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Autore: Doux_Ange    31/10/2018    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL BAMBINO DI NATALE - versione 3

 

N/A La parte compresa tra i tre asterischi (***) è la copia del capitolo 'Il bambino di Natale - parte 1' nell'altra mia fanfiction 'Life-changing frenzy', che ho inserito perché procede regolarmente come in puntata. Oltre gli asterischi, la parte alternativa. È piuttosto lunga, ma ho preferito lasciare il capitolo per intero, che arriva fino alla fine dell'episodio. Buona lettura!

 

*** Ormai sono passati un paio di giorni dal ritorno di Anna.

Chiara avrebbe voluto che restasse a casa almeno il giorno successivo, ma lei non ne ha voluto sapere, tornano immediatamente a lavoro.

Stamattina hanno mandato Ghisoni a dirmi di recarmi al piccolo museo per un furto di un'opera di valore perché il mio cellulare dà i numeri. Sono due giorni che non funziona, non riceve niente. Non è nemmeno problema dell'operatore, quindi aspetto che si decida a sistemarsi da solo, non mi va di cambiarlo.

Arrivo sul posto in ritardo rispetto agli altri, ancora cercando di convincere il cellulare a collaborare. Niente.

 

All'ingresso trovo Anna.

“Ehi, ciao,” la saluto. Lei ricambia, un po' nervosa. “Com'è la situazione?”

“Sono appena arrivata... tutto bene?”

“Sì sì sì, tutto bene, qua però sono due giorni che ho il telefono impallato e non mi prende le chiamate.” Le spiego, almeno sapranno per certo perché non mi avevano rintracciato.

“Ah. E i messaggi?”

“No, neanche quelli.” Sono praticamente irreperibile.

“Bene... andiamo.”

La seguo su per la scalinata, ancora a smanettare con quell'aggeggio.

“Ma perché non lo butti? È vecchio... Io lo butterei.” Fa lei a un certo punto, probabilmente già seccata di vedermi uscire pazzo con sto coso. Però no, non c'è bisogno.

“Ma che, me lo aggiustano.”

“Guarda, te lo compro io, non ti si può vedere con questo telefono!”

“Pensi che possiamo andare a lavorare o apriamo un dibattito sulla telefonia?” Le chiedo, ridacchiando. Che ha oggi, contro il mio telefono?

Le si limita a lanciarmi uno sguardo di sbieco prima di proseguire, presentandosi al direttore del museo.

“Ha chiamato Lei il prete?” Domanda. È vero, ho notato anch'io la bicicletta, giù nell'atrio.

“Sì, sono stato io,” conferma Dotti, “seguitemi.”

Lui si avvia e Cecchini che era già lì ne approfitta per commentare. “Lei è fissata che sono io...”

“Sì, ma che c'entra, Don Matteo? Che c'entra?” Ribatte Anna esasperata, seguendo poi il Direttore. Trattengo una risata, incamminandomi dietro di lei.

Il direttore ci spiega che hanno rubato solo la statua del Bambinello, di enorme valore e proprietà della Curia.

Cerchiamo indizi su come possa essere avvenuto il furto, indagando però anche sulla ragazza che è stata colpita durante il tentativo di furto.

Parliamo con il guardiano, padre della giovane, e il suo racconto ci sembra strano, così decidiamo di andare più a fondo.

 

Tornati in commissariato, mi occupo delle questioni burocratiche relative al caso, prima di entrare nell'ufficio di Anna, intenta a parlare con il Maresciallo, per chiederle un chiarimento.

“Scusi... che ci fai col mio telefono?” Chiedo, vedendoglielo in mano.

“Squillava e glielo stava portando,” mi risponde Cecchini.

“Ah... grazie. ma... non c'è nessuna chiamata qua.”

“Strano, 'sti telefoni...”

“Sta dando i numeri 'sto coso, mi arrivano le mail della settimana scorsa. 'Sto coso è rotto.”

“Bene...” Mormora Anna. Come, bene?

La fisso, interdetto.

“No, bene... che ti arrivano le mail, così non le perdi!” Risponde con ovvietà.

Giusto, in effetti.

“Senta Maresciallo, stasera andiamo al Duke a vedere la partita con Chiara. Viene anche Lei, Maresciallo?”

“No, non posso, stasera c'è l'ultima puntata di una fiction, devo vedere chi muore per ultimo.”

“Veniamo io e Giovanni,” esclama Anna.

No, il pretino no. Tutti ma non lui.

Tu vieni a vedere la partita?!” Chiedo, sarcastico. Ma se odia il calcio! È proprio forse la sola cosa che ci fa divergere completamente, questa.

“Allargo i miei orizzonti.” Si limita a ribattere lei. Sì, okay, ma il mezzo prete che c'entra?

Mi informo meglio. “Ah, come va con Giovanni? Ci state riprovando?” Di' di no.

“Perché?”

Che risposta è? Io volevo un sì o un no.

“Beh, non lo so, forse mi sono sbagliato nella prospettiva, ma... no, ho visto che...”

“Cosa?” Chiede lei con un cipiglio confuso.

“Vi stavate baciando! No?” Altro che sbaglio di prospettiva. Sbaglio di persona.

“Ma no... Siamo solo amici.”

Non 'solo amici' come noi due, vero? Vero?

Bussano alla porta dell'ufficio, ed entra Zappavigna con un fascio di rose rosse.

“Capitano, questi sono per Lei,” spiega, consegnandoglieli.

“Che è, il suo compleanno?” Si informa Cecchini, curioso come sempre.

“Veramente... no.”

Io osservo con tanto d'occhi. Non mi dire che il mittente è chi penso io.

“Ah... Giovanni.” Dice infatti Anna in tono piatto, leggendo il bigliettino annesso.

Io tento con tutte le mie forze di mostrarmi indifferente. Tengo gli occhi bassi sul cellulare, ma prima che possa impedirmelo, le parole mi escono di bocca senza che riesca trattenerle.

“Originale... attenta che tra un po' arriva là sotto col mandolino a farti la serenata.”

Bravo, Marco, non si vede che la cosa ti dà fastidio. Proprio per niente. Tu e la discrezione siete cose diverse, non c'è verso.

Dovresti darti una mossa invece di fare lo spiritoso.

Anna non ribatte, comunque non può perché Zappavigna ci comunica che tra i dipendenti del museo, c'è anche Remo Farina.

Il padre di Cosimo, ancora latitante per rapimento.

Ci mettiamo immediatamente in moto per tentare di rintracciarlo, chissà che non sia coinvolto anche in questa storia.

 

***

 

La sera, ecco che arriva il momento della partita.

Partita che, so già guarderò con scarsissima attenzione vista la presenza, più che di Chiara, di Anna e l'ex, Giovanni.

Come cavolo ci siamo finiti qui tutti e quattro non me lo spiego.

Già è difficile per me se ci sono entrambe le sorelle Olivieri, ma se si aggiunge il mezzo prete sono fregato. Ormai ho capito che è ancora innamorato di Anna e chiaramente sta provando a riprendersela, ma non ho ancora capito la posizione di lei al riguardo.

Cioè, appurato che il suo nervosismo delle ultime settimane fosse dovuto al ritorno di Lisi a Spoleto, sono a mani vuote rispetto alla sua ex relazione. In fondo non so davvero se si siano incontrati altre volte, magari mentre io non c'ero, visto che sono pure vicini di casa, ora.

Vero, lei mi ha detto che sono 'solo amici' in ufficio, ma questo non significa che sotto sotto non ci sia altro, magari un ritorno di fiamma. Non lo so, non riesco a decifrarla. Si tiene sempre sulla difensiva quando entriamo in argomento.

Non è che tu abbia tanto diritto di parlare, torna a farsi sentire la vocina ironica, anche se sei innamorato di lei e gliel'hai fatto in qualche modo capire, stai ancora con sua sorella. Lei è libera e può fare quello che vuole. Non le stai dando segni poi così concreti che vorresti stare con lei, visto che ti ostini a non voler lasciare Chiara.

Metto a tacere la vocina-grillo parlante che sinceramente a volte preferirei non avere giusto per non sentire il rimorso a ogni minima cosa, e cerco di dedicarmi alla partita, sorseggiando la mia birra.

Con mio enorme scorno, a un certo punto è proprio Giò a prendere la parola.

“Quando Anna mi ha invitato alla partita, non potevo crederci,” esclama con un sorrisetto soddisfatto.

Io le lancio uno sguardo seccato e godo nel vedere che lei sembra in imbarazzo.

Nemmeno io ci credevo quando me l'ha detto, in ufficio. Indifferente, e poi? Me lo ritrovo davanti e mi devo pure trattenere.

“Sì, in effetti tu odi il calcio...” commenta Chiara. In effetti, quindi che ci facciamo qui tutti e quattro, qualcuno me lo spiega?

“Uno non può cambiare idea?” È la risposta acida di Anna. Va bene se stiamo parlando di calcio. Se parliamo di quello seduto accanto a te, allora no.

“Vabbè, se l'ha cambiata lui, voglio dire...” Proprio non riesco a trattenermi. Tanto convinto prima, e ora torna e pretende che sia tutto come prima? No, mi rifiuto di lasciargli il campo vuoto così. “Giovanni, tu adesso sei convinto? Non è che fai avanti e indietro come Sant'Agostino?” Chiudi. Quella. Bocca. Marco. E che cavolo! Sempre a sproposito.

Chiara fa una risatina, ma capisco che è solo per reggermi il gioco, considerata la faccia tetra dei due colombi.

“No, sono sicuro.” Mi dice lui, guardandomi fisso negli occhi. Poi, con mio profondo orrore la sua mano scivola sulla coscia di Anna in un gesto così naturale che mi fa montare la gelosia a livelli inimmaginabili. “Ho capito che avrei rinunciato a qualcosa di molto più importante.” Afferma poi, rivolto verso Anna, che solleva lo sguardo incrociando il suo.

Non riesco a capire cosa provi lei in questo momento: sembra in imbarazzo, ma potrebbe esserlo per mille motivi diversi. Ma poi, questo qua, proprio ora se ne doveva uscire con le frasi da conquista alla Baci Perugina? Non se ne poteva stare a fare l'eremita in montagna, quella volta?

Io non riesco più a guardarli, così fingo di tornare a vedere la partita. “Ci hai messo un po' a capirlo, però...” Commento, fissando la tv posta in alto.

Te ne dovevi accorgere prima quanto lei fosse importante, Giò.

“Oh!” Tenta di bloccarmi Chiara, ma ormai la mia bocca agisce per conto suo.

“Con cose importanti dici la birra e il calcio? Là, non avete la parabola in seminario, no?” Sì, Marco, complimenti! Guarda che il discorso valeva pure per te! Guarda in che situazione siete per la tua mancanza di coraggio!

“Marco, basta.” Mi dice stavolta Chiara con un tono serio che non le avevo mai sentito prima.

Guardo di sfuggita Anna, e mi rendo conto che forse dovrei provare a tenere più a freno la lingua, perché è evidente che le mie parole hanno ferito più lei che altro. E poi non hai il diritto di comportarti così.

“Io direi che l'importante è che sia tornato. No?” Continua Chiara, cercando di arginare la cosa.

“Giusto,” concorda Giovanni.

Anna non fiata, ma mi lancia un'occhiata che, di nuovo, non riesco a interpretare.

È un misto tra rabbia e soddisfazione che mi fa capire che mi sono legato le mani da solo.

“Facciamo un brindisi,” propone Chiara. “Ai ritorni!”

Sì, possibilmente al ritorno dei miei neuroni. E del mio coraggio che sembra essersene andato in vacanza da quella sera in ufficio per via dell' “errore”.

Avvicino il bicchiere a quello di Chiara, mi trattengo dal dare un colpo secco a quello di Giovanni per farglielo finire addosso, ma quando arriva il turno con Anna siamo talmente distratti, oltre che nervosi per la scenetta di qualche istante fa, che lei si lascia scivolare il bicchiere. Versando però il suo drink sul mio cellulare.

La guardo malissimo.

“Non l'ho fatto apposta,” si giustifica lei, “guarda, te lo ricompro.” Per quanto sia perfettamente vero che è stato un incidente perché eravamo più impegnati a guardarci male che a controllare i bicchieri, la mia rabbia si scarica automaticamente nella risposta acida che le riservo.

“No, ancora, che ricompri! Dammelo, qui c'è tutta la mia vita.”

“Volevo essere gentile,” mormora lei.

Continuiamo a lanciarci occhiatacce per un po', e per la prima volta non riesco nemmeno a godermi la partita come si deve.

Non so nemmeno che hanno pensato Chiara e quell'altro su quella scenata, che per noi aveva assolutamente senso ma per loro no.

Cambiamo argomento, e io mi pento un pochino per come mi sono comportato. In effetti il cellulare non è che funzioni molto, me lo porto appresso per abitudine, ma se non si riprende sarò costretto a ricomprarlo davvero. Non è che l'innaffiatina abbia poi causato chissà quali danni ulteriori.

Rivolgo uno sguardo di scuse ad Anna non appena ne ho l'occasione, e dopo una breve esitazione, lei ricambia con un mezzo sorriso.

Non mi ha perdonato completamente, ma almeno adesso possiamo tornare a rivolgerci la parola e partecipare alla conversazione come due persone ragionevoli.

Lo so, ho esagerato. E non solo per il cellulare. Ma è più forte di me.***

 

Giovanni's pov

 

Poco dopo il termine della partita, ci salutiamo e Chiara e Marco vanno via visto le insistenze di lei di voler fare una passeggiata, così io e Anna torniamo verso casa con la mia auto. Il silenzio tra noi è qualcosa a cui non sono abituato, e c'è un chiaro disagio nell'aria che non riesco a identificare con chiarezza.

Ripenso alla serata appena trascorsa, e la mia mente si sofferma su alcuni momenti tra lei e Marco.

Ho cercato di osservarli più attentamente da quando lui ha mostrato tutta quella preoccupazione quando Anna è stata rapita, ma ancora non sono riuscito a capire che tipo di rapporto ci sia tra loro. Per quanto ne sapevo io non correva buon sangue, e lei mi aveva assicurato più volte che non ci fosse assolutamente nulla tra loro che andasse oltre un rapporto lavorativo formale. Certo, non sono stupido, ho notato che negli ultimi periodi prima che entrassi in seminario la formalità stava scemando, ma per il resto tutto sembrava confermare l'idea che fossero semplici colleghi. Al mio ritorno però ho avuto la conferma che non era più esattamente così, nonostante Marco avesse cercato di limitare la descrizione a questi termini. È stato chiaro dalle sue parole che si conoscono più di quanto siano disposti ad ammettere, e in tutta sincerità non ho ancora completamente digerito il fatto che Anna gli abbia raccontato di Lisi e suo padre. Con me c'è voluto un anno prima che si decidesse a parlarmene, e io qualcosa la sapevo già, invece con lui è bastato qualche mese perché lei si fidasse abbastanza da confidarsi.

È normale che io sia geloso. A prescindere dallo stato attuale della nostra storia, siamo stati insieme per cinque anni, quindi ho tutto il diritto di esserlo. E non ho nessuna intenzione di lasciargli fare insinuazioni, anche perché sta con Chiara quindi il suo comportamento non ha molto senso.

Decido di affrontare il discorso direttamente con Anna: ho bisogno di conoscere la sua posizione per capire come muovermi.

Faccio un respiro profondo. “Marco stasera si è divertito parecchio a prendermi in giro.” Esordisco a un certo punto, mantenendo lo sguardo sulla strada.

Con la coda dell'occhio noto Anna sgranare gli occhi.

“È fatto così, lui. Pensa di essere simpatico anche quando non lo è.” Mormora senza guardarmi.

Hai usato un'espressione simile a quella di Marco quella volta in ufficio. Come se fosse la cosa più naturale del mondo conoscere certi aspetti di una persona.

“Immagino si comporti allo stesso modo al lavoro.”

“Mh.” Si limita a rispondermi con una strana espressione in viso.

“Ancora non ho capito se andiate d'accordo o meno.” Butto lì con fare casuale, sperando che l'osservazione non risulti troppo mirata.

Anna si volta finalmente verso di me.

“In che senso?”

“Beh... vi siete comportati in maniera strana per tutta la serata. Tipo quando gli hai rovesciato per sbaglio il drink sul cellulare, se l'è presa più del dovuto, quando aveva detto lui stesso che non funzionava più bene... è stato un battibecco come quelli che mi hai raccontato altre volte. In altri momenti invece ho avuto l'impressione che volesse difenderti a tutti i costi.”

“Lui, difendere me? Ma quando mai...” Cerca di schernirsi, ma io insisto.

“Quando mi ha rimproverato per averci messo un po' a capire quali fossero le cose importanti a cui stavo rinunciando... era chiaro che si riferiva a te.”

“Io non credo. Siamo colleghi, che interesse avrebbe?” Chiede, ma evita il mio sguardo puntando gli occhi fuori dal finestrino per tentare di dissimulare il rossore sulle guance.

Non sei mai stata una gran bugiarda, Anna. E nemmeno Marco sa mentire così bene. Ti avrei anche creduto se non fosse che entrambi cercate di fingere di non conoscervi.

Decido di lasciar correre, almeno con lei.

“Sì, in effetti hai ragione. Magari voleva solo farmi capire che ho fatto bene a cambiare idea.”

Lei si limita ad annuire, lo sguardo perso davanti a sé.

 

I dubbi continuano a tormentarmi tutta la notte, così durante la mattina chiamo Chiara per chiederle di vederci da qualche parte perché ho bisogno di parlarle. Non so se immagina l'argomento della discussione, ma devo sapere. Il loro comportamento di ieri sera è stato troppo strano, senza contare le altre volte e le risposte di Anna. Magari sono io a farmi fantasie inesistenti e le osservazioni di Marco erano davvero guidate dalla stima che magari gode per Anna dal punto di vista lavorativo, e probabilmente per il resto la spiegazione è semplicemente qualche battibecco più pesante in ufficio.

 

Nel pomeriggio, ci vediamo per un caffè lontano dalla caserma. Non voglio che Anna lo sappia, anche se in ogni caso è ancora al lavoro, ma non voglio rischiare che ci incroci quando torna.

Chiara arriva all'appuntamento con qualche minuto di ritardo.

“Allora, di cosa volevi parlarmi?” Chiede, dopo esserci accomodati a un tavolino in un angolo in disparte.

Io esito un attimo, incerto su come formulare i miei dubbi.

“In realtà volevo chiederti... di Anna e Marco.”

Lei fa un'espressione sorpresa che non mi convince del tutto. “Perché? Qualcosa non va?”

“No, è solo che... Anna era strana quando siamo andati via, e visto quella discussione che hanno avuto al Duke, non so, magari hanno litigato prima e l'uscita a quattro di ieri non è stata una buona idea... volevo capire come comportarmi, ecco.”

Lei sembra pensarci su. “Se è per questo battibeccano di continuo... cioè, non sempre in senso negativo, ecco, diciamo che sono... amici... Sono sempre insieme al lavoro, devono pur andare d'accordo qualche volta... ” Dice con leggerezza, ma per qualche motivo cerca in tutti i modi di non incrociare il mio sguardo. Anche Anna fa così quando c'è qualcosa che non vuole dirmi, ma se con lei voglio andarci piano perché ho bisogno di riconquistare la sua fiducia, a Chiara posso chiedere senza troppi rimorsi.

“Io li ho visti diversi rispetto a come mi ricordavo. E Marco mi è sembrato fin troppo coinvolto in certi momenti.”

“Ma no, dai...”

“Per favore Chiara, non mentire anche tu. Sei stata tu stessa ieri a dargli una frenata perché aveva tutta l'aria di volermi umiliare per aver fatto star male Anna.”

Lei abbassa gli occhi, così ne approfitto per premere ancora.

“Due persone che non si sopportano non si comportano come loro. Ho visto alcuni sguardi che si sono scambiati, e voglio capire come interpretarli. Ho capito che sono cambiate molte cose in questi mesi tra loro, ma non riesco a capire in che modo.”

Chiara mi rivolge uno sguardo di scuse. “Hai ragione. Non è vero che non si sopportano, sono diventati amici. Anzi, è in un certo senso merito di Anna se io esco con Marco. Ci siamo visti spesso a casa di mia sorella quando veniva per darle lezioni di cucina, e una sera siamo usciti insieme. Sinceramente non pensavo si sarebbe fatto avanti con me, sembrava... preso da altro.”

Io inarco le sopracciglia. “Lezioni di cucina? Da lui? E da quando?”

“Questo non saprei dirtelo con certezza, io mi ci sono ritrovata in mezzo a cose fatte... non ne ho idea in effetti, non l'ho mai chiesto a mia sorella.”

“Quindi avranno passato molto tempo insieme.”

“Beh, sì, certo...” Ammette con un pizzico di riluttanza. “Infatti per certi versi mi dà fastidio che sembra conoscerlo più lei di me, però è pur vero che si vedono più spesso per via del lavoro...” Cerca di giustificarsi, ma non posso non notare la leggera nota di gelosia nelle sue parole.

“Sì, ho avuto anch'io l'impressione che si conoscano più di quanto siano disposti ad ammettere, e non capisco perché.”

“Se temi che ci sia qualcosa tra loro, puoi stare tranquillo. Al di fuori dal lavoro e le lezioni di cucina, non vanno poi così d'accordo. Sono sempre sul piede di guerra.”

“Dici?”

“L'hai visto anche tu ieri sera, no? L'avrà anche difesa all'inizio, ma poi è bastato un minimo perché tornassero a litigare.”

Questa sua osservazione mi tranquillizza abbastanza da permettermi di decidere il mio prossimo passo.

 

Quello che avrei dovuto fare mesi fa.

 

Anna's pov

 

Stamattina la mia mente è stata occupata dal piccolo Cosimo, che ieri pomeriggio si è sentito male durante una partita di calcio ed è stato portato d'urgenza all'ospedale. Lì, questa mattina hanno scoperto che è stato colpito da una forma di leucemia molto aggressiva e non ha molte speranze di sopravvivere. Io ero lì quando hanno dato a Don Matteo e gli altri la terribile notizia, e ho cercato di stare il più possibile vicino al maresciallo, che vuole profondamente bene a quel bambino come se fosse suo nipote. Vedere il dolore sul suo volto è stata una pugnalata. Io so bene come ci si sente, di fronte a notizie così sconvolgenti.

Spero solo riusciremo a trovare Farina in tempo, è forse l'unica speranza per Cosimo.

 

Quando torno a casa, però, mi torna in mente la scenetta di ieri sera al Duke. Al comportamento di Marco e le sue frecciatine. Perfino Giovanni si è accorto che c'era qualcosa di strano.

Solo che, a prescindere dai miei sentimenti per lui, Marco non ha nessun diritto di fare il geloso. Ha scelto Chiara, no? Che ne accetti le conseguenze.

Nonostante ci provi, l'idea di dirgliene quattro non mi abbandona, quindi decido di andargli a parlare, e chissà che non riesca a mettere le mani sul suo telefono nel frattempo. Il messaggio non deve leggerlo in nessun caso.

 

Quando mi decido a bussare, Marco è ovviamente sorpreso di vedermi lì ma mi invita subito ad entrare.

“Ah, ho saputo di Cosimo... mi dispiace un sacco.”

“Sì, stiamo cercando Farina, è l'unico modo per salvarlo...” Spiego, malinconica.

“Ma... come mai sei qui? Posso fare qualcosa per te?” Mi chiede con una dolcezza che mi spiazza e che mi fa quasi desistere dal mio intento.

Quasi.

“Volevo... capire perché hai detto quelle cose ieri sera.”

Lui mi rivolge uno sguardo confuso. “Quali cose?”

“Quelle su Giovanni.”

La sua espressione si fa strafottente. “Cos'è, l'avvocato non sa difendersi da solo?”

Questa sua risposta ha il potere di innervosirmi come poche altre volte, ma cerco di mantenermi calma. “No, non è per lui. Non puoi prima tirare il sasso e poi nascondere la mano, sai.”

“Io non ho fatto niente.”

“Certo... perché per 'cose importanti' intendevi davvero la birra e il calcio.” Dico infastidita, incrociando le braccia. È incredibile come riesca a farmi perdere la pazienza in così poco tempo.

“Magari no, è vero, ma è vero pure che lui ce ne ha messo di tempo per capirlo.”

Sostengo il suo sguardo di sfida senza esitare.

“Ammesso che sia così, non vedo perché la cosa ti turbi tanto.”

“Ti ha fatta stare male per mesi, quindi perché te la prendi tanto se gli ho detto la verità?”

“Non mi sembra siano affari tuoi.”

“Scusa, eh, ma c'ero io con te quella sera in ufficio quando ti ho trovata a piangere per lui, insieme a tutte le altre volte in cui stavi male per colpa sua,” si innervosisce lui, irritando me di conseguenza.

“Questo non c'entra niente.”

“No, certo... tanto è chiaro, ci stai ricascando di nuovo.” Mi dice sprezzante.

“È chiaro che tu non hai capito niente...” Rispondo, la mia voce che trema appena dalla delusione. Davvero crede che io sia ancora innamorata di Giovanni?

Lui sembra confuso per un attimo. “Cosa non ho capito?”

“Che io ti-” Mi blocco appena in tempo, prima che le parole mi sfuggano dalle labbra per rabbia inespressa. Non deve sapere. Scuoto la testa. “Lascia perdere. Non ha importanza.”

Faccio per andarmene, ma prima di uscire mi ricordo di un'ultima cosa.

“Ah, se dovesse arrivarti un messaggio da parte mia, ti prego di ignorarlo. È un messaggio stupido, idiota, e ho sbagliato a inviarlo. È stato un errore,” dico a voce bassa, per poi chiudermi la porta di casa sua alle spalle e tornare di corsa al mio appartamento.

 

Marco's pov

 

Riesco a mala pena a concentrarmi mentre mi preparo la cena, la mia mente è ancora ferma sulle parole di Anna.

La mia gelosia è stata evidente, lo so, ma non ce l'ho fatta proprio a trattenermi.

Ma non l'avrei mai ammesso con lei, oh no.

Torno a pensare a quel messaggio che ha detto di avermi inviato, pregando che il mio telefono torni a funzionare. Devo assolutamente leggere cos'ha scritto, ho l'impressione che sia la chiave dell'enigma di poco fa.

Mi ha accusato di non aver capito niente, e forse la soluzione sta lì.

Io so solo che non voglio che torni con lui, anche se non ho il diritto di intromettermi visto che sto con sua sorella perché sono un codardo.

 

Riesco a pensare solo a questo per tutta la sera, e stanotte non sono riuscito a dormire granché. Pensavo sempre alle parole di Anna, al messaggio misterioso che mi ha detto di ignorare perché è stato un errore. Di nuovo.

Mi chiedo come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto. Perché non sto con lei, adesso?

Perché hai paura e sei solo un codardo, ecco perché.

E ora l'hai persa, perché si sta nuovamente innamorando di Giovanni. Almeno lui il coraggio di ammettere di aver sbagliato l'ha avuto. Tornerà tra le sue braccia, e tu sarai costretto a soffrire in silenzio.

 

Con queste parole deliziose che mi tartassano la mente entro in caserma, dove se possibile la mia pazienza viene minata ancora di più.

Cecchini ha lasciato credere a Cosimo di essere prossimi al Natale per via di un cappello di Babbo Natale che ha trovato per una coincidenza. Lui ovviamente si è intenerito, e gli ha anche promesso che avrebbero fatto l'albero, così stamattina nell'ufficio di Anna è venuto a chiederci di aiutarlo.

“Maresciallo, ma dove lo trovo un abete ad agosto, eh? Non lo può prendere finto?” Tento di dirgli.

“Già il Natale è finto, l'albero deve essere vero.” Ribatte lui, cocciuto.

“A me dispiace per Cosimo, davvero, ma questa è una pazzia! Anna, però, ti prego, di' qualcosa anche tu!” La supplico, visto che finora è rimasta appoggiata alla scrivania assorta nei suoi pensieri senza fiatare.

“Sì sì... è una pazzia...” Concorda. Oh, almeno qualcuno che ragiona. “Però se questa cosa è per il bene di Cosimo... il Natale... magari ne vale la pena, Marco!” Tenta dopo di convincermi. Non pure tu. Qualcuno deve pur farlo rinsavire.

“Conti pure su di me, Maresciallo,” sussurra poi lei con voce dolce rivolta a Cecchini, e il volto grato di lui mi fa vacillare un attimo.

Zappavigna ci interrompe aprendo la porta. “Capitano, Remo Farina è stato ripreso dalle telecamere di un autogrill vicino Spoleto, il giorno dopo la rapina.” Ci informa.

“Allora è lui! È qui!” Salta su Cecchini.

“Dobbiamo trovarlo prima che consegni la statua, allora.” Affermo.

“Dobbiamo trovarlo per Cosimo!” Mi corregge il Maresciallo, teso.

“Lo troveremo, glielo prometto,” cerca di calmarlo Anna con lo stesso tono di prima.

Lui le fa un cenno di ringraziamento prima di precipitarsi fuori.

Con questo coinvolgimento emotivo di tutti nelle indagini, non so come ne usciremo.

 

***

 

Più tardi, Cecchini in qualche modo riesce a convincermi ad accompagnarlo a cercare l'abete.

Tentiamo direttamente al vivaio più grande di Spoleto: se non ne troviamo lì, non c'è ragione di cercare da altre parti. Ovviamente di abeti non c'è traccia, e il proprietario si diverte a prenderci in giro per la richiesta. Anzi, per essere precisi, ci sfotte alla grande.

Finiamo per prendere una palma, che fra l'altro devo pure caricare in macchina io perché lui dice di avere mal di schiena.

La portiamo in ufficio, e io temo già i commenti.

“Bella,” fa infatti Anna appena la vede, “fa tanto Natale ai Caraibi.”

Per qualche motivo la sua battuta mi infastidisce.

“Allora guarda, la prossima volta vacci tu a cercare un abete fuori, vai. C'è un vivaio qua con una persona squisita. E poi, scusami, sei tu che lo incoraggi.” Le faccio notare, indicando Cecchini seduto alla sua scrivania oltre il vetro.

Lei lo osserva, un po' abbattuta. “Marco, adesso più che mai il Maresciallo ha bisogno di incoraggiamento.”

“Sì, peccato che sia uno spostamento nevrotico,” spiego, indispettito, e lei chiude gli occhi, esasperata, “perché lui pensa al Natale per rimuovere la verità su Cosimo... Un po' come te con Giovanni, diciamo,” mi lascio scappare.

“Scusa?” Chiede allora Anna, con uno sguardo che non promette niente di buono.

“Sei ancora innamorata di lui.” Le dico, amareggiato. Tanto ormai non ha senso negarlo.

Si è rivolta a me per non pensare a lui. Non avrei avuto speranze comunque con lei, se è ancora innamorata del pretino.

Lei mi rivolge un'occhiata delusa. “Parlare con te non serve a niente.”

Sto per ribattere quando Cecchini entra.

“Il rapporto del RIS... ma... disturbo?” Ci chiede, notando probabilmente l'aria tesa.

Noi ci affrettiamo a negare, anche se è inutile. Io non riesco subito a concentrarmi sul lavoro, rivolgendole uno sguardo indispettito, poi finalmente mi decido ad ascoltare con più attenzione, ed è evidente che in questo caso c'è qualcosa che non va: un finto scasso, un depistaggio.

Arriviamo alla conclusione che dev'essere stato il custode ad aprire a Farina. Viene fuori che anche sua figlia era complice, non era lì per cenare come aveva detto inizialmente.

 

Se è vero che una parte del caso è stata risolta, resta da trovare Farina e recuperare la statua del Bambinello.

 

***

 

Riusciamo a rintracciare Farina, e ci affrettiamo a convocarlo in ufficio per l'interrogatorio.

Cerca di mentire facendo l'evasivo, ma stavolta è Anna la prima a stancarsi. Confermiamo il fermo intanto per il rapimento per il quale era ricercato, promettendogli che il resto non verrà lasciato impunito.

Prima che possa andare via, però, Anna si incarica di raccontargli della situazione di Cosimo.

Con nostro enorme shock, lui si rifiuta di presentarsi per la donazione del midollo, dicendo che tanto sarebbe stato inutile dare una speranza inesistente. Siamo costretti a lasciarlo andare con grande disperazione del maresciallo, che non si arrende e lo segue di sotto.

“Anna... non possiamo far niente, noi,” le dico, quando anche lei si alza.

“Non è per Farina, ma per Cecchini... c'è anche altro che lo coinvolge in questa storia.” Mi confessa senza però entrare nei dettagli, affrettandosi a correre dietro al Maresciallo.

Uno sguardo dalla finestra mi fa notare di come alla fine si occupi lei di lasciare Farina all'auto dell'Arma cosicché venga portato in carcere, dopo che il maresciallo aveva ceduto ai nervi.

Qualunque cosa sia, mi dà un'ulteriore conferma del forte legame che si è venuto a creare tra loro.

 

***

 

Quella sera stessa, Cecchini convoca me, Ghisoni e Barba in canonica, dove al mio arrivo sono già tutti presenti. Oltre noi, ci sono sua figlia Assuntina con Zappavigna – tornati insieme dopo il malinteso del bambino – Sofia e Seba, e naturalmente Natalina e Pippo. Anna non è venuta perché stasera era di turno, ma anche lei ha dato la sua disponibilità a collaborare a qualsiasi cosa.

Cecchini inizia a spiegarci il piano per il “C-Day”, ovvero il tentativo di far arrivare Cosimo dall'ospedale alla chiesa in Piazza Duomo facendo addobbare le vetrine con lucine e oggetti di Natale, con le luminarie per le strade e la gente vestita come se fosse inverno. Tutto per continuare a far sì che il bambino pensi di essere a dicembre. Per me continua ad essere una pazzia, e ho l'impressione che nessuno accetterà.

 

Comunque sia, mi obbliga ad andare con lui dal Sindaco il giorno dopo per far mettere le luminarie.

Gira e rigira, mi mette sempre in mezzo.

 

Giovanni's pov

 

Sono qui davanti alla porta di casa di Anna, intento a rigirarmi tra le mani la scatolina con l'anello che ho comprato per lei.

Ho deciso di chiederle di sposarmi.

Avrei dovuto chiederglielo mesi fa, invece di dirle che volevo diventare sacerdote. Avrei dovuto capirlo da allora, qual era la mia strada.

Infilo la scatolina nella tasca interna della giacca, e busso.

Lei mi accoglie con un sorriso, e io mi affretto ad entrare, un po' nervoso.

“Volevo farti vedere una cosa...” dico con voce incerta, tirando fuori dalla tasca una foto molto particolare. “Te lo ricordi?”

Le porgo il cartoncino: è una foto di noi due, subito dopo esserci lanciati col paracadute.

“Sì! Questo è il giorno più bello della mia vita! Credevo di averla persa, non ci posso credere... il mio primo lancio!” Esclama, emozionata, e io sento il cuore sprofondare un po'.

“Sì... è anche il giorno in cui ci siamo messi insieme...” aggiungo. Lei annuisce, e mi faccio coraggio per continuare. “Non lo dimenticherò mai... avevo una paura! Ma la verità è che l'ho fatto solo per te, ed è stato bellissimo.” Noto il suo sorriso luminoso alle mie parole, e mi dico che forse non è tutto perduto. Ma ho bisogno di esserne certo, prima. “Perché... è vero che a volte non ascolti e che metti sempre il tuo lavoro prima di tutto, ma tutto con... passione, impegno e forza di volontà...”

Anna abbassa lo sguardo, prima di tornare a guardarmi negli occhi. “Che mi vuoi dire?” Chiede, dopo un sospiro.

“Che quando sono con te, mi sento un uomo migliore... e l'ho capito quando ti ho lasciata.” Inspiro a fondo prima di continuare. “E mi rendo conto che, forse, me ne sono accorto troppo tardi.”

Lei abbassa appena il capo, nascondendo le iridi verdi al mio sguardo indagatore, cercando di non farmi leggere dentro quello che già so.

“Io non...” Mormora, senza però terminare la frase.

“Ho sperato fino all'ultimo di essermi sbagliato, ma... sono stato uno stupido a pensare di trovare tutto per come l'avevo lasciato, con te ancora ad aspettarmi.”

“Mi dispiace,” tenta, ma io scuoto la testa.

“Non hai niente di cui scusarti... anch'io ho le mie colpe, ho avuto paura a parlarti della decisione che ho finito per prendere senza ascoltarti davvero, e devo assumermene le responsabilità. E capisco che nel frattempo la tua vita è andata avanti, e che... è difficile accettarlo, ma dovevo mettere in conto che qualcuno sarebbe arrivato e si sarebbe portato via il tuo cuore mentre io non mi rendevo conto che l'unica cosa che mi importava era averti accanto.”

I suoi occhi verdi si fanno lucidi, e mi sembra così strano vederla così fragile, lei che si dimostra sempre così forte e a volte fin troppo cinica.

“Mi dispiace,” ripete, e io le accarezzo una guancia.

“Spero solo che Marco si renda conto di ciò che sta rischiando di perdere... Non voglio sapere come siete finiti in questa situazione e perché lui stia con Chiara pur provando qualcosa per te, ma spero si svegli in fretta. E spero che si meriti il tuo amore.”

Le lascio un delicato bacio sulle labbra, l'ultimo che posso permettermi di darle, poi vado via, lasciandola seduta sul divano con la foto di noi due ancora stretta tra le mani. La scatolina di velluto blu che pesa come un macigno dentro la tasca della mia giacca.

 

Marco's pov

 

Quando torno dalla canonica, mi affretto ad apparecchiare la tavola in attesa che arrivi Chiara.

Sono decisamente nervoso, perché non so davvero che fare. Non posso continuare a fingere che vada tutto bene, che la storia tra noi sia destinata a durare.

Però non voglio farla soffrire, le voglio bene e mi ci sono affezionato, sarebbe un gesto doppiamente orribile da parte mia continuarle a mentire così, senza mettere in conto che sto con lei come conseguenza di un gesto di rabbia, e non per reale volontà di voler iniziare qualcosa con lei.

Decido che devo dirle la verità il prima possibile, è il minimo che possa fare.

E poi, non ho nessuna voglia di lasciare campo libero a Giovanni. Anna ci starà pure ricascando, ma non significa che ciò che è successo tra noi in questi mesi non valga niente. Voglio ancora provare a giocare le mie carte.

 

Quando Chiara si presenta, dopo qualche minuto, noto che è un po' nervosa, e questo mi fa esitare un attimo.

Se già c'è qualcosa che non va, io peggiorerei tutto. Ma non posso scappare, non stavolta. Devo solo trovare il momento giusto.

La cena è stranamente molto silenziosa, ma io non oso chiederle cosa abbia.

Una volta terminato, ci sediamo sul divano con una partita in tv che non ho idea di come stia andando perché non la sto davvero seguendo, mentre cerco il modo adatto per dirle tutto.

A un certo punto è lei che prende la parola.

“Marco,” esordisce, mettendosi a sedere più dritta, “tu mi sposeresti?” Chiede candidamente con un sorriso.

Io mi blocco. Ho sentito bene?

“Co-... sposarti?” Ripeto, per essere sicuro di aver capito. Male, spero.

“Sì! … non dico adesso, dico anche fra due, tre anni, insomma... parlo ipoteticamente. Mi sposeresti? Onesto.”

La mia faccia deve esprimere puro panico, e non so come rispondere senza ferire i suoi sentimenti, anche se so che devo farlo. Di certo non immaginavo di doverle dire la verità così, mi ha completamente spiazzato.

“Sposarti è... è una cosa... importante, cavolo... Eh, una cosa così su due piedi...” Balbetto. Non voglio dirle un 'no' secco, non sono così insensibile. Sì, però se te l'avesse fatta Anna, una domanda così, sai bene che la tua risposta sarebbe stata completamente diversa. E senza esitazioni. Ma Anna non lo farebbe mai. Ecco la differenza principale tra loro: Anna mi conosce, Chiara in realtà no.

“Quindi non sono una tipa da sposare,” asserisce lei con un tono che mi stringe il cuore.

“Sì! Perché? Sei da sposare!” Cerco di rettificare, alzandomi in piedi. Non sarò io a farlo, ma non significa che non lo sia. Noto il suo sguardo incerto. “Sei bellissima, sei intelligente, mi fai divertire che non hai idea, e stare con te è stupendo...” elenco con sincerità, ma lei per qualche motivo non ha la reazione che mi sarei aspettato.

“Dai, Marco...” mi blocca, alzandosi a sua volta.

“Cosa?” Chiedo, sulla difensiva.

“Marco...” mi dice, con un tono leggermente esasperato, mettendosi di fronte a me e incrociando le braccia. “Tu non mi ami.” Mi dice con certezza assoluta, ma il resto non me lo sarei aspettato mai e poi mai. “Ami Anna, vero?” Chiede, ma capisco che non è una vera domanda. Sentire l'amarezza nella sua voce mi dispiace più di quanto pensassi. Io però non riesco a rispondere nulla, e il mio silenzio conferma ulteriormente le sue supposizioni. “Me ne sono accorta da un po'... E vabbè, peccato. Pensavo davvero saresti stato quello giusto,” ammette. “Tu e Anna siete gli unici che non mi avete mai trattata da scema.”

Finalmente riesco a recuperare la parola, e mi avvicino. “A me dispiace, davvero...” Le scuote la testa come a voler minimizzare, ma io mi sento in dovere di scusarmi, è il minimo che posso fare. “No, no, no, te lo giuro... io non volevo prenderti in giro...” Provo a spiegarle, sinceramente.

“Marco, ma che prendere in giro, ma che c'entra?” Mi contraddice lei, e so che ha capito che le mie intenzioni erano delle migliori. “Abbiamo semplicemente fatto un pezzetto di vita insieme, fine.”

“Okay...” riesco solo a dire, distogliendo lo sguardo.

“E comunque non ti avrei mai sposato, lo dicevo ipoteticamente.” Precisa, e mi rendo conto che anche lei stasera era alla ricerca di un modo per chiudere le cose tra noi con la minor sofferenza possibile. Capisco anche di non essere stato poi tanto sottile in sua presenza, specialmente quando c'era anche Anna. Non siamo mai riusciti davvero a nascondere l'attrazione tra di noi, per quanto ci impegnassimo era impossibile.

“Okay...” ripeto.

Mi guarda ancora per qualche istante, poi mi saluta con un leggero bacio sulla guancia, prima di prendere la borsa e dirigersi verso la porta.

Prima di uscire, però torna a voltarsi verso di me.

“Comunque,” dice, in un tono che non ammette scuse, “se ti fai scappare Anna sei un idiota.”

Dopo un ultimo sguardo, apre la porta sparendoci dietro e lasciandomi lì impalato ad annuire, sorridendo come uno stupido perché ha perfettamente ragione.

 

È arrivato il momento di lasciarsi alle spalle ogni paura, stavolta in modo definitivo.

 

Chiara's pov

 

Torno a casa a piedi, usando quei pochi minuti di tragitto per riordinare le idee e decidere come dirlo ad Anna.

 

L'ho capito da un pezzo, ormai, che Marco ama lei. E so perfettamente che lei lo ricambia.

L'ho capito da tanti piccoli dettagli che ho messo insieme come tessere di un puzzle, e che mi hanno fatto vedere il quadro completo con estrema chiarezza.

L'ho notato dai loro battibecchi, che poi battibecchi non erano mai ma si trattava di un puro e semplice flirtare, in modo anche decisamente consapevole. L'ho visto quando, quella volta che siamo stati tutti e tre al castello, loro due abbiano praticamente passato tutto il tempo a parlare per conto loro, escludendomi forse senza volerlo. Ho sentito la frase di Marco sul giardino incantato nascosto dentro a una fortezza apparentemente inespugnabile, e ho intuito subito che si riferiva a lei, era chiaro dallo sguardo completamente perso che le aveva rivolto, uno sguardo che per me non ha mai avuto.

L'ho capito alla mia festa di laurea (che hanno organizzato insieme dietro consiglio di Anna, visto che io non gli avevo mai raccontato né di Cenerentola né del drive-in a cui giocavamo da piccole), quando hanno passato tutta la serata insieme e io ho fatto finta di non accorgermene, così come ho finto di non sentire i commenti delle mie colleghe convinte che lui fosse il suo ragazzo, o di non vedere quando hanno ballato quel lento insieme, stretti sotto le luci basse della pista, a concedersi un momento per loro due prima di tornare alla realtà.

Ho avuto conferma che avevo intuito bene quando ho notato l'ombra sul volto di Marco alla vista di Giovanni che baciava Anna con passione sulla porta della caserma quando l'hanno riportata sana e salva dopo che l'avevano rapita.

Senza contare l'uscita a quattro la sera della partita. Ho finto di nuovo, ignorando la gelosia palese di Marco per la presenza di Giovanni e le sue parole per mia sorella. Il suo astio per il fatto che lui avesse lasciato il seminario perché ancora innamorato di Anna.

 

So che Anna è consapevole che Marco provi qualcosa per lei, e anche per lei vale lo stesso. Non so come ho fatto a crederle quella volta quando le ho chiesto se lui le piacesse e mi ha risposto di no. Ripensando a quell'episodio, mi è venuto in mente di quanto fosse restia a farci ospitare da lui, e non perché non lo sopportava, tutt'altro.

Non immagino come deve essersi sentita quando le ho detto che ci eravamo baciati. Quando ci vedeva insieme. Quando ha accettato di preparare la cena al posto mio lasciandomi casa libera. Quando abbiamo parlato al negozio quando mi ha aiutato a scegliere il mio vestito per la laurea.

Non ho fatto attenzione abbastanza da mettere insieme tutti i tasselli all'inizio, se solo me ne fossi accorta prima a quest'ora non saremmo in questo casino.

 

Mia sorella mi ha fregato l'uomo di cui mi stavo innamorando, è vero. È anche vero però che io di ragazzi, a lei, ne ho fregati parecchi negli anni, con la consapevolezza di farlo per giunta. In sua difesa devo dire che con Marco lei è arrivata prima, e nonostante i miei tentativi, lui ha continuato ad avere occhi solo per lei.

Sarebbe finita comunque tra noi due, mi sono comportata male con lui perché mi rendo conto di avergli mostrato solo cose non vere di me. Un motivo in più per farmi da parte.

Spero solo che a questo punto facciano la scelta giusta.

 

Una volta tornata a casa, faccio di tutto per trattenere le lacrime, perché comunque mi ha fatto male chiudere la nostra storia. Trovo Anna addormentata sul divano, alcuni documenti dall'aria ufficiale sparpagliati sul tavolino davanti a lei, una matita ancora stretta tra le dita.

Decido di rimandare la conversazione con lei a un'altra volta. Anzi, forse è meglio che sia Marco stesso a fare il primo passo, che sia lui a dirle che ci siamo lasciati. Dopotutto, è stato lui a voler uscire con me pur essendo innamorato di Anna. Un minimo di supplizio se lo merita.

Osservo mia sorella ancora un attimo, e capisco di aver fatto la scelta giusta mettendomi da parte a mia volta.

Ora spero solo che Marco non sbagli. O giuro che lo picchio, le lezioni di pilates servono anche a questo.

 

Marco's pov

 

Stamattina, come deciso (e imposto) da Cecchini, lo accompagno dal Sindaco per convincerla a partecipare al Natale di Cosimo. Dopo qualche tentativo per limitare le luminarie alla via principale e dopo che lui fa abilmente leva sulla sua sensibilità, il Sindaco accetta.

 

È pur sempre un piccolo passo in avanti, ma è il resto che manca.

 

Usciamo dal Comune.

“È andata bene! Bene, bene, son contento!” Esclama.

“Sì, ma Lei è convinto che riusciamo a convincere tutta Spoleto?”

“Che fa, l'uccello del malaugurio? Cerco che sono convinto.” Mi rimbecca per la seconda volta con quest'epiteto. “Piuttosto, Lei dovrebbe convincere... chi sa Lei.” Mi dice poi, enigmatico.

Ora di che stiamo parlando?

“Che vuol dire?”

“Eh, che vuol dire...” fa, in tono leggermente esasperato. “Io convincerò tutta Spoleto a fare Natale a Ferragosto... Lei dovrebbe convincere... la Capitana a non sposarsi.”

Io mi blocco immediatamente sui miei passi, rivolgendogli uno sguardo scioccato.

“Ma che, Anna si sposa?” Domando. Non è possibile. Fa che non sia vero, non adesso.

“Sì, si sposa, l'ho sentito io con le mie orecchie, ha detto 'sì'! Che cosa vuole fare?” Mi chiede in tono stavolta serio.

Io cerco di deviarlo. Ha già tentato altre volte di farmi ammettere cosa provo per Anna, non posso cedere ora. Soprattutto perché mi rifiuto di credere a quello che ho appena sentito.

“Io? Beh, io che devo fare, che c'entro? Se Anna... cioè, se il Capitano vuol sposarsi... beh... contenta lei...” Biascico. Bravo, rettificando col titolo invece del nome hai solo peggiorato le cose.

“E lei è contento?” Mi domanda allora Cecchini prendendomi alla sprovvista, tanto che non riesco nemmeno a rispondergli. Decido che preferisco riprendere a camminare senza dire nulla, non mi importa se così confermo i suoi dubbi, ma ho bisogno di pensare.

E di indagare.

 

Forse ha capito male... ma ha detto di averlo proprio sentito lui stesso...

Devo indagare. È l'unico modo. E la prima cosa da fare è verificare con i miei occhi: se davvero ha accettato la proposta di Giovanni – al solo pensiero sento montare la gelosia e lo sconforto più che mai – allora avrà l'anello di fidanzamento al dito.

Non riesco nemmeno a formulare l'idea... forse è davvero troppo tardi.

 

Continuiamo verso la caserma, mentre lui cambia discorso e mi informa sul presepe vivente che vuole realizzare davanti alla chiesa.

Quando entriamo, notiamo che anche gli altri sono tornati e stanno discutendo. Si zittiscono di colpo quando ci avviciniamo, e dalle loro facce capisco che non hanno avuto molto successo, nonostante a Cecchini dicano il contrario.

Quando lui va da Cosimo per scrivere la letterina a Babbo Natale, chiedo conferma dei miei sospetti ad Anna.

“Non ha accettato nessuno, vero?”

“No,” risponde tetra lei, con gli occhi lucidi.

“Vabbè, c'era da aspettarselo, no?” Lei non mi risponde, facendo marcia indietro verso il suo ufficio. Io faccio lo stesso. “Novità sul caso? No? Il papà di Cosimo non ha confessato il tentato omicidio?” Lei fa ancora segno di no con la testa. “Ma neanche il committente s'è trovato?”

“No, niente...”

“E tu?” Tento poi. Lei mi guarda stranita. “No, dico... novità?”

“Dovrei averne?” Ribatte, confusa.

“No no, dico così per dire, magari tra te e Giovanni...” Vacci piano, così altro che discrezione... tanto vale che glielo chiedi direttamente.

“No, nessuna novità.” Conferma.

“Okay...” Rispondo solo, approfittando per dare un'occhiata alla sua mano sinistra che in questo momento regge il cappello. Niente anello. Forse allora Cecchini si è sbagliato.

Evidentemente però il mio sguardo non passa inosservato. “Che c'è, perché mi guardi la mano?” Mi chiede infatti lei. Bene, e ora come glielo spieghi?

“No, stavo guardando il cappello, la forma...”

Dalla sua faccia, è ovvio che non mi crede ma non dice nulla, tornando in ufficio. Altrettanto stranamente, non ha detto nulla su me e Chiara.

Io però non mi arrendo. Decido di indagare oltre.

“Zappavigna, scusa,” lo chiamo sottovoce avvicinandomi alle scrivanie degli altri carabinieri. Lui è il più discreto tra tutti, mi posso fidare. “Tu hai mica visto se il Capitano ha degli anelli alle mani, tipo...” Mi guardo in giro per verificare che nessuno ascolti, e becco Ghisoni e Barba a origliare. “Che?” Faccio loro un cenno in modo che si facciano gli affari propri prima di tornare a rivolgermi a Zappavigna. “... di fidanzamento?”

“Assolutamente no,” risponde lui serio.

“Ah!” Commento allora, con un'espressione di sollievo che si fa subito strada sul mio volto.

“Anche perché non potrebbe,” aggiunge però lui, e mi sento crollare il mondo addosso un'altra volta. “A noi carabinieri non è concesso portare anelli in servizio, solo la fede matrimoniale perché, come noi, 'nei secoli fedele'.” Mi spiega.

Io mi volto a guardarla un attimo: come al solito è impegnata col lavoro e non lascia trasparire nulla.

“Grazie,” mormoro dandogli una pacca sulla spalla, ma a denti stretti.

Non poteva darmi notizia peggiore. Questa cosa degli anelli non la sapevo proprio.

 

Quindi Cecchini ha ragione, ha detto la verità. E di certo lei non è tenuta a raccontartela, è una cosa privata.

 

Rassegnati, ormai l'hai persa.

 

***

 

Cecchini ci raggiunge dopo qualche ora dicendoci che ha parlato con Farina, ed è convinto che se solo lui vedesse Cosimo cambierebbe idea sulla donazione di midollo. Ma io non posso lasciarglielo fare.

“Domani forse è troppo tardi!” Cerca di convincermi lui quando gli dico che comunque sia non posso fare niente nell'immediato.

“Ma io non posso!” Tento di spiegargli, guardando anche Anna nella speranza che almeno lei faccia qualcosa. Vedo che però anche lei è distrutta per questa cosa.

“Va bene, grazie! Grazie!” Fa allora Cecchini, arrabbiato. “Ho capito, ho capito! Lei se ne frega come tutti gli altri!” Mi dice, andando via sbattendo la porta e ignorando Anna che tenta di richiamarlo.

Io mi sento sprofondare.

“Scusalo...” sussurra lei, dispiaciuta.

“Ma lo capisco benissimo... che posso fare, io?” Le confesso con voce tremante.

Mi sto rendendo conto del perché lei lo abbia assecondato. Anche un piccolo gesto vale tanto, e l'impotenza in questi casi è terribile, perché davvero non c'è niente di concreto che possiamo fare per aiutarlo a stare meglio.

“Lo so... non è colpa tua.” Cerca di consolarmi. “La vita sa essere davvero ingiusta... non bastano le sofferenze che hanno già patito sia il Maresciallo che Cosimo... anche questa...”

Torno a sedermi di fronte a lei. Ci scambiamo un lungo sguardo demoralizzato, prima di rimetterci a lavoro.

 

***

 

Per un po' dimentico la mia situazione con Anna, ma tutto mi torna prepotentemente alla mente una volta tornato a casa, in serata.

 

Ancora non riesco a crederci. Come può avergli detto di sì? Mi prendo la testa tra le mani, sconsolato, il groppo in gola che torna a farsi sentire.

Però forse è vero, è venuta da me solo per non pensare a lui, e ora che è tornato alla carica, deciso, con l'intenzione di sposarla, è naturale che lei gli abbia detto di sì.

Poi ripenso alle parole di Anna, a quello che mi ha detto quand'è venuta qui a casa mia, qualche giorno fa, e al messaggio che ha detto di avermi inviato.

All'improvviso, come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere, il mio cellulare prende a squillare, indicando che tutti i messaggi, le chiamate e le email di questa settimana stanno finalmente arrivando.

Mi affretto a prenderlo per controllare, cercando tra i messaggi non letti proprio quello di Anna.

Prima di aprire il suo, però, ne noto un altro arrivato stamattina da parte di Chiara.

Non ho detto ancora nulla di noi ad Anna. Credo tocchi a te. Buona fortuna.

Adesso capisco perché in caserma Anna non ha detto niente, non lo sa! E forse nemmeno Chiara sa della proposta di Giovanni...

Deglutisco a fatica, pensando che al di là di tutto è ormai tardi per noi e non ho più speranze, poi mi faccio coraggio e apro il messaggio di Anna.

Quello che leggo mi fa fermare il cuore.

Ho finalmente capito tutto di noi...ma forse non potrò mai dirtelo. Anche se sei l'uomo più impossibile che conosco e fai un pessimo brasato... IO TI AMO!!

Una rapida occhiata alla data e l'orario mi fa sapere che l'ha inviato il secondo giorno del rapimento.

Leggo e rileggo le parole sullo schermo.

Mi ama. Ha scritto che mi ama.

Il furgone in cui era chiusa era destinato alla pressa, ha detto che ci sono arrivati vicini, forse l'ha mandato in quel frangente.

Poi il mio cellulare ha iniziato a dare i numeri e non mi è arrivato. Ecco perché ha cercato di distruggermi il telefono in questi giorni.

 

Mi ama.

 

Mi ama, e io non l'ho capito.

 

Mi lascio cadere sul divano dandomi dello stupido quando noto davanti a me il pouf.

Quel maledetto pouf.

È per quello che l'ho persa. Per una paura legata a quello che in fondo è solo un oggetto.

Lo colpisco con quanta più forza riesco a mettere, calciando e facendolo sbattere contro la libreria dall'altro lato della stanza, buttando poi la testa all'indietro sulla spalliera del divano.

L'amo più di ogni altra cosa al mondo, eppure l'ho persa. Per la mia fottutissima paura. Anche se so che Anna non è la mia ex.

Che farò, adesso?

 

Torno a leggere quelle frasi, e sento gli occhi pizzicare.

È stata a un passo dalla morte... e il suo ultimo pensiero sono stato io.

Ha pensato a me. Non a lui. Fra tutto quello che avrebbe potuto scegliere di fare in un momento come quello, ha pensato a me e mi ha mandato un messaggio per confessarmi quello che ad alta voce forse non avrebbe mai avuto la possibilità di dirmi.

Mi ha scritto che mi ama...

Certo, Giovanni ha avuto una parte importante nella sua vita, non lo metterei mai in dubbio, ma nessuno dei due può negare che le cose siano cambiate molto negli ultimi mesi.

Quasi inconsapevolmente, io e Anna ci siamo avvicinati più di quanto avrei mai potuto immaginare... Mi sono innamorato di lei senza accorgermene, e adesso so che anche lei mi ama.

… E io l'ho trattata in quel modo.

Ho lasciato che la mia gelosia prendesse il sopravvento nel modo sbagliato, insieme all'insicurezza che tutto fosse troppo bello per essere vero.

Sento le lacrime scendere, ma non le asciugo. Non mi importa di piangere, anzi. Ha scritto delle cose bellissime, e mi si stringe il cuore pensando alla ragione per cui io adesso le sto leggendo.

 

La mia risoluzione torna prepotente, all'improvviso.

Non posso permettere che finisca tutto così. Non posso.

Non posso accettare che Anna sposi Giovanni senza far niente, senza nemmeno tentare di impedirlo.

Ha detto che mi ama. Mi ama. Non può sposare lui. Non può.

Non posso lasciarglielo fare, non mi posso arrendere così.

Anche se ha già accettato la sua proposta di matrimonio – il mio cuore si stringe all'idea che sia già troppo tardi – forse vale la pena fare un tentativo.

Devo provare... devo dirle che l'amo, devo spiegarle perché ho reagito in quel modo quella sera e dirle che lei non ha fatto niente di male e non è colpa sua.

Le chiederò perdono in ginocchio, farò qualsiasi cosa, se questo servirà a darmi un barlume di speranza per noi due.

Ho commesso uno sbaglio dopo l'altro. Non la posso perdere così. Il solo pensiero mi fa impazzire.

 

Vai da lei e confessale il tuo amore. Tanto, peggio di così non può andare. Se ti rifiuta, almeno potrai dire di aver tentato sul serio, non come hai fatto finora. Forse gli ha detto di sì solo perché pensava che con te non ci fosse più niente da fare. Non è detto che sia tutto perduto.

È la serata perfetta: so già che Chiara non è a casa, quindi Anna sarà da sola.

Spero.

Mi blocco un istante. E se c'è lui?

Non cercare scuse. Tanto meglio se c'è pure lui, almeno si renderà conto che non sei stato solo tu a combinare casini. Anzi, grazie al suo, di casino, tu e Anna vi siete avvicinati più di quanto avresti mai immaginato. Più di quanto lui sappia. Errore o no, vi siete baciati. Vai, ora!

 

Afferro le chiavi e il cellulare, salgo in moto e corro verso l'appartamento di Anna,

 

Sono passate le nove di sera quando arrivo al portone del palazzo, trovandolo fortunatamente aperto.

Salgo le scale più in fretta che posso e quando sono finalmente davanti alla porta del suo appartamento, prendo un bel respiro e suono il campanello.

È proprio Anna ad aprirmi, un'espressione sorpresa in viso che però dura solo un istante.

“Ciao... Chiara è andata a fare pilates,” mi informa, convinta che io stia cercando lei.

“Sì, sì, lo so, infatti io sono qui per te,” le dico a voce bassa, entrando senza aspettare che lei mi inviti dentro, terribilmente nervoso. Avanzo nel soggiorno, cercando di raccogliere il coraggio per dirle quello che provo.

Avverto il suo sguardo confuso su di me. “Tutto bene?” Mi chiede, perplessa.

Io riesco solo ad annuire e biascicare un 'Sì', ma non devo averla convinta. “Sei sicuro? Sei strano...” Tenta ancora con un'adorabile espressione preoccupata sul viso.

“Sì, tranquilla, è solo che...” non riesco a terminare la frase perché sento il groppo in gola tornare e bloccarmi il respiro. Alzo esitante lo sguardo per incrociare quello di lei, che ricambia con un piccolo sorriso di incoraggiamento, ancora incerta su cosa ci faccia io a quest'ora a casa sua senza un apparente motivo.

Faccio un passo avanti, poi raccolgo tutto il coraggio che riesco a mettere insieme e finalmente glielo dico.

“... Non ti sposare.” La prego. La mia voce trema.

La sua espressione sconcertata mi dice che si starà chiedendo come l'ho saputo, visto che lei non mi ha detto nulla.

“... Sposarmi? Non-”

“No, però fammi finire, ti prego, perché non ce la faccio...” Lei tenta di dirmi qualcosa ma io non la lascio parlare, se mi interrompe è la fine. “... È difficile, ti prego...”

Lei si arrende. “Vai.” Concede, incrociando le braccia in attesa.

Adoro quando mette su quel finto cipiglio infastidito.

Inspiro profondamente prima di proseguire.

“Io ti amo,” ammetto subito, e lei spalanca gli occhi accennando un sorriso che mi incoraggia ad andare avanti, “e il messaggio che mi hai mandato... l'ho ricevuto, poco fa mi ha fatto quasi piangere... anzi, leva il quasi. Io all'inizio ti odiavo, mi stavi antipatica, ma tanto...” Le ride alle mie parole, e per me è solo uno stimolo ulteriore per continuare. “E poi ho capito... che tu sei una intelligente, sei tosta, sei determinata... ma sei anche sensibile, emotiva...” le dico, accennando alle lacrime che vedo luccicare nei suoi occhi verdi che adesso brillano più che mai, “e sei una che davanti al male si sa ancora commuovere. ...E ti amo.” Concludo, la gola che torna a stringersi immaginando tutti i possibili scenari che potrebbero delinearsi da questo momento in poi.

Lei esita un istante, anche se il suo sguardo resta pieno di dolcezza, poi finalmente prende la parola.

“Se mi ami, perché... per-... Quella sera...”

Io le lancio uno sguardo divertito. Lo sapevo che saremmo andati a parare là, ma stavolta le spiegherò ogni cosa. Non ha più senso nascondersi. Non sarebbe stata lei se non avesse chiesto.

“Ti ho preparato la cena... io,” sottolinea con un sorrisetto, “sono venuta a casa tua, eravamo da soli... perché te ne sei andato? E quella sera ti sei messo insieme a mia sorella!”

Chiudo gli occhi per un istante prima di tornare a guardarla.

“Perché ho avuto paura quando hai spostato quel... pouf,” confesso, finalmente.

Lei però ha uno sguardo perso. Non si ricorda, ovvio che non ha capito che il problema è stato quello, come poteva? L'hai cacciata via subito dopo!

“Che pouf?” chiede infatti, confusa.

Io sospiro allontanandomi di qualche passo, più che altro per scaricare la tensione, poi inizio a spiegarle tutto.

“Io, quando stavo con la mia ex fidanzata, la prima cosa che mi ha buttato via è quel pouf su cui guardavo le partite. Poi ha buttato via le mie uscite allo stadio, la moto, i grassi idrogenati, poi i miei amici, ha buttato via...” elenco, mentre lei cerca di stare al seguito del mio discorso, chiudendo gli occhi e spostando i capelli su un lato, comprendendo finalmente qual è stato il tassello che ha fatto saltare tutto. “Alla fine è riuscita a cambiarmi perfettamente. E sai cos'ha fatto? Ha buttato via anche me! 'Eh, non eri più quello di prima'...” Finisco, citando le parole della mia ex al primo confronto dopo aver scoperto che mi tradiva.

Lei resta un attimo a soppesare le mie parole, poi si avvicina, un lampo di preoccupazione passa nelle sue iridi verdi. “Tu hai paura che io... voglia cambiarti.” Sussurra.

“No!” nego subito, stringendole le spalle per rassicurarla. “No, no, no, beh, tu non sei Federica! Tu non vorrai mai cambiarmi, lo so... E so che ci potremo amare... senza cambiarci. Ti prego,” la imploro stavolta, prendendole il viso fra le mani e obbligandola a guardarmi di nuovo, “non sposare Giovanni. Lo so che gli hai già detto di-”

“No.” Mi interrompe Anna con un sorrisetto, alzando per un istante gli occhi al cielo.

Ammetto di essere confuso. No... cosa?

“Gli ho detto di no, Marco. Non posso... non lo amo più.” Ammette, prima di raddrizzare le spalle e aprirsi in un sorriso.

Allora è questo che tentava di dirmi all'inizio, quando l'ho pregata di non sposarsi. Avevo ragione... ama me! Ama me!

Resto a guardarla ancora per un istante, il sollievo evidente sul mio volto, e faccio per baciarla quando lei gira il viso, sollevando una mano per impedirmi di fare altro, lanciandomi però uno sguardo di scuse.

“Co- ma è per Chiara?” Penso al volo. “Ci siamo lasciati... ha capito che amo te,” le confesso, sperando che il motivo della sua incertezza sia quello.

“No, non è per Chiara... cioè, anche per Chiara però non solo...” Mi spiega con gli occhi bassi, prima di stringermi le mani tra le sue. Io non so che aspettarmi a questo punto. Cosa ci potrebbe essere, adesso, che ci impedisce di stare insieme, se non è sua sorella? “Marco, è che io... non posso promettertelo...”

“Cosa?” Chiedo, senza capire.

Lei solleva lo sguardo, un velo di dispiacere ad offuscarlo. “Che ci ameremo senza cambiarci.”

“Ma perché?” Il mio è un sussurro disperato. Lei mi guarda come a dirmi che la mia è una richiesta impossibile per ovvi motivi, ma io non riesco a capire. Non voglio capire. Perché non possiamo? Non andiamo bene, così?

Anna deve averlo intuito, perché decide di continuare.

“Io sono cambiata in questi mesi,” spiega. “Ho imparato ad avere più fiducia in me stessa, ho accettato la mia femminilità... ho anche messo il push-up,” aggiunge con espressione seria che, se da un lato mi fa ridere, dall'altro non posso dire che si riferisca a una cosa passata inosservata. “L'ho notato, sì...” Ammetto con un po' di imbarazzo.

“Eh sì, lo so.” Commenta lei con la stessa espressione di prima.

“... Cosa?!” Chiedo d'istinto, arrossendo da matti. Cioè, pensavo di essere stato discreto e invece mi sono fatto beccare per bene a fissarla... praticamente sempre, se se n'è accorta con tanta facilità?

Lei ride, divertita dal mio imbarazzo crescente, ma poi riprende il discorso, tornando di nuovo davvero seria. “Sono cresciuta... anche grazie a te. Però è inevitabile che si cambi. Io... io cambierò te, e tu cambierai me... e questo è stare insieme...” Tenta di spiegarmi. Alla mia espressione dubbiosa, prova ancora a farmi recepire il messaggio. “È un viaggio, non lo sai dove ci porta... Si perdono delle cose, se ne prendono altre.... si cambia! È bello cambiare, è bellissimo cambiare... insieme.” Sussurra, stringendo più forte le mie mani, quasi a volermi impedire di scappare.

 

Mi fermo un attimo a soppesare le sue parole, e una nuova consapevolezza mi coglie.

“Anch'io sono cambiato, per merito tuo... Ho smesso di essere fin troppo cinico, ho capito, guardando te, che a volte basta solo ascoltare più attentamente per capire... Sono diventato un uomo migliore grazie a te.”

 

Prima che riesca ad aggiungere altro, Anna mi getta le braccia al collo e, cogliendomi quasi alla sprovvista per via del suo gesto inaspettato, mi bacia.

La mia sorpresa dura solo un istante.

Mi ritrovo a rispondere al suo bacio senza nemmeno rendermene conto, assaporando quel contatto tra le nostre bocche che tanto ho desiderato in questi mesi.

 

Mi trattengo dall'imprecare quando lo squillo del suo cellulare interrompe il nostro momento perfetto.

 

Anna si allontana da me con le guance in fiamme, schiarendosi la voce prima di rispondere.

 

“Sì, Maresciallo...” Vedo la sua espressione mutare, e farsi allarmata. “Che cosa significa, scappato?”

 

***

 

Viene fuori che Cecchini, convinto che Farina avrebbe accettato di collaborare se solo avesse visto suo figlio, lo ha accompagnato all'ospedale. Solo che il vigliacco ha approfittato dell'occasione per fuggire. Per quanto abbiamo agito immediatamente, non siamo riusciti a rintracciarlo. Sembra svanito nel nulla.

Cecchini è demoralizzato, non si dà pace per aver commesso un errore del genere, che avrà purtroppo ripercussioni sulla sua carriera. Posso cercare di aspettare prima di avvertire i loro superiori, ma sarò costretto a farlo a breve, e mi auguro con tutto il cuore che riusciamo a trovarlo in tempo.

 

***

 

Anna e Chiara hanno avuto modo di chiarirsi ieri sera, come mi ha spiegato la mia fidanzata stamattina. Non sarà facile, ma il loro legame è talmente forte che supereranno anche questa.

 

Incredibilmente, tutto si risolve per il meglio anche con Farina, che si presenta in piazza poco prima che la 'Messa di Natale' abbia inizio, facendo la felicità di Cosimo – e di tutti noi, perché ha anche accettato di sottoporsi al test per il midollo. Adesso non ci resta che pregare che sia compatibile.

 

Proprio mentre ci avviamo per entrare in Chiesa, accade un'altra cosa.

Inizia a nevicare.

 

Quando glielo chiediamo, il maresciallo afferma che non è opera sua, che lui non ha fatto niente.

E ci rendiamo tutti conto che quella che sta scendendo dal cielo è davvero neve.

Sembra impossibile, eppure...

Incrocio lo sguardo di Anna, e quando sento il calore della sua guancia sotto le dita sono certo che non sto sognando.

Decido che è meglio accertarsi che sia davvero tutto reale, così poso le labbra sulle sue.

 

Ecco, ora non ho più dubbi: un bacio così può esistere solo nella realtà.

Anche perché la mia, in questo momento, è più bella di qualsiasi sogno.

 
   
 
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