Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: Korin no Ronin    02/11/2018    0 recensioni
Se Naaza decide che vuole parlare con te, e ha sospetti di cui vuole conferma, augurati che non ti trovi.
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Rajura si sentì perduto quando avvertì due unghie graffiargli la pelle del braccio. Le forze lo abbandonarono quasi subito, così come la completa lucidità di pensiero.
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Questi poveri soldati sono sempre più confusi, e io non faccio altro che peggiorare le cose. Sono davvero una brutta persona XD
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dais, Sekhmet
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Parlami.Ora.
 
 
Rajura sedeva, pensieroso, nella stanza che si affacciava sul lago. Non aveva ancora toccato l’alcool che aveva con sé. Lo aveva portato per avere il conforto di qualcosa di familiare, ora che tutto ciò su cui aveva contato, nel bene e nel male, era crollato su se stesso.
Sospirò, piano. Quella camera adesso appariva troppo grande, e silenziosa, perché riuscisse ancora a sentirvisi a proprio agio. Quando Shutendoji era scomparso, era stato pronto a farsene una ragione visto che cadere in battaglia faceva parte della vita di un soldato. Aveva avvertito uno strano senso di oppressione al pensiero che potesse essere torturato, o ucciso, ma anche quelle erano cose a cui occorreva fare in fretta l’abitudine; in realtà, riteneva che quella sorta di ansietà fosse semplicemente dovuta al fatto che i Generali erano oggettivamente diversi dai soldati che conducevano, e che una simile perdita avrebbe portato a problemi seri. Il primo era stato assistere all’ascesa alla ribalta di Kayura. Tutti loro avevano sempre avuto la fortuna di non avere quasi nulla a che fare con lei, e quella certezza era forse l’unica cosa su cui potessero dire di essere d’accordo.
Riempì l’ochoko e, poi, lo svuotò con un gesto rabbioso.
Non riusciva levarsi dagli occhi l’immagine di Shuten, dell’ abito monacale e dello shakujo di Kaosu, disposto ad accompagnarlo come se fosse il suo vero padrone. Perfino la yoroi non lo aveva tradito, né aveva intenzione di farlo. Il Generale aveva avvertito chiaramente quella sensazione, e questa, ne era certo, era la causa di tutto quell'affollarsi di pensieri nella sua testa. Le sue questioni personali erano davvero l'ultima cosa a preoccuparlo.
Con un gesto lento appoggiò l'ochoko.
Girovagare per le stanze di Shuten, e stare a rimuginare proprio in quella camera, erano cose che avevano un che di patetico. Stare nei luoghi che aveva condiviso con lui non gli avrebbe comunque permesso di dipanare il filo dei suoi pensieri.
Irritato, si morse il labbro inferiore.
Per quanto si dicesse che la diserzione del Generale degli Orchi era il peggiore oltraggio che si potesse arrecare al loro signore, la verità era che si sentiva inasprito come se la cosa lo offendesse in prima persona. Essere lasciato a terra, ignorato, lo aveva fatto infuriare, eppure sapeva che c'era qualcosa di più profondo, e radicato, nell’irritazione che sentiva. Non era certo che fosse a causa del tradimento subito dal suo padrone, ma non aveva altra risposta che quella. Sbuffò. Contrarietà non avrebbe dovuto essere che un eufemismo; avrebbe dovuto sentirsi mortalmente ingiuriato, lo esigeva il suo stesso ruolo, tuttavia non riusciva ad afferrare completamente quel tipo di sentimento. Del resto, non riusciva più a vivere appieno molte cose.
Il Generale spinse lo guardo sull’acqua, verso la città. Aveva cercato, ben più di una volta, di affogare tutto nei piaceri consueti e non ne aveva tratto la soddisfazione che aveva cercato e che, non di rado, era riuscito a trovare. Imprecò. La veranda non faceva che riportargli alla mente ricordi che offuscavano quelli, pallidi, delle case di piacere.
Sbuffò, e si servi dell’altro sakè. Avrebbe dato fondo a quello che si era portato e, poi. si sarebbe ritirato nella sua stanza. Suo malgrado, non poteva permettersi di ubriacarsi. D’un tratto si irrigidì, avvertendo una presenza familiare.
Naaza si affacciò alla porta, sfoggiando il sorrisetto strafottente con cui era solito far infuriare Shuten,
Rajura finse di non provare alcuna inquietudine. Ognuno di loro poteva muoversi liberamente, ma nessuno sarebbe stato così sciocco da credere che lui fosse arrivato lì per caso.
L'altro Generale si sedette di fronte a lui, e gettò un’occhiata di condanna al sakè.
- Smetti di bere, non è il momento. -
Il padrone delle illusioni sentì immediatamente montare l’irritazione.
-Questo lo consideri bere?- ribattè -Potrebbe reggerlo perfino un ragazzino!-
Rajura avvertì il pericolo all'istante, prima ancora di capire cosa lo avesse messo in allarme.
Naaza sollevò un angolo della bocca,.
- Un ragazzino come Shuten, magari?-
Il demone finse di non cogliere le implicazioni della sua domanda.
- Perché avrei dovuto sprecare il mio tempo con lui?-
Il signore dei veleni rise, brevemente, e il suo sguardo fece capire all'altro che il momento degli scherzi era finito.
- Ho avuto la metta impressione che, con lui, tu non abbia lesinato le tue arti.-
Una “netta impressione” , nella sua bocca, risuonava come una condanna a morte.
Rajura non vide altra via di uscita se non un attacco diretto; avrebbe potuto fingersi offeso dopo che se la fosse cavata. Prima che il suo colpo andasse a segno, però, Naaza lo atterrò, e rimase immobile a sovrastarlo, torcendogli il braccio con diligenza, ma anche con attenzione, per evitare danni a lungo termine. In fondo, non era ancora sicuro che i suoi sospetti fossero fondati.
- So che lo hai debitamente addomesticato, l’ho visto con i miei occhi.-
Il Generale parlò con voce incolore, e si curò di esercitare una forza maggiore, per essere certo di causargli un dolore che fosse sufficiente ad ammansirlo.
– Di questo devo comunque preoccuparmi.-
Rajura si sentì perduto quando avvertì due unghie graffiargli la pelle del braccio. Le forze lo abbandonarono quasi subito, così come la completa lucidità di pensiero.
Con relativa malagrazia, Naaza lo trascinò in un angolo della stanza e lo mise a sedere, addossandolo alle pareti.
Il Generale dai capelli chiari constatò di non avere, a stento, che la forza di tenere dritta la testa.
- Vuoi ancora dirmi che mi sbaglio?-
Il demone delle illusioni sbatté le palpebre, cercando di metterlo a fuoco.
- Sforzarsi è inutile. Rispondimi,-
L'altro appoggiò la testa di lato, contro la parete.
-No.- sussurrò.
Il Generale del Veleno realizzò di non avere posto la domanda nel modo giusto. Rajura ormai doveva essere così confuso da non distinguere più nemmeno l’ordine con cui le cose si succedevano.
Si sedette in modo da stare comodo: avere fretta sarebbe stato solo controproducente; non aveva detto ancora nulla al suo padrone, per evitare che sospetti non confermati lo mettessero in cattiva luce.
- Tu e quel ragazzino vi siete ritrovati qui spesso?-
- Sì.-
-  Hai usato le tue illusioni con lui?-
- No.-
Naaza, per un attimo, si sentì confuso. Sapeva, per certo, che Shutendoji avrebbe fatto scontare a chiunque anche solo il pensiero di toccarlo al di fuori delle occasioni, maledette, che li spingevano gli uni verso gli altri.
- Spiegami, allora. Cosa venivate a fare?-
- Bere, parlare… -
L'altro demone aveva la voce impastata, come un ubriaco, e la stessa espressione svagata. Guardò di lato, come se cercasse di ricordare qualcosa, poi ridacchiò in modo sgangherato.
- Altro. - concluse.
Naaza, indispettito con se stesso, constatò di avere esagerato con la concentrazione del suo preparato. Cercare di tirargli fuori qualcosa di sensato sarebbe stata un’impresa. Si appigliò alla cosa che era certo ricordasse meglio.
- Perché c'era questo “altro” ?-
Rajura riversò la testa leggermente all’indietro.
- Lui  pensava troppo, faceva discorsi senza senso su ogni cosa… così è successo e basta.-
Il padrone dei veleni stentava davvero a credere alle proprie orecchie. Iniziò a pensare che, forse, le sue supposizioni non erano così sensate.
-Come nelle notti di vento?-
Il Generale delle Illusioni proruppe in una risata sguaiata.
-Mi avrebbe ucciso!-
Appoggiò di nuovo a testa alla parete, perché non cadesse in avanti.
- Ma le sue labbra sanno essere più dolci dei tuoi veleni.- sussurrò.
Naaza decise che non aveva alcuna intenzione di approfondire il discorso. Colpì con delicatezza la guancia dell'altro per richiamare la sua attenzione.
- Quali discorsi?-
Rajura fece vagare lo sguardo qualche istante.
- La nostra esistenza.- biascicò.
L'avvelenatore si morse il labbro inferiore. Non era in cerca di discorsi filosofici. Il suo compagno d'armi all'improvviso si sporse in avanti, in modo repentino, così lo sostenne, solo per capire cosa potesse avergli causato un simile scatto, viste le sue condizioni.
- Prostitute.-
Il demone lo spinse indietro. Capire cosa gli passasse per la testa era impossibile.
L'altro gli strinse debolmente il braccio, arrabbiato.
- “Siamo le sue mantenute”, mi ha detto, “tutti noi. Sempre a sua disposizione, sempre obbedienti e per questo, ai suoi occhi, non valiamo più di una cortigiana” .-
Il Generale del Veleno, seppur sorpreso, sogghignò, in qualche modo divertito. Rajura non era uno che lesinasse parole colorite; il fatto che si fosse espresso a quel modo gli diede una misura dell'influenza di Shuten su di lui. Quel ragazzino avrebbe potuto competere con chiunque, perfino nel quartiere più sordido, ma, tendenzialmente, prestava attenzione a non apparire volgare. Il peso delle sue parole era tutt'altra cosa. Se il Generale degli Orchi aveva cominciato a trovare stretto l’ambiente della corte, poteva esserci la possibilità che i suoi sospetti fossero davvero giustificati.
- Ha cospirato contro il Padrone?-
Rajura gli gettò un'occhiata stranita. Aveva ancora qualche briciola di lucidità, sufficiente a fargli trovare quella domanda una sciocchezza enorme.
- No.-
- Tu lo hai fatto?- lo incalzò, l'altro.
Il Generale chiuse gli occhi. La sua reazione, quasi nulla, indicava solo l'abitudine ad essere sospettato per ogni cosa. Tra loro era sempre andata a quel modo.
-No.- bisbigliò.
Naaza non ebbe dubbi sulla veridicità delle sue parole. In quello stato non era in grado di mentirgli.
- Sapevi che avrebbe tradito?-
L' altro sollevò a fatica le palpebre.
- Lo avrei ucciso prima.- soffiò.
Il demone dei veleni gli prese il viso fra le mani e lo fissò, per non perdere nulla della sua espressione.
- Perché?.-
Naaza era quasi certo che gli appetiti del suo compagno non avrebbero mai compromesso la sicurezza del palazzo, tuttavia, il fatto che Shuten  gli avesse concesso più di quanto avrebbe potuto desiderare, avrebbe potuto compromettere il delicato equilibrio esistente fra i generali. Nessuno di loro si sarebbe fatto scrupolo ad eliminare gli altri, non era mai accaduto solo perché la loro competizione personale non aveva mai permesso l'instaurarsi di alleanze. Tradire uno di loro, in ogni caso, sarebbe stato come tradire il loro signore.
Rajura sollevò un angolo della bocca, con lo sguardo ormai del tutto vacuo.
- La fedeltà al Padrone viene prima di tutto.-
Naaza sospirò, profondamente, quindi si vide costretto a concludere l’interrogatorio. Adagiò l'altro, ormai incosciente, a terra, poi si premurò di valutare le sue condizioni. Se lo avesse reso inabile alla battaglia avrebbe dovuto scontare conseguenze a cui non voleva pensare. Si sedette compostamente e, quindi, con i pensieri altrove, si bagnò appena le labbra con il sakè, bevendo direttamente dalla bottiglietta. Si era sbagliato, e non capiva se esserne contento o meno. Aveva creduto che Rajura avesse in qualche modo esercitato il suo controllo su Shuten, sia per umiliarlo, sia per minare il potere di Arago dall’interno. Quando il ragazzo era sparito, il suo sospetto non aveva fatto altro che rafforzarsi, fino a diventare certezza nel momento in cui il Generale degli Orchi era ricomparso. Ora doveva rivedere tutto il suo ragionamento, e trovare altre risposte, sempre che ce fossero. Alcune era certo che le avrebbe mai trovate. Aveva sempre considerato la fedeltà di Shutendoji solida come le mura del castello, ad esempio, e si era sbagliato anche in quello. Poi, restava misterioso il vero motivo che spingeva i suoi due compagni d’armi a passare il tempo insieme. Li aveva tenuti d’occhio, più di una volta, e aveva visto, in prima persona, che, almeno in quella stanza, i loro approcci non andavano oltre un limite ben preciso, e che sembravano essere l' inevitabile conclusione dei loro discorsi. Insensati, di solito. Non vi aveva colto nulla che potesse lasciargli presupporre nulla di quanto era accaduto: un ragazzino che si arrovellava per nulla, e un altro che si divertiva a provocarlo per il solo gusto di farlo. Quel che appariva chiaro, era che Rajura non passava il tempo con lui per soddisfare il proprio desiderio; però, entrambi, erano disposti a mettere da parte ogni forma di orgoglio come se nulla fosse. Era semplicemente incomprensibile. Probabilmente, la cosa tra loro andava avanti da così tanto che non era stato in grado di coglierne le fasi precedenti e, qualunque fossero le cose tanto sconvolgenti che Shuten aveva detto prima, per lui sarebbero rimaste un mistero. Quello che invece gli era ben chiaro, come a tutti, del resto, era che la Fedeltà aveva voltato le spalle al suo signore e aveva scelto un’altra strada. Per quanto fosse una questione che meritava più di una riflessione, almeno, ora, aveva la certezza che l'altro Generale non aveva fatto nulla per cui avrebbe dovuto riferire ad Arago. Era abbastanza sorpreso di sentirsi sollevato a riguardo; un avversario in meno avrebbe reso più fulgida la sua gloria, ma era pure vero che, in un momento del genere, sarebbe stato davvero drammatico perdere un altro combattente. Kayura, per quanto il Padrone ne dicesse, non era in grado di combattere nel modo opportuno.
Sbuffò, irritato per il suo fallimento. Si fermò a osservare Rajura per quale istante, quindi con un gesto rapido gli sistemò lo yukata scomposto, e, poi, se lo caricò sulle spalle per riportarlo nelle sue stanze. Avrebbe sistemato il vasellame l'indomani. Gli sembrava necessario proteggere il segreto di quella veranda, per quando non ne comprendesse la ragione,
Quando raggiunse l'alloggio poggiò l'altro sul pavimento, con attenzione,  lo coprì, e si sedette, poco distante, per valutare il mutare delle sue condizioni. Si sarebbe trattenuto solo il minimo indispensabile per assicurarsi che non avesse reazioni inaspettate. Aveva con sè anche l' antidoto, in verità, ma ritenne opportuno lasciargli un po' di sofferenza per il giorno successivo, in modo da ricordargli che non avrebbe dovuto cercare di colpirlo.
Col gomito appoggiato alla piccola balaustra della finestra, il demone dei veleni sbuffò, stanco. Al momento, l'unico tradimento certo era quello di Shuten, eppure non aveva fatto nulla per tirare dalla sua parte l’altro Generale su cui, di sicuro, avrebbe potuto esercitare una discreta influenza. Rajura non se ne accorgeva, ma, che fosse per provocazione, o per lussuria, i suoi occhi, nel tempo, avevano seguito il Generale degli Orchi per un tempo sempre maggiore. C’erano troppe cose della natura dei suoi compagni che gli sfuggivano perché potesse fare ipotesi con certezza.  A riguardo, il suo stesso sangue non gli consentiva di arrivare oltre. L'unica cosa di cui ora poteva essere sicuro, era che, al di fuori delle mura, presto ci sarebbe stato almeno un nemico difficile da battere.

 
  
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