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Autore: AminaMartinelli    01/11/2018    7 recensioni
Nella notte di Halloween Sherlock vuole visitare con John una casa abbandonata, John vorrebbe rifiutarsi, ma non riesce a dire di no a quello che ancora considera solo il suo migliore amico. Gli sviluppi saranno...molto particolari!
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco il mio primo tentativo di "horror" (storie di paura, le chiamavo da piccola), solo le meravigliose admin del gruppo "Johnlock is the way...and Freebatch, of course!" con il loro evento "Happy Halloween" potevano farmi cedere alla tentazione di scrivere un genere così difficile, ma sono felice di averci provato!
Spero tanto vi piaccia!


HAUNTED


- Sherlock! Ti avrò detto almeno mille volte cosa penso della tua fissazione per l'horror...

Sherlock fece un sorrisetto sardonico prima di rispondere.
 
- E io ti avrò risposto almeno mille volte che la tua non è altro che paura. Fifa. Terrore.

John si indignò, ergendosi in tutta la sua purtroppo non notevole statura.
 
- Paura? Non sai quello che dici! L’anno prossimo mi arruolerò, sai che significa?!?

Sherlock rallentò il passo, fingendosi interessato alla vetrina cui stavano passando davanti.
 
- Certo. Significa che indosserai una divisa e farai strage di cuori tra tutte le sciocche ragazzine che incontrerai. - nascose un po' il viso perché l'altro non vedesse il rossore che si era inspiegabilmente diffuso sui suoi zigomi al pensiero di John in divisa, accentuato dal moto di rabbia nell'immaginarlo circondato da ragazzine adoranti.
 
- Che idiota! Significa che andrò in zone di guerra, e se sarà necessario dovrò combattere io stesso. Rischierò, la vita! Questo significa! Non è certo una cosa per paurosi…ma tu che ne sai!

Si allontanò a passo svelto, per dimostrare tutta la sua indignazione.

Il più alto lo raggiunse in pochi passi.

- Dai, non arrabbiarti, ti stavo solo prendendo in giro, lo faccio sempre...
 
Watson si fermò, voltandosi poi lentamente. Per quale accidenti di motivo non riuscisse a tenere il broncio per più di un minuto a quello spilungone sarebbe sempre rimasto un mistero, per lui.

- Lo so, lo so. Allora, ci tieni proprio tanto ad andare in quella casa abbandonata?
 
Gli occhi di Sherlock brillarono.

- Tantissimo!

- OK, facciamolo. Anche se davvero non capisco che ci trovi.
 
Il ragazzo batté le mani, contento come un bambino.

- Perfetto! Allora ci vediamo lì davanti a mezzanotte meno cinque, va bene?

John non poté trattenere una risatina.

- Mi sembra ovvio.
 
----
 
Quando Watson raggiunse la stradina davanti alla casa, non poté reprimere un brivido: quel posto aveva un aspetto inquietante e le voci che giravano lo erano anche di più.
Negli anni sessanta un ragazzo di circa vent'anni era stato trovato morto sul pavimento della camera da letto, brutalmente sgozzato.

Il cadavere non era stato identificato e non erano stati trovati indizi di alcun tipo. Tutta la faccenda fu presto dimenticata e la casa assunse la sua terribile fama, diventando col tempo la meta preferita di ogni sfida, scommessa o rito di iniziazione tra i ragazzi della città.

Improvvisamente la sua attenzione fu attirata da una luce in movimento nella casa.

"Quell'idiota è già entrato" pensò, e si diresse verso la porta. Se Sherlock pensava di spaventarlo facendolo entrare da solo, si sbagliava di grosso.
 
Con circospezione spinse la porta che, come da copione, cigolò.

Fece qualche passo all'interno poi chiamò sottovoce.

- Sherlock...dove sei?
 
Le assi di legno del pavimento scricchiolarono sotto i suoi piedi e lui sussultò.

- Sherlock, maledizione, vieni fuori!
 
Un colpo di vento spalancò una finestra, John si precipitò a chiuderla ma si bloccò con le mani sulle ante perché ebbe un capogiro.

Serrò con forza gli occhi, fece un paio di respiri profondi e si sentì meglio. Chiuse la finestra e decise di uscire. Sherlock voleva continuare col suo stupido scherzo? Bene, lo avrebbe fatto da solo.

Aprì la porta e fece un passo per uscire, ma non riuscì ad attraversare la soglia, come se un mano invisibile lo trattenesse.

Sentì la rabbia chiudergli la gola.

- Sherlock ! Piantala!

Si girò per affrontarlo ma la voce del suo amico lo raggiunse da fuori.

- Piantala di fare cosa?

Si voltò di scatto e Sherlock era lì, sulla soglia, che lo studiava con aria interrogativa.

- I...io...tu...eri dentro, come fai ad essere qui!

L'altro inarcò un sopracciglio.

- Hai bevuto? Io sono arrivato ora!

Watson si massaggiò il collo e si spostò per farlo entrare.

- N-no, niente. Vieni, dai. Prima cominciamo e prima questa storia finirà.
 

Si diressero verso le scale per raggiungere il piano di sopra. Salirono lentamente, avvertendo entrambi la sensazione di non essere da soli in quella strana casa.

Entrarono in camera da letto e Sherlock si sentì attraversare da un brivido.

- È qui che l'hanno trovato...non riesco a credere che non abbiano raccolto indizi. La polizia è così superficiale!
 
Watson non replicò e nella stanza scese un silenzio assoluto.

Sherlock si voltò.

- John, cos'hai ? Non ti senti bene? Sei così pallido...

Il ragazzo stava immobile, con le braccia lungo i fianchi e gli occhi chiusi. Sembrava che nemmeno respirasse. Holmes gli posò la mano su una spalla per scuoterlo leggermente.

- John...?

Watson si riscosse e sollevò le palpebre.

- Mai sentito meglio.

Il più alto lo guardò attentamente.

- Sei sicuro? Forse hai preso freddo, ti si è abbassata la voce...

- Sto bene, ti dico.
 
Il tono non ammetteva repliche e Sherlock tornò ad occuparsi del pavimento accanto al letto, scacciando la fastidiosa impressione di aver visto qualcosa di insolito negli occhi del suo amico.
 
Si era appena inginocchiato quando sentì la mano di John accarezzargli la schiena. Si scostò per guardarlo e chiedergli cosa stesse facendo (non che la cosa lo infastidisse, anzi, ma non se lo sarebbe mai aspettato dal ragazzo più etero del campus), ma quella voce bassa, quasi irriconoscibile, lo bloccò.

-Non voltarti, lasciati accarezzare...sei così bello!
 
La mano che gli sfiorava la schiena salì fino alla nuca, intrecciando le dita coi riccioli scuri che la ricoprivano. Sherlock trattenne il fiato e chiuse gli occhi, perdendosi per un attimo in quella carezza ipnotica. Poi le dita si strinsero attorno ai suoi capelli e lo costrinsero ad alzarsi, impedendogli però di voltarsi.

Si sentì afferrare alla vita dall'altra mano, una morsa possessiva a cui sentiva di non potersi ribellare. La mano si insinuò sotto la sua camicia e prese ad accarezzarlo. Un tremito incontrollabile di impossessò di lui, la testa gli girava, non aveva mai provato nulla di simile.

Per quanto quelle carezze lo ammaliassero, decise di riprendere il controllo perché quella situazione era troppo inverosimile, John non gli aveva mai manifestato interesse e ora...questo? Si fece forza per riuscire a voltarsi e quando lo fece rimase a bocca aperta.
 
I lineamenti di Watson erano confusi, come se il suo viso si stesse trasformando in quello di un altro, le iridi che lo fissavano stavano cambiando colore...cosa stava succedendo?

- J-John?

Lo sguardo dell'altro si fece triste.

- È così che si chiama?

Sherlock chiuse gli occhi un istante, cercando di mantenere un pensiero coerente.

- Tu...chi sei...

- Mi chiamo Michael.

- Cosa...hai fatto a- a John...

- Lui sta bene. È qui con me.

- C-cosa vuoi...

- Giustizia. E riparazione.

- Vuoi che scopra chi ti ha ucciso?

- So chi mi ha ucciso.

- Allora cosa vuoi da me, da noi...

- Che anche tu sappia, devi sapere...non vuoi conoscere la mia storia?

- È importante?

- Per me lo è.

- Poi lascerai libero il mio amico?

- Vuoi dire il ragazzo che ami...

- Io non- non amo nessuno!

- Sai bene che non è vero. Lo ami, e lui ama te.
 
Sherlock batté le palpebre velocemente, cercando di processare quella frase, fissò di nuovo lo sguardo sul ragazzo davanti a lui e per un attimo rivide John, poi i lineamenti si fecero ancora più confusi.

- Non è vero. Lui non mi ama, lui ha tante ragazze...perché menti!?!
 
Michael alzò una mano, sfiorando le guance arrossate con la punta delle dita.

- Non ti sto mentendo. Non potrei. Lui ti ama, ne sono sicuro...sono dentro di lui, ricordi?

- Devo...sedermi.

- Ma certo.
 
Sherlock di sedette sul bordo del letto, stringendosi convulsamente le mani che tremavano.

- Chi ti ha ucciso...

Gli occhi di Michael si offuscarono.

- Il mio patrigno. Era innamorato di me e non voleva che fossi di nessun altro. Io amavo William, un ragazzo con cui studiavo, ma lui lo aveva minacciato più volte.
Così siamo scappati da Edimburgo, dove vivevamo, e siamo venuti a nasconderci in questa casa, che apparteneva a mia nonna. Lui però ci ha trovati. Ha aspettato che William uscisse, mi ha colto di sorpresa, ha tentato di baciarmi.
Ho resistito e l'ho colpito in faccia, sono venuto a chiudermi in camera, ma lui ha sfondato la porta e mi ha afferrato. L'ultima cosa che ricordo è il dolore alla gola.
Da allora sono condannato a rimanere qui, ad aspettare William.

Sherlock aveva ascoltato col cuore in tumulto. Emise un lungo sospiro, coprendosi il volto con le mani.

- Io- io mi chiamo W-William.

Lo sguardo di Michael si addolcì. Lo raggiunse e si sedette accanto a lui.

Gli prese il viso tra le mani e sussurrò.

- Mi sei mancato così tanto...
 
Quando le loro labbra si sfiorarono Sherlock seppe con certezza di stare baciando John e Michael.

Le braccia che ora lo stringevano erano quelle di John, il cuore che sentiva battere all'impazzata era quello di John, ma sulle labbra di John stava assaporando due anime, due coscienze, due memorie.

Michael e John erano fusi in un unico spirito, che permeava quel corpo stretto al suo. Quella notte fu la sua prima volta e fu il suo John a prenderlo, con amore, passione, dolcezza, ma le lacrime che lo bagnavano erano di entrambi.

Il dolore e la disperazione di Michael si scioglieva in quella pioggia salata ed usciva da quegli occhi blu che Sherlock amava tanto. Anche John piangeva, prigioniero di un incantesimo che gli stava regalando ciò che inconsapevolmente desiderava da sempre, da quando per la prima volta aveva stretto la mano a quel meraviglioso ragazzo dagli occhi color dell'oceano in tempesta.

Quando il loro respiro si calmò, stretti uno nelle braccia dell'altro, si guardarono e Sherlock capì che Michael si era dissolto nel lampo bianco accecante dell'esplosione del suo orgasmo.
 
- John...

- È- andato via...

- Lo so. Mi dispiace che ti abbia coinvolto, io- non lo dirò a nessuno, giuro

- Sherlock, frena. Cosa stai dicendo?

- Tu...so che non sarebbe mai successo se non fossimo venuti qui, se tu non fossi...

- Se io non fossi innamorato di te.

Sherlock sgranò gli occhi.

- Allora è vero? Mi ami?

- Da sempre. Dal primo istante. Solo non riuscivo ad ammetterlo, neanche con me stesso. Ti amo, Sherlock...questa è stata la notte più bella della mia vita.

- A-anch'io ti amo. Non credevo di esserne capace. Poi sei arrivato tu...

- E Michael...

- Tu.

John lo strinse forte a sé.

- Felice Halloween, amore mio.
   
 
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