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Autore: Luna_Holmes    04/11/2018    0 recensioni
Questa è una raccolta di one-shots (non si sarebbe mai detto dal titolo, eh?).
Trame:
1.
Sopravvivivere? No, grazie. Meglio vivere. (Ispirata a "Angel with a shotgun" dei The Cab)
2.
Il tuo primo appuntamento... Che c'è di male?
Genere: Fantasy, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo appuntamento con Alexia. Nervoso? Un po’, dovevo ammettere.
Con il mio migliore amico, Giulio, avevo pensato di esplorare una villa abbandonata poco fuori Firenze. Lei amava l’avventura, il brivido dell’adrelina che ti percorre la schiena, la curiosità che vince sulla paura.
Ebbene sì, era il nostro primo appuntamento, nonostante fossero più di 4 mesi che eravamo fidanzati. Ok… sapevo che molti si sarebbero chiesti: stanno insieme da così tanto e non hanno mai avuto un appuntamento?! Sì, perché in realtà ci siamo visti, un po’ a casa sua, un po’ a casa mia e un po’ in giro; ma quelli erano incontri, non appuntamenti ufficiali.
Tornando a noi… Guardai l’orologio: erano le sette di mattina. Due ore e la nostra relazione sarebbe stata ufficiale!
Presi il telefono e aprii Instagram, tanto per passare il tempo.
Avevo detto a Alexia di vestirsi comoda e così fece.
Quando aprì la porta di casa sua la guardai, estasiato. Era bellissima… Indossava una maglia larga, azzurra, con scritto “CI SONO COSE CHE CAPITANO UNA SOLA VOLTA NELLA VITA. TIPO ME. MI SEMBRAVA CORRETTO AVVISARTI.”, dei pantaloncini di jeans che arrivavano appena sopra il ginocchio e delle Vans basse, giallo fluo. In spalla aveva uno zaino, dal quale spuntava una borraccia blu.
Lei ha gli occhi color oro, i capelli castani, lisci e lunghi fino alla clavicola. In più sono scalati.
Mi passai una mano tra i capelli, sussurrandole qualche complimento. Lei sorrise. Eh, wow! Che sorriso!
Cominciammo a camminare, mano nella mano, felici ma imbarazzati. Il tragitto durò circa un’oretta. Poco prima di arrivare la presi per i fianchi e feci per baciarla, ma lei disse: -Allora… non abbiamo una casa abbandonata da visitare? -. Rimasi di stucco. -Come fai a saperlo? - chiesi. -Tanti motivi… - rispose, misteriosa. -1) So che zona è questa. 2) Non c’è nessuno nelle vicinanze. 3) Io ho sempre voluto fare questo tipo di esplorazione 4) So… - -Ho capito- la interruppi, ridacchiando per il fatto che non riuscirò mai a farle una sorpresa. Era troppo sveglia e riusciva sempre a capire se le nascondevo qualcosa!
Stavolta, prese lei lo slancio e mi baciò. Sussurrò un debole “andiamo” e ci trovammo di fronte alla villa che avevo scelto come meta.
Doveva essere stata molto bella, prima di essere lasciata in balia dell’edera selvaggia. Entrammo.
Dopo qualche ora passata tra le macerie del piano terra, salimmo e ci ritrovammo su un pianerottolo. Il soffitto era in parte crollato. Sul pavimento si notavano tre buchi, di media grandezza. Non avrebbe sostenuto il peso di entrambi. Alexia si mosse, temeraria. Dopo pochi passi, il pavimento scricchiolò rumorosamente. Poco dopo crollò. Solo una trave rimase dov’era. Alexia si buttò su di essa. Salii sulla trave per aiutarla. La trave non resse il mio peso e crollò. Alexia, con un salto, si ritrovò dalla parte inesplorata; io, saltando, mi aggrappai al pavimento della zona da cui venivamo e mi tirai su.
-Cerca una via d’uscita!- gridai. Lei annuì. Girò l’angolo e vide qualcosa che io non riuscivo a vedere. Si mise a gridare. Senza neanche pensare, presi la rincorsa e saltai. Circa due metri di salto, non proprio una passeggiata! La raggiunsi e mi trovai davanti Giulio, il mio migliore amico, vestito di nero e con una pistola carica in mano!
Indietreggiai, spaventato e amareggiato dal mio amico. Pensavo di conoscerlo! Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da Giulio! Volevo portar via Alexia da lui.
-Posso spiegare. - disse Giulio, serio.
-Andrea… - mi richiamò, debolmente, Alexia. Ma ormai il danno era fatto. Avevo spinto Alexia nel crollo di prima! E non me n’ero neanche accorto!
Guardai giù, arrabbiato con me, deluso dal mio migliore amico e preoccupato per Alexia la vidi sdraiata, mentre si teneva il ginocchio. Il suo volto era contratto in una smorfia di dolore. -È rotto, credo! - urlò. Non sapevo come aiutarla. -Guarda se trovi una porta o una finestra, così vengo a prenderti! - le gridai di rimando. -Veniamo- mi corresse Giulio, meritandosi una mia occhiata disgustata.
Mi guardai intorno. Era uno stanzone senza finestre; ricoperto interamente di piastrelle azzurre, ormai ricoperte di polvere e ragnatele. Non avevamo esplorato questa stanza. Probabilmente il crollo aveva distrutto anche il pavimento del piano terra e ora mi trovavo sotto la villa. La poca luce proveniva dai buchi creati dai crolli sul soffitto. La stanza era, quindi, molto buia e mi dovetti abituare, per poter vedere qualcosa. Non avessi mai visto! Una porta c’era, ma davanti a essa vi era uno scheletro, annerito dal tempo. Indossava un camice azzurro. La cosa strana è che aveva pochi giorni, visto il suo stato. Era praticamente nuovo e la polvere era poca, se non assente!
Lo scheletro era attaccato, attraverso dei fili, alla flebo, appesa ad un paletto con le ruote, come quelli negli ospedali. Ma la cosa più raccapricciante era che lo scheletro non toccava terra con i piedi. Probabilmente si era suicidato, impiccandosi! Cacciai un urlo.

Mentre io e Giulio cercavamo un modo per aiutare Alexia, sentii un urlo lacerare l’aria. Poi buio totale. Il sole era coperto e non si vedeva niente.
Accesi la torcia del telefono e la puntai verso Alexia. Non c’era. La chiamai. Nessuna risposta.
Osservando meglio, notai una freccia, che indicava la direzione dalla quale eravamo arrivati io e Alexia. Improvvisamente una luce al neon si accese, emettendo quel fastidioso ronzio. Illuminava solo un muro bianco. Solo che non era più bianco. Vi era una scritta. Scritta con il sangue.
VI PORTO ALL’INFERNO
Il sangue fresco colava dalle pareti, rendendo più inquietante il tutto.
Mi agitai. Dov’era Alexia? E quella scritta? Chi l’aveva fatta? Come aveva fatto? La luce era andata via solo per pochi secondi! E poi, come si era accesa quella lampada al neon?! Qui non c’era nessun tipo di corrente elettrica!
Il silenzio regnava, se non per quel fastidioso ronzio prodotto dal neon.
Giulio staccò un’asse dal letto in una delle camere in fondo al corridoio del piano in cui eravamo bloccati. La mise a terra, sopra il crollo, per poter uscire.
Litigai con lui. Pensavo fosse un suo scherzo o qualcosa del genere. Mi davo la colpa della caduta di Alexia, ma la davo anche a lui.
-Non m’interessa se è uno scherzo o no, e se lo è, è di cattivo, anzi, pessimo gusto. Facciamo un giro intorno alla villa per trovarla. - dissi, mentre uscivo dal retro. Camminammo poco: Alexia era sui gradini d’entrata. Per l’entusiasmo d’averla trovata non notai un particolare vitale. Aveva un pugnale in mezzo al cuore! Corsi da lei e m’inginocchiai, tempestandola di domande: -Chi è stato? Cosa è successo? Quella scritta? ... -, mentre Giulio chiamava un’ambulanza.
Lei mi guardò, alzando il dito per zittirmi e sussurrò, dolorante: -Io… ti… amo…-. Mi abbassai e la baciai, ma quando rialzai lo sguardo e lo fissai nei suoi occhi, quest’ultimi erano spenti. Se n’era andata. Era morta. Era colpa mia. Piansi e mi maledissi, mentre i soccorritori la coprivano con un telo. Era finita.
Mi svegliai, sudato. Era solo un incubo! Mancavano ancora quaranta minuti al nostro appuntamento, ma dopo quell’incubo non volevo rischiare, nonostante fosse solo uno stupido incubo.
Chiamai Giulio… -Ehi, ciao! - lo salutai. -Ciao Andre. Hai bisogno? - chiese. -Vorrei cambiare luogo per l’appuntamento con Alexia. - risposi, tranquillo. -Cosa? Perché? - chiese, agitandosi. -Poi ti spiegherò… - -Ok… Allora, puoi… - e mi aiutò a preparare un buon appuntamento. Lo ringraziai e mi diressi a casa di Alexia.
IL GIORNO DOPO…
Mi svegliai felice per la buona riuscita dell’appuntamento. Quelle del giorno prima erano tutte stupide paranoie!
Qualcuno bussò alla porta d’ingresso del mio appartamento. Sullo zerbino c’era il Settegiorni, ma chiunque avesse bussato era sparito. Strano! Io non ero abbonato… Forse era una copia omaggio? Va beh!
Lo presi e mi diressi in cucina, chiudendo la porta. Aprii il giornale alla terza pagina e per poco non mi cadde di mano! La notizia riportata era identica al mio incubo, ma con persone diverse. A quanto pare il fidanzato della ragazza pugnalata, dopo aver raccontato tutto l’accaduto, era morto per un collasso nervoso. L’amico, che nel sogno era Giulio, si era suicidato, sentendosi in colpa. Mi salii un groppo alla gola. Le gambe stavano cedendo. Mi sedetti, appoggiando il giornale accanto alla tazza di latte, preparato poco prima. Portai le mani alla testa. Facendolo rovesciai la tazza sul giornale, ma me ne fregai altamente. Ero devastato dai dubbi! Solo in quel momento notai che il latte aveva svelato una scritta, in fondo all’articolo. Non sapevo cosa pensare... Lessi:

ORA TOCCA A TE.

   
 
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