Capitolo 1: Uno spiacevole inizio

Arrivai davanti alla mia nuova classe, avevo i palmi delle mani sudati, l’ansia era alle stelle e la mente un turbinio di pensieri. Dopo aver osservato la porta per un bel po’, presi un bel respiro trovando, così, il coraggio di entrare.

«Ragazzi questa è la vostra nuova compagna, Luna» Il professore aveva appena concluso l’appello quando mi vide varcare la porta.

«Piacere, i-io sono Luna» Risposi con un filo di voce, posai lo sguardo sui miei nuovi compagni, le mie paure iniziarono a tormentarmi e non sapevo bene perché avevo fatto una così banale presentazione.

«Se non hai altro da dire alla classe puoi anche andare a sederti, c’è un banco libero accanto a Silvia» L’uomo seduto dietro la cattedra mi indicò gentilmente il posto ed io attraversai la classe riuscendo ad arrivare da quella ragazza dal dolce sorriso. Una volta seduta avevo il terrore anche solo di proferire un ‘Ciao’.

«Scusi per il ritardo» D'improvviso a rompere il silenzio fece capolino nella stanza un ragazzo con una fascia arancione in testa, era visibilmente stanco, probabilmente, per la corsa appena compiuta. Dopo essere stato ripreso dal professore mi rivolse un sorriso sincero e si sedette al banco davanti Silvia.

Durante tutta la lezione non feci altro che pensare al modo di iniziare, un qualsiasi discorso, con la mia nuova compagna di banco, fino a quando lei stessa non mi passo un biglietto di carta che recitava ‘Dopo scuola hai da fare?’ le rivolsi uno sguardo perplesso che fu ricambiato da un semplice sorriso. Presi il foglio e scrissi un banale ‘no’ ma il professore, notando quello strano scambio di biglietti, ci guardò con aria minacciosa e decidemmo così di rimandare il discorso a fine lezione.

«Quindi vieni con me?» Non appena la campanella suonò ed il professore lasciò l’aula la ragazza mi pose questa fatidica domanda.

«C-certo» Replicai abbastanza esitante riponendo i libri nel mio zaino.

«Perfetto, ci conviene muoverci Mark è già andato al campo» Senza che io potessi proferire parola mi prese per il braccio e mi portò davanti, a quel che sembrava, un vecchio capanno nel bel mezzo del cortile.

«Perché siamo qui? Chi è Mark? Di che campo parli?» Prima che potesse rispondere il mio sguardo si soffermò su di una tavola in legno, accanto alla porta di quel luogo singolare; ‘Club di Calcio’ questo era ciò che riportava l’incisione. Improvvisamente indietreggiai, la testa si fece pesante e la vista si annebbiò.

«Luna?» Silvia aveva una voce preoccupata. Quella fu l’ultima cosa che sentii prima di cadere al suolo.