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Autore: _Fenice    10/11/2018    1 recensioni
« E sai qual è la cosa più esilarante? Eh, Soul? Te lo dico io: la cosa più esilarante è vedere il modo in cui ti disperi, ti crogioli, cerchi di negare che tutto questo sia avvenuto. Per di più, tenti anche di ignorare me e il tuo senso di colpa! ». Le risate non facevano che aumentare, e ciò provocava nell’albino un forte senso di nausea misto a un’irrefrenabile ira.
« Perché lo sai, Soul, che è stata tutta colpa tua… non vuoi ammetterlo, ma nel profondo ne sei consapevole! ». Si divertiva un mondo, a fargli perdere il controllo. Anche se per pochi istanti, sapeva di esserne capace e non perdeva nessuna occasione per deriderlo e mostrargli quanto fosse debole.
Genere: Drammatico, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bring her back.




Chissà perché, ogni storia triste inizia con una giornata di pioggia… sarà per rendere l’atmosfera adatta alla tematica, o semplicemente perché il pianto del cielo ispira già nostalgia e malinconia…
Questa storia però comincia durante un giorno di sole. Un pensiero attraversa l’aria, e la luce del sole sembra già affievolirsi un po’.
 

Maka.

Lei è…

… no, non può. Non può.


« E invece sì. »

 Il diavoletto che ormai da tempo dominava la sua mente, adesso sghignazzava. Lo faceva spesso; precisamente, cominciò a ridere di lui nell’esatto istante in cui Maka morì.
Soul non riusciva ad ammetterlo, né a se stesso, né ad altri. Non riusciva ad accettare, a metabolizzare ciò che aveva visto coi suoi stessi occhi.

« E sai qual è la cosa più esilarante? Eh, Soul? Te lo dico io: la cosa più esilarante è vedere il modo in cui ti disperi, ti crogioli, cerchi di negare che tutto questo sia avvenuto. Per di più, tenti anche di ignorare me e il tuo senso di colpa! ». Le risate non facevano che aumentare, e ciò provocava nell’albino un forte senso di nausea misto a un’irrefrenabile ira.

« Perché lo sai, Soul, che è stata tutta colpa tua… non vuoi ammetterlo, ma nel profondo ne sei consapevole! ». Si divertiva un mondo, a fargli perdere il controllo. Anche se per pochi istanti, sapeva di esserne capace e non perdeva nessuna occasione per deriderlo e mostrargli quanto fosse debole.

Stai zitto. ZITTO!

« Non hai bisogno di gridare, sai? Ti basta pensare. Io sono qui… nella tua testa. Calmati, ragazzino, sappiamo entrambi che la rabbia non ti fa bene… », continuò il demone rosso, una risata di scherno ed un ghigno animalesco. Seduto sulla sua bella poltrona rossa e nera, nella sua personale stanza dal pavimento a scacchi rosso e nero, il flagello personale di Soul continuava la sua estenuante ma incessante tortura all’anima del ragazzo dagli occhi cremisi, solitamente infuocati da un luccichio furbo e seducente, ma adesso spenti e vitrei.

Mi hai già rovinato la vita, perché non sparisci?

« Ho solo ucciso la tua dolce metà, non ti ho rovinato la vita. Non essere così tragico. »

ADESSO BASTA! TACI!

« Oh beh, tecnicamente non sono stato proprio io… sei stato tu! »

Non ti azzardare…

« A fare cosa? A rinfrescarti la memoria? A ricordarti di come io mille volte ti ho proposto il potere in cambio della tua anima? E di come tu, invece, hai sempre rifiutato “per i tuoi saaani princiiiipi, per Maaaakaaa”… e di come TU l’hai uccisa, portandola alla follia? ». Le risate cominciarono a prendere una particolare vena diabolica, instabile: il demone sapeva di star facendo breccia, per l’ennesima volta, nelle fragili mura difensive di Soul.

Bugiardo! Sei stato TU a penetrare nella sua mente attraverso il sangue nero! TU me l’hai portata via!

« Ma davvero? » ghignò subdolamente la sua nemesi.
« Non ho immesso il sangue nero in lei, o meglio, non sarebbe successo se tu avessi imparato a controllarti! A controllare la tua FOLLIA! ». Il suo carnefice adesso aveva abbandonato la sua comoda poltroncina, dirigendosi lentamente, a piccoli passi, verso l’albino ormai smagrito e pallido.

No, no!

« Vuoi realmente sapere chi è il vero responsabile della morte di Maka? ». Ogni parola scandiva un passo del piccolo mostro.

Non chiamarla per nome! Non ti avvicinare!

« Mi avvicino, perché POSSO. Sei in trappola, Soul… ». Era ormai a un palmo dal suo naso, perciò continuò.
« Il vero assassino di Maka… », allungò un dito affusolato verso l’enorme cicatrice sul suo petto. Al suo tocco, rugoso e sgradevolmente estraneo, Soul rabbrividì.

« … SEI TU. ». Percorse tutta la lunghezza del taglio dal quale entrò in lui il sangue nero, che portò alla comparsa del demone nella sua mente e all’inizio del suo lento ma inesorabile percorso verso la follia.

Quella stessa follia che, dopo avergli ghermito e intorpidito la mente, attaccò Maka, la sua maestra d’armi. Quella stessa follia che, durante la loro ultima battaglia, prese il dominio della ragazza e la guidò ad abbandonare Soul, trasformato in arma, per raccogliere uno dei pezzi della ormai frantumata vetrata a mosaico.

Tu me l’hai portata vita! L’hai fatta impazzire, l’hai portata al SUICIDIO! DAVANTI AI MIEI OCCHI!
Non mi hai lasciato modo, tempo, non mi hai lasciato nulla!
Non ho potuto fare niente…
NIENTE.


« Ma Soul… io sono il tuo demone, non il suo. Io sono nato dal sangue nero, ma sono stato creato grazie  a te. La mente della tua biondina non è stata invasa da me... ». Il diavoletto rosso, nel suo elegante vestito nero, si sistemò il papillon e riprese.
« Sono passati due mesi ormai. Non mangi, non dormi, siamo soltanto io e il sangue nero a mandarti avanti. Sei diventato noioso… è un mortorio vivere dentro di te. Hai perso il tuo charme, Soul… non sei per niente cool. Se proprio soffri… perché non la raggiungi? »

… cosa?

« … potresti riportarla indietro. »

Cosa stai farfugliano? Non si riportano indietro i morti…

« Soul, Soul… non voglio più vederti soffrire… ». Il demone adesso era dietro l’albino, che aveva cominciato a rannicchiarsi su se stesso. “Bene”, pensò. “Adesso manca solo…”

« Va’ a cercarla, trovala… riprenditela. »

È impossibile. Basta!

« Dico davvero, Soul. Basta prendere la stessa strada. Percorrere gli stessi passi… ». Il demone acuì il suo ghigno, adesso davvero selvaggio.


… come?

« Così. »
 
Soul raccolse da terra un frammento di vetro originariamente appartenente alla teca del tavolino basso, posizionato davanti al divano in soggiorno. Quel divano su cui Maka aveva passato giornate intere a leggere e sorseggiare del the caldo, avvolta da una coperta che tratteneva il suo profumo ancora, dopo due mesi.
 
«Da bravo, adesso, raggiungila… riportala da te. », “E liberami!”
 
 
Maka!




Angolo Autrice.
Un po' malsana, ma scritta di getto e neanche ricontrollata.
Ho sempre pensato a questa possibile fine dell'anime, non so perché. E mi piaceva l'idea che il diavoletto, nel suo fallire, avrebbe Soul negli abissi insieme a lui.
Come sempre, ringrazio coloro che leggeranno e ancor più coloro che recensiranno; è sempre un piacere ed una crescita sapere cosa pensate.
A presto.

Una danza con le stelle,
Fenice.
  
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