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Autore: _Agrifoglio_    01/11/2018    11 recensioni
Un castello perduto nella campagna, delle stanze disabitate, una torre semidiroccata, la nebbia, i corvi, inquietanti manifestazioni, sinistre apparizioni, una casata estinta, un delitto sepolto nei secoli e nella leggenda e due bambini al centro di tutto ciò.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Contessa Bianca
 
– Buh! – urlò la bambina bionda all’orecchio dell’amico, dopo avere battuto i palmi delle mani dietro la testa di lui.
– Smettila, Oscar, non sei divertente! – protestò quello, col fiato spezzato.
– No, André, sei tu che sei una lagna! Non vuoi che ti faccia gli scherzi…. In quest’ala del castello non potevamo venire…. Sei peggio del precettore! – s’impuntò, stizzita, lei.
– Se tuo padre scoprisse che siamo venuti qui, ci farebbe passare un brutto quarto d’ora! Si è espressamente raccomandato di non avventurarci in quest’ala abbandonata del castello che è umida e pericolante!
– Tanto lui, adesso, è fuori, a parlare coi suoi fittavoli e non lo saprà mai, salvo che qualcuno dalla lingua lunga non glielo vada a dire!
– Ma, poi, perché tutte queste stanze sono disabitate e in rovina?
– Erano le stanze dei precedenti Signori del castello. A un certo punto, quella casata si è estinta e il Re ha assegnato il feudo e il castello alla famiglia Jarjayes, come ricompensa per la partecipazione all’ottava crociata. Me l’ha detto mio padre – raccontò, con aria saputella.
– Già, ma ciò spiega l’assegnazione del castello alla tua famiglia e non il fatto che queste stanze siano in rovina.
– Pare che l’ultimo Conte della precedente casata sia impazzito e si sia suicidato dopo un anno esatto dalla morte della moglie.
– Anche questo te l’ha detto tuo padre? – chiese, perplesso, il bambino.
– Ma nooo!! Ti pare?! Ho sentito alcuni servitori che ne parlavano fra loro! Ma non mi interrompere…. Siccome quel Conte si era suicidato, il mio antenato ha preferito chiudere queste stanze e abitarne delle altre. Oltretutto, questo è un castello secondario, dove la mia famiglia si reca di rado. Noi siamo originari di un’altra regione!
Negli ultimi giorni di ottobre del 1763, il Generale de Jarjayes si era recato in uno dei suoi possedimenti, a discutere di alcune questioni coi fittavoli e vi aveva condotto anche Oscar, per fare conoscere al suo erede quelle proprietà che non aveva mai visto prima. Si erano portati dietro pochi bagagli e pochissimi servitori e, naturalmente, su categorica richiesta di Oscar, l’inseparabile André.
– Oscar, per favore, non mi piace stare qua… Torniamo nelle nostre stanze…. Aaaaaahhhhhhh!
– Che c’è?!
– Qualcosa si è avvinghiato alla mia caviglia….
– Ma, no, è un’impressione, sei soltanto inciampato. Vedi? La pietra, lì, è infossata! – disse la bambina, indicando un lastrone polveroso.
– Oscar, andiamo via….
Oscar, però, non ne voleva sapere di interrompere l’avventura proprio sul più bello. Iniziò a girare la testa alla ricerca di nuove curiosità, finché l’attenzione di lei non fu catturata da una parete in fondo all’ampia sala, avvolta nella penombra.
– Ehi, ma quelli sono degli affreschi! Andiamo a vederli!
Lei, con un guizzo, si portò di fronte alla parete dipinta e lui, immancabilmente, la seguì in un baleno.
– Oscar, perché gli uomini hanno le gonne e le donne portano le camicie da notte pure di giorno?
– Sono i vestiti dell’epoca! – rispose lei, sospirando e alzando gli occhi al cielo.
– Ma che se ne facevano le dame di una cintura così lenta sui fianchi? A cosa serve una cintura che non stringe il vestito?
– Era per bellezza….
– E quelle maniche così ampie e lunghe…. Se c’era il vento, facevano da vela!
– Si vede che, se c’era il vento, non uscivano di casa – disse la bambina, con aria seriosa.
– Boh! La moda del passato sembra così strampalata….
D’un tratto, un tonfo sordo risuonò nell’aria e fece sussultare i due bambini.
– Sarà sbattuta una porta o una finestra…. André, perché sei così pallido??
– Perché questo luogo mi dà i brividi….
– André, guarda! Questa dama…. Questa qui con i capelli lunghi e neri…. Non ha la faccia! In tutti i riquadri in cui compare, è senza volto!
– Già, è vero! Tutti hanno il volto, tranne lei…. Non può essere una coincidenza….
– No, non lo è! Guarda, metti il dito qua sopra!
– Brrr! Che freddo! – esclamò André, al contatto del dito con il muro.
– Hai sentito? La superficie, lì, è irregolare! Le hanno scalpellato via il viso!
– E perché soltanto a lei?
– Sarà stata antipatica a qualcuno….
– Oscar, ti prego, non mi piace stare qui…. E non mi alitare sul collo che sento freddo!
– Ma come faccio ad alitarti sul collo se sto davanti a te!
– Ecco, vedi, ci sono gli spifferi, ci ammaleremo e neppure c’è mia nonna a prendersi cura di noi…. – piagnucolò André, al culmine della sopportazione.
– Ma quanto sei noioso! Va bene, andiamo in cortile ad allenarci con gli spadini!
– Dio, ti ringrazio!
 
********
 
Il cielo di fine ottobre era in molti punti plumbeo e in altri perlaceo e una nebbiolina, alzatasi da poco, aleggiava intorno ai rami degli alberi, scheletrici e nodosi, che dormivano nella corte del castello. La nebbia, che imperlava l’aria come una pioggerellina sospesa, sfumava i contorni delle torri, facendo apparire biancastro il grigio delle pietre. Il silenzio era rotto soltanto dal gracchiare di alcuni corvi.
D’improvviso, la quiete fu interrotta dal vociare squillante dei due bambini che irruppero di corsa nel cortile con gli spadini di legno nelle mani.
– Sei una lumaca!
– Non è vero! Mi hai dato una spinta e sei corsa avanti tu!
– Dai, andiamoci ad allenare che, fra un’ora, sarà mezzogiorno e ci chiameranno per il pranzo!
– Sì, ma non sudiamo, se no, con questo tempo da lupi, ci prenderemo un malanno!
– André, guarda quella torre là in fondo al cortile! Ha un aspetto interessante…. Mi piacerebbe visitarla!
– No, Oscar, guarda com’è diroccata e, poi, non si può: la porta è sprangata, non vedi che c’è il catenaccio?
– Uffah!!!!.... Accipicchia, sembra che ci sia il raduno dei corvi! Sono venuti tutti qui, quest’oggi?
– Fanno la spola fra i merli della torre e quel punto al centro del cortile….
– Presto, corriamo là, così li facciamo volare!!
– Oscar, aspetta!!
I due si precipitarono al centro del cortile, con la voglia matta, l’una, di spaventare i corvi e l’altro di non restare indietro. Giunsero nel punto desiderato, ma i corvi, stranamente, erano restii ad allontanarsi e parevano, anzi, molto insistenti.
– André, ma quello è…. – disse lei, balbettando.
– Sangue…. – concluse lui, con un filo di voce.
I bambini ammutolirono mentre un brivido freddo percorse le loro schiene.
– Si vede che qualcuno si è fatto male…. – disse Oscar, poco convinta.
– Se tuo padre lo vede – farfugliò André – Va su tutte le furie….
– E noi non facciamoglielo vedere. Dai, io prendo dei secchi d’acqua e tu il rastrello e gli stracci!
Recuperati gli arnesi, André si mise a pulire i lastroni di pietra mentre Oscar gettava secchiate d’acqua a terra. I corvi, vedendo il bastone del rastrello e l’acqua buttata sul pavimento, volarono via, dando ai bambini maggiore libertà d’azione.
– Ehi, attenta, così mi bagni le scarpe! Ma, poi, perché il lavoro pesante lo devo fare io?
– Credi che trasportare questi secchi d’acqua sia stata una passeggiata?
– Ecco, adesso, dovrebbe essere pulito. Però, che faticaccia….
I due amici si guardarono in volto, un po’ pentiti di non essere rimasti nel tepore delle rispettive stanze mentre l’umido penetrava fin dentro le loro ossa e la nebbia si depositava sui loro capelli e sui loro vestiti.
– Ehi, Oscar, guarda lì, vicino alla cappella: ci sono delle siepi di bosso che costeggiano le pareti, tranne in quel punto….
Oscar guardò, attraverso la nebbia, il tratto del cortile indicatole da André e fu assalita dalla curiosità.
– Andiamo a vedere! – esclamò tutta eccitata.
– Ecco, lo sapevo, ma perché non mi sono stato zitto!
– Eh, sì! C’è proprio una parte completamente sterrata e brulla…. – disse Oscar, non appena giunse sul posto.
– Chi sa perché….
– Sono i morti che risalgono su dalla cripta e fanno la pipì li! – ruggì lei, con le mani arcuate e la voce cavernosa.
– Piantala di fare la sciocca! I morti non fanno pipì e, poi, bisogna portare rispetto ai defunti! – protestò, affannato, André.
– E che m’importa! Mica sono i morti della mia famiglia!
– Dai, torniamo dentro…. Qua, ci sono gli stessi spifferi gelidi che c’erano in quelle stanze affrescate….
– Guarda, sono tornati i corvi! – esclamò lei, col cuore in gola e la voce eccitata.
– Oscar, giriamo al largo da quei pennuti….
Ma Oscar era già scappata in avanti, sorda a ogni supplica e curiosa, prima ancora che spaventata.
– Aaaa Aaandré…. Il sangue è ricomparso…. – urlò Oscar, impauritissima, ma cercando di darsi un contegno.
– Ma è impossibile… – bisbigliò lui sconcertato – Ho raschiato con tutte le mie forze…. L’hai visto anche tu che è venuto pulito!
– Sarà una particolarità di questo tipo di pietra e magari non è sangue, ma una muffa rossa – disse lei, tentando di razionalizzare.
– A me pare sangue – asserì André, con voce rotta.
– Dai rimettiamoci a pulire!
– Perché usi il plurale maiestatis? Non sono mica il Papa o il Re!
Quando “ebbero” terminato di pulire per la seconda volta, Oscar decise che, per quella mattina, ne aveva avuto abbastanza di avventure.
– Dai, torniamo nelle nostre camere!
– Dio sia lodato!
– Non ti ho ancora detto il meglio! ‘Sta mattina, mentre tu ancora ronfavi, ho sgraffignato, in dispensa, un barattolo di marmellata di castagne, uno di more, uno di lamponi e uno di albicocche e….
– E….
– Una bottiglia di cognac!
– Ma sei matta! Siamo bambini!
– E mica ce la dobbiamo scolare tutta! Dai, non fare il solito guastafeste che, ‘sta notte, dopo cena, ci strafoghiamo!
Oscar e André rientrarono nel castello mentre la nebbia si addensava e i corvi continuavano a gracchiare e a fare la loro sinistra spola fra la torre diruta e il centro del cortile.
– Ti avevo detto di tenere d’occhio il cortile e di non farli uscire, questa mattina – disse, torva, al marito, la moglie del custode, guardando i due bambini che rientravano di corsa nel maniero.
– Credi che abbiano capito qualcosa?
– Non lo so, ma una leggerezza del genere non dobbiamo più commetterla. ‘Sta notte, spranga bene la porta del castello e non permettere per alcun motivo alla Contessina e a Monsieur Grandier di uscire in cortile.
 
********
 
– Oscar, abbiamo mangiato troppa marmellata e non avremmo dovuto bere l’acquavite!
– La marmellata non era tanta e, per l’acquavite, abbiamo usato bicchieri piccolissimi!
Oscar e André erano reduci da una discreta scorpacciata e, adesso, stavano discutendo se concludere la giornata andando a letto, come avrebbe voluto lui o combinando l’ultima marachella, secondo i desideri di lei.
– Guarda, André – disse Oscar, inerpicata sulle punte dei piedi mentre si affacciava alla finestra – ci sono ancora i corvi in cortile!
Secondo le istruzioni del Generale, per esigenze di sicurezza, dato l’isolamento del castello dal paese, erano state assicurate delle torce alle pareti del cortile, al fine di garantire una sia pur minima visibilità anche di notte.
– Oscar, non è possibile, i corvi sono animali diurni….
– Vieni a vedere coi tuoi occhi.
– Il comportamento di questi animali è alquanto strano – mormorò il bambino, portatosi a fianco dell’amica.
– Andiamo fuori a controllare.
– Oscar, è buio, mancano venti minuti a mezzanotte, fa freddo e fuori ci sono anche nebbia e umido!
– Solo per pochi minuti!
– Ma sei impossibile!
Giunti davanti al portone, con in mano una lanterna ciascuno, i bambini si accorsero che questo era sprangato e che le chiavi non erano nella serratura.
– Accidenti! Deve averle il custode! – esclamò Oscar, accompagnando alla frase uno scatto del braccio.
– Questo pone fine alla questione, andiamo a dormire!
– Aspetta, c’è una luce in quella stanza…. André c’è il custode seduto al tavolo…. Ma perché non è andato a dormire?
– Perché lo sta facendo comodamente lì….
– Che bel modo di custodire! – disse lei, ridendo – Guarda, ha posato le chiavi sul tavolo. Vado a prenderle! Tu reggi la mia lanterna.
– Oscar, lascia stare! Si sveglierà, lo riferirà a tuo padre e saremo puniti!
André era tentato di fare intenzionalmente rumore, allo scopo di svegliare l’uomo e di chiudere definitivamente la faccenda, ma Oscar, che si era avvicinata al tavolo con passi felpati, con un gesto rapido e agile, afferrò le chiavi e, senza fare rumore, le serrò nella mano destra e tornò indietro.
– Ecco, André, possiamo uscire!
– Evviva…. – rispose, sarcasticamente, lui.
Oscar fece girare la chiave nella serratura e il portone si aprì. I due bambini furono investiti dal freddo umido della notte e da una nebbia non tanto fitta da impedire la visibilità. Ripresa la sua lanterna dalle mani di André, la piccola peste corse al centro del cortile, dove i corvi svolazzavano, facendo la spola da lì ai merli della torre. André la seguì subito dopo.
Appena giunta a destinazione, la bambina fu percorsa da un brivido freddo.
– Aaaa…. Aaaandré…. La muffa rossa, il sangue o qualsiasi cosa essa sia è tornata….
– Questa faccenda non mi piace proprio – gemette André mentre due lacrime gli sfuggirono dalla base degli occhi e gli scesero, rapidissime, lungo le gote – Oscar, giungiamo a un compromesso: adesso, ce ne andiamo a letto e, domani, con la luce del sole, indagheremo quanto vorrai.
Oscar stava quasi per convincersi, quando un lieve spostamento d’aria attirò la loro attenzione verso la torre semidiroccata intorno alla quale aleggiava una bassa e densa nebbia.
D’un tratto, i due bambini videro un alone azzurrognolo librarsi davanti alla porta della torre e, subito dopo, sentirono addosso degli spifferi gelidi. Gradatamente, in mezzo all’alone, iniziò a delinearsi la figura evanescente di una donna, vestita con un abito bianco, ornato, sui fianchi, da una lenta cintura e culminante, nelle braccia, in due maniche lunghe e ampie. Il diafano viso ovale dell’apparizione sembrava ancora più bianco a causa del contrasto con la folta e ondulata chioma corvina che le arrivava sin quasi ai polpacci, cerchiata, sulla fronte, da una catenina d’oro. Su quel volto, spiccavano due grandi occhi color zaffiro, vacui e ipnotici. I due bambini si accorsero, con sgomento, che gli occhi erano l’unica parte definita del viso mentre gli altri lineamenti non erano distinguibili.

Matelda

– André, chi è quella? – chiese Oscar, stringendo i pugni, per non farsi tremare le mani.
– Non lo so, ma non mi piace…. Le vedo attraverso….
– Non ti sembra che assomigli alla figura degli affreschi?
La donna guardò i bambini col suo sguardo vuoto e magnetico al tempo stesso, perso in quel volto diafano e privo di lineamenti mentre alcuni corvi le volavano intorno. Dopo averli invitati con gli occhi a seguirla, si voltò verso la torre e vi sparì dentro.
– André, seguiamola!
– Non possiamo, la porta è sprangata, ricordi? – rispose il bambino, sforzandosi di placare le mascelle che gli tremavano – Torniamo nelle nostre stanze!
– No, guarda, la porta adesso è aperta!
– Dannazione! – si lasciò sfuggire André, guardando la pesante porta di legno socchiusa.
Oscar si precipitò sulla soglia, varcandola subito dopo mentre André la seguiva.
I bambini iniziarono a salire la scala a chiocciola di pietra, sorreggendo, davanti a sé, le lanterne. Le scale erano ricoperte di polvere e le pareti di pietra erano cosparse di ragnatele. L’umido pungeva la loro pelle e li avvolgeva con la sua coltre uggiosa.
– Oscar, perché sulle scale, ogni tanto, ci sono dei ciuffi di lunghi capelli neri?
– Li avrà persi qualche fantesca mentre veniva a pulire….
– Credo che questa torre non sia stata pulita da secoli…. Guarda quanti ragni…. Speriamo che non ci saltino addosso….
I due bambini continuavano a salire mentre le gambe si facevano, di gradino in gradino, più pesanti, l’acre odore della muffa pungeva le loro narici, la polvere si depositava in gola e l’umido penetrava dentro i loro muscoli, conficcandosi nelle ossa. André sospirava e tremava mentre Oscar faceva la spavalda, ma, con la coda dell’occhio, controllava che, al suo fianco, lui ci fosse sempre.
– Oscar, guarda! Nelle fessure della parete, fra una pietra e l’altra, ci sono alcuni frammenti di unghie – sussurrò André, accostando la lanterna al muro – Ne ho visti altri poco più in giù…. Adesso, non dirmi che a perderli è stata la solita fantesca mentre spolverava….
– Non fare lo spiritoso e resta concentrato!
Salirono altri gradini mentre la luce azzurrognola li guidava dall’alto e uno stato d’animo atterrito stringeva i loro cuori in una morsa.
– André, smettila di canticchiare questa litania lamentosa e spettrale!
– Io non sto affatto canticchiando…. Tu, piuttosto, smettila con quei ghigni!
– Io non sto ghignando, smettila tu!
– Ma quella è una risata da femmina….
– Io sono maschio! – rispose lei, stizzita.
Mentre stavano battibeccando, le loro gote furono schiaffeggiate da delle piume spesse e un frullio di ali agitò l’aria.
– Ancora questi corvi…. – gemette André.
– Maledetti pennuti, vi farò allo spiedo! – ringhiò Oscar, per intimidirli e farsi coraggio.
– Oscar, finiscila di alitarmi quest’aria gelida dietro al collo….
– Come faccio ad alitarti dietro, se ti sto a fianco? E il mio alito non è gelido….
Giunsero, finalmente, al culmine delle scale, con il cuore in gola, il respiro spezzato e le gambe irrigidite. La figura spettrale li guardò e, poi, si volse verso la porta in cima alla torre, sparendo nella luce azzurrognola che spuntava dal vano oltre la soglia.
– André, dobbiamo scoprire cosa c’è in quella stanza!
– Io non ne ho alcuna voglia e, poi, i miei piedi sembrano incollati al pavimento e le mie gambe si rifiutano di rispondere ai comandi….
Oscar corse sulla soglia e André le si precipitò al fianco. Oltre non andarono….
Troneggiante al centro della stanza, la sagoma massiccia di un uomo alto e robusto, con gli occhi iniettati di sangue, fiammeggianti collera o odio e il volto deformato in una smorfia di furore, si parò davanti ai loro occhi. Con un movimento rapido, l’uomo afferrò la donna per i capelli e, assestandole una manata al centro delle spalle, la spinse per terra, in ginocchio. Nel giro di pochi istanti, il violento energumeno levò in alto la lama della spada e la abbatté inesorabile sul collo della figura evanescente, troncandole il capo di netto. Il bruto guardò, ghignando, i bambini tremanti, con la testa mozza in mano mentre del sangue sgorgava copioso da quella e dal corpo, trasformandosi rapidamente in un’ondata vermiglia. Subito dopo, un vortice di fiamme si aprì da sotto al pavimento, risucchiando all’inferno le due figure. Un teschio ghignante apparve sul soffitto, fissò Oscar e André con le sue orbite vuote e maligne e si diresse a grande velocità verso di loro. I bambini sprangarono la porta con un colpo secco per impedire il passaggio al macabro agglomerato di ossa e si precipitarono urlando giù per le scale, coi cuori agghiacciati e le membra irrigidite, nulla più vedendo e udendo mentre le lanterne, nelle loro mani, oscillavano convulsamente.
 
********
 
La mattina del giorno dopo, un po’ prima di mezzogiorno, Oscar e André, di ritorno dalla celebrazione di Ognissanti, passeggiavano nel cortile del castello.
Il Generale stava discutendo le ultime questioni con l’amministratore di quel feudo mentre i servitori erano intenti a preparare i bagagli, visto che, l’indomani mattina, sarebbero partiti alla volta di casa.
Il cielo, quel giorno, era sereno, la nebbia si era dileguata e i raggi del sole rendevano tiepido quello scorcio di giornata di inizio novembre. Anche la moltitudine dei corvi era andata via, rimanendone soltanto alcuni, appollaiati sui rami spogli degli alberi.
– Credo che, effettivamente, ieri sera, abbiamo esagerato col cognac. Abbiamo avuto delle brutte allucinazioni – disse Oscar, con aria da adulta.
– Avremmo avuto tutti e due le stesse, identiche allucinazioni?!?! – esclamò, incredulo, André.
– A forza di parlarne, ci siamo suggestionati a vicenda.
– Veramente, ne stiamo parlando soltanto da cinque minuti, perché, appena svegli e nel tragitto verso e dalla chiesa, le nostre bocche sono rimaste cucite….
– Guarda, André – cinguettò Oscar, con aria notevolmente rinfrancata, dopo essere corsa al centro del cortile – Il sangue e sparito!
– Sia lode a Dio! – si lasciò sfuggire André, sentendo che una pietra gli era stata rimossa dal cuore – Vuoi vedere che, volta e gira, questa giornata avrà un barlume di normalità?
Aveva parlato troppo presto….
Dagli alloggi della servitù, usci in cortile, diretta verso di loro, Julie, la quattordicenne figlia del custode, una ragazza bene in carne e rubiconda, con una folta criniera di riccioli rossi che le incorniciava il volto disseminato di efelidi.
– Madamigella Oscar, Monsieur Grandier, se continuerete a girare senza posa per ogni angolo del castello, finirà che Vi imbatterete in Matelda.
– Chi è Matelda? – domandò Oscar, piccata per essere stata chiamata “Madamigella”.
– Era la moglie dell’ultimo Conte della precedente casata…. La Contessa Bianca! – disse la ragazzina, scandendo bene le parole per darsi importanza.
– Se è così, dovrebbe essere morta da secoli…. – fece notare André.
– Ma non sempre i morti trovano pace…. – sussurrò la giovinetta, con aria enigmatica – La storia di Matelda è di quelle che fanno accapponare la pelle.
– E Voi non vedete l’ora di raccontarcela – disse prontamente Oscar, con aria furbetta.
– In realtà, non è una storia vera e propria, ma una leggenda. Al castello e al paese, però, la conoscono tutti. In breve – cominciò Julie, dandosi molto tono – Matelda, all’età di dodici anni, fu presa in moglie dal Signore del castello, un uomo molto più anziano di lei, folgorato dalla grande bellezza della giovane e attirato dalla solida alleanza offertagli dal padre di lei, il Conte del feudo confinante.
– Poveretta! – mormorò André.
– Il matrimonio fu tutto fuorché un successo – proseguì la figlia del custode – perché il Conte era violento, crudele, brutale e laido…. Proveniva da una schiatta di guerrieri spietati in guerra e rapaci in tempo di pace e le uniche occupazioni che gli davano diletto erano la caccia e le armi. Oltretutto, i figli non arrivavano….
Ecco il bel destino delle donne – pensò Oscar, col volto incupito mentre André la guardava con protettiva tristezza.
– Matelda fu una moglie docile e devota fino a vent’anni – proseguì, concitatamente, la quattordicenne – Quando qualcosa, in lei, cominciò a ribellarsi. Rimasta finalmente incinta, partorì una bella bambina, sua unica consolazione, che morì pochi giorni dopo la nascita. Stanca del rude e dispotico marito e afflitta dalla vista della culla vuota, la giovane donna iniziò a procurarsi dei diversivi…. Quando il marito era impegnato in una campagna militare, lei si dedicava ad altre campagne…. – celiò, birichina, la ragazza, arricciando il nasino lentigginoso e dandosi le arie di una donna vissuta – Ebbe decine e decine di amanti, reclutati fra i giovani cavalieri e gli ancor più giovani scudieri al servizio del marito, fra i menestrelli, gli scrivani e, persino, fra i braccianti agricoli e gli inservienti del castello.
– Sento aria di guai…. – bofonchiò André.
– E i guai non tardarono ad arrivare – assicurò, con aria solenne, Julie – Una servetta maligna, invidiosa della padrona e piena di rancore verso di lei per essere stata giustamente sospettata del furto di una spilla, fece in modo che il Conte, per vie traverse, venisse a conoscenza dell’ultima tresca della Contessa con un giovane cavaliere coetaneo di lei….
– E qui ci scappa sicuramente il morto! – esclamò Oscar.
– I morti – la corresse la solerte Julie – Il Conte, che era rozzo e brutale, ma per niente stupido, finse di partire per l’ennesima campagna militare, uscì dal castello e, invece di allontanarsi, si rintanò in un nascondiglio dove iniziò una paziente attesa. Avvertito, la notte stessa, che la moglie si stava intrattenendo col suo amante, rientrò a palazzo adiratissimo, intenzionato a coglierla in flagrante adulterio e piombando nelle stanze di lei come un diavolo fuggito dall’inferno….
La ragazzina tacque e, quando vide che i due interlocutori stavano sufficientemente sulle spine, proseguì:
– Era arrabbiatissimo e si può anche capire perché: gli era sembrato di fare una gran furbata, sposandosi, a cinquant’anni, una bellissima fanciulla e, invece, quel matrimonio gli aveva fruttato soltanto un enorme palco di corna da cervo reale sulla testa e neanche l’ombra di un erede! – e scoppiò a ridere fragorosamente.
– Proseguite, non perdeteVi nei dettagli – le ingiunse Oscar, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
– Va bene, va bene, adesso viene il bello – tornò seria e solenne Julie – Il bruto si avventò come un animale da preda sull’infelice cavaliere e gli fracassò la testa contro il muro. Mentre il sangue e il cervello di lui ancora fuoriuscivano dal cranio, abbrancò la moglie che, nel frattempo, gli si era gettata ai piedi per implorarne il perdono…. La afferrò senza troppe cerimonie e la trascinò per i capelli in cima a quella torre – disse, in tono drammatico, indicando col dito la torre diruta.
Julie si fermò un attimo col fiatone mentre Oscar e André la fissavano stralunati e con un respiro mozzo ugualmente affannato.
– La poveretta implorava pietà e tentò, più volte, di divincolarsi e di aggrapparsi alle pareti della torre, ma il marito fu inesorabile, la trascinò per i capelli fino in cima alle scale e la rinchiuse nella segreta lassù in alto.
André si lasciò sfuggire un gridolino di orrore, portandosi le mani davanti alla bocca mentre Oscar deglutiva, tentando di darsi un contegno.
– La lasciò marcire là dentro per tre giorni e tre notti, senz’acqua e senza cibo, al freddo e all’umido, finché, nella mezzanotte della festa di Ognissanti, folle di gelosia e di orgoglio ferito, senza averle fatto uno straccio di processo, salì come una furia sulla torre, spalancò la porta della cella, scaraventò la donna in ginocchio con una manata e la decapitò con un colpo netto della spada.
Oscar e André erano ammutoliti e la stessa Julie dovette arrestare, per un attimo, il racconto, per fare sciogliere il magone che le serrava la gola.
– Ai famigli che, nonostante l’ora tarda, si erano radunati nel cortile del castello, si parò innanzi uno spettacolo raccapricciante: il Conte, con gli occhi sanguigni e il volto livido che nulla più aveva di umano, uscì dalla porta della torre, con la testa mozza ghermita per i capelli in una mano e il resto del cadavere nell’altra….
Oscar e André continuavano ad ascoltare col sangue gelato nelle vene mentre Julie, con voce sempre più cupa e cavernosa, proseguiva:
– Con passo pesante e deciso, l’uomo, che, ormai, aveva consegnato la sua anima alle schiere infernali, si portò al centro del cortile e vi abbandonò i resti dell’infelice Matelda, minacciando di atroci supplizi chiunque avesse osato, non dico seppellirli, ma anche spostarli di un passo da dove lui li aveva gettati.
– La condotta di lei, nell’ultima parte della vita, fu deprecabile, ma quello che le fece il marito è abominevole – sentenziò Oscar, con l’aria matura di una donna adulta mentre André, più incline a scusare l’infelice vittima, ascoltava in silenzio, con due grosse lacrime che gli solcavano le gote.
– Per dieci giorni e dieci notti – proseguì Julie, con voce bassa – Nessuno osò toccare le spoglie dell’infelice castellana mentre il vedovo, dalla finestra, scrutava i resti di lei in disfacimento e i corvi che ci banchettavano sopra. Fu sordo alle suppliche di tutti, persino del Parroco, finché il lezzo del cadavere, in avanzato stato di decomposizione, non raggiunse vette indescrivibili….
Julie guardò i bambini, ormai al culmine della commozione e proseguì:
– A quel punto, ordinò ai servitori di dare sepoltura a ciò che restava della povera Matelda, ma, affinché l’adultera non trovasse pace nell’altra vita, proibì categoricamente di seppellirla nella cripta e in terra consacrata e ingiunse di sotterrarla fuori dalla cappella, in quel punto lì, dove non è mai spuntato un filo d’erba…. I servitori gettarono nella fossa i resti anneriti e putrefatti di colei che era stata una bellissima donna e li sotterrarono, ma non sotterrarono il misfatto…. Da allora, quell’anima dannata, nella ricorrenza della sua morte, vaga senza pace nei luoghi del suo supplizio….
– Sono mite e incline alla comprensione – disse André, con voce afflitta e contrita – ma quello che fece il Conte difficilmente potrà essere perdonato….
– E non lo fu – precisò Julie – Da quel giorno, il Conte non riacquistò la sanità mentale e ordinò di cancellare tutte le immagini della defunta moglie, finché….
– Finché?
– Esattamente un anno dopo la spietata esecuzione, nella mezzanotte di Ognissanti, il Conte, ormai ridotto alla larva di se stesso, salì in cima alla torre, seguendo, si dice, qualcuno o qualcosa e, giunto nella segreta, si suicidò…. Così ebbe fine quella schiatta di assassini….
Oscar e André erano estremamente commossi.
– Girate al largo dal fantasma della Contessa Bianca che, nella settimana che precede il giorno in cui ricorre il delitto, infesta questi luoghi. Chi la vede è condannato all’eterna infelicità in amore…. E….
– E….? – domandarono, con un filo di voce, Oscar e André.
– E Vi prego di non dire ai miei genitori che Vi ho raccontato questa storia, se no, mi puniranno severamente. Temono che, se il Generale scoprisse la verità, ordinerebbe l’abbandono del castello o addirittura la completa demolizione dello stesso e…. sapete com’è…. i miei genitori preferiscono essere i custodi di un castello infestato e dalla tetra fama piuttosto che dei sereni disoccupati….
Ciò dettò, si accomiatò da loro, guizzando via sulle sue agili gambe da quattordicenne.
Oscar e André, annichiliti e senza parole, con le lacrime indugianti alla base degli occhi, si diressero, senza fiatare, verso lo spiazzo brullo di terra antistante la chiesetta, dove non cresceva un filo d’erba, per recitare una preghiera.
– Aaaahhhh!!!! – urlò, a un tratto, André – Oscar, una mano ossuta mi ha afferrato la caviglia!
– Ma no – lo tranquillizzò Oscar – Sei semplicemente inciampato in quella radice ricurva, fuoriuscita dal terreno!
– Oscar….
– Sì?
– Non trovi che quella radice ricurva assomigli a un braccio scheletrito?
– Trovo che assomigli a una radice….
André la guardava poco convinto.
– Tranquillo, André – aggiunse Oscar, nel tentativo di rincuorarlo – Che, tanto, domani, ce ne andremo.
I due bambini diedero un ultimo sguardo allo spiazzo di terra brullo, sotto il quale, secondo la leggenda, giacevano, senza requie e prive dei conforti religiosi, le ossa di Matelda e, subito dopo, fuggirono via, perché iniziarono ad avvertire, sul viso e sul collo, dei soffi di aria gelida.
Corsero a perdifiato verso il castello, con la spiacevole sensazione di essere osservati.







Pubblico, oggi, la mia terza one shot a tema.
La prima si intitola: “26 agosto 1789”, l’ho pubblicata il 26 agosto 2017 e fa riferimento all’emanazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e al mancato trentacinquesimo compleanno di André.
La seconda, invece, si intitola: “Regina”, l’ho pubblicata il 16 ottobre 2017 e narra le ultime ore di vita di Maria Antonietta.
L’idea della macchia di sangue che appare e scompare l’ho presa da “Il fantasma di Canterville” di Oscar Wilde mentre lo spunto delle unghie conficcate nelle pareti me l’ha dato il film “The ring”.
Sperando che abbiate trascorso un Halloween divertente, vorrei rivolgere un saluto a Hikaritokage che, con la sua “Hide-and-seek”, ha inaugurato il genere horror nel gruppo.

   
 
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