ritrovò ancora una volta inciso nel suo abito.

“Ti abbiamo seppellita negli abiti tradizionali di Krypton.” Le spiegò Lena. “Eri bellissima.” Mormorò.

“Non posso restare.” Comprese Kara. Sentiva che il suo tempo stava per finire, ancora una volta.

“Lo so, ma io ti aspetterò ogni anno, qua, fino a quando non sarà il momento di partire con te.”

“Non posso andare.” Affermò allora Kara. Lena le sorrise.

“Permettimi di mostrarti il mio vero aspetto.” Disse e Kara annuì, consapevole che la stava solo distraendo da quello che ben presto sarebbe successo. Lena premette su di un piccolo dispositivo che portava al polso e il suo aspetto cambiò. Ora davanti a Kara vi era una donna bella ed elegante, ma con almeno trent’anni di più. Lena abbassò il viso sotto il suo esame.

“Sei bella, come il primo giorno che ho posato lo sguardo su di te.” Le disse. “Come vorrei poterti baciare.” Mormorò, poi.

“Un istante.” Le disse allora Lena, sorridendo. “Avremo un istante.”

Il primo raggio del mattino illuminò i suoi capelli e lei sentì che stava per perdersi di nuovo, poi la mano di Lena fu sulla sua. Le loro dita si intrecciarono e Kara la attirò a sé premendo con disperazione le proprie labbra contro le sue.

Un bacio.

 

Kara svanì e Lena si ritrovò sola davanti alla bianca lapide.

Era andata via, di nuovo.

“Arrivederci, dolce amore mio.” Mormorò al vento.

 

 

 

 

Note: Questo è il prompt che ho scelto: “B è un fantasma e può tornare nel mondo dei vivi solo nella notte di Halloween, A è l’unica a vederla.” Era molto semplice e, per una volta, non ho provato a piegarlo a mio piacimento, ma l’ho rispettato, facendo di esso il cuore della storia.

Ancora una volta una storia di fantasmi, spero non vi siate stufate! Volevo aspettare la mezzanotte prima di pubblicare, ma alla fine ho ceduto.

Fatemi sapere cosa ne pensate. ;-)

 

Ovviamente la storia partecipa all’iniziativa “Nightmare Before Femslash” del gruppo LongLiveToTheFemslash.

  
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