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Autore: Antys    06/11/2018    4 recensioni
Derek con una mano teneva i manici del borsone e con l’altra si accingeva a chiudere il lungo portellone di metallo, pronto per dare un definitivo addio a quella vita che l’aveva privato di tutto quello che aveva amato e che aveva provato con tutto se stesso a ricreare e difendere.
[…]
«Lo so che ogni cosa qui ti ricorda i tuoi fallimenti ed errori. La famiglia e il branco che hai perso, i continui tradimenti che hai subito ed i sacrifici che hai fatto» articolò con precisione ed attenzione il figlio dello sceriffo con lo stesso dolore e afflizione che Derek aveva provato. «Sarebbe facile e meraviglioso andare in un altro posto e ricominciare. Ma io non sono abbastanza?» per rinunciare e restare. Per provarci.
[…]
Derek si sentì tirare un lembo dei suoi jeans della gamba sinistra, da una forza leggera e delicata, e si voltò confuso nell’immediato, incontrando degli occhi giganti dell’ambra più pura e spensierata; innocente. «Signore, sai dov’è la mia mamma?» domandò la piccola creatura con voce minuta ma squillante, educata e pulita.
«Stiles?» se Scott avesse sofferto ancora di attacchi d’asma, in quell’occasione un inalatore non sarebbe bastato.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: I know that you're with me in a way that you will not show

Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po’ Tutti

PairingDerekxStiles [Sterek]

Rating: Verde

Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico, Slice of life, Sentimentale

Avviso: Slash, What if?

Note: Ambientata un attimo prima della fine della 3a.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1° Capitolo

 

Il Nemeton si era risvegliato nella sua magnificenza e potenza al centro di un luogo dimenticato di Beacon Hills, protetto ed adombrato da tutto quello che lo circondava, ma il suo canto era più chiaro e forte che mai ed era quasi del tutto impossibile resistergli ed ignorarlo. Preannunciava l’arrivo di nuove prove da affrontare e battaglie da combattere, la presenza di ulteriori creature magiche e sovrannaturali che vi si sarebbero accerchiate attorno per usufruire del suo potere.

A nulla sarebbe valso nascondere la sua collocazione se l’ode avesse continuato a riecheggiare in ogni dove.

Ed era anche vero che dopo il suo risveglio ed il conseguente sacrificio da parte di Scott, Allison e Stiles e lo scontro appena vinto, fosse difficile riprendersi e raccogliere i cocci, convivere con un’oscurità che avvolgeva il cuore, perdendo tutta la loro innocenza e diventando conoscitori del male del mondo.

Tutti e tre reagivano in modo del tutto differente, la presa e gli effetti avevano un’impronta più pronunciata ed incisiva e con difficoltà riuscivano a sovrastarli.

Ed il canto aveva un suono diverso per ognuno di loro.

 

Il borsone di Derek si trovava esattamente sull’uscio della porta scorrevole, con Cora dalla parte esterna con il proprio ed il lupo che compieva un ultimo giro di perlustrazione all’interno del loft. Era pulito ed immacolato, come se al suo interno non fosse mai capitato nulla e non fosse stato testimone della dura lotta e dell’ennesimo tradimento che l’aveva colto, accompagnato da tutte le perdite che erano susseguite e del sacrificio a cui si era esposto. Quell’appartamento urlava con tutta la sua voce risonante il suo fallimento.

Con una mano teneva i manici del borsone nero e con l’altra si accingeva a chiudere il lungo portellone di metallo, sostenuto dalla presenza della sorella minore riacquisita, pronto per dare un definitivo addio a quella vita che l’aveva privato di tutto quello che aveva amato e che aveva provato con tutto se stesso a ricreare ed a difendere.

C’era un unico ostacolo che si frapponeva alla sua nuova missiva purificatrice.

Il cellulare prese a squillare con urgenza, risuonando nefasto in tutto l’ambiente circostante e quasi vuoto, esortandolo e pregandolo di rispondere nell’immediato possibile.

Derek lanciò uno sguardo di finta meraviglia alla lupa e lei roteò gli occhi esasperata, per nulla sorpresa da quell’impeccabile puntualità, riconoscendo al volo la suoneria assegnata a quella persona specifica.

«Scott, cosa vuoi?» domandò il mannaro atono quando estrasse il telefono dalla tasca, senza nemmeno aver bisogno di avvicinarlo all’orecchio.

«Stiles» gracchiò con affanno l’Alpha, agitato e timoroso e dalla chiamata erano udibili perfettamente i passi veloci che corrispondevano ad una corsa sfrenata ed alle voci di sottofondo, familiari e precise, che interagivano con lui. «Non riusciamo a trovarlo. È scomparso all’improvviso e non troviamo alcuna traccia. Sta diventando troppo bravo, accidenti!».

Cora allentò la presa sul suo bagaglio e l’attenzione si concentrò interamente su suo fratello. «E perché dovrei esserne coinvolto?» chiese spicciolo e poco interessato l’uomo, stringendo possessivamente i lacci della sua borsa e sbiancando le nocche. La Beta sapeva quanto falsamente fosse distaccato ed indifferente alla situazione.

I passi si fecero quasi taglienti e battevano come un rimprovero sul terreno; Scott non aveva mai bisogno di alzare la voce. «Muoviti immediatamente, Derek. Sai benissimo in che condizioni sia ed a causa di che cosa» ma Cora era ben consapevole del chi che rimaneva sospeso e graffiante, senza essere pronunciato. «Sei l’unico in grado di trovarlo» l’unico da cui si farebbe trovare, la mannara era diventata anche troppo brava a parafrasare.

«Sto andando via, Scott» e la lupa non doveva sorprendersi della voce ferma ed impostata con cui il suo consanguineo si esponeva e in cui era evidente il suo scetticismo. Ma forse non era soltanto quello.

«Lo so benissimo» dichiarò l’Alpha con una nota precisa e consona, come se sapessero entrambi di cosa stessero parlando.

«Non ti sembra alquanto tempestivo?» la fermezza nel moro si fece meno premente mentre il dubbio e la diffidenza crescevano, l’idea che fosse un semplice capriccio non l’abbandonava.

«Mi sarei preoccupato se non avesse fatto niente» Scott era moderato e per nulla meravigliato, ma la nota stonata riecheggiava funesta.

«Sei preoccupato» gli fece presente la creatura della notte smorzando tutta la sua sicurezza.

«Certo che sì» enfatizzò il messicano, alzando la voce di un’ottava di troppo. «Qui c’è qualcos’altro in ballo, ne sono certo. Non c’entra soltanto la tua-» l’isteria che Derek aveva conosciuto in Scott durante i primi tempi della sua trasformazione si presentò e sapeva chi fosse l’unico a saperla gestire – come tutto il resto –, ma si bloccò improvvisamente, smorzando il suo fiume in piena e tutti coloro che potevano udire quella chiamata sapevano come si concludesse la frase. «Non è rilevante, ma per favore, vallo a cercare».

Certo che era rilevante! Tutto quello che riguardava Stiles e Derek lo era, Cora ne aveva l’assoluta certezza.

Il lupo mannaro continuò a non muoversi, premendo forte il cellulare all’orecchio e mostrando sempre la sua espressione indecifrabile e poco comunicativa, sembrava che nulla potesse intaccarla, ma in quel momento era così precaria che sarebbe servito molto poco per vederla cadere. Il silenzio di Derek comunicava costantemente per lui.

«Derek» chiamò l’Alpha con profondità, attirando la sua totale attenzione e preparando il terreno per rilasciare la sua arma segreta, perché sapeva esattamente in che situazione si trovassero e cosa servisse per far muovere le cose. «È Stiles».

Parola magica.

Cora si rifiutò con tutta se stessa di tradurre ciò che era contenuto in quel singolo nome, tutte le variazioni che poteva contenere ed estrapolare, tutte le inclinazioni ed i significati che erano radicati in esso, tutto quello che vi era legato, ma era certa che suo fratello potesse sentirli tutti ed ognuno era collegato alla sua persona.

Derek esitò con lo smartphone in mano, accostato appena all’apparato uditivo, con il respiro basso e quasi assente. Il tempo si era congelato ed in quelle frazioni di secondo il borsone, abbandonato ed eclissato, era già tornato all’interno del loft come se avesse utilizzato un incantesimo, perché Cora era certa che il fratello non si fosse minimamente mosso. «Sto arrivando» comunicò semplicemente il licantropo, mettendo immediatamente fine alla chiamata ed affrettandosi senza perdere un solo attimo.

Stiles viene sempre prima di tutto.

Il lupo non provò nemmeno a scusarsi e Cora si ritrovò in un corridoio vuoto e desolato con il bagaglio ancora in mano.

 

Probabilmente e sicuramente in un’altra situazione avrebbe controllato vari posti, girando e rigirando su se stesso, per ricominciare dal principio e sbagliando ancora e forse, soltanto forse, alla fine avrebbe trovato il luogo giusto.

Ma la verità era un’altra.

Quando si trattava di Stiles, Derek difficilmente tentennava e poteva sbagliare uno o al massimo due bivi, ma lo trovava sempre, senza che ne avesse davvero l’intenzione.

Ma in quel momento non ebbe un minimo di esitazione e le gambe lo portarono esattamente nel luogo in cui si trovava l’umano.

Stiles era lì, al confine della città, nel cuore della riserva, a poche falcate dal ceppo rimasto del Nemeton, che si era risvegliato e che li attirava a lui.

Le domande che avrebbero dovuto risuonare nella mente dovevano comprendere il perché lui fosse lì e da quanto tempo, ma Derek poteva osservare che il figlio dello sceriffo non avesse usato alcun mezzo per arrivare in quel luogo e che avesse vagato per la città circumnavigando la natura, procedendo con andatura scomposta e poco lineare, accelerando e rallentando davanti a motivazioni che l’uomo non sapeva cogliere. Ma era in grado di stabilire che Stiles era lì da pochi minuti e quella sensazione che gli suggeriva quanto procedessero per lo stesso passo, stanziandosi di pochi istanti, lo fece sentire strano ed a disagio.

«Riesci a sentirlo?» domandò Stiles con voce sommessa e profonda, devota ed altisonante.

Derek fu completamente attirato dalla sua figura e quasi inciampò nei propri pensieri quando udì la sua voce risuonare in quel modo; era come se il ragazzo fosse immerso in un mondo che non poteva raggiungere. «Ti stanno cercando tutti» disse come unica risposta, ignorando quella domanda che non comprendeva ed avvicinandosi di qualche centimetro a lui.

«Tutti, eh» proferì il liceale con il classico tono a metà tra il sarcastico ed il meditativo, ma era ancora distante e scostante. «E tu?».

Il lupo lo guardò sorpreso ed interrogativo, ma Stiles non gli prestava alcuna attenzione. «Sono qui» ed il suo tono esponeva evidenza e chiarezza.

Gli occhi ambrati si illuminarono improvvisamente e la patina vitrea che li ricopriva fu ingoiata, lasciando emergere la vera persona di Stiles. Si voltò verso la sua direzione e fece un unico impercettibile passo indietro. «Dovresti già essere via».

Il mannaro sentiva perfettamente l’accusa ed il risentimento presenti nel sottile velo della sua voce. «Quello era il piano».

«Torna al tuo piano» sentenziò serafico, mentre le sue iridi bruciavano nefaste.

«Devo riportarti indietro» doveva riuscire almeno in quello, anche se il liceale non l’avrebbe mai perdonato.

«Cosa? All’improvviso esegui gli ordini di un Alpha che riconosci soltanto a metà» gracchiò infastidito il figlio dello sceriffo poco impressionato. «O vuoi semplicemente ripulirti di qualcosa e chiuderti più conti in sospeso possibili?».

«Non sei un conto in sospeso» lo riprese il mutaforma combattendo contro la furia che gli gettava contro.

«No» proferì l’altro con voce sciolta, chinando il capo ed osservando un punto vuoto nel nulla. «Sarebbe un passo avanti».

«Stiles» ammonirlo era sempre più forte di lui e per quanto l’umano avesse le sue ragioni, non poteva lasciarlo guidato dalla rabbia, pronunciando cose non vere.

Stiles si tirò indietro e Derek poté interpretarlo come un ultimo gesto disperato per scappare da lui. «Vattene via» e nel rancore che gli riversava poteva sentire la supplica afflitta con cui lo pregava. «Smettila di farmi del male fino alla fine».

Esisteva un’unica realtà. Una in cui gli aveva spezzato il cuore; più volte.

Stiles e Derek avevano orbitato l’uno attorno all’altro fin dall’inizio, fin dal loro primo e disastroso incontro. Era naturale e quasi obbligatorio e non lo facevano mai di proposito, ma continuavano ad attrarsi come due poli di cariche opposte e non riuscivano a resistere a quella presa magnetica, ma rimanevano comunque composti ai loro rispettivi posti, nei loro ruoli, e difficilmente attraversavano il limite che avevano tracciato. Quella linea invisibile che con il tempo era diventava soffocante e claustrofobica.

Non avevano studiato e concordato nulla, non ne avevano nemmeno mai parlato e non un solo soffio era uscito dalle loro labbra, ma era come se persistesse un tacito accordo muto che li accompagnava senza mai esporsi.

Ma il loro modo di incrociarsi, attorcigliarsi e scontrarsi aveva portato delle modifiche nel rapportarsi e quella relazione inconsistente che appesantiva l’aria, si era trasformata in una tagliente e nociva perché non riuscivano più a fare a meno l’uno dell’altro e non avevano alcuna idea di come gestirla.

Con il tipo di vita che conducevano e con il male avverso che si abbatteva su tutti loro, le rispettive presenze erano essenziali e provvidenziali e la loro collaborazione era fondamentale. Per quanto amassero urlarsi contro ed avere costantemente opinioni completamente differenti, il loro gioco di squadra era spettacolare, il limite che si era disegnato automaticamente andava ad assottigliarsi ed il contatto fisico e mentale era sempre più possibile. Ma nessuno continuava a fare il primo passo.

Per un periodo Stiles si era illuso e cullato nella speranza che il momento in cui la loro relazione ostentatamente platonica si evolvesse fosse quanto mai vicino alla fine, ma non c’era mai stata alcuna pressione e lui era in grado di capire di quanto spazio e tempo avesse bisogno il lupo, di quanto la vita e le disgrazie che gli si erano abbattute contro incidessero su lui e su qualsiasi decisione potesse anche solo pensare di prendere. Stiles era disposto ad aspettare un’intera era geologica se fosse stato necessario.

Ma Derek aveva scelto una donna.

E non una qualsiasi, ma la sua giovanissima e bellissima professoressa di letteratura. Colei che doveva vedere quasi quotidianamente e che automaticamente collegava il loro stare insieme con l’uomo per cui provava qualcosa di esageratamente forte. Ogni giorno era una silenziosa agonia che non poteva esprimere.

Era matematico che il loro rapporto si incrinasse e che la fiducia fosse andata in brandelli, eppure erano comunque costretti a salvarsi la vita a vicenda ed a tutti quelli del branco e ognuno di loro era consapevole di quanto il suo cuore stesse sanguinando, nascondendolo sotto la maschera del ragazzo sarcastico con la battuta sottile sempre pronta e con l’intelligenza che faceva da padrone, distaccandosi dalla sfera emotiva.

Non era cambiato nulla quando la vera identità della dolce ed innocente professoressa era venuta a galla, rivelandosi per il perfido nemico che stavano cercando.

Stiles avrebbe potuto abbuonagliela considerando che l’attrazione e l’interesse che Derek provava per lei erano scaturiti da un trucco indotto dal sacrificio dei vergini, che lo attirava come la luce per una falena ed il licantropo aveva dimostrato quanto ancora si fidasse delle sue parole, quanto considerasse Stiles la verità. Ed era possibile che Stiles avesse sofferto per e con lui quando l’ennesimo inganno rivolto alla sua persona si aggiunse alla lista che già possedeva, ma guarire un cuore spezzato non era un affare di poco conto.

E poi era arrivata la resa di Derek.

«Sai che non è così» disse il mutaforma con razionalità e concretezza, trovandosi finalmente dinnanzi a lui e distanziandolo di pochi spazi.

«Ho dovuto saperlo da Lydia. Da Lydia, Derek» gli occhi ambrati erano grandi e brillanti, provati e sofferti, con l’assurdità della situazione che si stampava nella sua voce, come se le due cose non potessero coesistere e fosse utopia vera e propria.

Derek sapeva perfettamente che qualsiasi cosa avesse detto gli si sarebbe rivolta contro. «Non era programmato» e voleva dire una marea di cose, con significanti così traboccanti e contrastanti da far girare la testa e non quell’uscita infelice che non rispondeva ad alcuna domanda.

Nell’esatto momento in cui quella spiegazione aveva lasciato la sua bocca, la furia omicida di Stiles dilagò. «Cosa, Derek? L’averlo comunicato a qualcuno? Che sia trapelata la notizia e non sei potuto scappare nel cuore della notte senza lasciare alcuna traccia di te?» e c’era un minuscolo io? così sottile e fragile che il lupo avrebbe dovuto salvare e non lasciare che si sfracellasse a terra.

«Devo andare» proferì infine il mannaro con un unico tono, senza cercare più alcun modo di giustificarsi e sperando che il ragazzo se ne facesse una ragione.

Le spalle di Stiles si abbassarono e tutto apparve come una battaglia persa che non aveva più motivo di essere combattuta, di lottare per lei. «Non tornerai più» la certezza era assordante.

Derek non aveva alcuna base per confermare o smentire la cosa. Era comunque qualcosa su cui aveva riflettuto parecchio e le percettuali di non far ritorno erano talmente alte che era meglio nascondere il numero sotto un enorme tappeto introvabile, ma ogni suo gesto, ogni decisione, non aiutavano l’umano a risanare quell’organo ridotto in frammenti.

Stiles voltò la testa dietro di sé, inclinando il capo e sporgendosi come se stesse cercando di afferrare un suono specifico. «Lo senti?».

Lo sguardo dubbioso nell’uomo si ripresentò e le iridi di miele tornarono ad essere vitree ed assenti, catapultate da un’altra parte e la voce era identica a quando l’aveva incontrato pochi minuti prima. «Cosa dovrei sentire?» la possibilità che Stiles fosse in grado di udire qualcosa a lui estranea era fuori discussione.

«Il canto» soffiò completamente rapito ed attratto, come se fosse in procinto di seguirlo.

Derek rizzò le orecchie e provò a captare la frequenza da cui sembrava attirato l’altro, ma tutto quello che sentiva erano fruscii ed il battito del suo cuore ad un intervallo irregolare. C’era qualcosa che non andava. «Quale canto?».

Stiles si voltò completamente, pronto a partire. «Mi sta chiamando».

Il Beta lo afferrò nell’immediato, prendendolo per un braccio e tirandoselo contro, ma Stiles lo ritirò indietro, smontando la presa e rivolgendogli un’occhiata di fuoco puro. «Non toccarmi».

Derek non si sarebbe mai potuto abituare a quel tipo di sguardo da parte sua. «Non andare da nessuna parte, torniamo dagli altri».

«Ma… sta chiamando» ed il diciasettenne sembrava così perso e confuso, ma così certo delle sue parole che tutto lo portava a smarrirsi, perché la voce di Derek era ancora qualcosa che avrebbe potuto contrastare tutto il resto.

«Resta qui con me» e il lupo era irremovibile, perché aveva compreso che il richiamo non era nient’altri se non quello del Nemeton stesso e quando accadeva, il pericolo ed i guai erano dietro l’angolo e il fatto che Stiles sembrasse l’unico ad essere in grado di udirlo, attratto e pronto per adempiere al suo compito, non era assolutamente qualcosa da classificare come positiva. Derek doveva impedirlo in ogni modo.

«Non ti sarei bastato?» esordì l’adolescente all’improvviso nel silenzio che li circondava, con una voce così immensa e stracolma di sfumature che gli diede una momentanea nausea.

Derek era completamente frastornato e disorientato, gli era quasi impossibile riuscire a seguire tutti gli sbalzi d’umore che Stiles stava attraversando, i cambiamenti ed i sentimenti opposti che stava provando. Il buio che stava percorrendo, inseguendo qualcosa che era permesso soltanto a lui di sentire. Era così fragile ed inerme che si dannò per non essere capace di riportarlo indietro, di strapparlo da quella malia che gli scorreva nelle vene e che il sacrificio per risvegliare il Nemeton, e salvare suo padre, aveva costruito, istaurando un legame perpetuo e duraturo. Stiles viveva con l’oscurità intorno al cuore ed esso era ammaccato e scombussolato a causa sua, non aveva il modo né la forza per contrastare il potere che il Nemeton aveva su di lui. Non aveva modo di proteggersi.

Stiles non era scomparso o scappato per sua volontà, ma perché qualcosa più grande di lui lo portava a camminare per le strade della città per raggiungerlo.

«Lo so che ogni cosa qui ti ricorda i tuoi fallimenti ed errori. La famiglia e il branco che hai perso, i continui tradimenti che hai subito ed i sacrifici che hai fatto» articolò con precisione ed attenzione il figlio dello sceriffo con lo stesso dolore e afflizione che Derek aveva provato. «Sarebbe facile e meraviglioso andare in un altro posto e ricominciare. Prendere una boccata d’aria. Ma io non sono abbastanza?» per rinunciare e restare, per tornare. Per provarci.

Nell’assurdità delle cose, Stiles era sempre quello che riusciva a capirlo senza che aprisse bocca, su qualsiasi argomento e situazione.

Ma quello che lo lasciava più interdetto era la facilità con cui il ragazzo si stesse lasciando andare, mettendo voce a tutto quello che avevano taciuto ed a cui non avevano mai dato un nome, quello che avevano evitato e su cui si erano semplicemente limitati a girare intorno. Stiles non avrebbe mai lasciato andare quei pensieri, permettendogli di fluire via e dandogli la possibilità di manifestarsi usufruendo della sua capacità oratoria.

Sapeva anche che avrebbe dovuto possedere la risposta a quella domanda. «Questo non sei tu».

Le perle ambrate si spalancarono maggiormente ed una scintilla sconosciuta le attraversò. «Perché te lo sto chiedendo? Perché sto confessando cosa provo esattamente per te?» era esterrefatto e sbalordito ed appariva come se fosse stato accusato e colpito, non riconosciuto.

L’espressione del licantropo era sempre la stessa, impassibile e scrutatrice, con la capacità di farsi scivolare tutto via, senza essere sfiorato da nulla. L’espressione seria e stabile era fondamentale. «Credimi. Dobbiamo tornare dagli altri e sistemare questa storia» a volte la sua preoccupazione veniva a galla, in modo molto sottile e Stiles era l’unico, insieme a suo zio, a saperla vedere e cogliere. Rispondeva innegabilmente di conseguenza e difficilmente perdeva tempo se vedeva il lupo mannaro in quello stato, ma Derek sapeva che in quella particolare occasione avrebbe dovuto forzare la mano. E non poteva nemmeno toccarlo e rassicurarlo; Stiles sicuramente se ne sarebbe uscito con qualcosa che assomigliava a questo sì che non sei tu, ma l’adolescente disconosceva che il mutaforma in determinate circostanze doveva farsi violenza per privarsi di cedere ad un semplice sfioramento. «Starai bene, fidati di me».

Il liceale saltò indietro e lo sguardo si fece duro e pieno di dolore. «Non posso farlo» esclamò con costernazione, ma con impegno e richiamando tutta la sua forza. «Non posso più fidarmi di te, di tutto quello che ti rappresenta».

Un macigno enorme gli cadde addosso e la creatura della notte non poteva credere di stare per perderlo in quel modo. «Allora fidati di loro» non aveva mai creduto più in nessuno dopo l’incendio, non aveva permesso che altri gli si avvicinassero, aveva chiuso Stiles in una bolla privata e si era lasciato andare con le persone sbagliate. Non poteva costringere qualcun altro a fidarsi quando lui aveva agito diversamente, ma non avrebbe mai immaginato di doversi muovere con cautela con il diciasettenne, suggerendogli di credere nella sua famiglia.

«Non posso. Diventa sempre più forte» l’umano si era nuovamente isolato, tagliandolo fuori e cadendo in quello stato di assenteismo, manovrato da fili invisibili. Per quanto ancora poteva passare da uno stato all’altro senza rompersi? «Devo andare».

«Stiles» lo richiamò nell’immediato il licantropo con voce gutturale ed autoritaria quando lo vide muoversi nella direzione opposta alla propria.

«Vai via, Derek» soffiò candido e con voce spezzata, invitandolo e nascondendo quella nota di supplica che gli strappava il cuore. «Non valgo la pena».

Stiles fu inghiottito dalla riserva e Derek non riuscì a muoversi.

 

Pochi minuti dopo il branco era già lì, guidato dal suo Alpha e seguendo la scia di Stiles.

«Dov’è? Sei riuscito ad intercettarlo?» domandò a raffica il messicano con gli occhi grandi che si spostavano da una parte all’altra, mentre Allison, che gli stava esattamente dietro, lo guardava con attenzione, aspettandosi una risposta e Lydia lo studiava meticolosamente, apparendo confusa e provata. Isaac era l’ultimo della cerchia.

Derek sembrava non guardarli davvero ed essere completamente estraneo a tutto quello, con la mandibola poco allenata che faticava ad emettere suoni. Cosa avrebbe dovuto dire?

«Derek, parla. Sento il suo odore, è qui; dimmi dov’è» disse l’Alpha con quell’isteria che ormai prendeva vita quando si trattava del suo migliore amico, non smettendo un attimo di cercarlo ed agitandosi per la mancanza di risposte; non presagiva nulla di buono ed odiava non avere la situazione sotto controllo.

Il fruscio del vento si frappose tra loro, portandosi qualsiasi cosa potesse anche soltanto essere sussurrata, strappandola via; qualora fosse stata pronunciata.

«Derek» provò ancora con la preoccupazione e la paura che raggiungevano le stelle.

Derek si sentì tirare un lembo dei jeans della gamba sinistra, da una forza leggera e delicata, quasi impalpabile e si voltò confuso nell’immediato, incontrando degli occhi giganti dall’ambra più pura e spensierata; innocente. «Signore, sai dov’è la mia mamma?» domandò la piccola creatura con voce minuta ma squillante, impostata ed educata, buona e pulita.

Il branco fu chiamato all’attenzione da quel siparietto ed il fiato si bloccò nella trachea del messicano; se Scott avesse sofferto ancora di attacchi d’asma, in quell’occasione un inalatore non sarebbe bastato. «Stiles?».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passo dal rosso rubino sangue al verde smeraldo che più smeraldo non si può, ma eccomi tornata con la nuova storia promessa.

In realtà i primi tre capitoli e mezzo sono stati scritti nel lontano dicembre 2015 (una vita fa), ma in qualche modo tutte le altre storie che sono state pubblicate in questi anni gridavano di essere scritte con più voce e questa di conseguenza è finita in un’attesa eterna, ma non è mai stata dimenticata e non è nemmeno mai cambiato il suo sviluppo nella mia testa. È rimasta tale e quale, fedele a se stessa.

Ci sarebbero molte cose da dire su questo primissimo capitolo, ma per il momento mi limiterò a lasciarvi la parola.

Ringrazio la mia beta che è miracolosamente resuscitata (EarthquakeMG), ma sono sicura che ad entrambe saranno sfuggite delle sviste.

A settimana prossima,

Antys

   
 
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