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Autore: bridgetvonblanche    11/11/2018    2 recensioni
[zombie apocalypse!AU]
Things really change when the undead pick a side in a war.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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warning — Zombie apocalypse!AU

© bridgetvonblanche






 
And I remember when I met him, it was so clear that he was the only one for me.

We both knew it, right away.

And as the years went on, things got more difficult- we were faced with more challenges.

I begged him to stay. Try to remember what we had in the beginning.

He was charismatic, magnetic, electric and everybody knew it.

When he walked in every woman's head turned, everyone stood up to talk to him.

He was like this hybrid, this mix of a man who couldn't contain himself.

I always got the sense that he become torn between being a good person and 

missing out on all of the opportunities life could offer a man as magnificent as him.

And in that way I understood him.

And I loved him. I loved him, I loved him, I loved him.

And I still love him. 

I love him.



.000.
Antefatto


 

Aveva preparato tutto con un'attenzione a dir poco certosina. Il pacchetto di patatine al formaggio della sua marca preferita già semi aperto sul piccolo tavolino di legno rettangolare posto al centro del salotto, una grossa caraffa di spremuta di arancia fresca appena preparata riposta con cura all'interno del frigo per mantenere la bevanda della temperatura perfetta per poter essere gustata fresca, il cellulare in modalità silenziosa probabilmente lasciato con noncuranza sul davanzale all'ingresso dell'appartamento. Lee Hyeseon prese così posto sul divano, libera da ogni pensiero, lasciandosi semplicemente sprofondare tra quei cuscini che per diciannove anni l'avevano osservata inermi adagiarvisi nei modi più svariati. Afferrò con insolita decisione il telecomando, accendendo freneticamente la televisione, preoccupandosi solo di regolare un poco il volume.

C'erano tante cose che una ragazza della sua età avrebbe potuto fare nel suo unico pomeriggio libero della settimana, dallo shopping in centro per cercare di trovare un paio di jeans che potesse sostituire quelli consumati di cui però lei andava ancora così fiera, ad una passeggiata all'aria aperta nel parco vicino a casa. Ma nessuna di queste attività avrebbe potuto essere più eccitante che l'ultimo episodio di quella fiction romantica di cui lei si era scoperta una fan piuttosto accanita. Nulla dunque sarebbe stato in grado di disturbarla o impedirle di consumare in santa pace quel delizioso anche se poco salutare spuntino ridendo e piangendo allo stesso tempo per le vicende che, già pregustava, avrebbero sconvolto la vita dei due protagonisti.

— Interrompiamo la trasmissione per dare la linea all'edizione straordinaria del notiziario, —

Nulla, tranne questo.

— Fanculo, — fu dunque l'unico pensiero che fuoriuscì incontrollato dalle sue labbra. Una reazione spontanea la sua, seguita solamente da un sonoro sbuffo di completa e più totale frustrazione.

In quel momento, seduta a gambe incrociate con un'espressione imbronciata davanti allo schermo del televisore e con il telecomando ancora stretto tra le sue piccole mani, Lee Hyeseon non avrebbe certo potuto nemmeno lontanamente immaginare che quella frase innocua e pronunciata da una ignota voce semimetallica, evidentemente preregistrata e dall'accento impeccabile, sarebbe stata l'inizio della fine. La fine del mondo così come lo aveva conosciuto e vissuto per diciannove anni.

Ogni cosa nella sua vita stava per cambiare, ma in quel momento, ancora arrabbiata per quello sgradevole e beffardo torto subìto, Lee Hyeseon decise di rimanere lì, in attesa che il giornalista dall'altra parte dello schermo sbrigasse il suo lavoro alla svelta, per poi lasciare finalmente spazio alla sua maledettissima serie tv. Delusa, ma non ancora del tutto arresa, Hyeseon prelevò dunque dal sacchetto di fronte a sé una manciata di patatine, convinta che sarebbe stato uno spreco non dare inizio ai festeggiamenti per il suo unico pomeriggio di assoluta libertà. Ma non riuscì mai ad assaporarne il gusto, poiché le notizie che avevano iniziato ad essere proiettate sullo schermo del televisore furono sufficienti per interrompere immediatamente il clima di festa e relax che era riuscita a creare attorno a sé fino a quel momento. Si alzò velocemente dal divano, chiudendo solo per un istante gli occhi e cercando così di allontanare da sé l'immagine, probabilmente ripresa da un cellulare, di una donna che, nell'estremo tentativo di estrarre suo figlio dalle lamiere di un'auto in fiamme, era stata attaccata all'improvviso da un gruppo di quelli che solo all'apparenza potevano essere considerati degli esseri umani: come in un agguato ben premeditato, queste persone l'avevano trascinata solo per qualche metro prima di circondarla completamente; di lei poi non si erano udite altro che urla strazianti, mentre quel gruppo di avvoltoi dal volto umano avevano iniziato a strapparle letteralmente brandelli di carne dal corpo.

Hyeseon fece cadere sul pavimento in parquet quel piccolo gruzzolo di patatine, incurante del fatto che dopo avrebbe dovuto ripulire tutto, pulendosi poi velocemente le mani sulla camicetta azzurra e poi dirigersi a passo svelto verso l'ingresso per cercare il suo telefono, imprecando spazientita. Solo in quel momento iniziò ad udire chiaramente urla e schiamazzi provenire dall'esterno della sua abitazione, seguiti di tanto in tanto dalle sirene delle auto della polizia e di alcune ambulanze. Istintivamente, con mani tremanti, Lee Hyeseon si ritrovò a digitare le cifre del numero di suo padre, chiudendo forzatamente gli occhi e cercando di prendere respiri profondi per tentare di calmare sé stessa, portandosi una mano contro il petto ed accartocciando la sua camicia ormai già sporca e sgualcita con la sola forza della disperazione. Si affrettò dunque a raggiungere la cucina, mettendosi a rovistare nel cassetto delle stoviglie solo per afferrare il coltello più lungo che riuscì a trovare, dirigendosi poi nuovamente verso l'ingresso in punta di piedi. Il suo respiro si era fatto così pesante che a Hyeseon sembrò per un attimo di essere finita all'interno di uno di quei survival games a cui era solita giocare nei ritagli di tempo tra lo studio in università e quel lavoretto saltuario nel combini del suo quartiere. L'aria attorno a lei si era fatta così pesante da risultare quasi irrespirabile, ma fu solo quando udì distintamente qualcuno bussare alla porta che Hyeseon si riscosse e trasalì da quei pensieri fuorvianti.

— Chi è? – si lasciò sfuggire, dopo aver fatto scattare la serratura e lasciando così che la porta si aprisse, interrompendo forzatamente la chiamata di poco prima e tornando piuttosto a stringere al petto la sua unica arma di difesa con mani sudate. Rimase immobile per un tempo che non seppe mai quantificare, gli occhi sbarrati intenti a fissare quella figura che a stento le sembrava di riuscire a riconoscere.

Suo padre era rimasto sul ciglio della porta in quella sua inconfondibile giacca grigia, la sua preferita, slabbrata in corrispondenza della spalla e macchiata di un colore rosso acceso. Il coltello le cadde rovinosamente a terra, scivolando dalle mani che d'istinto si portarono sulla sua bocca, impedendole così di mettersi ad urlare.

— Hye se on, — riuscì a balbettare solo il suo nome il signor Lee, prima che quei grandi occhi a mandorla diventassero completamente bianchi.

— Papà? —

Hyeseon rimase impietrita ad osservare l'unico genitore che aveva avuto modo di conoscere sputare della bava bianca dalla bocca per poi allungare quel braccio ferito nella sua direzione prima di iniziare ad avvicinarsi pericolosamente a lei a passo lento e claudicante.

Si trovò così presto costretta ad indietreggiare mentre davanti ai suoi occhi, insieme al terrore, non si materializzò altro che il ricordo di quelle immagini alla tv, il messaggio di allerta in diretta nazionale. Avrebbe voluto chiedere aiuto, ma la paura sembrava averle preso la lingua e sopraffatto il suo coraggio. Hyeseon voltò istintivamente le spalle a suo padre, cercando di raggiungere la cucina per tentare di recuperare qualcosa che potesse intimidirlo, ma nella foga si ritrovò presto stesa a terra contro il tappeto del salotto, sbattendo la testa sul pavimento. Si rialzò comunque quasi immediatamente, anche se a fatica, senza avere il tempo di lamentarsi dell'acuto dolore che sentì propagarsi all'interno della sua testa, ma non riuscì nemmeno ad avvicinarsi al cassetto delle posate, perché quell'uomo che tanto assomigliava a suo padre l'aveva ormai raggiunta, afferrandole la spalla con forza. 
 

— Papà! — provò a gridare ancora. Ma, in quel momento, Hyeseon capì. Non sapeva perchè ma, anche se evidentemente era arrivata la sua fine, non avrebbe mai compiuto un gesto che potesse arrecargli dolore. Si sarebbe lasciata andare, qualsiasi cosa le avesse fatto. Era pronta a sopportare anche il dolore più lancinante, se fosse stato suo padre a procurarglielo. Chiuse gli occhi e non potè fare altro che mettersi a pregare Lee Hyeseon, vergognandosi di sè stessa per il poco coraggio e la totale mancanza di istinto di sopravvivenza.

Poi non sentì più nulla.

Il rumore era stato così improvviso e violento che, per un secondo, Hyeseon aveva persino dimenticato come si facesse a respirare. Non riusciva ad udire nient'altro che un acuto fischio nelle orecchie: solo il suo sguardo si mosse per un istante verso la tv del salotto, rimasta accesa e dalla quale continuavano a provenire immagini di inspiegabili crolli ed incidenti in tutta la rete dei trasporti della città. Avrebbe voluto chiedere a qualcuno il perché stesse succedendo una cosa del genere, a cosa fosse dovuto tutto questo, ma nessun suono uscii dalla sua bocca, secca ed impastata. Rimase semplicemente così, immobile, poiché tutto intorno a lei aveva iniziato a vorticare irrefrenabilmente. Grosse macchie di sangue imbrattavano ora quella sua camicetta azzurra ed il costoso parquet dove Hyeseon decise nuovamente di accasciarsi, scoprendosi incapace di reggere ulteriormente il proprio peso, in un tonfo sordo che però nulla aveva a che fare con quello assordante ed insostenibile di poco prima.

Si portò entrambe le mani alle orecchie, come a volersi isolare da un mondo che, fuori da quella piccola stanza, sembrava stesse letteralmente crollando a pezzi, esattamente come lei.

Rimase lì, in ginocchio nell'angolo tra il salotto e la cucina del suo piccolo appartamento per un tempo imprecisato, gli occhi sbarrati ad osservare impietrita la figura di suo padre ora stesa a terra, esanime, in un lago di sangue. Davvero non riusciva a capacitarsi di come proprio lui, l'uomo che l'aveva cresciuta per diciannove anni con tutto l'amore che solo un genitore saprebbe dare, avesse improvvisamente cercato di afferrarla per le gambe, spalancando poi la bocca in maniera del tutto innaturale, come se avesse voluto morderla
Un tremito di paura misto a dolore percorse la sua schiena, ora a contatto con la fredda parete del salotto. Si trovò così a fissare il vuoto, incapace di sostenere oltre quelle macabre immagini che, sapeva, l'avrebbero tormentata forse per il resto della sua vita. Ma, in quello stesso vuoto, Hyeseon potè finalmente scorgere i profili di due figure estremamente familiari.

La prima di queste le si avvicinò senza temere alcuna sua reazione: era quella di un cucciolo di cane lupo dal folto pelo nero e due grandi occhi gialli che Hyeseon accolse volentieri tra le sue braccia. Rinsavì quando avvertì sulla sua mano una strana ma piacevole sensazione di calore: con la lingua umida quel cane stava cercando di trasmetterle un pò del suo affetto. O forse solo parte del suo coraggio. E per un fugace istante le labbra di Hyeseon si mossero verso l'alto, quasi come a voler sorridere, mentre la mano rimasta libera iniziò ad accarezzare delicatamente il muso di quell'animale, trovando un insperato conforto nella morbidezza del suo pelo. Confortata dall'affetto di quel giovane esemplare, Hyeseon potè finalmente lasciarsi andare in un pianto liberatorio mentre una seconda figura, questa volta dalle fattezze estremamente umane, si era fatta sempre più vicina, accovacciandosi solo una volta di fronte a lei, portando istintivamente una mano contro quelle guance accaldate dal pianto. E sarebbe rimasta volentieri in quella posizione a lungo Hyeseon, se non fosse stato proprio per quella mano. Quelle stesse dita lunghe e affusolate che poco prima avevano premuto il grilletto da cui era partito il colpo fatale contro suo padre, ora si muovevano leggere ed innocue sulle sue gote, nel tentativo di renderle meno umide. Sospirò impercettibilmente, come a voler trattenere gli spasmi dovuti al pianto prima di trovare la forza per sollevare lo sguardo verso colui che, nonostante quel pomeriggio avesse compiuto un gesto che lei non avrebbe mai potuto dimenticare, le aveva comunque salvato la vita e ora le stava tendendo la mano, mentre i suoi grandi occhi color nocciola non chiedevano altro che afferrarla.

─ Ho detto che ti avrei sempre protetta, ora non devi più preoccuparti di nulla, perché io non andrò da nessuna parte senza di te, ─

Si mise a sedere sul letto madida di sudore, scostando solamente un poco le lenzuola per cercare di alleviare gli spasmi del suo corpo, alla ricerca di un qualunque contatto con la leggera brezza estiva che avvertiva provenire dalla piccola finestra, leggermente socchiusa accanto al letto. Si portò una mano contro petto, cercando per quanto possibile di ritrovare un battito regolare, aiutandosi con respiri regolari e profondi e socchiudendo momentaneamente gli occhi, per riacquistare la lucidità perduta.

Lee Hyeseon l'aveva sempre saputo. Sapeva che le immagini e ciò che era stata costretta a vivere sulla sua pelle in quell'ormai lontano pomeriggio di una calda estate di quattro anni fa avrebbero continuato a perseguitare le sue notti, tingendole di rosso.

Rosso, come il colore del sangue. Rosso, come l'odore di morte che da troppo tempo ormai non faceva altro che tormentare le sue giornate, sempre uguali, sempre trascorse nella flebile speranza di riuscire a vedere l'alba di un nuovo giorno, di un nuovo inizio dalle sfumature più rosee.
 

 




 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

ammettetelo, vi sono mancata un casino con le mie storie traboccanti di angst e che poco hanno a che fare con sentimentalismi ed happy ending vero?

beh, sappiate che dopo un complesso ed infinito periodo di gestazione [sono due MOTHERFUCKING YEARS (semicit.) che sto cercando di provare a scrivere ciò che voi avete letto oggi] la vostra bridget torna alla carica con questa nuova long dove i nostri cari e adorabili bts se la dovranno vedere con un'apocalisse zombie. roba da poco e soprattutto molto happy lol 🚀

vorrei chiedervi come state, se siete ancora vive, come va la vostra vita, ma se passerete di qua e avrete voglia di commentare con me sappiate che ne sarei felicissima! ah, mi trovate anche su instagram: ho aperto un profilo dove rimarrò sotto copertura (lol pt. 2), mi trovate con il nick bridgetvonblanche

ultima comunicazione, ma non meno importante(?): potrete trovare la mia storia pubblicata anche sulla mia pagina wattpad, sempre a nome di bridgetvonblanche 

detto questo spero con tutta me stessa di avervi incuriosite: attendo speranzosa i vostri pareri e vi aspetto al prossimo capitolo!

bvb

  
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