Sherlock, John
Rating: Giallo
Genere: Poesia
Avvertimenti: Angst, sentimentale, malinconico
Ambientazione: post Reichenbach
Note: alla fine
KIMIBOKU
Tu con me
Mi sveglio, gli occhi appesantiti dalla coltre del sonno e immagino te
(a quest’ora sarai in ritardo, dovrei prepararti un caffè?)
Anche questa giornata è soltanto allucinazione, il ricordo di un’emozione
L’assenza del tuo corpo crea la forma del mio desiderio, l’eco delle tue parole mi spinge a rispondere
al rumore del vento
Sono un guscio vuoto, perché la mia anima è assente, cercandoti
ma non importa, perché è solo dalla tua che potrei essere completato
Immagino il tuo sapore, ho sete dei tuoi baci
Per sopravvivere ho spento i pensieri
(non ricordavo di amarti anche ieri?)
paralizzato i nervi, indurito il cuore, bloccato il respiro
(avevano ragione, non sono umano, altrimenti non sarei vivo)
Se fossi accanto a me, ti stringerei tanto da scioglierci come acqua nella terra
Lascerei che mi consumassi bevendo dalle mie vene, come la sabbia del deserto dorato
Le tue radici sarebbero dentro di me, scaverebbero nella mia carne
Il tuo respiro soffierebbe aria nei miei polmoni
Il tuo sorriso accenderebbe il Sole in questa nebbia pallida
La tua pelle, sfiorando la mia, la farebbe tremare di desiderio
Provo a sussurrare il tuo nome come una preghiera
(a volte mi ascolti, perso nei colori della sera?)
Lascio sanguinare il mio cuore ― squarcio l’ombra a brandelli, ma non posso parlarti
So che non puoi vedermi, sentirmi, toccarmi
Ma se mi dimentichi, sarò davvero morto
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Tu con me
Mi aggrappo con le dita alle lenzuola, con l’illusione al mondo dei sogni, ma quello che mi aspetta è
un risveglio senza te
(sono in ritardo, dovrò fare di corsa un caffè)
Affrontare un’altra giornata normale, reale, banale – già scritta, come le notizie di ieri sul giornale
Sono solo nel mio letto, eppure di notte credo di sentire il tuo profumo, la tua sagoma sottile aderire
alla forma del mio desiderio, il soffio che si insinua dalla finestra sospirarmi all’orecchio
Apparentemente sono intatto, perché hai pagato anche per me,
ma sento solo dolore,
perché è dalla tua vicinanza che voglio essere completato
Se rinunciassi a vivere, offenderei il tuo sacrificio
(il tuo egoismo era soltanto un artificio?)
Ho rialzato la testa, asciugato gli occhi, modificato il mio viso
(i baffi sulle labbra disegnano un sorriso?)
Se potessi tornare da me, la mia materia si farebbe liquida, per fondersi per sempre con la tua
Lascerei che scorresse come lacrime, mi consumasse versandosi dalle mie vene, acqua e sangue
perché tu mi beva
La mia essenza abiterebbe dentro di te, prenderei la tua carne, che mi appartiene
Ti griderei parole d’odio per avermi lasciato solo
E altre d’amore per aver riportato vita nella mia esistenza inutile
Graffierei la tua pelle, accarezzerei i tuoi capelli, ti farei tremare di piacere
Ti chiamerei bugiardo, per vendicarmi
(non mi crederesti, sorrideresti nel baciarmi)
Mi lascerei bruciare dalla tua febbre ― ti reclamerei come una cosa mia, impazzirei se smettessi di
amarmi
Non posso più vederti, sentirti, toccarti
Ma finché non smetterò di credere ai miracoli, non sarai davvero morto
Note: Lo so, il mio post Reichenbach arriva davvero tardi, ma questo splendido fandom lo frequento solo da un mese prima della quarta stagione, per cui non ho potuto esprimere nulla a tempo debito sulle “vere” puntate…
Ovviamente i due narratori ― Sherlock e John ― fanno due monologhi interiori, senza poter dire/sapere che Sherlock non è morto
Il titolo: Kimi e boku sono i due modi più belli anche se non necessariamente romantici di dire “tu ed io” in Giapponese. (Ne esistono sei). Si possono scrivere uniti solo per licenza poetica (anzi, li ho trovati molte volte, anche se purtroppo non ricordo chi li ha usati proprio come titolo per citarlo) per mostrare “fusione”
Il titolo interno è correttamente senza maiuscole