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Autore: FrancescaPotter    01/11/2018    1 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo - Parte 2

Will non poteva credere che stesse succedendo davvero. Rose era più bella che mai nel suo vestito da sposa; il sole stava tramontando alle sue spalle e Rose pareva emanare luce propria. Will le prese le mani e le strinse. Il suo viso era tutto ciò che riusciva a vedere.
«Rose» le disse. «Aspetto questo momento da anni, e ora…»
«Will» lo interruppe lei. Sembrava preoccupata, le sopracciglia aggrottate e la voce affannata. «Will! William, per l’amor del cielo, svegliati!»
Qualcuno lo stava scuotendo poco delicatamente per la spalla. Will aprì gli occhi, ancora impastati dal sonno, e cercò di mettere a fuoco l’ambiente circostante. Riconobbe subito la camera di Rose nella residenza dei Blackthorn a Idris.
«Will» ripeté Rose. Era stata proprio lei a svegliarlo.
«Rose». Will sbatté le palpebre. «Non possiamo vederci il giorno del matrimonio. Porta sfortuna».
Rose si bloccò e lo guardò con gli occhi spalancati. «Perché non dovremmo vederci?» Poi parve capire e sbuffò. «Will. Non è il nostro matrimonio, è quello di tua sorella! E se non ci sbrighiamo, ti uccide. E poi uccide me per averti fatto fare tardi. Su, alzati! E non chiudere di nuovo gli occhi».
Will sprofondò nuovamente tra le coperte, rifiutandosi categoricamente di collaborare.
«Non vado da nessuna parte» borbottò. «Finché non mi dai un bacio».
Rose si inginocchiò sul letto e si chinò su di lui per stampargli un bacio sulla fronte. Will alzò il capo e le loro labbra si incontrarono. Poi prese Rose per i fianchi e se la tirò addosso, contento che Rose non avesse ancora indossato il vestito e fosse solo in biancheria.
«Dobbiamo andare» disse lei sulle sue labbra, continuando però a baciarlo. «Sei terribile».
Will sorrise, ma non mollò la presa; al contrario, la strinse di più a sé.
«Mio papà sta venendo qui» continuò Rose, parlando contro le sue labbra. Poi alzò il capo e gli diede un bacio sul naso. «Pensavo dovessi saperlo».
Will si bloccò, Rose ancora sdraiata sopra di lui che lo osservava divertita. «E quando pensavi di dirmelo?»
Will se la scostò di dosso e si alzò. In quel preciso istante, Julian Blackthorn fece per aprire la porta.
«Rose, ti sei messa il vestito?»
Anche Rose ebbe la decenza di agitarsi, dato che Will era completamente nudo nella sua stanza. «Non entrare!» urlò, così forte che Will si spaventò e cadde quasi per terra.
«Eh?» fece Julian.
«Will» disse Rose.
Will si schiaffeggiò una mano in faccia e iniziò a vestirsi. «Ciao, Julian» disse.
Julian rimase in silenzio per parecchi secondi. Poi parlò. «Rose, quante volte ti ho detto di dirmi quando Will si ferma a dormire?»
Rose alzò gli occhi al cielo e iniziò ad infilarsi il vestito. «Non era in programma».
«Certo, come no» sospirò Julian. Poi si rivolse a Will. «Ciao, Will. Ti preparo il caffè. Rose, sbrigati però, altrimenti ti lascio i capelli così. Tua madre ha già finito quelli di Holly».
«Grazie» fece Will. «E sì, Rose si muove. È da un sacco che le dico di andare. Vero, Rose?»
Rose prese il cuscino e glielo lanciò in faccia. «Sei proprio uno…»
«Rose» la ammonì suo padre, ancora dall’altro lato della porta.
«Ovviamente non è vero!» sbottò Rose. « È Will quello che non si vuole mai alzare».
Rose aprì la porta, indignata. Fortunatamente Will si era messo dei pantaloni della tuta.
Julian apparve sulla soglia e spostò lo sguardo da Will a sua figlia. Indossava già il completo per la cerimonia. «Lo so» sospirò. «Ora andiamo?»
Rose uscì dalla porta senza rivolgere mezzo sguardo a Will, mentre Julian gli sorrise. «Sarà meglio che tu ti dia una mossa. Riesco a sentire tua sorella insultarti da qui».
Julian non aveva tutti i torti. Rimasto solo nella stanza di Rose, Will si precipitò sotto la doccia, sperando che sua sorella non si fosse ancora accorta della sua assenza.
 
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«William Jonathan Herondale. Dove cazzo ti eri cacciato?»
Will non aveva fatto in tempo a mettere piede in cucina che sua sorella lo aveva aggredito.
Da Rose, Will aveva fatto la doccia e si era vestito. Julian gli aveva preparato del caffè e una fetta di torta al cioccolato, quindi Will aveva già fatto colazione e non capiva perché sua sorella fosse così arrabbiata con lui.
«Sono pronto, Celine» le disse lui. Poi guardò l’orologio. «Ed è prestissimo».
Sua sorella si sedette su una sedia e iniziò a tremare. Era ancora in pigiama, struccata, e i suoi capelli rossi le ricadevano morbidi sulla schiena. «Pensavo che fossi chissà dove. Per quanto ne sapevo, potevi benissimo stare ancora dormendo».
Will incontrò lo sguardo di sua madre, che scosse il capo e mise una mano sulla spalla della figlia. «Celine, prendi un respiro profondo adesso».
Celine, forse per la prima volta in vita sua, obbedì e respirò profondamente. Mise i piedi sulla sedia e poi si abbracciò le gambe con le braccia, poggiando il mento sulle ginocchia. Will non l’aveva mai vista così vulnerabile in vita sua. Senza trucco e con i capelli sfatti sembrava molto più giovane e Will notò una forte somiglianza con Elizabeth.
Sentendosi vagamente in colpa per averla fatta preoccupare, le si sedette di fianco e le diede un bacio sulla guancia. Celine fece una smorfia e si pulì la guancia con la manica del pigiama.
«Dimmi di che cos’hai bisogno» le disse. «Vuoi mettere il vestito? Truccarti? Farti i capelli?»
Celine si morsicò il labbro e lo guardò con occhi grandi. «È per questo che mi servi tu. Non ho idea di cosa sia meglio fare. Prima mi trucco o prima mi faccio i capelli? Pensavo di mettere il vestito poco prima di uscire, ma se poi lo sporco di rossetto? Ma se lo metto prima di truccarmi poi magari si rovina, e…»
«Cosa dice la mamma?» chiese Will.
«La mamma dice di mettere per ultimo il vestito» rispose Clary. «Ma non si fida».
Celine le sorrise angelicamente e poi guardò Will in attesa, come una bambina che aspetta l’approvazione del suo genitore preferito.
«Ha ragione. Anche io metterei il vestito per ultima cosa. Ora vai a sistemarti i capelli».
Celine annuì, poi scattò in piedi. «Perfetto!»
Clary la guardò preoccupata mentre usciva dalla porta, poi scambiò uno sguardo con Will. «Forse è meglio che vada ad aiutarla».
«Forse è meglio» concordò Will.
Clary fece per seguirla, e per poco non si scontrò con Jace che stava entrando in cucina in quel momento. «Attenta» le disse lui, mettendole una mano sul fianco e una sulla spalla per non farla cadere. Poi le diede un bacio sulla fronte. Clary sbatté le palpebre. «Celine…» borbottò, scappando via.
«Donne». Jace scosse le spalle. Anche lui si era già vestito, indossava un completo nero e una camicia bianca. «Ciao, Will. Tua sorella dice di aver bisogno di te».
A Will cadde la mascella. «Ma se è appena andata di sopra!»
«Non Celine. L’altra sorella».
«Elizabeth?» Will si buttò contro lo schienale della sedia e chiuse gli occhi. Aveva ancora sonno e non pensava di essere psicologicamente pronto per affrontare quella giornata.
«Oh, e già che sali di sopra mi prenderesti i gemelli? Li ho dimenticati in camera mia…»
Will lo fulminò con lo sguardo. «Ho bisogno di caffè».
Suo padre alzò un sopracciglio. «Julian non ti ha dato del caffè? Strano. Julian berrebbe caffè al posto dell’acqua».
«Ho bisogno di altro caffè». Will si alzò e se ne versò una tazza con fare drammatico.
«Fai come ti pare» borbottò suo padre. «Basta che me li porti giù».
Will, dopo aver bevuto il suo caffè, salì al piano di sopra. Passò davanti alla stanza di Celine e la sentì parlare con loro madre, ma tirò dritto verso la camera di Elizabeth.
Bussò un paio di volte e poi entrò lo stesso, trovando Elizabeth che stava cercando di allacciarsi il vestito.
«Will!» esclamò lei quando lo vide. «Aiutami, per favore».
Will si chiuse la porta alle spalle e la raggiunse. Le sistemò la lampo del vestito e poi si passò una mano sul viso, reprimendo uno sbadiglio.
«Hai una faccia da pesce lesso» commentò sua sorella.
«Molto simpatica».
«Ho un problema».
Will grugnì e si sedette sul letto.
«Non mi piacciono più le scarpe che mi devo mettere, vedi?»
Lizzie gliele sventolò sotto al naso, disperata.
Perché, si chiese Will, nella mia famiglia dobbiamo essere tutti così melodrammatici?
Erano un paio di sandali argento che si intonavano perfettamente al suo vestito verde scuro, quindi Will non capiva quale fosse il problema.
«Come mai non ti piacciono più?»
Lizzie iniziò a camminare avanti e indietro davanti allo specchio. «Non lo so! Mi fanno le caviglie strane, guarda».
Se li infilò velocemente, rischiando quasi di cadere per terra più volte, e poi si raddrizzò.
«Visto?»
Will aggrottò le sopracciglia e scosse il capo. «No, non vedo proprio un bel niente. Le tue caviglie sono normalissime».
«Sicuro?» chiese lei, guardandosi allo specchio. «Non lo so! E poi il colore sta bene con il vestito? Cioè…»
«Elizabeth» sospirò Will. «Sei bellissima».
Lizzie gli sorrise. «Anche tu. Ti sta bene il blu».
Poi gli si sedette vicino sul letto e rimase in silenzio per un po’.
«Non dire a mamma e a papà di Peter» sussurrò d’un tratto. «Ti prego».
Will continuò a guardare dritto davanti a sé senza dire niente. Sentiva che Lizzie lo stava guardando, ma non riusciva a incontrare il suo sguardo. Perché aveva passato il giorno precedente a chiedersi quale fosse la cosa giusta da fare per il bene di sua sorella, e ancora non aveva trovato una risposta.
«Ti prego» lo implorò di nuovo Lizzie, scuotendolo per il braccio. «Per favore».
«Non lo so» disse piano Will.
Sua sorella si ritrasse, come se l’avesse schiaffeggiata.
Will aveva sempre preso sul serio il suo ruolo di fratello maggiore, sin da quando erano bambini. Aveva sempre vegliato su di lei, facendo attenzione che non cadesse dalla trave o non si tagliasse con i pugnali. Ma ora Lizzie era cresciuta e sapeva camminare su una trave ad occhi chiusi e lanciare pugnali meglio di lui (aveva ereditato la mira da loro padre), e Will doveva accettarlo, doveva lasciarle commettere i suoi sbagli. Doveva lasciare che si ferisse.
«Non ci credo» sussurrò lei, i capelli biondi raccolti in un morbido chignon sulla nuca. «Non ci credo che lo diresti».
Will sbuffò, arrabbiato con se stesso. «È quello il punto» finalmente la guardò. «È quello il punto, Elizabeth. Che non lo farei mai. Ma non sono sicuro che non dirlo sia la cosa migliore per te».
Lizzie aggrottò le sopracciglia. «Quindi… non capisco, stai dicendo che mi copri?»
«Sì, sto dicendo che ti copro» decise Will; sapeva sin dal principio che sarebbe andata a finire così. «Ma credo davvero che dovresti dirlo a mamma e a papà per cercare di trovare una soluzione».
«Non c’è una soluzione» sibilò Lizzie. «Non pensi che io lo sappia? Non c’è e…»
In quel momento Celine comparve sulla soglia con l’aria contenta. «Ho fatto i capelli» disse pimpante. «Adesso?»
«Trucco» risposero all’unisono Will e Lizzie.
«Siete inquietanti». Celine li guardò a metà tra l’ammirazione e lo spavento. «Ma siete entrambi super carini, quindi vi perdono». Poi si mise a urlare: «Mamma! Will e Lizzie dicono trucco!».
«È ciò che ti ho detto anche io!» le urlò di rimando Clary.
Celine si mise a ridere e Will si unì a lei, dimenticandosi per un istante di Peter e di tutto il casino in cui Elizabeth si era cacciata.
 
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Rose amava i matrimoni. Non lo ammetteva, ma li amava. Adorava gli sguardi che gli sposi si scambiavano quando si vedevano per la prima volta nei loro abiti da cerimonia, e in generale l’atmosfera di amore e festività che si andava a creare.
Celine era bellissima, nonostante fosse chiaramente un po’ nervosa. Per fortuna a sostenerla c’era Jace, che sorrideva tranquillo e le batteva piano una mano sul braccio per calmarla. Rose non la biasimava: anche lei si sarebbe sentita allo stesso modo se fosse stata osservata da tutte quelle persone mentre camminava su dei tacchi a spillo.
Sophia fece il suo ingresso qualche minuto dopo, accompagnata da suo fratello maggiore. Indossava un abito principesco e portava i capelli neri sciolti sulle spalle; i suoi occhi azzurri brillavano e, non appena Celine la vide, si mise a piangere. Un coro di “ohw” si levò dalla sala, perché Celine non era un tipo sentimentale ed era dolcissimo vederla così contenta e innamorata.
Jace le passò un braccio attorno alle spalle e la attirò a sé dandole un bacio sulla tempia. Poi le asciugò le lacrime dalle guance e le diede un altro bacio sulla fronte che durò più a lungo, come se non volesse lasciarla andare.
Anche a Rose veniva da piangere, ma stava già piangendo Will, quindi lei si trattenne e cercò di darsi un contegno. Si limitò a prendergli la mano e a stringergliela.
Celine e Sophia, dopo aver recitato le loro promesse, si disegnarono le rune matrimoniali sul cuore e sul braccio, riscambiandosi poi gli anelli di famiglia.
«Adesso ci credi, che per me la nostra era una relazione seria?» aveva chiesto Celine a Sophia mentre recitava le sue promesse, facendo ridere tutti.
Rose era contenta, nella sua testa quel giorno non c’era spazio per pensieri negativi. La sala dei ricevimenti degli Herondale era stata allestita per il pranzo e Rose si ritrovò al tavolo con Will, George, Cath e anche con suo zio Tavvy e sua moglie Taylor. Tavvy era come un fratello maggiore per lei perché avevano solo dieci anni di differenza e lui era stato cresciuto dai genitori di Rose come un figlio. Solo che Holly si era impuntata che doveva sedersi di fianco a lei e non c’era stato verso di farle cambiare idea.
«Holly, dimmi la verità» sospirò Rose. «Te l’ha detto papà di sederti qui, vero?»
Holly le sorrise. «No, volevo stare vicino a te». Poi aggiunse, appoggiandosi al braccio di Will. «E a Will».
Quel giorno indossava un vestito bordeaux senza maniche e la loro mamma le aveva fatto le treccine. Come al solito, somigliava a un angelo, con i capelli biondi e gli occhi chiari, ma Rose sapeva che in realtà si trattava di una farsa: sua sorella sapeva essere terribile se si stava annoiando.
Rose levò lo sguardo e lanciò un’occhiata ai suoi genitori. Li trovò intenti a ridere tra di loro; Rose era sicura che ci fosse lo zampino di suo padre e che fosse stato lui a convincere Holly a sedersi tra lei e Will.
«Rosie» la chiamò lei, sbattendo le palpebre. «Mi prendi in braccio?»
«No, Holly, non posso. Mi rovini il vestito. Vai in braccio a Will».
Holly guardò Will seria e lui le sorrise. Poi tornò a rivolgersi a Rose, sull’orlo delle lacrime. «Non voglio Will. Voglio mia sorella».
«Vieni in braccio a me, Holly» le disse George.
Holly lo osservò qualche istante, poi scosse il capo. George parve vagamente offeso, ma scrollò le spalle e disse qualcosa all’orecchio a Cath.
Rose sospirò. «D’accordo».
Nell’ultimo periodo, a causa di quello che le era capitato, Holly aveva sviluppato un attaccamento ancora più forte nei suoi confronti. Dormiva spesso nel letto con lei e voleva sempre abbracciarla e starle vicino.
Holly le si sedette sulle gambe e Rose la avvolse tra le sue braccia, dandole un bacino sulla guancia che la fece sorridere.
«Quando arriva il dolce?» le chiese a bassa voce.
«Te l’ho detto, Holly» rispose paziente Rose, sempre con voce bassa. «Manca ancora un po’».
 «Spero ci sia la torta al cioccolato».
«Mi dispiace, Holly» disse Will. «È alla vaniglia».
Holly fece una smorfia. «Alla vaniglia? Chi l’ha scelta? Non può averla scelta Celine!» la cercò con lo sguardo tra i tavoli e poi si mise a urlare, sventolando una mano per aria e stordendo Rose. «Celine! Celine!»
«Sarà meglio che tu vada a dirglielo» la incoraggiò Rose. «Da qui non ti sente».
A Holly parve una buona idea e saltò giù dalle sue gambe, correndo verso il tavolo delle spose.
Will rivolse un ghigno divertito a Rose e si sedette sulla sedia ormai vuota di Holly; Rose appoggiò la fronte contro la sua spalla. «Scusala» mugugnò. «In questo ultimo periodo vuole stare sempre con me».
«Mi sta simpatica Holly» disse Will.
«È la mia Blackthorn preferita» disse George, che era seduto di fronte a Rose.
Rose si mise a sedere dritta. «Cos’hai detto?»
George ghignò. «Che è la mia Blackthorn preferita».
Rose gli rivolse un’espressione indignatissima e gli fece la linguaccia. Poi si sedette in braccio a Will e gli mise una mano dietro al collo, alla base del capo, attirandolo a sé. Will spalancò gli occhi, il viso a un soffio da quello di lei. Rose riusciva a contare le pagliuzze marroni nei suoi occhi verdi.
«Rose» disse. «Che stai facendo?»
«Sto facendo vedere al nostro Julian Blackthorn che è un idiota». Poi chiuse gli occhi e lo baciò.
 
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«Stai bene?»
Cath sospirò e gli prese la mano. Quel giorno indossava un vestito rosa antico senza spalline e aveva lasciato sciolti i capelli. Sembrava serena, ma George in quell’ultimo periodo era diventato molto apprensivo nei suoi confronti, talvolta anche troppo. Cath stava passando uno dei momenti più duri della sua vita e lui voleva aiutarla.
«Sì, George. Va tutto bene».
George la fissò, alla ricerca di qualcosa che tradisse le sue parole. Si era messa un ombretto rosa chiaro e si era tracciata una linea sottile di eyeliner per contornare gli occhi, che in questo modo parevano ancora più chiari.
Cath corrugò la fronte e assottigliò lo sguardo. «Lo so che stai cercando di capire se ti sto mentendo» gli puntò un dito contro al petto divertita. «Ma no. Sto bene ora».
George appoggiò il gomito sul tavolo e poi il mento sulla mano, continuando a guardarla. «Ti credo».
Cath allungò il braccio e gli sistemò alcune ciocche di capelli che gli erano cadute sulla fronte.
«Dovrei tagliarli» disse George pensieroso.
Cath alzò le spalle. «Mi piacciono così».
George avvicinò la sedia di lei a sé così da poterle dare un bacio sulla guancia. E poi un altro dietro all’orecchio.
«George». Cath si tirò leggermente indietro e George in risposta le baciò le labbra.
«George…»
«Sì?» George la baciò di nuovo.
«Siamo in pubblico» sussurrò Cath.
George aprì gli occhi e trovò Cath che lo osservava. «Perché Will e Rose possono sbaciucchiarsi davanti a tutti e noi no?» chiese, indicando i due con il capo. Will e Rose erano infatti seduti di fronte a loro, Rose in braccio a Will e con le mani tra i suoi capelli. Non appena Holly era tornata dai suoi genitori, avevano iniziato ad amoreggiare mentre aspettavano il dolce.
Cath ridacchiò. «Possiamo. Ma non significa che dovremmo. E poi cos’è? Vuoi rovinare la tua reputazione da spaccone senza sentimenti?».
George le fece una smorfia. Non voleva una reputazione da spaccone senza sentimenti. Okay, forse la voleva, ma in quel momento era disposto a mandarla in fumo per poter prendere anche lui Cath in braccio e baciarla come Will stava baciando Rose.
Scocciato, George prese un pezzo di pane e lo lanciò contro a Rose, che si staccò da Will con aria trasognata e si voltò verso di lui. «Che vuoi?» gli chiese.
George scosse il capo. «Trovatevi una stanza, per l’Angelo».
Will alzò teatralmente gli occhi al cielo. «Sei solo invidioso».
«E di cosa, William?»
Will ci pensò un attimo ma non trovò niente da dire.
Cath si mise a ridere e George prese una decisione. «Bene». Si alzò e le porse la mano. «Usciamo».
Cath lo guardò dal basso verso l’alto, ancora seduta. «Ma fa freddo fuori».
«Zio Magnus ha fatto un incantesimo lungo il perimetro. Dovrebbe aver alzato la temperatura di parecchi gradi. Dai, andiamo».
Cath si convinse e gli prese la mano, permettendogli di trascinarla attraverso la sala dei ricevimenti e verso le portefinestre che davano sul giardino. Lungo il tragitto, George passò di fronte a Julian e a Tavvy che stavano parlando tra di loro vicino al muro.
«Capisci, adesso?» stava chiedendo Julian a Tavvy, che annuiva con vigore alle parole del fratello maggiore.
«Capisco» disse Tavvy, lanciando un’occhiata verso il tavolo di Rose e Will. «Che cavolo… per fortuna io e Taylor aspettiamo un maschio».
Julian si passò una mano tra i capelli. «E per fortuna si tratta di Will. Non oso immaginare chi mi porterà a casa Holly».
Tavvy divenne verde. «Holly è piccola. Non ci pensare, ti prego. Mi fai sentire vecchio».
George si fermò davanti a loro. «Comunque credo lo stiano facendo apposta» li informò, intromettendosi nella conversazione e guardando anche lui Rose e Will. Will aveva appena detto qualcosa di divertente e Rose gli aveva appena dato un bacio sul naso.
«Mi pare evidente che lo stiano facendo apposta» commentò Tavvy con aria frastornata.
Cath salutò con la mano i due Blackthorn e George continuò. «No, intendo…» ci pensò un attimo. «Apposta, apposta. Per far arrabbiare te, Julian».
Julian spalancò gli occhi. «Me? E perché?»
«Perché Rose è convinta che sia stato tu a convincere Holly ad andarsi a sedere tra lei e Will».
«È ridicolo» sbottò Julian. «Holly vuole sempre stare con Rose, non l’ho convinta a fare un bel niente… quando lei mi ha detto che voleva sedersi vicino a sua sorella le ho detto che secondo me era un’idea fantastica, e che un’idea ancora più fantastica sarebbe stata sedersi tra lei e Will. Ma scherzavo. Giuro. Non pensavo l’avrebbe fatto sul serio».
Tavvy lo guardò con una strana luce negli occhi, un misto di rispetto e riverenza. «Wow» disse.
George alzò le spalle. «Io gliel’ho detto di trovarsi una camera».
Julian e Tavvy lo guardarono storto e George alzò di nuovo le spalle. «E’ quello che stiamo facendo io e Cath, almeno».
Cath spalancò gli occhi. «Ah sì?»
George abbassò il capo e la guardò. «Be’, non proprio una stanza».
Cath era arrossita dappertutto come suo solito, non solo in faccia ma anche sul petto e sulle braccia. «Non penso che a loro importi».
A George di sicuro non importava ciò che pensavano Julian e Tavvy. Dopo averli salutati, aprì la portafinestra, portando Cath nel giardino sul retro della residenza degli Herondale. Come aveva previsto, la temperatura era piacevole: sembrava primavera e non inverno inoltrato. I rumori della cerimonia erano ormai un eco lontano e facevano da sottofondo al rumore del vento e della natura. Era buio, nonostante fossero da poco passate le sei del pomeriggio, e il cielo era limpido, puntinato di stelle splendenti come pietre preziose.
«Dovremmo ballare» decise George.
Cath lo guardò come se fosse impazzito. «Da quando balli?»
«Da oggi».
«Prima metti una camicia rosa e poi vuoi ballare, chi sei tu e che ne hai fatto di George Lovelace?» chiese Cath. «E come mai qui fuori? Non c’è neanche la musica».
George ghignò e Cath capì al volo. «Ma certo. Non balleresti mai davanti alla gente».
«Quello» disse George, tirandola a sé e facendo scontrare il suo corpo contro quello di lei. «E poi, se fossimo rimasti dentro, non avrei potuto fare così».
Le passò un braccio attorno alla vita e si chinò per baciarla. Ma questa volta non si limitò a un semplice bacio a stampo, la baciò con la bocca aperta, desideroso di sentirla sempre più vicino, e lei gli allacciò le braccia attorno al collo e si alzò sulle punte dei piedi per premersi meglio contro di lui. Indossava delle scarpe con il tacco alto, perciò la loro differenza di altezza non era marcata come al solito e George ne era contento perché in quel modo riusciva a baciarla con molta più facilità.
«Buona idea» sussurrò Cath, passandogli le mani dal collo al petto. «Ma mi fanno davvero male i piedi».
«Togliti le scarpe».
«Non posso togliermi le scarpe».
«Certo che puoi».
Cath lo fissava come se fosse fuori di testa, allora George si chinò e iniziò a slacciarsi le sue.
«Che stai facendo?» chiese Cath.
«Mi tolgo le scarpe» rispose George, come se fosse ovvio. «Dovresti farlo anche tu».
Cath si mise a ridere, ma alla fine lo imitò.
George le si avvicinò e la prese di nuovo tra le sue braccia, mentre Cath appoggiò la testa contro al suo petto e lo abbracciò a sua volta.
Iniziarono a ballare in cerchio, limitandosi a spostare il peso da un piede all’altro, beandosi della vicinanza e del profumo dell’altro. George posò un bacio tra i capelli Cath mentre le accarezzava delicatamente la schiena.
«La prima volta che siamo usciti» sussurrò Cath d’un tratto. La sua voce si intonava perfettamente alla musica che proveniva dal ricevimento. «Ho pensato: questo ragazzo porta guai. O mi spezza il cuore o me lo aggiusta».
George si fermò e si allontanò leggermente. Cath incontrò il suo sguardo. I suoi occhi brillavano illuminati dalla luna. George rimase in silenzio per parecchi secondi, incapace di formulare una frase di senso compiuto, e Cath continuò: «Dopo il nostro primo bacio, ero convinta che me lo avresti spezzato. E invece lo hai aggiustato».
«Catherine». George non sapeva cosa dire. Non gli sembrava di fare niente di straordinario. Si limitava ad amarla con tutto quello che aveva. Per lui era normale essere circondato da tanto amore -lui aveva i suoi genitori, i suoi zii, Will e Rose- e spesso dimenticava che per Cath non era la normalità, che per lei ogni gesto di affetto che lui le dimostrava era molto importante.
Cath gli accarezzò piano una guancia. «George, non piangere».
«Non sto piangendo».
«No», sospirò Cath. «Certo che no».
George la abbracciò e la sollevò da terra mentre Cath gli allacciava le braccia attorno al collo.
«Dovremmo davvero sposarci» disse George, baciandole la guancia.
«Lo so» rispose Cath piano. «Me l’hai già chiesto e ho detto sì».
«No», continuò George contro alla sua pelle. «Intendo adesso».
«Non possiamo sposarci adesso» si lamentò Cath, come se dirlo le costasse una gran fatica. «Sono minorenne».
George lo sapeva ma non gli importava. «Sì ma se…»
«Possiamo sposarci il giorno dopo il mio compleanno».
George la rimise a terra e la osservò. «Ma è a luglio!»
Cath parve confusa e lo osservò dal basso verso l’alto, inclinando il capo per poterlo guardare negli occhi. «E allora?»
«Muoio di caldo in smoking a luglio».
Cath spalancò gli occhi e si portò le mani alla bocca. «Ti metteresti lo smoking?»
George scoppiò a ridere. «Mi sono messo una camicia rosa per farti contenta, secondo te non mi metterei uno smoking per il giorno del nostro matrimonio? Ci sono davvero poche cose che non farei per te».
«Quindi ci sposiamo a luglio?» Cath sorrise angelicamente. «Non voglio aspettare».
George sospirò, ma un sorriso gli incurvò le labbra e una fitta di impazienza gli attraversò il cuore. «Sai già la risposta».
 
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Rose era seduta sulla spiaggia. Il sole stava tramontando, colorando di rosso e oro le onde dell’oceano. Spruzzi di acqua salata le bagnavano il viso e il vento le soffiava tra i capelli. Rose passò le mani nella sabbia, ancora tiepida grazie ai raggi del sole, e chiuse gli occhi; ancora faceva fatica a credere che fosse tutto passato, che potesse di nuovo correre sulla spiaggia e uscire di casa senza la paura di essere trovata dai Riders di Mannan. Era stata molto dura per Rose rimanere rinchiusa tra l’Istituto di Los Angeles e quello di New York, intrappolata in quella routine che aveva rischiato di farla impazzire. Come poteva biasimare Holly per essere scappata? Era una bambina ed era cresciuta all’aperto, tra le onde del Pacifico e le spiagge della California. Anche lei, come Rose, non era fatta per essere rinchiusa.
Il pensiero di sua sorella le fece venire una fitta al petto. Non riusciva ancora a metabolizzare quanto successo, non riusciva a capacitarsi che fosse stata così vicina all’essere catturata e uccisa dai Riders di Mannan. Quando Rose ci pensava, le veniva da vomitare.
Testimoniare a Idris era stato terribile per lei. Tutte quelle persone che le parlavano contemporaneamente pretendendo risposte che non era in grado di dare: da quanto tempo sapeva dei Riders? Come aveva fatto Will a creare la nuova runa? Perché George aveva ucciso l’ultimo Cavaliere superstite?
Alla fine, George se l’era cavata con una semplice ammonizione da parte del Console, che gli aveva intimato di rigare dritto pena una punizione più severa. Rose era stata così in pensiero per lui che non le pareva vero che fosse stato così sfacciatamente fortunato. Ma d’altra parte avevano perso troppi Shadowhunters negli ultimi mesi e non potevano perderne un altro.
Rose prese un respiro profondo, cercando di calmarsi e di assaporare il profumo del mare. D’un tratto, sentì dei passi dietro di sé e si voltò. Si trattava di Will, George e Cath, che la stavano raggiungendo parlando tra di loro.
«Sapevo che ti avremmo trovata qui» la salutò Will con un sorriso, sedendosi alla sua destra. Era bellissimo illuminato dalla luce della sole, i suoi capelli risplendevano e i suoi occhi brillavano.
«Non è stato così difficile» disse George, vestito completamente di nero come al solito, mentre si lasciava cadere alla sua sinistra.
«Ciao, Rose» la salutò Cath, sedendosi a sua volta vicino a George. «Mi era mancato venire al mare».
«Cath, ma hai messo la crema?» si preoccupò Rose. Cath aveva indossato un vestito leggero senza maniche e, siccome la sua pelle era molto delicata, Rose non voleva che si scottasse.
«Il sole sta tramontando, ma chère, non preoccuparti».
Rose annuì distrattamente. «Perché siete venuti qui?»
«Perché non rispondi al cellulare» disse George.
«Perché volevamo uscire» spiegò Will.
«E non eri all’Istituto» continuò Cath.
«Quindi abbiamo pensato» disse George. «Dove potrebbe essere Rose? Ed eccoci qui».
Will le diede un bacio sulla guancia e lei gli appoggiò la testa sulla spalla.
Rimasero in silenzio ad osservare il sole che tramontava. Poi, quando esso scomparve oltre l’orizzonte, George disse: «È bello vederti in spiaggia come ai vecchi tempi, Blackthorn».
«È bello essere tornati alla normalità» disse Rose. «Dove volevate andare stasera?»
«Parlando di normalità, ci è venuta voglia di Canter’s». Era la pasticceria preferita di Will e Rose non si stupì che volesse andare lì.
«D’accordo». Rose si alzò in piedi e poi porse la mano a Will per aiutarlo ad alzarsi. Lui la accettò.
George prese Cath per mano e poi passò un braccio attorno alle spalle di Rose, che a sua volta prese a braccetto Will.
«Andiamo, Blackthorn» disse George. «Oggi offro io».
Rose si mise a ridere e, stretta tra i suoi amici, si diresse verso le luci della città, pronta a ricominciare a vivere la sua vita.

NOTE DELL'AUTRICE E RINGRAZIAMENTI
Questo è l'ultimo capitolo di questa long, giusto in tempo per Queen of Air and Darkness. Io spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio tantissimo per averla seguita e per aver lasciato una recensione. Davvero, grazie. Sono molto emozionata nel premere il tasto "storia completa", perché è la prima long che porto a termine.  Perciò grazie del supporto, spero che vi siate affezionati a questi personaggi perché sono stati una parte importantissima dell'ultimo anno e mezzo della mia vita. C'è davvero un mondo dietro a questi personaggi, e certamente scriverò ancora su di loro e vi renderò ancora partecipi.
Devo ringraziare anche la mia beta, che pazientemente mi ha corretto tutti gli errori di battitura e mi ha aiutata nei momenti di blocco: grazie Giada, senza di te non sarei mai arrivata fino alla fine.

Grazie mille a tutti, da parte mia e da parte di Will, Rose, George e Cath. <3 :D

Francesca 
  
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