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Autore: little_psycho    08/11/2018    1 recensioni
Dove gli unici problemi di Percy sono trovare cibo blu e diventare il capitano della squadra di nuoto, Annabeth ha un cappello degli Yankees assolutamente normale, Piper è solo molto convincente, la peggior cosa che Luke abbia mai fatto è derubare una gioielleria.
Dal primo capitolo
«Hai provato a scappare! Dèi, ma ti rendi conto? Io e Jason siamo qui per te, e tu te ne vai!»
«Non stavo scappando. Mi stavo semplicemente allontanando.»
«Ahia!»
«Non mi interrompere!»
Percy si massaggiò il braccio, aggrottando le sopracciglia.
«Ma se mi hai dato un pizzicotto!»
«Zitto!»
Dal terzo capitolo
Era tutta colpa di Nico che l’aveva fatto spaventare, che era andato a prendere Hazel, quindi forse la colpa era di quest’ultima. Ma lei era rimasta per dare una mano a Rachel al club del macabro – occulto, pardon – e la colpevolezza passava alla rossa isterica. Ma la suddetta aveva dovuto levare l’imbottitura dei peluche di quell’altro pazzo di manicomio, e la causa del guaio diventava Ottaviano. Per concludere, la colpa era di una certa Lou Ellen, una ragazza che si era diplomata due anni prima e che non c'entrava niente.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I
High hopes
 
“Had to have high, high hopes for a living
Shooting for the stars when I couldn't make a killing”
 
Hazel Lavesque non era mai stata una ragazza di grandi pretese. Si accontentava dell’appartamento in periferia dove viveva con sua madre, quando andava a casa di suo padre ignorava cordialmente la sua matrigna e se il gelataio sbagliava e metteva la panna sopra e non sotto al cono, lei scrollava le spalle e non faceva questioni.
Più che in qualche sorta di divinità, lei credeva nel caro e buon vecchio karma. Tutti avrebbero avuto quel che si meritavano, perché era come una ruota.
E forse quella ruota in particolare aveva deciso di schiacciarla, per qualche motivo a lei oscuro. Ma avendo completa fiducia nel fatto che il karma fosse irrimediabilmente corretto, era stata investita, sì da una ruota, ma da quella della Sfortuna, che aveva la cattiva abitudine di girare imbizzarrita dappertutto senza uno schema preciso.
Fatto stava che poteva aver scontato la punizione per qualche malefatta o poteva essere passata sotto una scala con un gatto nero in mano rovesciando saliere che rompevano specchi, lo stesso era caduta a faccia per terra in un corridoio non deserto. Nemmeno semi deserto.
Oh, ma perché doveva fare sempre figuracce quando meno lo voleva?
Non che di solito lo volesse, ovvio, ma se proprio avrebbe dovuto scegliere, di certo avrebbe optato per tutti i luoghi e per tutte le ore tranne l’esatto luogo e l’esatto momento in cui il ragazzo che le piaceva fosse a neanche tre metri di distanza da lei. 
«Oddio, ti sei fatta male?»
Hazel valutò se fosse il caso di fingere che sì, si era fatta malissimo, in modo che lui la portasse in infermeria (così avrebbero passato più tempo insieme!), o di dire semplicemente la verità sperando che lui si scordasse che fosse caduta ai suoi piedi.
Inciampata, se proprio si voleva essere pignoli.
Sospirò, se se ne fosse dimenticato sarebbe stato davvero fantastico.
«Eh? Oh, no quasi non l’ho sentito!»
Ma la sua dignità che si frantumava l’aveva sentita, eccome.
Il ragazzo in questione era Frank Zhang, amico di suo fratello. Beh, amico era una parola grossa, perché nonostante Frank avesse le spalle larghe quanto un armadio e tanta massa muscolare, aveva la sacra paura di Nico, che era a stento un terzo di lui.
Ma non era per niente minaccioso. Aveva gli occhi leggermente a mandorla così scuri e profondi, un sorriso imbarazzato costantemente sul volto, come se già sapesse di doversi scusare per qualcosa che non aveva fatto ancora cadere. C’era da dire che sulla goffaggine loro due sarebbero stati un’accoppiata fantastica – o catastrofica, dipendeva dalla vicinanza con la cristalleria più vicina.
In sintesi era un orsacchiotto gigante. Eh, già. Un dolcissimo, imbranatissimo e carinissimo orsacchiotto cino-canadese da abbracciare e spupazzare.
Era adorabile. E tutti sapevano che il fattore adorabilità era incisivo nella scelta di un fidanzato!
Frank era ancora lì, in mezzo al corridoio non  deserto – mannaggia a quella ruota! –  imbambolato.
Prima che l’occasione d’oro le sfuggisse dalle mani, Hazel fece la sua mossa.
«Nico mi ha detto che sei molto bravo in matematica, ed ecco, mi chiedevo se volessi aiutarmi. Per uno del terzo anno, le cose del primo sono facilissime!»
Ah, l’aveva fatto! Sì sì sì!
Silenzio. Troppo silenzio. La ragazza si chiese se avesse sbagliato qualcosa, e probabilmente così fu. Altrimenti non si sarebbe potuto spiegare perché l’altro avesse emesso un basso squittio per poi scappare via, spintonando due o tre poveri malcapitati.
Altro che ruota della Sfortuna, borbottò fra sé e sé Hazel, quello era proprio un carro armato.
 “I was gonna be that one in a million
Always had high, high hopes”
 
Una macchia rossa indistinta entrò ed uscì dalla visuale di Leo nel tempo di un battito di ciglia.
Una molto imbronciata Rachel Elizabeth Dare sedeva vicino a Piper, lamentandosi della fonte di tutti i suoi guai, Ottaviano.
Nessuno lo chiamavo mai per cognome, o con un diminutivo. Era solo quello, Ottaviano.
«E poi continua a dire che lui il dono ce l’ha davvero, che le carte gli sussurrano o altre cazzate del genere. E fa sempre tutto il leccapiedi e, dei immortali, quanto lo voglio morto! Quello spaventapasseri! Quello schifoso!» riprese un attimo il fiato, per poi concludere.
«Quello schifoso spaventapasseri!» 
A quanto pareva esisteva una specie di club di divinazione a scuola, molto alla Harry Potter. Peccato che al posto della professoressa visionaria ce ne fosse uno completamente disinteressato, che lasciava gli studenti a briglia sciolta, convinto che l’immaginazione dei giovani dovesse scorrere senza barriere. Ma non si era rivelata proprio un’ottima idea, perché…
«Come se non bastasse mi ritrovo l’imbottitura dappertutto! Lui e la sua cretina idea di squartare i peluche per leggere le viscere! Voglio dire, è tutta ovatta, ma dove le vede le viscere! O l’intestino! Perché adesso si è fissato di essere un augure romano e di trovare il futuro dentro quei cosi… »
Ecco, appunto. Fai un attimo la pausa caffè, e quando torni c’è un cimitero di innocenti pupazzi sventrati ad attenderti.
«Ma» cambiò improvvisamente tono, tutta pimpante. Estrasse qualcosa dallo zaino e lo sventolò trionfante, come se fosse un biglietto dorato di Willy Wonka, o un campione di DNA per clonare le Kardashian. Ehi, un ragazzo può sempre sperare!
«Gli ho preso questo!»
Un delfino di pezza. Leo si chiese perché ancora sperasse in qualcosa.
«Che carino! È tuo, Rachel?» una voce fuori campo fece girare Leo ad una velocità così impressionante da mandargli scariche di dolore dietro la nuca.
«Diavolo Solace, mi hai ucciso!»  Dopo un’occhiata perplessa da parte del biondo davanti a lui stava per continuare la spiegazione, ma Rachel lo precedette.
«Will, abbassa la voce!» si guardò intorno guardinga, con gli occhi spalancati, come se qualcuno potesse spuntare da dietro il carrello dei vassoi sporchi, prendere il peluche e scappare verso l’uscita urlando come un pazzo.
Quasi quasi l’avrebbe fatto Leo.
«L’ho rubato a tuo cugino!» sussurrò, eccitata. «Così dopo non avrà niente
Ah giusto, c’era da aggiungere che Ottaviano era il cugino di, tipo, sesto grado di Solace. Dall’espressione sconfortata di Will, quello non era esattamente in modo in cui voleva nuocere ad Ottaviano.
Piper finalmente emerse dal libro di storia, si guardò intorno, alzò le sopraciglia e fece per dire qualcosa, ma appena vide l’espressione allucinata di Rachel chiuse la bocca, per una volta senza parole, e abbassò di nuovo lo sguardo su “Le pagine della nostra vita”.
Detto così sembrava un romanzetto rosa scadente, ma era davvero il nome di quel mattone da cinquanta chili e passa. Era uno di quei libri alternativi, pieno di immagini, dove le date erano scritte tutte colorate e dieci volte più grandi rispetto al resto; a quanto pare pensavano che così i ragazzi avrebbero appreso più in fretta.
La buona trentina che componeva la classe di recupero di storia, dimostrava la grandissima idiozia di quell’esperimento.
«Ciao, ragaz- Non ditemi che anche lei vuole mandare in estinzione i peluche.»
Hazel puntò un dito accusatore contro il pupazzo e Rachel, che lo aveva ancora in mano come una reliquia religiosa.
«Non ne posso più di Ottaviano! Prima o poi gli ficcherò quelle viscere giù per la gola.»
Ancora quello là! C’erano persone molto più interessanti. Tipo lui.
«Non me ne parlare.» borbottò Rachel, prima di girarsi verso l’altra per chiederle:«Oggi pomeriggio mi aiuti a rimettere a posto quel tripudio di ovatta?»
«Non posso. Vado al poligono di tiro con Bianca e le altre.»
“Le altre” erano quel gruppetto tutto al femminile capitanato da Talia Grace che praticamente vivevano al poligono di tiro e trovavano i maschi ripugnanti. Un così tale spreco di belle ragazze…
L’ultima loro conquista era Bianca di Angelo, la sorella maggiore di Nico e sorellastra di Hazel.
«Mica vorrai unirti a loro?» Leo sottolineò quell’ “unirti” con un tono più che serio. Pure Hazel, no!
«Pensa a Nico! Non gli rimarrà neanche una sorella!» Eh già, il senso di colpa salva le ragazze dalla strada di non ritorno.
«Non essere paranoico! È solo per una volta.» Hazel si svolazzò la mano sul viso, come per cacciare quell’idea molesta.
Leo si guardò intorno, notando che Percy, Annabeth e Jason brillavano per la loro assenza. Chissà se avrebbe dovuto mettere da parte almeno qualche mela per loro.
“Mama said
Burn your biographies
Rewrite your history
Light up your wildest dreams”
«Jason, ti prego, fermala!»
«No, Percy. Devi studiare. Hai mai sentito questa parola?»
«Beh, Annabeth, in realtà non so fino a che punto potrà essere utile fargli leggere due o tre pagine durante la pausa pranzo.»
«Ehi, ma tu da che parte stai?»
Percy sbuffò, completamente d’accordo con Jason. E pensò a quel budino ai mirtilli che lo aspettava, chiedendosi che fine avesse fatto.
«Sto dalla parte che impedirà a Percy di prendere un’altra insufficienza, e la tua non lo è.»
Con le braccia incrociate sul petto, l’espressione burbera e il tono di disapprovazione, Jason sarebbe stato un ottimo professore.
«Hai qualche idea migliore? Dopo scuola lo vuoi legare in modo che non scappi?»
Uno scintillio pericoloso negli occhi, un sorriso sardonico.
«Perché no?»
Il rumore di due mani traditrici che si battono il cinque.
“Mama said don't give up, it's a little complicated
All tied up, no more love and I'd hate to see you waiting”

 
Quando Luke vide Annabeth e Jason in casa Grace, sembrava tutto normale.
Ma dopo essere scivolato su una bustina vuota di liquirizie ai mirtilli e aver visto almeno un centinaio di bustine come quelle ricoprire il tavolo della cucina, due domande se le fece.
«Percy?»
«Percy.»
Quel ragazzo si sarebbe dovuto far curare.
Si spaparanzò su uno sgabello, strappando una liquirizia con i denti e rivolgendosi ad Annabeth.
«Che ha fatto adesso?»
«Cosa non ha fatto, vorrai dire.»
Era carina Annabeth, con i capelli ricci sciolti e il sorriso esasperato.
Sempre all’erta, vigile, con lo sguardo tagliente ma la lingua ancora di più. Da quanto tempo la conosceva? Dieci anni, cazzo. Era davvero passato così tanto da quell’afosa mattina di luglio, quando l’aveva vista per la prima volta, sola – e poi avrebbe scoperto che sola era l’unico modo che conosceva di esistere, bambina con i genitori divorziati e speranze infrante.
Le tirò un ricciolo biondo, che come una mola ritornò alla forma originaria, sovrappensiero.
 «Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire, che per tutto il primo mese di scuola non ha aperto un libro! E adesso ci sono un sacco di verifiche da recuperare, un trilione di argomenti da fargli entrare in testa, praticamente un terzo del programma! Ovviamente non posso stargli dietro passo passo, perché…»
«Sta scappando.»
«Anch’io ho i miei impegni e… aspetta, cosa?!»
«Sta scappando, Annabeth.» Ripeté Luke, divertito. «A quanto pare il mio fascino ti ha distratto dal tuo prezioso studio.»
Si sistemò meglio sullo sgabello, addentando un’altra liquirizia con un sorriso sornione mentre Annabeth impallidiva dalla rabbia e schizzava fuori verso la porta, così velocemente che quasi si aspettava di vedere la nuvoletta di vapore dove prima si trovava lei, come nei cartoni animati.
 La sua risata svegliò di soprassalto Jason, che si stropicciò gli occhi e si guardò intorno confuso, ritrovandosi con due persone mancanti all’appello, una che non aveva visto arrivare e delle caramelle attaccate alle stanghette degli occhiali.
Aveva conosciuto Jason lo stesso anno di Annabeth, ma non c’era lo stesso rapporto di intimità. L’altro si era semplicemente abituato ad averlo intorno in giro per casa, dato che da quando era andato a sbattere contro Talia, aveva passato più tempo in quella che nella propria.
 Jason era l’opposto della sorella. Con quei capelli sempre in ordine, gli occhiali e quel suo modo di avere la schiena dritta, su cui Talia scherzava sempre, dicendo che aveva un bastone ficcato nel sedere, sembrava un soldato.
Era il più disciplinato di tutto il gruppo, perfino di Annabeth, che una vene di ribellione ce l’aveva sempre avuta – quella scintilla negli occhi d’argento ti lanciava una sfida muta che proprio non potevi non accettare.
Inizialmente c’erano solo loro tre – il ladruncolo, la punkettona disagiata e la bimba solitaria.
Perché Jason era ancora più piccolo di Annabeth, lui di anni ne aveva sei, ma l’età non c’entrava. Era oscurato da lei.  Come se l’altra fosse una supernova in procinto di esplodere, e chi avrebbe mai guardato anche le altre stelle?
Annabeth per i suoi sette anni era così matura e seria, così diversa. Annabeth aveva già capito come girava il mondo.  A Luke c’erano voluti quattordici anni e una buona dose di rimpianti.
«Annabeth mi fa male! Ahia! No ti prego, basta!»
Quando entrarono di nuovo in cucina, Percy aveva un orecchio così rosso che non era difficile tirare ad indovinare con avesse fatto la ragazza.
«Hai provato a scappare! Dèi, ma ti rendi conto? Io e Jason siamo qui per te, e tu te ne vai!»
«Non stavo scappando. Mi stavo semplicemente allontanando.»
«Ahia!»
«Non mi interrompere!»
Percy si massaggiò il braccio, aggrottando le sopracciglia.
«Ma se mi hai dato un pizzicotto!»
«Zitto!»
Luke conosceva Percy da cinque anni, ma era bastato qualche giorno per capire come funzionasse quella testolina “piena d’alghe”, per citare Annabeth.
«Ehi, amico, lo sai che per continuare a frequentare i club scolastici devi avere una media superiore alla sufficienza in tutte le materie?»
«Io… ehm, voglio dire… certo! Non vorrai… cosa?!»
Annabeth spalancò gli occhi, capendo subito l’antifona.
«Beh, mica vorrai essere sbattuto fuori, vero? Immagina quanto sarebbe contento Tritone.»
Non che quello fosse il vero nome del capitano della squadra di nuoto, ma era di una bravura sovrumana, si diceva, e gli era valso quell’appellativo.
Inutile dire che lui e Percy litigassero per la leadership di quel branco di pesci palla mancati.
Prima che potesse dire qualche altra cosa, il tintinnio delle chiavi avvisò tutti i presenti che Talia Grace era tornata a casa dall’ennesima lezione di tiro con l’arco spesa a gridare contro poveri ragazzini, la cui unica colpa era essere nati maschi.
 




Notes

Ecco il mio primo tentativo di fare una long!
Non ho molto da dire, spero solo che sia piaciuta! La canzone è "High hopes" dei Panic!At the Disco. Non ho messo OOC fra le avvertenze perchè non volevo assolutamente caderci dentro...volevo cerare un'AU in cui i nostri amati protagonisti mantengano la loro identità.
Per adesso ho solo il primo capitolo, il secondo e il terzo sono in fase di gestazione...ma sapere che la storia è piaciuta mi farebbe lavorare più velocemente! ;)
Alla prossima
little_psycho 

 
 
   
 
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