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Autore: Kim WinterNight    01/11/2018    2 recensioni
[Def Leppard]
«Quando un ragazzo perde ogni fiducia in se stesso, c'è solo qualcosa in grado di tirarlo su: la musica, in ogni sua forma.
E, forse, qualche persona speciale, con uno spirito forte.»
La commovente storia di Rick Allen e dell'incidente d'auto che l'ha privato della mano sinistra, mi ha ispirato per scrivere questa OS.
Oggi è il cinquantatreesimo compleanno del grande batterista dei Def Leppard, così ho deciso di pubblicare oggi questo scritto.
Spero vi piaccia, ci ho messo tutto il mio cuore.
Tanti auguri, mitico Rick ♥
Il tuo spirito umano è davvero forte.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Human spirit is strong





«What I've experienced through losing my arm, I wouldn't change. The human spirit is so strong.»

[Rick Allen]





Non ci faccio niente qui, è solo una pagliacciata.

Queste parole continuavano a ronzare nella mia mente, mentre me ne stavo impalato ad aspettare fuori dall'enorme teatro.

Ne avevo abbastanza e non facevo che sbuffare. Non avrei mai dovuto accettare, lo avevo capito fin dall'inizio che mi sarei sentito fuori luogo.

«Aymon, smettila di fare quella faccia da cane bastonato» mi rimbeccò Harriet, la quale se ne stava tranquilla a fumare una sigaretta e a guardarsi intorno.

La ignorai, gettando appena un'occhiata nella sua direzione. Indossava un cappotto rosso che aderiva al suo corpo minuto e scheletrico, e sembrava ancora più piccola per via del leggero trucco che aveva applicato sul viso rotondetto.

Aveva ventisette anni, ma ne dimostrava dieci in meno.

Io e Harriet ci completavamo: a lei mancava il braccio sinistro, a me quello destro. Ci eravamo conosciuti nella sede di un'associazione che si occupava di dare supporto a persone con disabilità fisiche, nello specifico a coloro che avevano dovuto rinunciare a qualche parte del loro corpo o che erano nati con delle malformazioni.

Da allora eravamo stati inseparabili, la nostra amicizia si era subito fatta intensa, e ormai erano trascorsi quasi due anni da quando eravamo l'uno la forza dell'altra.

«Andiamo! Siamo qui perché tu sia felice, mancino» mi apostrofò ancora lei, gettando a terra la sigaretta ormai finita.

Il fatto di appellarmi con quel nomignolo, a suo dire, era il suo modo per essere dolce e carina con me. Non l'aveva mai usato in modo dispregiativo, anzi, spesso mi si rivolgeva in quel modo nei rari momenti di tenerezza che mi riservava.

«Stavo bene a casa mia» borbottai.

«Niente affatto. Hai visto quanta gente?» cambiò argomento.

«È solo una stupida drum clinic.»

«Hai portato le Vic?» indagò Harriet, posando i suoi occhi azzurri sui miei.

«Sono nello zaino, ma non mi serviranno.»

«Già» assentì Harriet. «Non entrambe.»



Dopo circa un'ora di attesa, eravamo finalmente entrati. La sedia rossa imbottita era talmente comoda e la temperatura talmente calda e confortante, che fui tentato più volte di schiacciare un pisolino.

«Non provarci» mi rimproverò Harriet, battendo con forza sulla mia spalla sinistra.

Non lo facevamo apposta, però capitava molto spesso che ci sistemassimo in modo che le nostre braccia sane potessero entrare in contatto. Harriet sosteneva che era di vitale importanza per lei la possibilità di mollarmi un ceffone ogniqualvolta che l'avesse ritenuto necessario.

«Ma ho sonno, mi hai fatto svegliare all'alba per questo schifo e...»

«Io ti faccio un regalo di compleanno da urlo e tu ricambi in questo modo?» si stizzì, tentando di controllare il volume della voce.

Sospirai e mi voltai a guardarla. «Harriet» dissi in tono mortalmente serio. «Ti ringrazio, ma io non suonerò mai la batteria. Ci ho provato, tu lo sai. Ma non ho i soldi per comprare un kit adatto apposta per me, e con un solo braccio non ce la faccio. Sono nato così, non posso cambiare le cose.»

Lei si sottrasse al mio sguardo e mise su un broncio per niente rassicurante. Non stava fingendo di avercela con me, era arrabbiata davvero.

Sapevo che non sopportare la mia arrendevolezza, ma io detestavo le illusioni e le persone che vivevano di esse. C'erano dei limiti che non potevano essere superati, e a trent'anni era già troppo tardi per imparare a suonare come si deve. Avevo sempre usato una vecchia Pearl appartenuta a mio zio, ci avevo provato e mi ero divertito a fare cose semplici. Con i piedi riuscivo a fare dei buoni incastri, ma il mio handicap mi impediva di spostarmi agevolmente su tamburi e piatti.

Non potevo eseguire cose basilari come il rullo a uno o il rullo a due, non potevo darci dentro con il paradiddle che tanto mi piaceva. Eseguire dei passaggi sui tom era un'impresa da pazzi, per non parlare delle figure che avrei potuto eseguire sul ride. Ero stato costretto a spostarlo nella parte sinistra della batteria, incastrandolo disastrosamente tra charleston e crash, ma era veramente orribile non poterlo usare quasi mai.

Harriet mi faceva spesso notare che, per contro, riuscivo a eseguire dei favolosi sedicesimi sui piatti con una sola mano, a una velocità impressionante. Forse aveva ragione, ma questo non bastava.

Le mie capacità erano tagliate a metà e io non ero in grado di accettare quel limite, soprattutto perché non era colpa mia, non dipendeva da me.

Ripensai al momento in cui Harriet, alla mia festa di compleanno, si era presentata con una busta sottile contenente il biglietto per la drum clinic organizzata dall'associazione di Rick Allen dei Def Leppard.

Mi ero sentito immediatamente felice ed euforico, ma poi avevo cambiato idea nel giro di qualche secondo, rendendomi conto che quello non sarebbe stato il posto adatto a me.

Avevo sempre avuto un rapporto di odio e amore con quel batterista: se da un lato lo avevo ammirato per come fosse stato in grado di riprendere il suo posto nella band e dietro la batteria, dall'altro mi aveva sempre fatto incazzare la sua stupidità. Se aveva perso un braccio era stata tutta colpa sua, se l'era cercata. Era stato un motivo stupido il suo, e io lo maledicevo per quanto fosse stato irresponsabile a farsi strappare via un braccio in quel modo. Lo detestavo in certi momenti, perché pensavo al fatto che io fossi nato senza una mano e non potessi assolutamente farci niente.

«Harriet?» provai a chiamare la mia amica, poggiando lentamente una mano sulla sua.

Lei scattò come una molla e mi respinse.

«Dai, non fare così.»

«Aymon, non mi va di parlare con un idiota come te.»

«Ma...»

Nella sala calò improvvisamente il silenzio quando un ragazzo che aveva più o meno la mia età apparve sul grande palcoscenico del teatro e si accostò a un microfono posto su un'asta.

Solo allora mi soffermai a scrutare in quella direzione, e il fiato mi si mozzò quando notai che la piattaforma in legno massiccio era completamente ricoperta di strumenti: c'erano due o tre batterie complete e una miriade di altri pezzi sparsi qua e là; bacchette e battenti sbucavano da ogni angolo e tutto era punteggiato di mute pads da studio.

«Salve a tutti e benvenuti a questa drum clinic. Siamo qui per imparare tantissimo, ma soprattutto per divertirci. Senza indugi, lascio la parola al fondatore della Raven Drum Foundation, nonché batterista mostruoso, Mister Rick Allen!»

Non appena udii quelle parole, temetti seriamente di svenire. Non avevo minimamente capito che ci sarebbe stato anche lui. Avevo sempre pensato che non si sarebbe mai abbassato a presenziare a un evento tanto banale.

Mentre si levava un boato d'approvazione tutto intorno a me, afferrai con forza la mano di Harriet e cercai il suo sguardo.

Stava sorridendo.

«Non ce l'hai più con me?»

«La tua espressione smarrita mi basta per perdonarti.»

«Ti ringrazio tanto! Oddio, aspetta... tu lo sapevi?» le chiesi allarmato.

Lei annuì. «Ho spulciato un po' l'evento sulla pagina facebook dell'associazione.»

«Bastarda!» Lasciai andare la sua mano e posai le dita all'altezza del mio cuore.

Stavo per avere un infarto.



«Buonasera a tutti! Sono davvero felice di avervi tutti qui. Come immagino sappiate, ci occupiamo ormai da dieci anni di aiutare chi non riesce ad affrontare da solo i propri momenti bui. Quest'incontro serve per donare un po' di gioia a chi non crede più nella sua forza interiore. E cosa meglio della musica può arricchire e sfamare il proprio spirito?»

Rimasi immobile sulla poltroncina e ringraziai di trovarmi in una delle ultime file. Non avrei mai voluto che Rick Allen notasse la mia espressione smarrita e i miei occhi lucidi.

Harriet mi stringeva la mano senza aprir bocca. Aveva capito esattamente qual era il mio stato d'animo, com'era sempre in grado di fare.

«Abbiamo deciso di invitare qui, stasera, un grande batterista, che be', no, non sono io. Io sono solo un uomo che suona perché non può farne a meno.»

Uno scroscio di applausi si diffuse per la sala, tutti erano entusiasti e, probabilmente, si sentivano privilegiati nel trovarsi in quel luogo in compagnia di Rick Allen.

«Perciò, miei cari amici, accogliete con calore lo stimatissimo Pat Kinglake: insegnante di musica, musicista e amico prezioso per il sottoscritto!»

Non avevo mai sentito parlare di quel tizio, non mi risultava suonasse in una qualche band famosa; quando salì sul palco e si affiancò a Rick, il pubblico gli riservò un applauso discreto e educato. Il suo aspetto mi faceva pensare a un uomo qualsiasi: capelli bianchi e candidi un po' scompigliati, abbigliamento semplice e sportivo, occhiali da vista dalla montatura nera e scarpe da ginnastica bianche e blu.

«Da dove spunta fuori?» sussurrai a Harriet.

«Non ne ho idea, ma a quanto pare è un genio» replicò lei con un'alzata di spalle.

«Grazie, Rick! Mi fa davvero piacere essere qui! Prima di cominciare, vi ricordo che potete acquistare il merchandising di Stickkick, che voi tutti sapete essere una creazione del mio amico Rick. In questo modo aiuterete la sua bellissima associazione. Potrete trovare il banchetto all'ingresso del teatro, e potrete inoltre avere anche qualche mio disco e qualche lavoro dei miei allievi. Tutto il ricavato andrà, naturalmente, alla Raven Drum.»

Tutti acclamarono Pat Kinglake, il quale passò subito a presentare quello che sarebbe stato il suo lavoro.



«Chiederei agli iscritti di accomodarsi in prima fila» disse Rick dopo un po'.

Subito entrai in panico. Io ero iscritto, ma non volevo espormi così tanto. Stavo per sgattaiolare sotto la poltroncina con l'intenzione di non uscirne mai più, quando Harriet sospirò.

«Non fare il cretino. Fai come ha detto lui» mi ordinò, afferrandomi saldamente per un polso.

«Vieni anche tu?»

Scosse il capo. «Non sono iscritta. Al massimo mi siedo in seconda fila, se trovo posto.»

«Oh merda...»

«Il tuo zaino lo tengo io. Prendi le Vic e l'acqua, ne avrai bisogno.»

Dubitavo seriamente che le mie bacchette Vic Firth mi sarebbero tornate utili, ma le afferrai ugualmente e incastrai la bottiglietta d'acqua tra il fianco e il gomito. Mi alzai a fatica e mi trascinai con lo sguardo basso verso la prima fila.

Quando giunsi a destinazione, notai che gli iscritti erano al massimo una decina. Fui contento di notare la presenza di due ragazze, non mi era capitato spesso di incontrarne nell'ambito degli strumenti a percussione.

«Bene, adesso voglio sapere come vi chiamate» ci disse Pat, scandagliandoci con i suoi piccoli occhi neri. Si soffermò un attimo su di me, che ancora non mi ero seduto, e diede leggermente di gomito a Rick.

Abbassai lo sguardo e avvampai violentemente, così che lasciai cadere la bottiglietta d'acqua mentre cercavo di sistemarmi al meglio sulla sedia. Maledissi mentalmente Harriet per avermi lasciato da solo in quella situazione e mi chinai per raccogliere l'oggetto, incastrando le Vic dietro la mia schiena.

«Ti serve aiuto?» mi sentii chiedere.

Con la bottiglia in mano, sollevai lo sguardo e notai che un ragazzino che poteva avere al massimo diciotto anni mi sorrideva cordiale.

«No, grazie» bofonchiai.

«Anche io uso le Vic, amico» mi sussurrò, mostrandomi le sue bacchette.

«Bene.»

«Il modello di John Dolmayan. Hai presente?»

«Il batterista dei System?» buttai lì.

«Già.»

Stavo per dirgli che avevo provato quelle bacchette, ma che mi erano risultate troppo pesanti, quando Pat richiamò la nostra attenzione.

«Voi due? Come vi chiamate?»

Il ragazzino sorrise con insolenza, facendo roteare in aria una delle sue bacchette. «Damian» rispose.

«Bene, Damian. Tu?»

«Io?» Mi schiarii la gola, poi pronunciai il mio nome.

«Aymon è carino, mi piace» commentò Rick, posizionandosi proprio di fronte a me.

Nonostante si trovasse a qualche metro da me, sopra il palcoscenico, ebbi come l'impressione che potesse vedere dentro di me.

«Vorrei che ognuno di voi salisse quassù a farmi sentire cosa sa fare» ci invitò Pat, per poi dare un piccolo colpo di tosse.

«Comincio io!» strillò Damian, balzando in piedi.

La sua esuberanza fece sorridere tutti, me compreso. I suoi lunghi capelli lisci e castani oscillavano mentre si arrampicava sul palco con agilità, muovendo il corpo minuto e tonico.

«Bene, così mi piaci! Damian, giusto?»

«Giusto, amico! Oh, cazzo... posso usare quella Tama?»

Rick rise divertito. «Capisco la tua scelta, vista la t-shirt che indossi» commentò, accennando alla maglia dei System Of A Down che il ragazzo sfoggiava fieramente.

«O anche dalle mie Vic» replicò Damian per niente imbarazzato.

Si sistemò dietro la splendida batteria nera e controllò che tutto fosse al suo posto. Poi cominciò a suonare senza preavviso e io rimasi impalato a fissarlo, mentre eseguiva passaggi veloci e precisi e giocava senza alcuna rigidità con lo strumento che aveva di fronte. Riconobbi la famosa Toxicity della sua band preferita e mi ritrovai ad ammirarlo per come riuscì a eseguirla senza sbagliare un colpo.

«Oh, merda! Sei stato bravissimo, ragazzo!» cinguettò Rick, non appena Damian si fu alzato.

Si scambiarono una stretta di mano e il ragazzo osservò con ammirazione il batterista dei Def Leppard, come se si fosse accorto solo in quel momento di trovarsi di fronte a lui.

«Grazie, capo. I tuoi complimenti mi lusingano.»

«Buono, buono. Grazie, Damian. Chi vuole suonare ora?» proseguì Pat senza perdersi in chiacchiere.

A turno, tutti gli iscritti alla drum clinic salirono sul palco a mostrare le loro capacità; qualcuno era più timido, qualcun altro più sfacciato, ma tutti riuscirono a fare una buona impressione su Pat e Rick.

A colpirmi maggiormente fu una ragazza di nome Eliza, che suonò magistralmente un brano jazz. Fu strabiliante notare quanto controllo riuscisse a esercitare su ogni parte del suo corpo, quanto fosse coordinata e la precisione con cui carezzava lo strumento con bacchette e spazzole.

Più le dimostrazioni andavano avanti, più mi rendevo conto di essere terribilmente inferiore a loro, e la mia voglia di andarmene crebbe inesorabilmente.

Sapevo che prima o poi la mia presenza sarebbe stata richiesta sul palco, perciò decisi che dovevo scappare prima che fosse troppo tardi.

Mi alzai e bofonchiai qualcosa in direzione di Damian, accampando la scusa di dover andare in bagno. Mi dispiaceva che Harriet avesse speso dei soldi per farmi quel regalo, ma almeno aveva fatto un po' di beneficenza. Sarebbe andato bene lo stesso.

Cercai di non incrociare lo sguardo della mia amica, la quale si era posizionata in terza fila, per non lasciarle intuire le mie intenzioni. Me ne sarei andato e in seguito le avrei scritto un messaggio stracolmo di scuse.

«Dove credi di andare, Aymon?»

Sollevai lo sguardo. Non avevo percorso neanche metà del corridoio che tagliava a metà le file di sedie, che mi ritrovai di fronte Harriet a sbarrarmi la strada.

«In bagno» mentii.

«Non prendermi per il culo, Aymon.»

Sospirai ed evitai i suoi occhi. «Mi sento inappropriato» ammisi, sentendomi terribilmente a disagio.

«Piantala! Torna subito lì e fai vedere a quella gente cosa sai fare» mi incoraggiò lei, allungando la mano per stringere la mia. «Andiamo!»

«Ma io...»

«Scusate per il disturbo.» Una voce interruppe la mia protesta, e io la riconobbi subito.

Non osai voltarmi, sarebbe stato troppo umiliante. Non riuscivo a credere che Rick Allen fosse sceso dal palco e mi avesse raggiunto. Non poteva essere vero.

«Signor Allen! È un piacere conoscerla, io sono Harriet, un'amica di Aymon. E ora me ne torno al mio posto! Complimenti, davvero, la ammiro molto» blaterò lei, poi mi lasciò un buffetto sulla guancia e se ne andò, lasciandomi nella merda più totale.



«Dove stiamo andando?» ebbi il coraggio di chiedere, mentre seguivo Rick Allen fuori dal teatro.

«Vorrei parlare un po' con te.» Lui si fermò e si voltò nella mia direzione.

Compresi che ci trovavamo a pochi metri dall'ingresso e individuai il banchetto del merchandising su Stickkick.

«Mi scusi, ma non me la sento di restare...» azzardai.

«Perché mai?» volle sapere.

Sollevai lentamente lo sguardo e lo osservai. Mi sorrideva, il viso rotondetto e simpatico illuminato da una serenità indescrivibile. Indossava una felpa nera e dei jeans, sembrava proprio un ragazzino. Aveva voglia di vivere e mi diede l'impressione di essere una persona semplice e umile.

Forse lo avevo giudicato male, forse me l'ero presa ingiustamente con lui. Non poteva minimamente aver desiderato di perdere un braccio in un incidente d'auto, era capitato e basta. Ero un idiota e mi vergognavo di me stesso e dei miei stessi pensieri, avevo trent'anni e mi sentivo un completo fallimento.

«Non posso suonare» mormorai.

«Sì che puoi. Solo perché ti manca un braccio, pensi di non poterlo fare. Io non l'ho mai pensato.»

Un improvviso moto di rabbia mi annebbiò la vista per un attimo. Avrei voluto gridargli in faccia che lui non poteva capire la mia situazione economica, la mia frustrazione. Non mi conosceva e non sapeva niente di me. Avrei voluto mandarlo al diavolo e fargli presente che lui aveva avuto tutti gli strumenti necessari per riprendere a suonare.

Tuttavia, rimasi muto e immobile.

«So cosa stai pensando, ragazzo. So che mi detesti e che sei convinto che per me sia stato facile. È vero, ho avuto fortuna: già suonavo con i Def Leppard da diversi anni, avevo tutto ciò che volevo, compresi un bel po' di soldi. Ma è lo spirito che ci vuole, capisci?»

«Lo spirito?» ripetei confuso.

Rick sorrise ancora e allungò la mano destra per posarla sulla mia spalla. «Lo spirito umano è forte, ragazzo mio. Se io non avessi avuto questo a mio vantaggio, non mi sarebbero serviti tutti quei soldi. È stata la volontà, la consapevolezza di voler suonare ancora, a portarmi avanti e farmi arrivare fin qui. Sapevo che la musica era la mia vita, che non volevo rinunciarci e che non avevo tempo da perdere nell'autocommiserarmi e nel maledirmi per essere stato un coglione, il giorno dell'incidente. Perché ormai il passato non conta più.»

Lo ascoltavo e sentivo le lacrime pungermi gli occhi. Le sue parole erano capaci di toccarmi, affondando in me come coltellate. Aveva ragione da vendere, e probabilmente ciò che mancava a me era proprio quello spirito interiore di cui tanto parlava.

«Non è stato facile. Ho dovuto reinventare la mia tecnica, cambiare strumentazione, allenare molto più di prima i miei piedi, compensare con il braccio destro... vedi, c'è stato davvero tanto lavoro da fare. Ma l'ho fatto perché lo volevo, capisci?»

Avevo cominciato a tremare, come se tutte le mie certezze mi stessero abbandonando.

«Non devi mai piangerti addosso, Aymon. Coraggio, rientra in quella fottuta sala e fai vedere a tutti noi ciò che sai fare. Sono sicuro che anche tu hai trovato una soluzione.»

«Non so se ci riesco, Rick» ammisi.

«Ma certo che ci riesci! Tutti crediamo in te, anche quella bella ragazza con cui sei venuto qui.»

Mi sentii avvampare leggermente. Forse Rick aveva pensato che io e Harriet stessimo insieme, ma nonostante io lo desiderassi segretamente da due anni, non era mai successo niente tra noi.

«Lei è speciale, è un'amica unica.»

«A lei manca il braccio sinistro» commentò Rick.

«Ha avuto un tumore quattro anni fa e...»

Lui mi strinse la mano. «Mi dispiace. E a te com'è successo?»

Lo guardai negli occhi. «Sono nato così.»

«Capisco. Mi dispiace. Ma vedo tanto potenziale in te, mi accorgo sempre quando qualcuno può farcela. Altrimenti non te lo direi.»

«Grazie, Rick, davvero... pensa davvero che potrei suonare?»

Lui sorrise a trentadue denti e mi mollò un'amichevole pacca sulla spalla. «Ovviamente! Vuoi provare il mio gioiellino?» mi propose, sospingendomi nuovamente verso la porta della sala.

«Dice sul serio?»

«Non scherzo mai su queste cose, Aymon.»



Era perfetta. Una batteria ad hoc per quelli come noi. Nella mia mente stava cominciando a formarsi la consapevolezza che io e Rick non fossimo poi così diversi: sicuramente ci trovavamo sulla stessa barca, anche se per motivi differenti.

Mi sedetti dietro la sua Yamaha ed esaminai tutti i pedali che aveva posizionato accanto a quello del charleston. Allungai il piede sinistro e cominciai a provare i suoni, accorgendomi subito che sembrava davvero che i suoni fossero creati da un batterista con entrambe le braccia a disposizione.

La sala aveva un'acustica pazzesca, me ne rendevo conto solo mentre facevo un check completo di tutti i piatti e i tamburi.

Rick, in piedi di fianco a me, mi osservava. «Credo ci sia un problema» disse con fare dubbioso.

Pat Kinglake se ne stava di fronte a me con le mani in tasca e un sorriso soddisfatto stampato in viso.

«Cioè?» domandai.

«Quei pedali. Dovresti usarli con il piede destro, visto che sei mancino.»

Quelle parole mi fecero scoppiare a ridere, contagiando poi Rick e Pat, finché tutti i presenti non applaudirono e si unirono a me.

Notai che Harriet si era seduta al mio posto in prima fila e mi osservava con un'espressione che non riuscii a decifrare. Come se fosse fiera di me.

«Hai ragione, cazzo!» Preso dall'entusiasmo, aggiunsi: «Okay, Rick. Posso farlo a modo mio? Devo solo prendere quel ride e metterlo qui».

Pat mi aiutò a sistemare il ride nella parte sinistra della batteria e mi incoraggiò a fargli sentire qualcosa.

Guardai Harriet e mi sentii invadere da un calore e una fiducia immense. Lei era capace di farmi sentire meglio, anche se spesso utilizzava dei modi un po' bruschi e tutt'altro che dolci.

Sospirai e diedi inizio alle danze.

Mostrai a tutti come giocavo con i pedali di charleston e grancassa, senza mai perdere il ritmo o andare fuori tempo. Mi esibii nei miei sedicesimi con una mano sul charleston chiuso, per poi passare al ride mentre con un braccio solo riuscivo a spostarmi sul rullante.

Mi venne voglia di esagerare, così mi fermai un attimo e afferrai l'altra bacchetta. Strinsi entrambe nella mano sinistra e sorrisi tra me, poi cominciai a darci dentro sul serio: presi a eseguire il mio personale flam, riuscendo a dare due colpi sul rullante quasi contemporanei.

Venne fuori perfetto, proprio come piaceva a me. Ci avevo lavorato per un sacco di tempo, ci avevo provato in tutti i modi, e alla fine il risultato era stato soddisfacente. Quell'esercizio mi era costato dolori e crampi alla mano, ma alla fine ero riuscito a trovare il giusto equilibrio.

Mi accorsi appena di quanto Rick e Pat fossero estasiati e colpiti dal mio suonare, concentrato com'ero. Mi stavo divertendo e per la prima volta mi resi conto che non ero diverso dagli altri, avevo soltanto un mio stile personale, che avrei dovuto continuare a coltivare con piccoli accorgimenti.

Avrei anche potuto comprare dei pedali come quelli di Rick e far suonare dei pezzi di una batteria elettronica come fossero quelli di un'acustica, ma probabilmente ciò che avevo imparato a fare con i miei metodi grezzi non l'avrei mai abbandonato né dimenticato.

Conclusi la mia performance e udii un caloroso scroscio di applausi, grida ed esclamazioni colme di entusiasmo e ammirazione.

«Aymon, hai spaccato tutto!» strillò Damian, dopo essersi messo in piedi. Sollevò in aria il braccio destro e fece le corna, poi finse di tagliarselo con una delle sue bacchette. «Se io perdessi questo, sarei spacciato! Sei un fottuto genio! E che flam hai fatto!»

«Hai visto? Ce l'hai fatta» disse Rick, per poi abbracciarmi affettuosamente dopo che mi fui messo in piedi.

Ero commosso, non sapevo come replicare a tutti quei complimenti, non sapevo come comportarmi e come trattenere lacrime di gioia che ormai scorrevano per conto loro sulle mie guance.

«Rick, hai scoperto un talento. È più forte di te» scherzò Kinglake con fare pacato.

«Ci puoi scommettere, Pat! Aymon, sono davvero ammirato. Ora puoi tornare al tuo posto, Pat ha davvero tanto da insegnarci.»

Scesi dal palco a testa alta, avvolto dal mormorio che ancora si spargeva per la sala.

Raggiunsi Harriet e lei si mise in piedi per cedermi il posto. Ci ritrovammo faccia a faccia e lei stava sorridendo come non l'avevo mai vista fare prima.

Sollevò il braccio e mi tirò a sé, abbracciandomi stretto per un breve istante. «Sono fiera di te, mancino» sussurrò al mio orecchio.

«Grazie.»

Si allontanò da me, ma prima di lasciarmi andare si sollevò sulle punte dei piedi e mi sfiorò le labbra con le sue. Poi se ne andò e mi lasciò interdetto.

«Oh!» mormorai.

«Sei pronto?» mi chiese Damian.

Annuii, con il cuore e lo stomaco in pieno subbuglio.



Pat fu tremendamente affascinante e ci mostrò tutta la sua esperienza, senza però risultare presuntuoso. Fu umile e amichevole con noi, ci chiamò ancora per provare alcuni esercizi che aveva messo a punto per i suoi allievi e per mostrarci diverse tecniche per suonare al meglio lo strumento che tanto amavamo.

La drum clinic durò a lungo ma il tempo parve scorrere troppo in fretta, finché non si concluse e tutti ci riversammo all'esterno della sala.

Raggiunsi Harriet che ero frastornato per un sacco di motivi: ero carico di informazioni e nuova energia, ero sconvolto da quel breve bacio e tutto questo non faceva che scombussolarmi ancora di più.

«È andata bene» esordì la ragazza, regalandomi un sorriso.

«Benissimo. Prima di andare, vorrei comprare qualcosa al banchetto del merchandising» le dissi.

«Certo. Io vorrei una di quelle carinissime t-shirts con Stickkick» concordò.

Stavo per muovermi in quella direzione, quando Rick uscì dalla sala e mi raggiunse.

«Rick» lo salutai.

«Aymon, allora? È andata bene, vero?»

Annuii. «Grazie a lei.»

Lui infilò una mano in tasca e ne estrasse un cartoncino rettangolare. «Questo è il mio biglietto. C'è il numero della segreteria dell'associazione, e questo qui in basso è il numero del mio ufficio privato. Fatti sentire, vorrei aiutarti a mettere a punto la batteria più adatta alle tue esigenze.»

Afferrai con riluttanza ciò che mi porgeva e lo osservai confuso. «Davvero? Ne è sicuro?»

«Certamente. Hai tante potenzialità, ma devi poterle sfruttare. Vorrei aiutarti.»

«Rick, la ringrazio» intervenne Harriet, facendosi avanti. «Il suo gesto è molto dolce. Renderà felice Aymon e io non posso che essergliene grata.»

«Ma figuratevi! E ora andate, vi ho trattenuto qui fin troppo» scherzò, per poi regalarmi un altro amichevole abbraccio.

Salutammo calorosamente Rick e ci fermammo a chiacchierare un po' con Damian e gli altri partecipanti alla drum clinic, comprammo qualcosa al banchetto e uscimmo dal teatro.



«Hai le Vic?»

«Sì, ce le ho, Harriet.»

«Okay.»

Stavamo camminando verso la fermata della metropolitana, e io non sapevo cosa fare. Avrei voluto fermarmi e baciarla ancora, ma temevo che quel suo gesto fosse stato amichevole, niente di più di questo.

Però non potevo lasciare che le cose rimanessero in sospeso.

«Harriet?» la chiamai, fermandomi di botto poco prima di entrare nella stazione.

«Sì?» Anche lei si fermò e mi osservò.

«Cosa significa quel bacio?» riuscii a chiedere, sentendomi avvampare.

Lei ridacchiò. «Oh, finalmente me l'hai chiesto! Be', mancino, è già da un po' che volevo farlo. Ma ho voluto aspettare.»

Non capivo dove volesse andare a parare, così mi limitai a osservare il suo viso pallido illuminato dalla luce giallastra dei lampioni.

«Mi sono ripromessa che l'avrei fatto solo se ti avessi visto reagire, solo quando ti avrei visto davvero felice e consapevole di te stesso.»

Spalancai gli occhi e presi a balbettare, senza sapere esattamente cosa dire.

Harriet rise e si accostò a me, poi si premette contro di me e catturò ancora una volta le mie labbra con le sue. Stavolta non si scostò subito, ma approfondì quel contatto e si strinse a me, cingendomi le spalle con il braccio destro.

A mia volta, le circondai la vita e la tirai ancora più vicino a me, assaporandola per la prima volta fino in fondo. Avevo desiderato quel bacio da così tanto tempo, che quasi stentavo a credere che stesse succedendo davvero.

Quando Harriet si allontanò un poco da me, i suoi occhi brillavano maliziosi.

«Che c'è?»

«Stavo pensando a una cosa.»

Le rivolsi un'occhiata interrogativa, accarezzando con delicatezza i suoi morbidi capelli color sabbia.

«Sarà difficile spogliarti con un solo braccio» commentò.

«Harriet!» esclamai, fintamente scandalizzato.

«Ma non vedo l'ora di farlo» concluse, poi tornò a baciarmi con maggiore intensità.






♫ ♪ ♫ ♪ ♫ ♪ ♫


Miei carissimi lettori, eccomi qui!

Ho partorito questa OS mentre ascoltavo i Def Leppard, specialmente Pour Some Sugar On Me; la storia di Rick Allen, del suo incidente e della sua incredibile forza interiore mi ha sempre colpito. Più ascoltavo le sue canzoni, più l'ispirazione prendeva piede.

Oggi, 1 novembre 2018, Rick compie 55 anni e questo è il mio piccolo regalo per lui.

Ho ideato i personaggi di Aymon e Harriet quasi per caso, mi sembrava carino dar loro vita e dargli una possibilità per emergere.

Per quanto riguarda Pat, anche lui è stato un personaggio di mia creazione, ispirato a una persona che conosco, un insegnante e musicista eccezionale che adoro e stimo tantissimo!

La citazione iniziale l'ho trovata sulla pagina Wikipedia in inglese dedicata a Rick Allen, e poi ascoltando qualche sua intervista in cui raccontava dell'incidente, ho sentito lui stesso pronunciarla in diverse maniere, ma con lo stesso significato.

La Raven Drum Foundation, inoltre, è stata fondata proprio da Allen e da sua moglie, Lauren Monroe, nel 2001, e la One Hand Drum Company è nata per creare del merchandising atto alla raccolta di fondi da devolvere alla fondazione di Allen. Lui stesso ha ideato un disegno, ovvero Stickkick, che rappresenta un batterista con una mano sola. Spesso esso viene rappresentato su maglie, cappellini e merch vario, con uno slogan motivazionale che recita: «Life is great!! Be a Rockstar!!».

Credo di avervi spiegato tutto, ma sono qui a disposizione per eventuali domande o correzioni da parte di chi ne sa qualcosa in più di me ^^

Aspetto i vostri commenti, pareri e – perché no? – pure le critiche, se costruttive, sono ben accette ;)

Grazie a chiunque sia giunto fin qui e grazie al grandioso Rick Allen e alla sua forza per avermi ispirato *-*

Alla prossima e...

ANCORA AUGURI, RICK ♥

  
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