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Autore: ChiaFreebatch    04/11/2018    4 recensioni
Due capitoli CONCLUSA Scritta per l'evento "Happy Halloween" del gruppo facebook "Johnlock is the way...And Freebatch of course!"
Ambientata a Cambridge, fanfiction molto semplice a tema Halloween, John convince Sherlock a partecipare alla festa organizzata dal loro college, fluffosa ed incentrata unicamente sulla nascita del rapporto tra i nostri patati
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“That’s my Joker”

 

Eccoci al secondo ed ultimo capitolo <3 buona lettura a tutti <3

 

Capitolo due.


Jean era un giovane gatto randagio con il pelo nero e due grandi occhi azzurri.

Jean era nato su uno dei tetti del basso caseggiato bianco in Botolph Lane ed aveva passato la sua breve vita tra il giardino della chiesa di Saint’ Botolph e la stretta via omonima.

Jean amava la solitudine.

Jean amava starsene acciambellato ad osservare le persone dall’alto del muro di cinta che circondava la chiesa.

Il portone del numero sei era particolarmente degno della sua attenzione.

Il ragazzo alto e dai ricci corvini che vi abitava lo incuriosiva. Pochi mesi prima lo aveva avvicinato e con un sorriso gli aveva posato sui gradini di casa propria una piccola ciotola con del cibo.

Inizialmente non si era fidato di quei piccoli pezzetti di carne. Per quanto fossero attraenti era solito restare in guardia dagli umani e si cibava unicamente di ciò che il parroco gli lasciava in giardino.

Tuttavia quel ragazzo tentò una seconda ed una terza volta l’approccio fornendogli del cibo ed il proprio istinto animale gli disse che quel sorriso e quegli occhi limpidi tanto simili ai propri erano degni di fiducia.

La quarta volta annusò con circospezione la ciotola per poi azzardare un assaggio della pietanza.

Ne restò entusiasta e non si perse il sorriso del ragazzo che lo sbirciava dietro la tendina della propria finestra.

Da quel giorno prese ad osservarlo con dedizione maniacale e lentamente arrischiò qualche giro guardingo nella cucina.

Si chiamava Sherlock e dedusse fosse un solitario proprio come lui.

L’unico essere umano che pareva bazzicare il numero sei era un biondino dall’aria perennemente allegra, un certo John.

In quelle due settimane di convivenza sempre più fitta non si era però mai fatto vedere da quest’ultimo.

No.

Tuttavia, quel giorno, il 31 ottobre, Sherlock lo aveva chiuso in casa impedendogli si uscire paventando ipotesi sulla gente pazza che girava il giorno di Halloween e su quanto questi avrebbero potuto fare del male ad un gatto nero come lui.

Ecco per quale oscuro motivo si ritrovava ora, acciambellato sul tavolo di Sherlock, fissando per la prima volta negli occhi quel Watson.

“Sherlock?”

“Umm?” Holmes sbirciò oltre il proprio libro, comodamente sdraiato sul divano.

“Questo gatto deve fissarmi ancora per molto? Mi sta mettendo un po’ d’ansia”

John arricciò il naso sotto le sapienti mani di Molly Hooper impegnate a realizzare il trucco da Joker sul viso ben sbarbato.

“Deve imparare a conoscerti, non è mai stato chiuso in casa con te, sta cercando di capire se può fidarsi”

“Si ma sembra voglia uccidermi da un momento all’altro” Sorrise con poco divertimento.

Sherlock inarcò un sopracciglio voltando pagina e non si degnò nemmeno di rispondergli.

“A me piace un sacco!” Molly interruppe il proprio operato per riservare un’occhiata ed un sorriso al micio “Da quanto sta qui?”

“In casa va e viene da un paio di settimane, fuori lo vedo da qualche mese”

Sherlock si alzò in piedi ed accarezzò distrattamente la testolina corvina.

Il felino emise soddisfatto un gorgoglìo che fece sorridere i tre presenti.

“Come sia chiama?” Seguitò Molly sfumando con una matita rossa la grossa bocca sapientemente disegnata.

Sherlock si morse un labbro e superò il tavolo raggiungendo il frigorifero.

“Jean” Replicò con voce leggera.

Watson inarcò un sopracciglio biondo e tentò di voltarsi verso l’amico.

Hooper lo ammonì severa tornando al proprio operato.

“Jean come John?” Domandò titubante ignorando l’occhiata divertita della ragazza.

La porta del frigorifero venne chiusa con sin troppa forza e Sherlock si prese del tempo prima di rispondere.

Bevve un lungo sorso di succo al mirtillo e poi inspirò a fondo.

“Non farti strane idee, è il nome con cui chiamai il mio gatto da bambino”

Si appoggiò al lavello sbirciando la strada oltre la finestra.

Un forte vento si era alzato sin dal primo pomeriggio e le foglie cadute dagli alberi vorticavano per la strada in sciami colorati.

“Ma tu non avevi un cane da bambino? Red qualcosa…” Seguitò John.

Holmes bevve un altro sorso del liquido dolciastro ed imprecò tra sé e sé.

“Redbeard! E comunque cosa significa? E’ vietato avere più di un animale domestico contemporaneamente ?” Attaccò sulla difensiva.

Watson sorrise e Molly arricciò le labbra divertita intercettando le iridi blu dell’amico.

“No certo, è solo che da quando ti conosco non me ne hai mai parlato”

“Ora taci John! Sto cercando di finire la linea esterna della bocca, non farmi fare pasticci!”

“Oh scusa Molly, ti sto facendo perdere un sacco di tempo ed anche tu ti devi preparare”

“No, non preoccuparti” Gettò un’occhiata all’orologio appeso alla parete “Siamo in linea con i tempi preventivati”

Holmes gironzolò attorno al tavolo e si perse ad osservare i trucchi ed i pennelli utilizzati dalla ragazza.

Sbirciò oltre il capo di lei tentando di vedere il viso di John che sino a quel momento aveva ignorato.

Ne scorse la guancia e il finto taglio della bocca sorridente del Joker.

Distolse lo sguardo e prese tra le braccia Jean.

Il micio, che da qualche giorno si era fatto coccolone, si lasciò afferrare , scivolò sul suo petto e con le zampe anteriori prese a giocherellare con il colletto della camicia celeste.

Sherlock rise e prese a mormorare sottovoce delle parole alle orecchie del gatto.

Il richiamo di Molly lo fece sussultare.

Si voltò incrociando lo sguardo soddisfatto di lei.

Watson di spalle.

“Allora? Che ne pensi Sherlock?”

John si voltò e con un paio di passi si fece vicino all’amico.

Holmes lo fissò con un’espressione incredibilmente seria, tanto che l’altro si inquietò.

Gli occhi acquamarina analizzarono i capelli sapientemente spettinati con il gel per poi scivolare sul viso reso bianco.

La bocca scarlatta realizzata perfettamente secondo il ghigno del Joker.

Gli occhi blu cerchiati di nero, così scuro e pieno da fare risaltare le iridi di John in maniera incredibile.

“Sherlock…E’ così terribile?” Sorrise grattandosi la nuca.

Holmes scosse il capo chinandosi a terra per posare Jean.

Ridusse poi ulteriormente la distanza dall’amico e lo analizzò silente ancora un poco.

Molly ridacchiò riordinando il tavolo mentre John si morse la lingua e si disse che sarebbe arrossito sotto quello sguardo, se solo fosse stato nella propria indole.

“Stai bene. Insomma…” Si riebbe battendo le palpebre rapidamente “Ottimo lavoro Hooper” Si scostò lesto.

Watson inclinò il viso ed il sopracciglio salì vertiginosamente.

Non seppe cosa dire, lo osservò raggiungere il divano e prendervi posto con un movimento poco aggraziato che mal gli si confaceva.

 Gli zigomi sparirono nuovamente oltre il libro.

“E adesso che fai?” Si mise le mani sui fianchi.

“Secondo te?” Replicò senza distogliere lo sguardo dalla carta stampata.

“E’ tardi devi cambiarti” Lo incitò.

“No, tu devi cambiarti, o vorrai andare alla festa con quella faccia da folle ed il maglioncino a trecce?” Ghignò voltando pagina “ Poco si abbinano John”

“Cosa stai insinuando? Che non vuoi venire alla festa??”Si fece minaccioso.

“Ragazzi io non vorrei fare la maleducata ma devo scappare” Molly si intrufolò in quella discussione che non prometteva nulla di buono.

“Ma certo Molly, ci vediamo dopo” John le sorrise “ Grazie mille sei stata un tesoro”

Lei scrollò le spalle e sorrise avviandosi verso la porta.

“E’ stato divertente, ci vediamo dopo”

“Ma certo” Il ragazzo annuì.

Lei corse via veloce richiudendosi lesta la porta dietro di sé.

John girò attorno al tavolo e si pose dinnanzi all’amico.

La mano destra sul fianco, la sinistra puntata contro il ragazzo.

“Non osare Sherlock, non osare”

Holmes sbirciò oltre il testo, il naso sfiorò le pagine lucide, gli occhi puntarono quelli bistrati.

“Non credo di riuscire a sopportarlo John” Mugugnò.

“Oh andiamo lo avevi promesso! Hai persino comprato un costume da vampiro che per inciso non mi hai nemmeno voluto fare vedere!”

“E’ perché sembro un cretino John! E’…E’ una cosa stupida alla nostra età!”

“Alla nostra età?? Perché? Dopo i venti è proibito divertirsi??”

“No ma lo si potrebbe fare in maniera più…Sobria!” Gesticolò gettando il libro accanto a sé.

“Sobria? Ma falla finita! Non c’è età per il divertimento! Ci si può mascherare anche a settant’anni da vampiro se questo significa passare qualche ora in allegria!”

“Non credo passerò qualche ora in allegria ma solo del tempo tedioso ridicolmente agghindato”

“Aspetta” Tese un palmo innanzi a sé zittendolo.

Sherlock si alzò in piedi sbuffando e prese a gironzolare per la cucina.

“Qui se c’è qualcuno ridicolmente agghindato, quello sono io” Sorrise indicando il proprio viso.

Holmes suo malgrado sorrise scuotendo il capo, le mani sui fianchi, il ciuffo ondeggiante.

John lo trovò bellissimo, per l’ennesima volta.

Imprecò scuotendo il capo e lo raggiunse posandogli con forza le mani sulla spalle.

“Holmes, vai di sopra e mettiti quel cazzo di vestito mentre io mi metto quel completino viola da coglione” Sorrise.

“John…” Attaccò sospirando.

“Fallo per me…Ok? Vorrei che ci fossi anche tu quest’anno” Ammise passandosi lesto la lingua sulla labbra.

Sherlock si perse in quelle iridi blu, inspirò a fondo ed annuì piano.

“Ok John…”

“Bravo” Annuì posandogli la mano sulla nuca e stringendola un poco.

Restarono qualche istante fissandosi vicendevolmente poi Watson si schiarì la voce e retrocedette di un paio di passi ponendo un freno alle proprie fantasie.

“Dai vai” Lo spinse verso l’atrio.

Sherlock annuì nuovamente senza proferire verbo, imboccò la stretta scala e raggiunse la propria stanza.

John lo osservò salire i gradini, gli occhi scivolarono sul fondoschiena perfetto.

L’ennesima imprecazione inciampò tra denti e lingua, ritornò sui suoi passi e schivò Jean che scivolò agile dietro il suo neo padrone.

Watson posò i palmi sul tavolo inspirando ed espirando con un sonoro sbuffo.

Sbirciò il proprio abito.

Ciondolava un poco sulla gruccia appeso alla mensola.

Arricciò le labbra meditabondo e si decise a vestirsi.

….

Sherlock inspirò a fondo uscendo dalla propria stanza.

Jean si era appollaiato sullo stretto corrimano e prese a fissare il ragazzo con un’espressione insolita.

“Mi stai fissando così perché sembro un’idiota vero?” Si chinò verso il parapetto portando i propri occhi all’altezza di quelli del micio.

Il miagolio che ricevette in risposta lo interpretò come un felino cenno d’assenso.

Si morse il labbro inferiore sbuffando poi sonoramente.

Raddrizzò la propria postura ed indugiò sul primo scalino.

Il mantello lungo e nero ondeggiò.

Tergiversò per tre minuti abbondanti, particolare che non sfuggì a John dalla cucina ma che decise di ignorare a beneficio dell’amico.

Il miagolio di Jean lo fece voltare nuovamente verso il felino.

“Che c’è?” Borbottò infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni neri.

Watson rise nell’udirlo parlare con il gatto e sbirciò oltre la porta levando il viso verso la cima delle scale.

“Ehi vampiro ci sei?”

Holmes sussultò serrando con forza la mano sinistra al corrimano.

Intercettò le iridi blu dell’amico e con un’occhiata fulminea radiografò il completo viola del biondino.

Annuì decidendosi a scendere le scale.

John trattenne il fiato godendosi ogni gradino percorso da Sherlock.

Ne assorbì ogni singolo movimento sinuoso, ogni piccolo dettaglio di quel look che ebbe il potere di fargli girare la testa.

Il mantello apparentemente nero vantava all’interno una stoffa cremisi che contrastava di netto con i pantaloni scuri e la camicia bianca dal taglio ottocentesco.

Parzialmente sbottonata e dotata di quello che John catalogò banalmente  come colletto in pizzo mostrava parte del torace pallido.

Watson deglutì con forza perdendosi nel lungo collo per poi giungere ai soffici capelli neri ed al lungo ciuffo che pareva ondeggiasse più del solito.

Sherlock si beò di quella lunga analisi sfacciata ed arrossì un poco sulle gote.

Si fermò a pochi centimetri dal corpo di John.

Sorrise e attese che l’altro proferisse qualsiasi parola che tuttavia tardò ad arrivare.

“John?” Lo richiamò divertito.

“Sì!” Sussultò serrando le mani a pugno, le braccia tese lungo i fianchi.

“Tutto ok?” Inclinò il capo.

“Sì, certamente, certo, tutto ok, tutto…Ok.” Annuì deciso.

“Avevo ragione io vero?” Si morse il labbro inferiore.

“A che proposito?” Indietreggiò di un passo.

Il forte profumo del bagnoschiuma di Sherlock lo colpì come uno schiaffo creando ulteriore scompenso al proprio cervello in balia degli ormoni.

Deglutì con forza e distolse lo sguardo da quei nei che dispettosi interrompevano le perfezione di quel collo infinito.

“Sembro un idiota, lo ha detto anche Jean” Additò il gatto con un cenno del capo.

Watson storse le labbra in un sorriso.

“Non voglio sapere come abbia fatto il gatto a dirtelo e comunque, se così fosse, hai un gatto coglione sappilo”

Jean saltò dal corrimano ed arruffò il pelo defilandosi nello stretto corridoio che portava alla camera di Holmes.

Sherlock sorrise divertito “Non offendere il mio gatto Watson”

“E tu non offendere la mia capacità di giudizio, sembri tutto fuorchè un idiota Sherlock sei…” Si morse il labbro inferiore cercando parole poco tendenziose.

Gli riuscì di una difficoltà estrema.

“Sono?” L’altro lo incentivò inarcando un sopracciglio corvino.

John inspirò a fondo e catturò quelle iridi limpide con le proprie.

“Bellissimo” Sussurrò “Non che sia una novità ma… Il costume da vampiro ti esalta particolarmente”

-Fanculo John! Come diavolo ti è venuto in mente? Soffri di incontinenza verbale?? –Si insultò – Se gli fossi saltato addosso avresti fatto prima!-

Holmes avvampò all’istante, chiazze rosse sul collo ed il viso spiccarono più di quanto avessero mai fatto in altre circostanze.

“S…Smettila” Distolse lo sguardo.

Lo superò lesto infilandosi in cucina.

Watson imprecò tra sé e sé raggiungendolo.

“Sherlock…” Lo richiamò afferrandolo per un braccio.

Il ragazzo di voltò con un movimento deciso, il mantello svolazzò.

“Non dire cose che non pensi solo per farmi venire a quella stupida festa” Sibilò riserbandogli un’occhiata gelida.

John inspirò a fondo e le sue mani raggiunsero i polsi dell’amico, li strinse con forza e chiuse gli occhi chinando il capo.

Si beò della morbidezza sino ad allora immaginata della pelle di Sherlock.

I pollici indugiarono in movimenti lenti.

Inspirò di nuovo prima di levare il viso ed intercettare lo sguardo confuso del ragazzo.

“Sherlock, non mi serve mentirti per portarti con me, non sei una ragazzina stupida da adulare, la mia è una considerazione oggettiva Sherlock, vampiro o non vampiro” Sospirò “Anche se questo non è il momento più….Adatto per parlane.”

Holmes chinò il capo mordendosi ripetutamente il labbro inferiore e Watson ebbe un bel daffare per imporre a se stesso di non spingerlo al muro ed incollare la propria bocca a quella perfetta.

“Senti, mi allacci la cravatta? Sai che non ne sono capace” Sorrise abbandonando a malincuore la stretta sui polsi.

Sherlock annuì senza replicare.

Le lunghe mani scivolarono sulla cravatta verde.

Tremarono visibilmente e John ne sorrise.

Sbirciò verso il viso così pallido e così vicino al proprio cercando quello sguardo limpido.

Non riuscì a catturarlo.

Holmes manteneva gli occhi bassi e fissi sulle proprie mani intente ad annodare la stoffa.

Quando ebbe terminato, il palmo teso indugiò sul nodo.

Lo vide e lo udì inspirare a fondo prima di retrocedere ed allontanarsi verso l’uscita.

“Andiamo?”

La voce profonda gli giunse dalla soglia.

Annuì e lo seguì silente in strada.

Una moltitudine di ragazzi affollava la strada, studenti dei vari college sparpagliati per la città.

I due ragazzi proseguirono verso il Queen’s senza scambiarsi parola alcuna.

Attraversarono il Cam che scorreva lento in quella giornata mite.

Un refolo di vento si alzò scompigliando il mantello ed i ricci di Sherlock.

John non si perse quel dettaglio.

Sospirò sorridendo ed Holmes lo colse in fallo.

Distolse lo sguardo abbozzando un piccolo sorriso a sua volta ed insieme varcarono l’ingresso del college.

………..

Sherlock sapeva che avrebbe detestato quell’accozzaglia di gente urlante, musica orrenda e decorazioni trash.

Lo sapeva, e nonostante tutto si era vestito come un idiota ( Perché sì, nonostante le parole di John lui seguitava a vedersi come un idiota) ed aveva raggiunto la sala grande del Queen’s.

Ed ora se ne stava lì, da un’ora e tredici minuti circa a maledire l’esatto momento in cui aveva accettato di presenziare a quella buffonata.

Sbuffò seduto su una delle lunghe panche in noce serrando tra le mani un bicchiere di succo di zucca.

Sì, succo di zucca.

Quello che tutti entusiasti lo indicavano come quello di Harry Potter e che lui aveva passato mezz’ora a chiedersi cosa avesse di speciale questo Potter che evidentemente produceva succhi di frutta.

Si passò la lingua sulle labbra apprezzando nonostante tutto quella bevanda, unico particolare appena salvabile di quella serata quando tra la folla urlante scorse l’unico e vero motivo della sua presenza lì.

 John Watson alias The Joker, almeno per quella sera.

Ballava con una compagna di corso, una certa Morstan che personalmente trovava banale ed insipida tanto quanto un piatto di riso bollito.

Rideva John, in quel modo irresistibile che aveva il potere di mandargli in pappa il cervello da tre anni a quella parte.

Si ritrovò a ringhiare e stringere con sin troppa forza il bicchiere tra le mani.

Ebbe l’irrefrenabile istinto di raggiungere la pista e gettare il succo sul vestito da sposa cadavere che quella cretina sfoggiava con fierezza.

Si trattenne, rammentando la propria età e la ridicola gelosia ingiustificata che provava.

Deglutì accavallando le gambe e scostando un poco il mantello che lo ingombrava ed irritava enormemente.

Gli occhi tornarono ai due pseudo ballerini e si chiese perché John lasciasse che quella piovra gli si avvinghiasse addosso.

-Ti ha definito bellissimo novanta minuti fa e adesso flirta con quella nanerottola.-

Scosse il capo con decisione.

-Il suo era un parere oggettivo, non personale-

Sbuffò cercando di porre un freno alle proprie riflessioni che parvero tuttavia non volerlo abbandonare.

-John ha passato un’ora nel tentativo di convincerti a ballare ma tu lo hai maltrattato ed ignorato i suoi inviti, questo è il risultato-

Distolse lo sguardo cercando di concentrarsi sulla fattura delle dozzine di zucche finte appese nella penombra quando una presenza al suo fianco lo fece voltare.

“Ciao Sherly”

“James” Inarcò un sopracciglio corvino.

“Che fai qui tutto solo?” Domandò mellifluo scostando un poco il mantello dell’altro.

Si mosse sinuoso accostandosi ulteriormente.

“Analizzo la banalità totalizzante di questa cosa che voi chiamata festa” Sorrise ironico.

“Suvvia Sherly non fare l’antipatico, persino i geniacci del nostro calibro ogni tanto hanno bisogno di divertirsi con cose banali”

Sorrise ed il sangue finto sapientemente truccato all’angolo della bocca si mosse in maniera grottesca.

“Parlando al plurale intendi me e te?” Si scostò un poco.

“Ovviamente, io e te siamo gli unici in tutto il campus tacciabili dell’appellativo di genio

“Non mi interessa mettermi al tuo livello Moriarty né di quello di nessun altro” Distolse lo sguardo da quegli occhi così scuri.

Il ragazzo sorrise passandosi una mano tra i capelli corvini pettinati all’indietro.

“Però ti sei abbassato a travestirti da vampiro e a partecipare a una festa che ritieni per idioti solo per fare piacere al tuo amichetto Watson nel disperato tentativo di compiacere la sua indole dannatamente banale ed infantile”

Holmes si irrigidì, posò con forza il bicchiere a terra e si passò nervosamente una mano sulle labbra.

“John non è banale”

“No, certo” Incrociò le braccia al petto “ E’ solo il capitano della squadra di rugby che si scopa la ragazza pon-pon…” Sospirò teatrale indicando con il capo i due in pista “ E’ un clichè fatto e finito Sherly”

Holmes si voltò con le sopracciglia corrugate e gettò uno sguardo al ragazzo.

Indossava un costume da vampiro impeccabile.

Il gilet argentato baluginava sotto le luci psichedeliche.

“Sai che ho ragione” Seguitò monotono.

“E anche se fosse?” Sibilò “ Non sono affari tuoi”

Jim inspirò a fondo e cambiò postura, mise i gomiti sulle ginocchia e si sporse un poco, il capo chino sul pavimento ligneo.

“No, ma stai perdendo il tuo tempo con lui, meriti di meglio Sherly, meriti me” Si volse con un ghigno.

“Tu saresti il meglio?” Rise amaro “ Dio me ne scampi James e come ben sai, non sono interessato a nessun tipo di relazione, men che meno ad una con te. Sono tre anni che te lo ripeto”

Moriarty si alzò in piedi e si mise dinnanzi al ragazzo, una mano nella tasca dei pantaloni dal taglio impeccabile.

Si chinò un poco per avere il viso all’altezza di quello di Holmes.

“Non sei interessato solo perché non hai mai provato” Sussurrò.

Sherlock sussultò avvertendo la mano libera del ragazzo scivolare sulla propria nuca e stringerla con decisione.

“Lasciami” Ringhiò.

“Non puoi catalogare una cosa senza prima averla provata Sherly” Seguitò con voce suadente “Sono anni che te lo dico e sappi che non smetterò mai di farlo, perché finchè non ti avrò assaggiato, finchè non ci saremmo assaggiati, non potremmo mai sapere come sarà…”

“Non mi interessi James, non mi sei mai interessato e non mi interesserai mai” Ringhiò tentando di divincolarsi.

Moriarty sorrise sfilando anche l’altra mano di tasca e ponendola sulla guancia del ragazzo.

“E dimmi un po’, come fai ad essere così convinto che John Watson ti piaccia? Umm? Ti ha scopato? Eh? Lo ha fatto Sherly?” Battè le palpebre, le ciglia corvine sfarfallarono nella penombra.

Holmes arrossì sulla punta delle orecchie e cercò un replica sufficiente a zittire Moriarty e a sedare l’imbarazzo che lo aveva colto.

Non ne ebbe il tempo, la voce di John interruppe quello scambio di sussurri concitati.

“Sherlock tutto bene?”

Jim imprecò a denti serrati, con lentezza abbandonò il corpo di Holmes e rimettendosi in posizione eretta si volse alla propria destra.

“Buon Dio è arrivato Lancillotto”

John lo fissò con sguardo gelido , la mascella serrata.

“Devo ridere?” Sibilò.

“No” Storse le labbra in una smorfia.

“Che stavi facendo?” Seguitò il biondino.

“Spiegami per quale astruso motivo dovrebbero essere affari tuoi?” Sorrise mostrando la dentatura perfetta.

“Perché mi è sembrato che stessi infastidendo Sherlock come al solito”

“Questa tua affermazione non è una risposta pertinente alla mia domanda”

“Oh lo è eccome” Annuì “ Se qualcuno da fastidio a Sherlock, gli affari diventano miei di diritto” Additò Holmes.

Il ragazzo si alzò in piedi sbuffando con forza.

“John lascia stare”

“No Sherly non zittirlo, sentiamo cos’ha da dire… Vorrei proprio capire per quale motivo si riserba il diritto di considerarti Affar suo

Watson sussultò e si impettì deglutendo sonoramente.

Moriarty inarcò entrambe le sopracciglia corvine ed attese.

“Perché lui è…” Lo indicò “ Il mio migliore amico”

Jim scoppiò a ridere, una risata così forte e caricata in eccesso che non sarebbe sfigurata in una rappresentazione teatrale di tipo comico.

Holmes levò gli occhi al cielo e con indifferenza si aggiustò le ruches che scendevano morbide sino al petto.

John si perse un istante ad osservarlo mentre con la punta delle dita accarezzava la stoffa immacolata.

Distolse lo sguardo per tornare a posarlo sul viso di Jim.

“Hai finito?”

“John”

Il biondino si volse in direzione di quel richiamo e della mano posata sulla propria spalla.

Mary Morstan gli sorrideva titubante.

“Torniamo a ballare?”

“Non ora Mary devo chiarire una cosa”

“Sì Mary torna in pista da sola. Il nostro Watson sta cercando di difendere il suo fidanzato dalle mie avances” Moriarty spalancò le braccia con un ghigno.

“Che cazzo dici Jimmy” La ragazza si incupì.

“Solo la verità tesoro, è bene che tu ci faccia i conti subito, Sir Lancillotto “ Additò John “ E la bella Ginevra” Si volse indicando Sherlock.

“John” Mary si irrigidì e la presa sulla spalla del ragazzo scivolò sino all’avambraccio “ Cosa significa?”

“Oh cazzo Mary non ti ci mettere anche tu per favore” Si divincolò “ E’ una faccenda tra me e Moriarty”

“No se permetti è una cosa che riguarda anche me” Si incaponì lei.

“Sherlock non è affar tuo” Sibilò John.

“Ma tu sì!” Avvampò la biondina.

Watson imprecò ed avrebbe tanto voluto sfregarsi le mani sul volto ma si trattenne rammentando il quantitativo spropositato di trucco che aveva in viso.

L’ennesima risata di Jim fece da eco al silenzio che cadde tra i due.

“Ops, poooovera Mary, è difficile competere con Sherlock Holmes dovresti saperlo”

John si volse fulminando il ragazzo con un’occhiata furente mentre la ragazza afferrò di nuovo Watson per un braccio strattonandolo irosa.

“John!Che cazzo vuol dire”

Il Joker si divincolò di nuovo con un gesto brusco facendola barcollare.

Holmes dal canto proprio inspirò a fondo e superò il terzetto senza proferire verbo.

Moriarty smise di ridere e tentò di seguirlo ma la presa ferrea di John lo immobilizzò.

“Non osare Jim, non osare” Scandì con voce grave.

“Sei un senza palle Watson, tutte ste scene da finto migliore amico e poi non hai nemmeno il coraggio di scopartelo” Sibilò afferrandolo per la cravatta.

“Sherlock è il mio migliore amico” Puntualizzò a pochi centimetri dal suo viso.

“Raccontalo a qualcun altro, stupido ipocrita” Soffiò a filo di labbra.

Il chiacchiericcio isterico di Mary non cessò e Watson imprecò sonoramente prima di voltarsi verso la biondina.

“Cristo Santo ma la fai finita?!!”

La ragazza sussultò spalancando i grandi occhi verdi.

“Non mi devi rompere i coglioni Mary hai capito? Questa faccenda non ti riguarda e no, io e te non stiamo insieme quindi fammi il piacere di levarti dalle palle e non avanzare pretese ridicole nei miei confronti!!”

“Sai che sei proprio uno stronzo John?!!” Tremò di rabbia.

“Sì sì va bene come ti pare” Le voltò le spalle tornando a concentrarsi su James.

“Hai visto? L’hai fatta piangere” Imbronciò le labbra ironico “Cattivo Johnny”

“Non sei simpatico come credi lo sai? Hai solo la dannata dote innata di farmi girare profondamente le palle” Sibilò puntandogli un dito sul torace.

“E di volere Sherlock, quella è un’altra mia dote che ti irrita terribilmente” Sospirò aggiustandogli la cravatta.

Watson retrocedette strappandogli la stoffa dalle mani in un gesto infantile.

“Stai lontano da lui” Lo ammonì nuovamente guadagnando sempre maggior distanza.

Moriarty scosse il capo, si aggiustò il mantello sulle spalle con un gesto elegante e schioccò la lingua.

“Non succederà mai Johnny bello. Se non ora, prima o poi, Sherlock Holmes sarà mio” Si fece serio “ Goditelo finchè puoi” Gli volse le spalle “ O almeno provaci” Si allontanò immergendosi nella folla di studenti danzanti.

John si morse nervosamente il labbro inferiore ed espirò con forza, le parole di Moriarty gli rimbombavano nel cervello.

Quella frase, un chiaro monito, lo aveva turbato più di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere.

Si guardò attorno serrando le mani a pugno, le braccia tese lungo i fianchi.

Si passò lesto la lingua sulle labbra.

Sherlock non c’era.

Se ne era andato.

Si morse la lingua, lo sguardo perso sul bicchiere dell’amico abbandonato a terra.

Quella musica, quel frastuono, quegli studenti urlanti , improvvisamente lo irritarono profondamente.

Era ansioso di godersi quella serata in cui la priorità assoluta sarebbe stata il divertimento.

Le risate, gli scherzi, la confusione.

Lo era, sino a mezz’ora prima.

In quell’istante si rese conto di quanto poco importasse tutto quello senza la presenza di Sherlock.

Le parole che Moriarty gli aveva sputato in faccia senza mezzi termini erano state un pugno in pieno viso.

Uno schiaffo atto a stimolare la propria presa di coscienza.

Deglutì con forza e facendosi largo tra la moltitudine di ragazzi raggiunse l’uscita della sala grande.

Il pesante portone si chiuse alle sue spalle.

Il frastuono giunse ovattato.

Uscì lesto in cortile, un vento gelido aveva preso possesso della notte di Ognissanti.

Si strinse nella giacca viola e rabbrividì.

Aveva bisogno assoluto di vedere Sherlock, di capire come stesse, di come avesse preso quella sua presa di posizione nei confronti di Jim.

Si reso conto di essersi comportato come una fidanzata gelosa e non avrebbe saputo dire quanto la cosa avesse potuto fare piacere al sociopatico per eccellenza.

Holmes restava per lui un enigma, nonostante la loro ferrea amicizia, nonostante fosse al fine il suo unico vero amico, non riusciva ancora a capirlo sino in fondo.

Il fatto che palesasse un chiaro rifiuto ai rapporti interpersonali, alle relazioni sentimentali, lo frenava in maniera netta.

Sbuffò accelerando il passo.

Scorse in lontananza il campanile della chiesa di Saint’ Botolph.

Sherlock gli piaceva, in ogni possibile sfaccettatura del termine.

Gli piaceva e detestava profondamente l’idea di doverlo dividere con qualcuno, lo ammise a se stesso.

Sì.

Non potè esimersi dal farlo, non quella sera, non dopo aver provato l’ennesima fitta di odio e gelosia nel vedere James approcciarsi a lui spudoratamente.

Non era la prima volta certo, erano anni che quel viscido stronzetto gli dava il tormento e dal canto proprio si era sempre preso il diritto di difenderlo e cercare di tenerglielo il più lontano possibile.

Tuttavia non aveva mai provato così tanta avversione come quella sera.

Il vederlo con la mano serrata alla nuca di Sherlock ed il viso a sfiorare quello pallido dell’amico lo aveva portato a livelli di gelosia che mal si confaceva ad un rapporto tra semplici amici.

Raggiunse Botolph Lane borbottando ancora tra sé e sé e sorrise scorgendo il basso caseggiato bianco.

Le luci in casa di Sherlock erano accese.

Inspirò a fondo e sfiorò titubante la maniglia del portoncino al numero 6.

Trovò la porta aperta e sorrise.

Sherlock sapeva.

Sapeva sarebbe tornato a cercarlo.

Entrò guardingo e la richiuse girando la chiave un paio di volte nella toppa.

Non lo trovò in cucina e l’idea di saperlo in camera lo fece rabbrividire.

Inspirò a fondo, si impettì un poco e si infuse coraggio posando il piede sul primo scalino.

Li risalì con lentezza, la mano sinistra scivolò lungo la carta da parati a fiori.

“Dai Johnny…” Sussurrò raggiunta la cima “ Dai”

Le assi di legno scricchiolarono, gettò un’occhiata alla porta della stanza.

Era socchiusa e la luce dell’abatjour filtrava con quei suoi toni caldi e confortanti.

Si fermò a pochi centimetri dalla soglia ed attese.

Attese che il proprio cuore smettesse di battere così forte ed apparentemente senza reale motivo.

Inspirò ed ispirò ripetutamente e chiuse gli occhi.

“Pensi di entrare o preferisci aspettare che faccia giorno?”

La voce profonda di Sherlock lo fece sussultare ed imprecare contro se stesso.

Ghignò scuotendo il capo e spinse la vecchia porta lignea.

La piccola stanza mansardata lo accolse.

Intravide il mantello del costume gettato malamente a terra.

Sollevò il capo sbirciando in direzione del letto matrimoniale.

Holmes se ne stava disteso con indosso ancora gli abiti da vampiro.

Jean, appollaiato sulla sua pancia, si godeva le carezze lente e metodiche dietro le proprie orecchie corvine.

Watson sospirò infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni viola e si perse ad osservare la bellezza dell’amico.

La luce calda della lampada gettava ombre sul suo viso perfetto e sulla camicia candida.

Un mezzo sorriso sul volto e gli occhi limpidi fissi sul gatto.

John si schiarì la voce, si mosse nervoso sollevandosi un paio di volte sulle punte dei piedi.

“Ciao” Lo salutò.

Sherlock non rispose, si limitò a portare le proprie iridi verso il volto dell’amico.

Watson deglutì sonoramente e con lentezza raggiunse il letto.

L’indice sfiorò la coperta in tessuto scozzese e sbuffò con forza.

“Sei a corto di parole John?” Inarcò un sopracciglio corvino.

Il biondino sollevò lesto il capo intercettando quell’occhiata penetrante.

“Dai siediti “proseguì Holmes.

Watson annuì e si sedette sul materasso, si accomodò ed il proprio fondoschiena sfiorò le lunghe cosce di Sherlock.

I piedi sfiorarono il parquet, le caviglie accavallate l’una sull’altra.

Inspirò a fondo prima di voltarsi un poco ed allungare la mano verso Jean.

Ne sfiorò con lentezza la schiena ed il micio parve gradire particolarmente quella seconda mano carezzevole su di sé.

Stettero in silenzio per alcuni istanti, dediti entrambi a coccolare il gatto e ad elaborare pensieri più o meno compromettenti.

“Te ne sei andato…” John parlò e non seppe dire se quella considerazione fosse la migliore per rompere il ghiaccio.

Holmes storse le labbra in un sorrisetto ed accoccolò meglio la propria testa contro il soffice cuscino.

“Che osservazione brillante John”

Ecco, appunto, considerazione errata e banale.

“Già” Sospirò il biondino.

Sherlock piegò le gambe posando le piante dei piedi sul materasso.

Jean scivolò un poco più in su verso il suo torace e John percepì ora il polpaccio dell’amico contro la schiena.

“Anche tu te ne sei andato” La voce scura vibrò.

Watson inspirò a fondo e si volse totalmente verso il ragazzo.

Piegò una gamba sul materasso e questa volta il suo ginocchio si spinse contro il fianco sottile di Sherlock.

“Sì” Annuì senza sorridere.

“E perché te ne sei andato? Sembrava ti stessi divertendo con la tua biondina” Non riuscì a trattenere un tono carico di acidità.

John sorrise, in quel modo che fece arrossire un poco il ragazzo sulla punta delle orecchie.

“Mary non è la mia biondina e se fossi rimasto un po’ di più avresti assistito al mio addio poco velato nei suo confronti”

Holmes inarcò un sopracciglio e non aggiunse altro.

Si limitò a fissare l’amico che sembrava particolarmente interessato alla massa di ricci corvini che tanto spiccava contro la federa immacolata.

“Non avrei sopportato quella fiera dell’idiozia un istante di più. Moriarty e la tua Mary poi sono stati la ciliegina sulla torta” Inarcò un sopracciglio e con la punta del piede colpì il fianco di John.

“Moriarty e la mia biondina?” Storse le labbra in un mezzo sorriso “ Spiegami esattamente il parallelismo” Incrociò le braccia al petto.

Sherlock si schiarì la voce e si mise a sedere a gambe incrociate.

Jean protestò allontanandosi dal ragazzo ed iniziando a gironzolare sul materasso attorno a John.

Prese ad annusarlo con circospezione per poi strofinare con lentezza il proprio capo contro le sue gambe.

Watson rise e sussultò un poco quando il gatto gli balzò in braccio.

“Jean lascialo stare” Holmes si sporse un poco cercando di allontanare il gatto.

Gli sfiorò la coda con la punta delle dita e per tutta risposta il micio soffiò irritato abbarbicandosi con maggior decisone in grembo a John.

“Non fa niente Sherlock non mi da fastidio” Scosse il capo l’amico.

“Invece deve spostarsi” Si inginocchiò sul materasso “ Non può prendersi certe confidenze, potrebbe infastidire… Il prossimo” Concluse chinandosi verso il gatto.

“Il prossimo?” Scoppiò a ridere “Qui ci sono solo io e a me Jean sta bene”

Il micio si innervosì avvertendo le mani di Holmes sui proprio fianchi e con uno scatto si artigliò alla giacca di John.

Watson sussultò “Ehi calmo…Buono…”

“Jean!! Levati! Gli fami male con sti maledetti artigli!” Sherlock lo spinse con decisione e questa volta il gatto si allontanò con un balzo.

Scese dal letto e raggiunse la scrivania soffiando con forza.

“Sì, bravo, datti una calmata!” Lo additò.

John sussultò accorgendosi solo in quell’istante di avere il torace di Sherlock ad un palmo dal viso.

La camicia bianca e malvagiamente sottile non lasciava molto spazio alla sua già fervida immaginazione.

Inspirò a fondo scorgendo l’abbondante porzione di pelle ben visibile oltre i bottoni slacciati.

“Sh…Sherlock se non ti sposti rischi di…Sporcarti la camicia…” Sorrise con una punta di nervosismo.

Holmes sussultò chinando il capo, vacillò appena, rendendosi conto di essere più vicino a John di quanto pensasse.

Posò le mani sulle spalle di Watson ed arrossì un poco sulle gote.

“Sporcarmi la camicia?” Spalancò gli occhi, le iridi vibrarono.

John storse le labbra in un sorrisetto che Holmes trovò terribilmente attraente.

“Sì, con il mio trucco” Specificò Watson.

“Oh, giusto…” Annuì.

Il ciuffo corvino ondeggiò ed il silenzio avvolse la stanza per pochi istanti.

Jean si acciambellò sul davanzale interno e chiuse le palpebre feline.

“E…Secondo te, macchia molto?” Proseguì interrogativo.

“I…Io suppongo di sì” John si schiarì la voce e non si perse il movimento della mano di Sherlock.

La sentì abbandonare la propria spalla e raggiungere il proprio volto.

Si accorse di avere il fiato corto e di non riuscire a prevedere le mosse di Holmes.

Il sociopatico per eccellenza non era avvezzo ad iniziative di alcun genere in campo fisico, per questo motivo, quell’indice che si avvicinava al proprio volto lo spiazzò completamente.

Il dito lungo ed affusolato sfiorò la fronte carica di trucco.

Scivolò con un lieve tremore lungo la tempia per poi raggiungere la guancia.

Il trucco bianco si mischiò a quello rosso delle finte labbra seguendo la linea tracciata da Holmes.

John inspirò a fondo, gli occhi blu legati a quelli acquamarina.

“Sherlock, che fai?”

Si accorse della propria voce, abbassatasi di un tono.

“Testo la tenuta di questo trucco” Tese le labbra in un piccolo sorriso.

Il dito tornò sul volto e tracciò un percorso quasi identico sul lato sinistro del viso.

Quasi, poiché il tracciato proseguì questa volta oltre la mandibola scivolando lungo il collo.

Watson si morse la lingua e con un movimento lesto afferrò l’indice di Sherlock con la propria mano.

Lo strinse avvicinandolo al petto.

Holmes perse un poco l’equilibrio, le ginocchia cedettero e si ritrovò accucciato di fronte a John.

Perse quei centimetri che gli conferivano un poco di sicurezza e si ritrovò ora con il viso dell’amico all’altezza del proprio.

“Non scherzare col fuoco Sherlock” Sibilò.

“Non essere così teatrale” Borbottò cercando di riprendersi il proprio arto.

L’amico non abbandonò la stretta, tutt’altro.

Con un gesto deciso invitò il ragazzo ad avvicinarsi ulteriormente.

Sherlock rabbrividì nel ritrovarsi il viso severo di John tanto vicino al proprio.

“Non sono teatrale, il mio è solo un consiglio”

“Un consiglio” Mormorò incupendo l’espressione sul bel viso.

“Sì , mi conosco Sherlock”

Gli occhi limpidi si spalancarono e parve che l’illuminazione fosse giunta al suo fantastico cervello.

“Oh adesso capisco…Il consiglio è quello di tenere le mie manacce maschili ben lontane da te” Con uno strattone deciso si liberò della presa.

“Cosa?” Corrugò le sopracciglia incredulo “No! No che c’entra questo?”

Holmes si mosse scomposto con il chiaro intento di alzarsi dal letto ma l’amico lo afferrò per i bicipiti e gli impedì movimento alcuno.

Entrambi ora in ginocchio si fissavano arcigni.

“Lasciami” Ringhiò Sherlock.

“No. Chiariamo bene questa cosa Holmes, se stai cercando di darmi poco velatamente dell’omofobo ti avviso che sei sulla strada sbagliata!”

“Ah! Buona questa”

“Non essere ridicolo ti ho mai dato modo di pensare che io disapprovi certe…Scelte?!”

“Fammi pensare” Attaccò ironico “Sì, esattamente un minuto fa!”

“Ma sei cretino??Non era quello il fine del mio avviso!”

“Sì come no… Guarda che non sono stupido, IO! Se al mio posto ci fosse stata la tua biondina non l’avresti certo fermata”

“Cristo Santo Sherlock certe volte ti comporti peggio di una bambinetto isterico!! Accetta il fatto che anche la tua geniale mente possa prendere della grandi cantonate!!”

“Io ho preso una cantonata eh? E allora coraggio Mr Tre College Watson dimmi che cavolo volevi lasciarmi intendere!”

“Che non sono un santo e provocarmi può esserti fatale” Ghignò.

“Ti stai di nuovo atteggiando a consumato attore teatrale” Sbuffò distogliendo lo sguardo “ Non lo fare John, non sono una delle tue ragazzine che incanti con due parole tronfie e un’occhiata languida”

“Ah no?” Inclinò il capo accentuando il sorriso già sin troppo carico grazie al trucco.

“No” Si impettì “Non mi incanti Watson”

John si passò la lingua sulle labbra ed annuì.

“Molto bene”

“Cosa?” Corrugò le sopracciglia corvine.

La mano del biondino abbandonò il braccio di Sherlock per poi afferrare con delicatezza il mento di quest’ultimo.

“Cosa stai facendo?” Spalancò gli occhi limpidi.

“Stai zitto e ascoltami”

Incredibilmente Holmes tacque e deglutì con decisione.

Le dita di John scottavano contro la pelle del suo viso, avrebbe voluto divincolarsi, o forse no. Fatto sta che non si mosse di un millimetro.

“Non ho bisogno di incantarti con occhiatine e discorsi pomposi, il mio avviso era sincero, se mi stai troppo vicino Holmes…” Inspirò a fondo “Se mi stai troppo vicino, rischio di saltarti addosso e non so quanto questa cosa possa farti piacere”

“Saltarmi addosso?” Sherlock sussurrò  avvampando sulle gote.

“Sì, e non per picchiarti, anche se certe volte lo farei volentieri per quanto riesci ad essere irritante e testardo” Sorrise “Ma…” Strinse le labbra cercando le parole maggiormente adatte “ E’ anche una delle cose che amo più di te quindi…E’ tutto dannatamente complicato” La presa sul mento tremò un poco.

“Una delle cose” Holmes mosse le labbra replicando il concetto ma non un suono abbandonò la bella bocca piena.

John sorrise leggendo il labiale ed il pollice che sino ad allora aveva sfiorato il mento pallido, scivolò con delicatezza sino al labbro inferiore accarezzandolo lentamente.

Sherlock tremò e la cosa fece rabbrividire di riflesso l’altro.

Gli occhi blu fissi sulla bocca dell’amico, centinaia di domande, di dubbi, affollavano la mente di entrambi.

Watson si incupì, la paura di agire in maniera avventata, sbagliata lo resero titubante.

Levò le iridi legandole a quelle acquamarina.

Fu il brillio che colse negli occhi di Sherlock a far pendere la propria decisione da una parte ben precisa.

Si chinò un poco, avvicinando il viso con cautela a quello così pallido e perfetto.

Avvertì distintamente le mani di Sherlock artigliarsi con forza alla propria giacca viola.

Sospirò con forza e cercò un barlume di conferma negli occhi dell’altro.

L’ennesima, l’ultima.

Non la trovò nelle iridi cristalline ma nelle palpebre abbassate.

Sorrise e sfiorò le belle labbra piene con le proprie.

Sussultarono entrambi.

Fu un lento sfiorarsi, uno studiarsi reciproco.

Ripetuto.

Un crescendo.

Sherlock si spinse con maggior decisione verso il corpo dell’altro.

Le mani abbandonarono la stoffa per poi risalire leste verso il collo e perdersi in un abbraccio serrato.

Si strinse a John inspirando a fondo.

Lasciò che la lingua dell’amico lambisse le sue labbra per poi concedergli libero accesso alla propria bocca.

Gemette sotto quel calore.

Sotto quella sensazione insolita e mai provata prima.

Gemette e si godette con soddisfazione il ringhio basso di John.

Avvertì le mani piccoli ma forti strette alla propria vita sottile.

Spinse il bacino con decisone alla ricerca di un contatto nuovo ed inaspettato.

Sospirò con forza e dopo un tempo indefinito abbandonò di malavoglia le labbra del ragazzo.

Aria, necessitava d’aria.

Annaspò un poco e Watson non perse l’occasione di lasciare scivolare la punta della lingua sulla bocca socchiusa.

Sherlock ansimò portando lo sguardo sul volto del Joker.

Sorrise o meglio rise nello scorgere il disastro che era diventato il trucco di John.

Il rosso delle finte labbra sparso sulle guance.

Il nero sotto gli occhi sparpagliato, non seppe dire come, sino al mento.

John capì al volo il motivo di quell’ilarità e replicò diretto.

“Non ridere bellezza dovresti vedere il disastro che hai stampato sul tuo bel faccino” Ghignò.

Sherlock indietreggiò un poco con la schiena e si sedette sul letto sfiorandosi il viso.

“Ma…” Scosse il capo divertito fissando le proprie dita striate di rosso e nero.

Watson gettò la propria giacca a terra e lo spinse su una spalla. Il ragazzo cedette arrendevole sdraiandosi con lentezza.

“Come hai fatto a baciare la mia brutta faccia impiastricciata Holmes?” Sussurrò stendendosi sul suo corpo “Devo avere un aspetto pauroso…”

Sherlock fissò il volto a pochi centimetri dal proprio e sorrise accarezzandogli i capelli.

Sfiorò il capo biondo e la fronte con movimenti delicati.

“Non fai paura, sei il mio Joker” Arrossì deliziosamente sulle gote.

John sorrise a sua volta, un sorriso ampio.

“Il tuo Joker eh” Gli baciò piano le labbra “ Bè così pasticciato anche tu lo sei”

“Un Joker?” Replicò lasciandosi baciare con malizia il lungo collo pallido.

Watson interruppe quella piacevole tortura , si scostò un poco e cercò gli occhi limpidi dell’altro.

“No, il mio  Joker” Rispose con sguardo serio.

“Oh” Annuì.

John lo baciò sulle labbra ancora un poco aperte in seguito a quell’esclamazione.

“Io…” Tentò di replicare.

La bocca dell’altro non gliene diede l’opportunità.

Veloce ed esperta prese possesso di quella di Sherlock.

La mano sinistra scivolò lungo il fianco sottile e si strinse con forza ad il bordo dei pantaloni scuri.

Sherlock gemette , le braccia si artigliarono possessive alla schiena dell’amico.

Le gambe si aprirono in un gesto involontario ed accolse meglio contro di sé il corpo dell’altro.

Le dita di John si intrufolarono oltre la stoffa della camicia. Scivolarono maliziose sfiorando l’ombelico.

Erano caldo e morbide.

Holmes rabbrividì scostando il volto lasciandosi andare ad un gemito poco sommesso.

John imprecò spingendo il bacino contro quello dell’altro.

Gli morse la mascella per poi lambirla ripetutamente con la lingua.

Scese lesta lungo il collo per poi dedicarsi con dedizione alle clavicole ben esposte oltre la camicia sbottonata.

Sherlock annaspò per poi inspirare a fondo.

L’eccitazione di John ormai palese spingeva decisa contro la propria.

Il ragazzo ringraziò la stoffa che ancora li separava perché temeva.

Temeva che se solo fosse entrato in contatto diretto con il calore e la consistenza di John non avrebbe retto che pochi secondi.

Si morse il labbro con forza e si impose di resistere ma la pressoché nulla esperienza e le fantasie accumulate per ben tre anni nei riguardi dell’amico non furono di grande aiuto.

Watson afferrò con forza i lembi della camicia bianca e li tirò con decisione incurante dei piccoli bottoni.

Sherlock sollevò un poco il viso e sussultò.

Nelle orecchie il rumore dello strappo.

“John” Lo chiamò in un sussurro.

L’altro ghignò sbirciando nella sua direzione con quegli occhi grandi e così blu.

“Sì?” Replicò sfilandosi il panciotto e sfiorandosi maliziosamente la cravatta.

Holmes allungò un braccio e lo afferrò per la cravatta tirandolo nuovamente a sé.

Lo baciò con forza ed in maniera scomposta.

Le mani tremanti afferrarono la camicia viola e la strattonarono in un goffo tentativo di levarla al biondino.

Watson rise sulle sue labbra e senza abbandonare quella bocca perfetta si liberò della camicia in un gesto fluido.

Il torace ora nudo.

Sherlock gemette con forza all’orecchio dell’altro avvertendo la consistenza dei suoi muscoli.

I sottili peli biondi gli solleticarono il petto glabro.

Lo strinse con forza a sé nascondendo poi il viso contro il suo collo.

John lo baciò piano.

Sulle tempie.

Cercò il suo volto.

Ne sfiorò le guance con dedizione.

Posò la fronte sulla sua e spinse con decisione il bacino.

Il pigolio di Sherlock lo attraversò come una scossa lungo tutto il corpo.

Tornò a baciarlo sulle labbra e spinse di nuovo.

Movimenti prima lenti poi convulsi.

Holmes replicò d’stinto e l’altro si lasciò andare ad un basso ringhio contro il suo collo.

Lo morse e Sherlock gemette con forza serrando le gambe dietro la schiena del ragazzo.

I pantaloni creavano attrito.

John li avrebbe strappati con forza ad entrambi ma si trattenne.

Stava accadendo tutto troppo velocemente e non voleva spaventare Sherlock.

Quel profondo contatto fisico andava più che bene.

“John non…John” Serrò con forza le dita sulla schiena.

“Sherlock” Ansimò, la lingua scivolò con forza nella bocca accogliente.

Poche spinte, decise.

Watson scostò il viso affondandolo nel cuscino.

Imprecò con forza avvertendo il proprio corpo cedere.

Holmes lo seguì serrando con forza gli occhi. Il capo gettato all’indietro.

Il collo esposto.

Il respiro affannoso di entrambi riempì la mansarda per un tempo indefinito.

La mente sovraccarica di Sherlock ricominciò lentamente a funzionare.

Batté le palpebre, la vista ancora un poco patinata.

Prese totale consapevolezza di quanto fosse appena accaduto.

Avvampò con decisione e mosse le labbra nel tentativo di emettere un qualsiasi suono.

Non ne uscì alcuno.

John si scostò dal suo corpo, poco, pochissimo.

Una manciata di centimetri.

Si puntellò sui gomiti e cercò gli occhi confusi dell’altro.

“Stai bene?” Gli scostò il ciuffo corvino dalla fronte sudata.

Il ragazzo annuì.

“Sicuro?”

“Sì, solo…Non sono abituato a queste cose” Distolse lo sguardo mordendosi il labbro inferiore “Lo…Lo sai no?”

“Sì, lo so” Sorrise accarezzandogli una guancia.

“Ma questo non vuol dire che tu non ti possa abituare” Gli pigiò l’indice sulla punta del naso.

Sherlock inspirò a fondo e riportò le proprie iridi in quelle più scure.

“A...abituare?”

John rise annuendo “Sì sai… Il mio Joker , il tuo Joker…Quella cosa lì”

“Non sono mai…Stato di nessuno John, nessuno ha mai voluto perderci tempo con un come me, lo sai, sei il mio unico amico e…”

“E tu non hai mai voluto perdere tempo con qualcuno che non fossi io” Lo interruppe “ Come amico prima e ora… Bè, insomma…” Fu il suo turno di imbarazzarsi.

Si schiarì la voce e distolse lo sguardo.

Sherlock sollevò una mano.

Posò il palmo ampio sulla guancia di John e con espressione seria cercò il suo sguardo.

Lo trovò.

“Lo sai che sarò un disastro vero? Che non sono certo una docile biondina che fa la ragazza pon-pon” Inarcò un sopracciglio corvino.

John rise di quel riferimento nemmeno troppo velato.

“No, ma mi piacerebbe vederti col vestitino da cheerleader” Si scostò sdraiandosi al suo fianco.

Sherlock lo sgomitò “Smettila” Si raggomitolò posando il capo sul suo petto.

Watson gli passò un braccio sulle spalle e lo strinse a sé.

Le dita sfiorarono ripetutamente il bicipite realizzando disegni immaginari.

Holmes sforò con l’indice il petto di John.

Scorse la propria pelle sporca di nero.

Il colore restò velatamente impresso tra i peli biondi.

Inspirò a fondo e soffiò piano facendo rabbrividire il ragazzo.

Il silenzio calò per qualche istante, entrambi immersi nei proprie pensieri poi John riprese parola riallacciandosi a quanto affermato poco prima dall’altro.

“Non mi interessa se sarà complicato…”

Io, sono complicato…”

“Non mi interessa se sei complicato” Le dita abbandonarono il bicipite per salire sino al collo.

Lo accarezzarono lente.

Sherlock sorrise e non rispose.

John proseguì.

“Questa sera “ Inspirò a fondo “ Questa sera quando ho visto Moriarty metterti le mani addosso… Ho capito che…Che…”

“Che?”

Holmes sollevò un poco il viso senza scostare la guancia dal petto.

“Che ero geloso marcio e che avrei tanto voluto spaccargli la faccia” Ammise storcendo le labbra “ E che a quel punto era inutile fingere e negare a me stesso l’evidenza dei fatti” Gonfiò e sgonfiò le guance in uno sbuffo.

Sherlock fece forza su un gomito ed avvicinò il proprio viso a quello del neo compagno.

“L’evidenza dei fatti?” Finse ingenuità.

“Hai capito dai” Gli mise il palmo sul viso allontanandolo un poco.

Sherlock afferrò la sua mano e la scostò sorridendo.

“John”

“Cosa?” Si morse il labbro inferiore.

“Grazie” Sussurrò sulle sue labbra.

“Per cosa?” Battè le palpebre stupito.

“Hai capito dai” Levò gli occhi al cielo replicando la risposta.

Watson rise e lo abbracciò baciandolo delicatamente.

“Senti”

“Ummm?”

“Bella sta cosa del Joker mio Joker tuo…” Attaccò Sherlock “ Ma vorrei che ti levassi tutto sto colore dalla faccia e…Baciare solo John” Arrossì un poco sulla punta delle orecchie.

L’altro scoppiò a ridere ed annuì “Doccia?”

Holmes deglutì sonoramente e si morse la lingua.

Annuì scostandosi e scendendo dal letto.

Si allontanò verso la porta e John si godette la perfezione della sua schiena bianca.

Lo raggiunse lesto e lo abbracciò.

Le mani strette in vita.

Il naso contro il suo collo niveo.

Sherlock sorrise chinando lo sguardo.

Posò le mani su quelle dell’altro e rabbrividì.

“Resti qui con me stanotte?” Sussurrò.

Watson lo baciò sulla spalla.

Più volte, raggiungendo con lentezza l’orecchio.

La lingua lambì il lobo e Holmes tremò visibilmente.

“Certo che resto” Lo morse piano.

Sherlock si voltò in quell’abbraccio e silenzioso si godette quella stretta.

“Andiamo?”

“Andiamo”

I due ragazzi si dileguarono verso il bagno.

L’eco di grida festose in mezzo alla strada giunsero sino a li.

Jean sollevò le palpebre sonnacchiose, sbadigliò e mosse la coda in maniera cadenzata.

Gli occhi azzurri brillarono.

Arricciò il piccolo naso rosa e con un balzo fu sul letto.

Si acciambellò sul cuscino di Sherlock.

Abbassò nuovamente le palpebre e si addormentò.

 

Fine.

 

Eccoci qua, spero che questa piccola storia a tema vi possa essere piaciuta^^ <3 grazie di cuore come sempre a chiunque abbia recensito o anche solo dedicato del tempo alla lettura. Un abbraccio grande Chia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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