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Autore: TonyCocchi    04/11/2018    1 recensioni
Lo sviluppo di una mia idea sul quirk di Tsuyu. Un eroe è chi è pronto a sporcarsi le mani per il bene altrui, e quello sporco è un motivo di vanto, il segno che distingue colui che agisce, il colore di chi si è sacrificato per gli altri. Ma qualche volta, lo sporco che ricopre un eroe è il peso di una decisione difficile, il marchio di una scelta sbagliata ma necessaria, che diviene una macchia indelebile sulla sua pelle. Perché a volte anche gli eroi sono costretti a perdere la propria innocenza. E sono costretti a farsi forza per andare ancora avanti.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fumikage Tokoyami, Himiko Toga, Tsuyu Asui
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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bnha - batracotossina

Salve a tutti da un fanficciaro ormai saltuario ma ancora ispirato. Vorrei che non prendeste troppo sul serio la storia che vi apprestate a leggere, essendo slegata dal contesto del manga (ambientata diciamo in un ipotetico futuro scontro finale con la Lega dei Villain) e non essendo previsto alcun continuo. Questa storia nasce semplicemente dal mio desiderio di vedere messa nera su bianco una scena che la mia mente ha partorito e a cui tengo particolarmente, una scena di forte emozione ed impatto, che mi auguro tanto vi catturi e vi piaccia! Come scritto in descrizione, tutto nasce dal fatto che Tsuyu può riprodurre praticamente ogni caratteristica legata alle rane, così ho pensato “perché non anche quella”? Una vista in un documentario… Un po’ sinistra… La adoro come personaggio, ma mi sa che qui ci sono andato pesante con lei! XD

Buona lettura!

 

 

 

Tsuyu si morse le labbra per non lasciar uscire gemiti che avrebbero potuto rivelare la sua posizione. Gettò un attimo lo sguardo oltre l’angolo dietro cui si era riparata e tornò ad acquattarsi nella penombra. La ferita al fianco faceva malissimo, solo la sua prontezza di riflessi era riuscita ad impedire che la lama penetrasse ancora più in profondità. Si era lasciata cogliere di sorpresa da Toga Himiko, trasformatasi in Tokoyami, ed ora lei era lì attorno da qualche parte, sghignazzante come al solito, a giocare con lei al gatto col topo. Si sentì una sciocca, eppure era stata raccomandata a tutti i partecipanti all’operazione la massima cautela. Piuttosto, un altro pensiero le sopravveniva: in base ai loro dati, il quirk di Toga le consentiva di trasformarsi in una qualunque altra persona per un certo periodo in tempo dopo averne bevuto il sangue. Voleva forse dire che anche Tokoyami era ferito? O peggio?

Basta, provò a riscuotersi, non aveva senso starsene lì ferma a tenersi la mano sul fianco ed aspettare, doveva agire. Se avesse trovato un sistema per fasciarsi la ferita avrebbe potuto…

“Tsuyu!”

Si girò di scatto alla sua sinistra per vedere la sagoma ammantellata di scuro del suo compagno venirle incontro ad ampi passi trafelati.

“Che ti è successo? Sei ferita?”

Prima che venisse percorsa da una rinnovata scossa di adrenalina, il Tokoyami era già riuscito ad avvicinarsi a un passo da lei e a protendere un braccio: non ci sarebbe caduta una seconda volta, non avrebbe aspettato che in quella mano che le porgeva con premuta lampeggiasse d’improvviso una lama di coltello.

Con una piroetta all’indietro, la ragazza-rana si rimise in piedi, poi spiccò un balzo contro di “lui”, colpendolo al petto con un violento calcio di lato. Gli occhi gli si sbarrarono di sgomento mentre volava fino ad arrestarsi con un forte tonfo sui tubi metallici di un’impalcatura diversi metri alle sue spalle.

“Ma cosa…”

Non finì di biascicare la frase che dal ponteggio alcuni metri più sopra, in cima alla struttura di sostegno, un grosso secchio metallico gli piovve dritto sulla nuca, facendogli perdere i sensi.

Tsuyu, ancora in guardia, prese un lungo respiro. Quel secchio era stato un bel colpo di fortuna: adesso doveva solo usare il nastro di cattura che aveva nel marsupio per immobilizzare Toga prima che potesse nuocere ancora. Davvero una fortuna insperata.

Ma una sadica maestra dell’inganno come Toga avrebbe davvero agito così? Preannunciare la sua presenza chiamandola, avvicinarsi a quel modo dopo averla già ingannata poco prima con lo stesso travestimento… Non quadrava affatto.

“!!!”

La fitta improvvisa che le provocò il coltello che affondava nella schiena le confermò il suo tragico errore. Si irrigidì, frastornata dal dolore, mentre le giungeva alle orecchie la risatina acuta e irrisoria della sua scaltra avversaria.
“Ho visto tutta la scena!” –ridacchiò vicino al suo orecchio, pugnalandola con la destra e bloccandola attorno il collo con l’altro braccio- “Poverino il tuo amico, lo hai proprio pugnalato alle spalle! L’hai capita?”

Il volto di Tsuyu arrossì di rabbia mentre fissava, con una smorfia mortificata, il corpo riverso del povero Tokoyami, privo di sensi.

Dannazione!

Aiutandosi con le mani, sgusciò via dalla sua presa e allungò la distanza con un piccolo balzo. Toga rimase ferma, a guardarla da quei piccoli faretti gialli circondati da occhiaie che erano i suoi occhi, così innocente e innocua nella sua uniforme da scolaretta, con quel suo sorriso divertito ed eccitato; un aspetto fatto per ingannare, un aspetto anche carino che dissimulava una tale folle sete di violenza, una pericolosità subdola, di cui puoi accorgerti solo quando è troppo tardi.

Tsuyu si lanciò di nuovo in avanti, roteando su sé stessa per sferrare un calcio con la gamba destra, che Toga schivò abbassandosi il tanto che bastava. Poggiò il piede a terra al termine del movimento e tentò di calciare di rimando, ma la villain scartò nella stessa direzione del calcio, dando modo alla forza di scaricarsi nell’aria, per poi afferrare e avvolgere la gamba della hero con il braccio sinistro. A quel punto, avutala in suo potere, la mano destra che brandiva il coltello disegnò un rapido arco e il metallo acuminato sprofondò a fondo nella carne viva del suo polpaccio, facendola gridare.

I muscoli di rana nelle sue gambe donavano loro una velocità ed un’agilità portentose, eppure quella mostruosa ragazzina dimostrava di esserle alla pari in entrambe. Le sue abilità di combattimento la surclassavano senza mezzi termini.

La risata della sadica biondina era come un graffio sulla lavagna del suo orgoglio, mentre quest’ultima le lasciava la gamba e se ne restava lì a guardarla contorcersi per il dolore senza infierire: era diventata il suo spettacolino, realizzò, sentendosi bruciare dentro per la vergogna.

In un attimo si sentì strattonare per i capelli e venir trascinata via, impotente, in un altro dei vuoti stanzoni che si alternavano senza fine nel grattacielo in costruzione. Arrivata al centro dello spazio, le strattonò più forte i capelli, quasi a volerglieli strappar via, scaraventandola, sconfitta, sul pavimento impolverato.

Il fianco, la schiena, la gamba. Il dolore viaggiava imperterrito da un punto all’altro, mentre respirava affannosamente, il sangue dalle ferite aperte le portava via le forze. Non poté che restare lì, paralizzata, finché Toga la afferrò per la faccia e la tirò su a forza, rimettendola in piedi sulle gambe malferme. La sua mano era morbida e calda e le tappava la bocca e le stringeva le guance fino a graffiargliele, costringendola a incrociare il suo insopportabile sguardo vibrante di gioia.

“Adesso ti squarcio la gola da parte a parte!” –le disse come si parla a un’amica di qualcosa di spassoso da fare nel pomeriggio libero.

Fece un versetto acuto, come fanno alcune adolescenti quando sono su di giri: “Non hai idea di che bella fontanella di sangue venga fuori dopo! È fighissimo! Così sarà una di meno a mettermi i bastoni fra le ruote tra me e Izuku! È proprio un ragazzo d’oro, non trovi, Tsuyu-chan?”

E poi Izuku non si riteneva un tipo popolare, le suggerì il suo senso dell’umorismo, persino in quella situazione.

“Quella volta che l’ho pugnalato nelle sembianze di Ochako-chan mi è sembrato così triste… Perciò devo sbrigarmi a sistemare te e quegli altri scocciatori e correre a consolarlo!”

Sentir ricordare del male fatto ai suoi amici le provocò un sussulto, ma la psicotica non aveva voglia di essere interrotta nel pieno del suo accorato, romantico delirio, quindi stroncò quella ribellione con una ginocchiata dritta nel suo stomaco. Tsuyu sentì le forze venirle meno, ma ancora una volta venne tirata su a forza per la faccia.

“Si, si! Prima tu, poi quel tuo amichetto con la faccia da uccellino! Mi divertirò a strappargli le piume una per una, poi ci imbottisco un cuscino con cucita sopra la faccia di Izuku! Si! Non è un piano fantastico?”

Le mani le tremarono, ma nulla di più.

Lei era fuori combattimento, pronta per essere sgozzata, Tokoyami inerme per colpa sua lì fuori nel corridoio, e poi gli altri, i suoi amici, venuti lì tutti insieme, da bravi eroi alla riscossa, già alle prese con gli altri terribili membri della Lega dei Villain, e pure loro sarebbero presto finiti vittime della pazzia sadica di Toga che non era riuscita a fermare. E chissà quale sorte sarebbe toccata ad Izuku se fosse riuscita ad allungargli addosso le sue grinfie. Per non parlare di quello che aveva già fatto alla povera Ochako…

Toga la costringeva ad ascoltare le sue raccapriccianti fantasie, e lei bloccata, dal dolore dei tagli, dal bruciore della sconfitta, e dal pensiero della sua imminente sorte. Stava per morire, uccisa, in quel posto tetro.
A meno di ricorrere a quella cosa.

Non voleva. Non l’aveva mai fatto.

Ma che scelta aveva? Il filo del pugnale era già appoggiato, delicato come una carezza, sul suo collo. Oltre le gote rubizze e le zanne splendenti della sua aguzzina la parve di intravedere un lembo del mantello di Tokoyami, ancora lì dove l’aveva lasciato; anche lui sarebbe finito in un modo orribile, inerme come un agnello al macello, e sarebbe stata colpa sua.

Dovevano quindi morire entrambi?

Voleva morire?

Voleva morissero?

Voleva lasciarla continuare a uccidere?

“Twice continua a dire che dovrei piacergli per come sono, ma forse se mi sciogliessi i capelli potrei essere più il suo tipo!” –tossì- “Tu che ne pensi, Tsuyu-chan?”

Tossì di nuovo.

“Su, dovresti riuscire almeno a muovere un pò le labbra per rispondermi! Non è normale tra le ragazze darsi consigli sull’amore?”
L’aria si era fatta proprio pesante, pensò, e quella stupida tosse era sempre più fastidiosa. Poi la sue mente venne distratta dalla sua mano: bruciava.

“Che cosa…”

Lasciò la bocca di Tsuyu e guardò il suo palmo: era arrosato, vi si sollevavano due bolle giallastre, e la pelle sui polpastrelli andava esfoliandosi come fosse ustionata.

“Ma che diavolo è?!” –imprecò, dovendo poi riprendere subito fiato, sentendosi il petto pesante.

Fu allora che guardò meglio e si rese conto che la pelle di Tsuyu aveva cambiato colore. Non riusciva a scrutarla negli occhi, coperti dalla frangia scompigliata che ricadeva pesante su di essi, ma lì dove il costume era strappato, sul collo, sul viso, la pelle era diventata arancione sgargiante. Un colore vivido, stupendo, un colore per farsi notare.

Un colore per mettere tutti in guardia. In estrema allerta.

“Che cosa hai fatto?!” –domandò sentendosi il respiro sempre più pesante.
Poi cominciò a sentire le cosce flaccide, e le punte dei piedi formicolare.

“Ehi, rispondi, stupida ranocchia! Si può sapere che…”

Una raffica di colpi di tosse spezzò il suo atteggiamento rabbioso, costringendola a piegarsi in avanti. Poi i muscoli delle gambe parvero non rispondere più, e Toga crollò a terra.

Con fatica, si puntellò sui gomiti e drizzò il collo. Finalmente lo vide, lo sguardo di Tsuyu, nascosto nell’ombra della frangia. Le pupille scurissime e grandi, come il fondo tetro di uno stagno, la sommersero come acqua profonda.

 

“Batrachotoxin.” –gracidò lugubre.

 

Toga fece una smorfia, non conosceva quella strana parola difficile.

“Che vuol dire?” –chiese ansimando.

“È la parte più oscura del mio quirk.” –disse con voce neutra, distaccata- “Non l’ho mai usata prima. Non avrei mai voluto usarla in vita mia.”

“Oh, così anche gli hero hanno un lato oscuro, eh? Che divertente!” –tornò a sorridere- “Su, su, spiega! Non tenermi sulle spine, Tsuyu-chan, sono curiosa!”

“In condizioni di estremo pericolo, posso secernere dalla pelle una potente neurotossina, che viene assorbita per contatto. Questa provoca difficoltà respiratorie, riduzione della sensibilità e progressiva paralisi, fino alla morte.”

Il sorriso di Toga si incrinò a quell’ultima parola. Guardò la mano, aveva smesso di bruciare, anzi, aveva smesso di sentirla del tutto, né le dita rispondevano più ai suoi comandi di muoversi.

Superato il primo sgomento, si drizzò sull’altro braccio e le rise in faccia.
“Oh, quanto sei brava, Tsuyu-chan, mi hai davvero messo i brividi! Va bene, ho perso, uffa!” –esclamò con noncuranza- “La grande Froppy me l’hai proprio fatta, eh?”

La rana arancione non pareva avere alcuna voglia di ridere.

“Peccato… Dai, mi hai preso, contenta? Su, annulla l’effetto del veleno e consegnami alla giustizia.” –calcò comicamente le ultime parole, porgendo il polso che ancora riuscire a muovere a delle ipotetiche manette- “Anche oggi l’eroina si è guadagnata gli applausi del pubblico, eh?”

La frangia che le gettava ombra sul volto ondeggiò appena, come se avesse avuto un impercettibile sussulto.

“Non posso.”

Il respiro affannato di Toga fu per un attimo padrone nel silenzio.

“Che vuoi dire?”
“La tossina è un’arma senza ritorno. Non esiste nessun antidoto. L’unica è non toccarmi mentre la secerno, è tanto letale che basterebbe anche solo sfiorarmi qualche secondo. Neanche chiamare i soccorsi servirebbe a nulla: non avrebbero il tempo di arrivare.”

“……”

 

“Non c’è niente che possa fare.”

Né tu, né io, sembrava dire.

 

Toga emise un sibilo dalle labbra e scoppiò di nuovo in un riso convulso: “Certo! Che divertente! Su, fa la brava, Tsuyu-chan, per chi mi hai preso? Voi siete gli hero, dopotutto, no? Siete i buoni! Una cosa del genere figuriamoci se…”

Il suo raggelante sguardo da anfibia dissolse in un attimo il suo buonumore. La sadica Toga era abituata a prendere in giro, ingannare, raggirare il prossimo, e proprio perché in questo era maestra, poteva dire per certo che Tsuyu non stava mentendo.

Quegli occhi erano senza emozioni, senz’anima, come di chi si è rinchiuso in sé stesso, come il bambino che si nasconde dopo la marachella. Gli occhi vitrei, colmi di rammarico, di chi ha commesso una nefandezza troppo terribile anche solo a pensarsi.

Dinanzi quegli occhi realizzò. E prese a gridare, come una bestia ferita e in trappola.

“BUGIARDA! DICI BUGIE! Non si prende in giro in questo modo! Vuoi torturarmi, eh? Sei cattiva, Tsuyu-chan! Sei cattiva!” –emise un lungo gemito, ma la sua collera era tale da fregarsene persino della angosciante fame d’aria che la straziava di più ogni secondo che passava- “Dì la verità, è per Izuku? Su, ammettilo, piace anche a te! Lo vuoi tutto tu, eh? Per questo ti comporti, così! Cattiva! Bastarda!”

Tentò di sputarle addosso, ma la tosse riprese a squassarla. Improvvisamente il braccio cedette. Cercò di rimettersi in piedi, ma i suoi muscoli erano flaccidi, già privati della vita dalla tossina che si diffondeva dentro di lei.

Tsuyu, tornata del suo solito colore, stava costringendosi a non distogliere lo sguardo. Non si sarebbe mai concessa una simile, immeritata pietà. No. Avrebbe guardato.

“Sto… Sto… morendo? Io… muoio?”

Con le forze che la abbandonavano, Toga roteò su un fianco, poi sull’altro, poi giacque sulla schiena. Il collo, divenuto flaccido, lasciò cadere il volto su di un lato.

“No… Se muoio… ci sarà ancora Izuku? Dopo la morte ci saranno tutti, vero? Ci sarà ancora… E…”

L’eroina, divenuta una statua impassibile, sentì anche la sua gola chiudersi, come stesse annegando tra le lacrime che ora scorrevano copiose dagli occhi terrorizzati di quella ragazza lì per terra. Una ragazza come lei, cui aveva appena tolto ogni cosa. Lei restava, proiettata a un futuro di appalusi e luci, Toga andava via per sempre, sola senza i suoi compagni, in quel posto buio. Senza più tempo, senza più chance, perché era stata lei a decretarlo.

“No!” –singhiozzò- “Ragazzi! Dove siete? Dove siete tutti? Venite qui! Twice! Dabi! Tomura! No! Ci sarete ancora, vero? Ragazzi!”

Mancava poco, provò a rassicurarsi. Ancora poco. Solo un poco. Come se lo strazio sarebbe davvero finito. Non era che cominciato.
“Izu… I… Ah… T… T…”

La paralisi aveva raggiunto i muscoli del viso e della fonazione. Adesso Toga era come una bambolina di cera, perfettamente immobile, se non per gli occhi dorati, che guizzavano qui e là tra le palpebre sbarrate come pesciolini spaventati in un laghetto, testimoni di una vita che ancora c’era rinchiusa lì dentro quel guscio pietrificato.

Poi si fermarono.

Le gambe ebbero qualche piccola scossa convulsiva.
Poi lo spettacolo cessò.

 

“……”

Nessun sipario era stato calato. La scena davanti i suoi occhi era ancora dominata dal corpo riverso di Toga, cristallizzato in un’espressione sgomenta, la bocca socchiusa, le lacrime che si raccoglievano in una pozzetta sotto la sua guancia. Crollò in ginocchio, e poté contemplare da più vicino quell’ultimo atto senza fine.

 

“Non avevi altra scelta” – disse una voce nella sua testa.

 

Ti avrebbe uccisa, no? Stava per farlo. E dopo avrebbe ucciso Tokoyami.

Non potevi fare altrimenti, Tsuyu. Era la tua ultima risorsa in una questione di vita o di morte. Per non ucciderla avresti forse dovuto morire tu al suo posto? Non era stato bello, certo, ma dovevi farlo. Non potevi permetterle di ucciderti e continuare a fare altro male in giro. Non potevi lasciarglielo fare. Andava fermata.

Dopotutto, Toga era una villain: aveva rapito e seviziato chissà quante persone, era un’assassina, senza contare quello che aveva fatto passare ai suoi poveri amici, Ochako e Izuku. Era stato meglio fosse morta lei, vero?

Tu sei una hero: raddrizzi i torti, rendi il mondo un posto più sicuro, salvi gli innocenti dai disastri e dai malvagi, malvagi come Toga.

Malvagi di cui la maggior parte delle volte sai poco e nulla, men che meno perché siano così.

Quanti di loro non hanno avuto fortuna dalla vita. Quanti lo sono diventati per necessità, o perché nessuno è stato in grado di aiutarli, nessuno è stato in grado di fermarli prima che si riducessero così, nessuno a mostrar loro la retta via che non era troppo tardi per intraprendere.

Fermarli. Impedir loro di nuocere. Sperare che si ravvedano. Che cambino vita.

Vita.

La vita di Toga quindi valeva meno della sua?

 

C’è sempre un’altra scelta.”

 

No. Inutile razionalizzare. Non c’era nessuna giustificazione. Non può mai esistere una giustificazione all’atto dello spezzare una vita.

Un eroe non si comporta così.

Un eroe in quel frangente doveva avere un’altra scelta. Doveva.
Invece lei aveva preso la via più facile. Aveva decretato sé stessa senza scampo e Toga senza possibilità di assoluzione.

Un eroe non si sarebbe mai comportato così.

Ragion per cui, lei non era un eroe.

Gracidò piano, nel silenzio di tomba.

Un vero eroe avrebbe trovato un altro modo.

Non si sarebbe mai arreso senza riuscire a trovarlo.

Ragion per cui, lei non era affatto un eroe.

Gracidò lenta, schiarendo la gola impastata.

Era peggio di un villain qualunque.

Gracidò, come un insensibile, disgustoso, mortifero anfibio velenoso, dagli occhi vitrei senz’anima, fissi su una pozza d’acqua sporca.

 

Tokoyami riemerse lentamente dal torpore. Ricordava di essere stato attaccato da Tsuyu e, prima che potesse capire alcunché, un forte dolore alla testa e una sensazione di rosso negli occhi prima di svenire. Grugnì e un attimo dopo scattò all’in piedi, circospetto: non doveva abbassare la guardia.

Cercò di spiegarsi l’accaduto: che quella Tsuyu fosse stata in realtà Toga trasformata? Fece qualche cauto passo in avanti ed intravide da una delle porte ancora priva di infissi una figura inginocchiata immobile in uno stanzone.

“Tsuyu!”

Si precipitò da lei di corsa ed analizzò rapidamente la situazione. Toga era a terra, mentre l’amica ancora cosciente, anche se sembrava intontita. Aveva vinto, dunque.

“Va tutto bene? Sei ferita? Lasciami…”

“Non toccarmi.”

Tokoyami restò basito davanti a quell’ordine così perentorio. Che senso aveva una tale veemenza? Anche il tono in cui le aveva pronunciate era strano. Come avessero provato a non tradire alcuna emozione, eppure qualcosa era arrivato alle sue orecchie, come un gemito di disgusto.

“Perché non devo toccarti?” –domandò confuso.

“Sono sporca.”

“Sporca?”

“Si… Non voglio che ti sporchi anche tu. Quindi non mi toccare.”

Inaudito, come poteva parlare in quel modo di sé? Lei sarebbe stata sporca? La Tsuyu sempre indomita, capace di mantenere sempre la calma e trasmetterla ai compagni, la Froppy già adocchiata da diverse compagnie di pro-hero, la compagna di classe per cui riservava l’ammirazione maggiore.

Poi guardò meglio Toga e ciò che gli vide gli fece drizzare le penne.

Ansimò, e rischiò per un attimo di inciampare.

“Che cosa…”

Chiuse il becco: non aveva senso domandarlo, era più che evidente.

“……”

Deglutì a vuoto, poi, come fosse stato un automa, mosse qualche passo rigido verso il corpo, e le chiuse gli occhi.

Si voltò, chiedendosi se sarebbe stato in grado di sostenere lo sguardo della sua compagna. Invece fu lei a non farcela, e finalmente lo stagno tracimò.

“Ehi… Tokoyami…”

Singhiozzò.

“Io sono… una brutta persona?”

Si irrigidì, come un soldato sull’attenti, impreparato alla domanda.

“No… No! Come…”
“Guarda…”

Roteò appena la testa, tremante, verso il suo capolavoro ancora sul piedistallo.

“Quello…” –provò a gracidare con voce rotta- “Non può essere opera di un hero.”

Tokoyami si sentì seccare la bocca, e si maledì sentendosi sopraffare dal disagio, incapace di fermarla, impotente davanti la sua disperazione.

“Una cosa così orribile… non può essere una cosa degna di un hero… è… orribile… Orribile… Quindi… Anche io sono…”

 

Disgustosa. Anfibio. Crudele. Schifosa. Orrida. Rospo. Senz’anima. Viscida. Bestia.

 

Incurante della sua preghiera di non essere toccata, un esserino dall’aspetto sinistro fece la sua comparsa, accompagnato da un lieve fruscio: era Dark Shadow, il quirk senziente di Tokoyami, un essere d’ombra, un essere oscuro, un mostro dai lucenti occhi spiritati che, lieve come un passero, venne fuori dall’ombra della ragazza e strusciando lungo le sue gambe si sollevò per carezzarle la guancia col becco, asciugandole il pianto. Il mostriciattolo poi si raggomitolò e si adagiò sul suo grembo, leggero e caldo come una carezza.

Tsuyu alzò gli occhi e vide che Tokoyami si era inginocchiato di fronte a lei. Le prese una mano, e la guardò negli occhi, prestandole, per quanto poteva, un po’ di forza per quel fardello che stava sopportando. E che avrebbe continuato a sopportare.

Nessuno più di lui conosceva cose volesse dire avere un quirk pericoloso, ammirato e maledetto allo stesso tempo; nessuno meglio di lui per quell’arduo compito.

Lasciò che le parole venissero fuori spontanee: “Tu non sei una brutta persona. E se anche il mondo intero dicesse il contrario, io, e anche tutti gli altri, continueremmo a gridare che non lo sei.”

Lei cercò di rispondere tra i singulti: “Ma… Ma…”

“Sono certo che se è accaduto quel che è accaduto, è perché vi sei stata costretta, non potrei esserne più sicuro.”

Strizzò gli occhi e scosse il capo, come a volerlo contraddire, allora lui continuò: “Tu sei buona. Ma il mondo è spietato. E a volte anche i buoni sono costretti ad essere crudeli, per sopravvivere o per compiere il loro dovere. Ma dopo sono pronti a portarne il peso, anche per tutta la vita, e ad andare avanti nonostante questo, perché sanno di poter ancora fare del bene. Lo capisci?”

Ripensava ovviamente a quella volta che Dark Shadow, quando furono attaccati di sorpresa durante l’esercitazione nella foresta, diede completamente di matto e per poco non ferì gravemente Shoji e gli altri. Si appellava ai sentimenti che aveva provato allora, e dopo, per riuscire a trovare le parole giuste, ma restava difficile. Quella volta, seppur per il rotto della cuffia, nessuno si era fatto male, ora la situazione era ben diversa. Non bastava provare a comprenderla, doveva far sì fosse lei stessa a scuotersi dal fango in cui si sentiva sprofondare, che risorgesse dalle sue ceneri.

Le strinse la mano: “Per favore… Per favore, non lasciare che questa cosa ti distrugga. Ci sono ancora tante persone che hanno bisogno di te, ancora tantissime persone là fuori che potrai aiutare. C’è bisogno anche di te, Froppy, e ci sarà bisogno di te in futuro.”

Fiducia in lei. Grande ammirazione. Speranza di riscatto. Una vita dedicata al prossimo che non era che appena cominciata: era giovane.

Aveva due scelte, ora riusciva a vedere chiaramente oltre il velo calato sui suoi occhi scuri: fermarsi lì, davanti la sua colpa imperdonabile, e rinunciare a tutto quello che poteva e voleva offrire, che aveva sempre desiderato offrire al mondo, o rialzarsi, pur senza dimenticare, e affrontare la vita, come se l’era scelta e come le era capitata. Come aveva distrutto, così poteva costruire.

Per gli innocenti, e anche tutte le Toga del mondo che aspettavano di essere strappate al loro destino.

Emise un sospiro, come si fosse dimenticata a lungo di respirare e l’aria fosse diventata di nuovo fresca e buonissima.

Il velo era squarciato, ma la ferita era ancora aperta, e lei, da stoica qual era, si era concessa troppe poche lacrime. Lei la forte, lei che non si scomponeva mai, lei che restava calma e salda, prese a piangere forte come mai in vita sua, urlando il suo pentimento e la sua voglia di non scappare alle sale e ai corridoi vuoti e desolati che li circondavano.

Dark Shadow si dileguò, e lasciò che Tokoyami la avvolgesse nel suo mantello, tenendola a sé, concedendole tutto il tempo di cui avrebbe avuto bisogno.

 

 

 

Nel caso vogliate documentarvi sulla fonte di ispirazione a questa storia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Batracotossina 

https://it.wikipedia.org/wiki/Phyllobates_terribilis

Come preannunciato, ci sono andato pesante… Anche se non me ne pento, come scrittore sono contento del risultato XD

Il pentimento della povera Tsuyu è invece profondo e sincero: non potrà cancellare ciò che ha fatto, ma potrà portare la lezione dentro di sé e diventare un hero ancora migliore. Allo stesso modo voi, cari lettori; penso che dopotutto siano questi i messaggi di questa storia, mai ritenersi sporchi o fallimentari, anche dopo errori gravi, in apparenza imperdonabili. Finché esiste la vita, non è mai troppo tardi per viverla meglio, senza farsi schiacciare dai pesi più o meno pesanti che ciascuno porta. Magari velatamente ho voluto trasmettere la mia opposizione alla pena di morte come mezzo di giustizia? Chissà, in fondo, come detto, l’ho scritta soprattutto per sfizio e divertimento XD

E a voi? Cosa ha trasmesso? Commentate!

Alla prossima, cari lettori.

  
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