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Autore: AdhoMu    08/11/2018    10 recensioni
SOSPESA
Volenteroso, tenace, determinato.
Nonostante le sue innate qualità da legittimo Tassorosso, Cedric Diggory ha scoperto che qualche volta, nella vita, i buoni propositi non bastano, e che i piani per il futuro possono andarsene (letteralmente) al Creatore da un momento all'altro.
Quello che Cedric proprio non si aspettava è che, nella morte, le cose funzionano esattamente allo stesso modo.
E così può capitare che, per tutta una serie di motivi, un ragazzo ligio e diligente come lui, inevitabilmente destinato ad "andare avanti", si ritrovi "lasciato indietro" e sia costretto a fare i conti con l'indefinizione tipica di qualcuno che "è già stato" ma che, chissà perché, in un certo senso "continua ad essere".
Per fortuna, ad aiutarlo a mettere ordine nella sua nuova "non vita" ci penserà un manipolo di nuovi e fluttuanti amici.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barone Sanguinario, Cedric Diggory, Corvonero, Frate Grasso, Helena Corvonero, Sir Nicholas | Coppie: Cedric/Cho
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Dopo la II guerra magica/Pace
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1. Horror Vacui.
(a mo’ di prologo)

"Harry... riporterai indietro il mio corpo, vero?
Riporta il mio corpo ai miei genitori..."
(1)

Una manciata di secondi dopo, il contatto si era interrotto.
Harry era sparito; mentre afferrava la Passaporta che lo avrebbe portato in salvo, il ragazzino aveva esaudito il suo ultimo desiderio e aveva stretto le dita intorno al polso coperto dalla manica giallonera, portando via con sé il suo corpo inanimato.
Immediatamente, nella quiete ormai violata di quel piccolo cimitero di campagna, si era scatenato il putiferio.
Il Signore Oscuro era furibondo: all'apice dell'ira, aveva cominciato a scagliare tutt'intorno improperi irripetibili e fatture mortali, che terrorizzavano i suoi atterriti seguaci e polverizzavano le povere lapidi di pietra porosa ammantate di muschio.
Cedric, però, non aveva neppure avuto il tempo di guardarsi intorno, o di tentare di nascondersi (cosa che, tutto sommato, sarebbe stata piuttosto inutile dato che, più male di così, non avrebbero potuto fargli): improvvisamente si era sentito risucchiare e, in men che non si dica, lo scenario che lo circondava era cambiato.

King's Cross era un pochino diversa da come se la ricordava.
Decisamente più pulita, più luminosa e sfavillante (un po' troppo algida, forse) e, soprattutto, assai meno popolosa del solito. Strano ma vero, in giro non c'era anima viva (il termine "anima", chissà perché, gli parve particolarmente calzante in quel frangente): le piattaforme erano completamente vuote e, sui pavimenti tirati a lucido, non echeggiava alcun suono; né di passi, né di bagagli trascinati, né di zampettii animali.
Cedric si guardò intorno, un po' smarrito.
E mentre si domandava stupito quanti ettolitri di candeggina avessero usato i babbani per compiere quell'abbagliante miracolo, il fischio profondo di un locomotore, fermo all'ultimo binario, lo fece sobbalzare. Non c'erano altri treni in stazione, quel giorno: soltanto quel convoglio di un bianco accecante, immobile dall'altra parte dell'immenso edificio.
Cedric si mordicchiò il labbro, nervoso.
Subito dopo, una serie di rapidi schiocchi secchi lo indussero a sollevare il mento e a guardare verso l'alto: sgranando ben bene gli occhi, il ragazzo mise a fuoco il pannello che sovrastava la piattaforma sulla quale era atterrato.
Sullo schermo nuovamente immobile, le tesserine rotanti avevano composto una scritta che spiccava bianco su nero:
Binario: ∞
Destinazione: AVANTI.
Partenza: IMMEDIATA.

Quasi a voler sottolineare l'imminenza della partenza, la locomotiva si mise in moto con uno sbuffo. Una nuvoletta di fumo, bianco come la neve e denso come il latte, fece capolino dalla ciminiera e cominciò a spandersi nell'aria tersa della stazione; l'intero convoglio fu scosso da un fremito vivace, per poi iniziare a scivolare piano piano sui binari.
E Cedric si mise a correre.
Non aveva la minima idea del perché, ma sapeva (lo sapeva e basta) che doveva a tutti i costi salire a bordo di quel treno. Non poteva permettersi di perderlo per nessuna ragione: era questione di vita o di... beh, lasciamo perdere, ma insomma; era assolutamente primordiale raggiungerlo prima che esso prendesse velocità e abbandonasse la stazione, lasciandolo indietro.
Corse, corse, corse a perdifiato, percorrendo a ritroso la piattaforma sulla quale si trovava; svoltò nel corridoio principale rischiando di scivolare miseramente sulle piastrelle lucide e si lanciò al galoppo verso l'ultimo binario.
Le teste delle piattaforme sfilavano veloci al suo fianco mentre lui le superava correndo; con la coda dell'occhio poteva vederne la numerazione, via via più alta man mano che procedeva:
1... 7... 16... 367... 869... 1452...
"Ma quante accidenti sono?!" pensò, trafelato.
Il treno, nel frattempo, aveva cominciato a prendere velocità.
Cedric accelerò al massimo, incurante dell'affanno; dopo una corsa che gli parve eterna, riuscì finalmente a raggiungere il Binario ∞ e si mise ad inseguire con disperata tenacia i vagoni che filavano via, irrimediabilmente fuori dalla sua portata.
Il treno era partito: i suoi occhi lo percepivano ad ogni attimo più piccolo e distante finché, in un guizzo abbagliante, la sua forma indistinta si tuffò nell'arco di luce delimitato dall'enorme volta che copriva la stazione.
Oltre il vetro del finestrino di coda, Cedric ebbe l'impressione di scorgere il volto pallido e severo di una donna vestita di nero che, immobile, lo fissava.
E pur sapendo che continuare a correre era perfettamente inutile, ma mosso dall'impulso e da quell'inspiegabile impellenza di lasciarsi Londra (se davvero si trattava di Londra, beninteso) alle spalle, Cedric proseguì nella sua corsa, per arrestarsi soltanto quando ebbe raggiunto l'estremità della piattaforma.
Là rimase, fermo e ansimante, ad osservare il convoglio che scompariva all'orizzonte; e in quel momento, per la prima volta, un'angoscia profonda lo pervase per intero, facendogli salire le lacrime agli occhi.
Sapeva già di essere morto; lo aveva capito subito, un secondo dopo che quel lampo di luce verde lo aveva colpito al petto facendolo stramazzare al suolo. In quel frangente, però, non aveva provato dolore né tristezza; non si era crucciato: non ne aveva avuto il tempo. Troppe cose erano accadute nei minuti successivi: troppe, tutte insieme e troppo velocemente.
Ma in quel momento, mentre il treno scompariva allasua vista, il suo impalpabile cuore rallentava piano piano i battiti all'interno del suo petto traslucido e il suo respiro si faceva via via meno affannoso, Cedric ebbe piena coscienza di essere solo.
Solo e perduto. Isolato.
Svuotato.
Realizzò di essersi appena lasciato alle spalle una vita carica di promesse gioiose e di belle speranze.
Ed ora, il treno partito dal Binario ∞ - quello che lo avrebbe portato avanti - si era lasciato alle spalle lui.
Non era riuscito a saltare a bordo.
Non ce l'aveva fatta.
Cedric era rimasto indietro.

*

”O forse è a Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale”


Non seppe mai quanti tentativi avesse fatto: ad un certo punto, aveva semplicemente smesso di contarli.
Tutti i giorni il sibilo profondo della locomotiva che si risvegliava lo faceva saltare in piedi; e tutti i giorni, immancabilmente, il ragazzo tentava inutilmente di raggiungere il treno che partiva alla volta dell’eternità.
Spesso e volentieri lo mancava alla grande; qualche volta ci arrivava vicino. In una manciata di occasioni, era quasi riuscito a sfiorare la vernice lucida e immacolata dell’ultima carrozza. E nonostante sapesse che ogni suo sforzo si sarebbe rivelato inutile, il giovane non gettava la spugna e anzi, il giorno seguente era pronto a tentare di nuovo.
Volenteroso, determinato, tenace.
Tutte queste belle qualità da Tassorosso, Cedric Diggory le aveva sempre possedute e, proprio grazie ai suoi pregi, era spesso riuscito a regalare un po’ di gloria alla fin troppo defilata Casa giallonera.
Il nocciolo della questione, però, era un altro.
Perché, per quanto diligente e ligio al dovere, Cedric non era certo stupido, né ottuso, né tardo. Sapeva benissimo che quell’inseguimento quotidiano non avrebbe mai portato a nulla: l’aveva capito da tempo.
Ma la scelta, evidentemente, non gli spettava.
C’era qualcosa di più grande di lui, una specie di forza irresistibile ed inarrestabile che, giorno dopo giorno, pur nella piena coscienza di imbarcarsi nell'ennesimo tentativo frustrato, lo obbligava a compiere quella sua inutile corsa disperata, destinata ogni volta ad un cocente insuccesso.
Rimaneva fermo per qualche minuto a riprendere fiato e ad osservare l’ultimo vagone che scompariva, inghiottito dalla luce, e poi tornava stancamente sui suoi passi, camminando a ritroso lungo la piattaforma che l’avrebbe riportato al punto di partenza.
E man mano che procedeva, rassegnato a trascorrere l’ennesima giornata nell’algida e ovattata solitudine di quella malinconica stazione deserta, Cedric rifletteva.
Era dunque questa, la morte?
Un’ininterrotta sequenza di situazioni e di gesti sempre uguali, da ripetersi sempre allo stesso modo?
Sarebbe riuscito, presto o tardi, ad abituarsi a quella quotidiana sconfitta?
Proprio a questo stava pensando quel giorno mentre, dopo aver perduto l’ennesimo treno, i suoi piedi silenziosi si muovevano sulle piastrelle abbaglianti della piattaforma ∞.
Era così abituato a compiere ogni volta gli stessi gesti e a percorrere immutabilmente il medesimo scenario che, lì per lì, quasi non se ne accorse. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per accertarsi di non avere le traveggole; e visti i trascorsi stentava proprio a crederci, eppure...
Eppure no: non stava sognando.
Perfettamente visibile, la figura conosciuta di un monaco basso, panciuto e gioviale lo aspettava in fondo alla piattaforma. Quando Cedric gli si avvicinò, quello gli rivolse un gran sorriso e lo apostrofò allegramente:
- Ehilà Diggory, qual buon vento?
- Frate Grasso?!
- In carne ed ossa, caro mio, o meglio: in spirito e gelatina – rispose il fantasma, affabile come sempre. - Del resto, com’è che diceva quel vecchio detto? “Chi muore si rivede”, dico bene?
Cedric gli rivolse uno sguardo incredulo.
- Oh beh – tossicchiò quello, rassettandosi il saio. – E comunque – soggiunse poi – tutto ciò, in questo momento, non ha la minima importanza. Ordunque, sei pronto?
- Pronto? E per fare cosa?
- Ti riporto a casa.
- Oh – balbettò Cedric, un po’ emozionato. – V-vuoi d-dire che... che mi riporterai ad Ottery St. Catchpole? Dai m-miei... genitori?
- No, mio caro ragazzo. – Il Frate Grasso scosse delicatamente la testa e gli rivolse un sorriso comprensivo e un po’ malinconico. – Ho ricevuto l’ordine di riportarti ad Hogwarts, Cedric.

Note a piè di pagina:
1) Le due citazioni in corsivo sono tratte rispettivamente da Harry Potter e il Calice di Fuoco e Harry Potter e la Pietra Filosofale.
2) Dopo aver dato vita a Grifoni, Serpi, Corvi e chi più ne ha più ne metta, mi sono resa conto di aver procrastinato fino alla fine il momento di dedicare una storia ad un membro della mia Casa. Sono mesi che ci giro intorno, indecisa sul come e sul quando affrontare questo tema, e soprattutto sul chi scegliere come protagonista per questo nuovo racconto. Troppo defilati, questi Tassorosso, troppo schivi e poco conosciuti, e poi... un po’ troppo inclini a mantenere celato il loro fascino. La risposta, quindi, era ovvia: un Tassorosso interessante ci sarebbe, eccome se ci sarebbe. Cedric Diggory. Già: peccato, però, che il suddetto sia deceduto. E qui, primo grande problema: di scrivere storie lacrimevoli, non ne ho la minima voglia. E quindi, come fare? Scrivere una storia su un Cedric ancora vivo, già sapendo della sua triste dipartita? Non fa per me, grazie. Fermi tutti, però: questo è il Mondo Magico. E, a questo riguardo, la Rowling delinea un contesto post-mortem che può essere in qualche modo esplorato. Da qui, l’idea di ambientare la storia dopo la morte di Cedric, affidando al nostro sfortunato eroe giallonero una delicata missione. Ci sta? Forse no... ma ormai mi sono imbarcata e mi conviene remare.

   
 
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