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Autore: avoidsoma    06/11/2018    1 recensioni
Un vecchio, si presenta in uno studio legale, ma poi scopre che si tratta completamente di un'altra cosa...
Scritto molti anni fa, in occasione di un premio internazionale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gioventù assassina

« Buongiorno signore, entri pure ».
L' anziano signore entrò e si sedette di fronte al tavolo. Era vestito con un abito da cerimonia, preparato per l'occasione. Si era sistemato i capelli, benché non gli erano rimasti più, e la barba. Aveva solamente sessant'anni, ma ne dimostrava almeno dieci di più, dovuti al suo invecchiamento precoce, conseguenza probabilmente del suo intenso lavoro. Aveva accettato il suggerimento di suo figlio, avvocato,  di redigere il proprio testamento rivolgendosi  ad un notaia la quale esercitava professionalmente anche la professione di psicologa. Lo studio dove lavorava era poco illuminato a causa delle tende sempre chiuse, la sua scrivania sempre affollata da libri e documenti. Usava lo stesso luogo per entrambi i lavori, infatti non mancava il lettino per far distendere i pazienti, di fronte alla scrivania. Quando lavorava non alzava quasi mai lo sguardo dalla scrivania, era sempre immersa nella sua scrittura continua; eppure in questo modo lavorava, ascoltando i pazienti e clienti mentre scriveva.
Quando entrò il signore, la professoressa-notaia alzò (brevemente) lo sguardo per un istante , il tempo di  inquadrarlo, per poi tornare immediatamente a scrivere.
« Sono venuto per scrivere il mio testamento, ne avevo parlato al telefono con lei » dichiarò seccamente il signore.
« Alla vostra età mi stupisce molto la vostra scelta! » esclamò la professoressa, con un tono che poteva apparire disinteressato.
« Sapete, quando si hanno dei figli premurosi conviene prepararsi per il futuro. Ci ho riflettuto molto, e sono arrivato alla conclusione che non mi rimane molto da vivere, ed il tempo rimasto lo vorrei vivere in tranquillità » spiegò il signore.
La professoressa smise di scrivere, alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi. Per lui era un evento unico, rimase stupito e perplesso allo stesso tempo. Passò un breve ma intenso periodo di tempo, e proprio quando stava per togliere lo sguardo dalla professoressa ella affermò: « Lei non dice la verità ».
Alzandosi invitò il signore a sdraiarsi sul lettino, indicandolo e dicendo:  « Anche se lei è venuto qui per il testamento, le propongo una modalità: si sieda sul lettino e si rilassi, vedrà che a fine seduta si sentirà meglio e le idee saranno più chiare ».
Il signore, un po' allettato e allo stesso dubbioso di questa proposta, accettò e si sdraiò sul lettino, poi domandò: « Cosa vuole precisamente? Le devo parlare di qualche cosa?».
« La sua gioventù. Età fondamentale per la formazione come persona; cominci quindi da qui, io le starò vicino e vi ascolterò; la fermerò se necessario per porle alcune domande » Disse  la professoressa.
« La mia giovinezza? Non credo ci sia molto da dire: sono nato in una famiglia povera, mio padre mi insegnò a vivere all'età 8-9 anni. Era un operaio in una fabbrica della città, la crisi la fece chiudere e, dopo alcune proteste, abbandonarono totalmente i lavoratori licenziati. Perciò all'età di 14 anni comincia a lavorare, ed poi a 17 .. » cominciò a raccontare, ma la professoressa lo fermò e disse: « Lei è mai andato a scuola? Racconti con più dettagli, si sciolga! ».
« La scuola mi piaceva, amavo soprattutto la musica e mi piaceva scrivere. Poi morì mio padre per un incidente, scoprii poco tempo dopo che invece era stato ucciso. Da quel momento cambiai completamente: dopo le scuole medie andai alle superiori solo per l'obbligo, ma l'abbandonai totalmente per poter lavorare in nero a tempo pieno Il mio lavoro era semplice quanto stressante: distribuivo i giornali per la città, ma gli orari erano massacranti e durante il giorno vendevo anche sostanze illegali. Dalle quattro di mattina a tarda sera, era questa la mia vita di quel tempo ».
« Racconti dei suoi reati più gravi, vi aiuteranno» chiese la professoressa.
« Non ho mai commesso un grave reato fino ad adesso » rispose seccamente il signore.
« Ne sei proprio sicuro? Cosa mi dici di quel ragazzo davanti la scuola molti anni fa? » domandò la professoressa come se si aspettasse quella risposta.
« Come fa lei a saperlo? Quando successe avevo poco più di 17 anni, mi sentivo isolato ed abbandonato. Cambiavo lavoro in continuazione, tutti gli amici che avevo si sono rivelati falsi o avevano già preso le distanze. Ogni volta che tornavo a casa vedevo la cassetta delle lettere riempirsi, lettere in cui minacciavano mia madre di pagare oppure avrebbero pignorato i mobili e la casa. Diverse volte sono venuti a portarci via molti beni, ma in quel periodo non ci rimaneva più nulla se non la casa. Perciò ero molto stressato e nervoso.
Un giorno mi capitò di passare davanti ad una scuola superiore della città, proprio quando gli studenti stavano uscendo. Avevano la mia stessa età, ma vedendoli erano completamente diversi da me. Erano felici, spensierati, pensavano al loro mondo ancora giovane. Erano degli illusi, eppure mi guardavano con disprezzo e mi prendevano in giro mentre uscivano. Abituato a questo genere di cose li ignorai facilmente, ma un ragazzo mi stava puntando la telecamera del suo telefono, come per farmi una foto. Lo guardai meglio, e notai che possedeva un telefono molto costoso. Doveva essere il ragazzo più popolare della scuola, perché aveva vestiti firmati e tutti gli studenti lo salutavano. Provai un odio profondo verso quel ragazzo, così forte che mi avvicinai e gli gettai per terra il telefono. Il ragazzo si alterò e cominciò a spingermi e minacciarmi, mi trovai in breve tempo circondato da altri ragazzi, anche loro con aria minacciosa. Completamente circondato, non riuscivo a capire più nulla, in quel momento il mio odio si rivolse non solo verso il ragazzo, ma  anche agli altri, alla società intera. Quando il ragazzo del telefono si preparò a tirare un destro, non esitai a tirare fuori la pistola di mio padre, che mi aveva regalato poco prima di morire, sparai un colpo sordo verso il ragazzo. Tutti gli altri ragazzi scapparono, c'era chi gridava e chi piangeva, mentre io rimanevo lì, inerme davanti al corpo del ragazzo. Giaceva davanti a me, e come d'istinto gli presi tutto, dal telefono ai vestiti. Mi sentivo libero mentre lo derubavo, era la prima volta, e questo mi eccitava. Da quel giorno vissi la mia vita rubando ed uccidendo, non ho mai rimpianto ciò e credo che era scritto nel destino il mio futuro. La maggior parte delle persone morte per mano mia erano anche loro criminali, o comunque persone che mi davano fastidio. Non li rimpiango e anzi sono convinto che nel mondo solo i più forti vivono ».
« Molti di quelli che vivono meritano la morte, e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Lei è realmente in grado di valutare e decidere? Chi è per decidere ciò? » domandò la professoressa.
« Io non sono nessuno » rispose il signore.
« E perché è venuto qui, cosa vuole veramente? Lasci che sia il cuore a rispondere » ribattè ancora la professoressa.
Il signore rimase in silenzio per diverso tempo, quando ad un certo punto rispose con un tono di voce calmo e basso: « Io.. io sono stanco; stanco e non ne posso più di questa vita. Ho sbagliato, e nessuno mi ha aiutato per rimediare ».
La professoressa, dopo aver ascoltato, si alzò e disse cordialmente: « Io vi posso aiutare. Lei ha sbagliato, ed io sarò la prima ad aiutarvi. Venga con me ».
Il signore si alzò, prese la mano offerta dalla professoressa ed uscirono insieme dalla stanza. Non si immaginava di aver confessato il suo peso più grande davanti a lei, la Morte.

Pubblicato a cura del 15° Premio Internazionale Marco & Alberto Ippolito
   
 
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