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Autore: Nemamiah    12/11/2018    0 recensioni
Dal testo:
Verity sorrise e rispose: ‹‹Io invece credo che ci sia sempre un motivo per il modo in cui si sceglie di agire, indipendentemente dall’essere buoni o cattivi.››
‹‹È un altro modo di vedere la vita, ma penso porti alla sofferenza. Chiunque può tradirti, fingere di essere in un modo e rivelarsi l’opposto. È necessario classificare le persone e scegliere chi non far avvicinare per essere felici.››
‹‹Anche la sofferenza può condurre alla felicità, non è sempre negativa.››
[...]
‹‹Forse è solo questione di scegliere quale rischio correre quando si conosce qualcuno, se tenerlo lontano dal tuo cuore o donarglielo anche se potrebbe distruggerlo, sapendo che significa concedergli la tua fiducia, saltare nel vuoto e sperare che ti prenda prima che tocchi il suolo.››
‹‹Un po’ come l’amore.››
‹‹No. L’amore è saltare nel vuoto e sapere che non toccherai il suolo perché qualcuno ti prenderà prima.››
[...]
‹‹Il problema è questo: fare la cosa giusta non è sinonimo di rendere tutti felici.››
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nero come il bianco - Raccolta'
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Dall’altro lato Scar la stava aspettando e prima che Verity dicesse una qualsiasi cosa in merito alla promessa, alzò le mani in segno di resa, dicendo che doveva solo aiutarla.

La ragazza per poco non scoppiò a ridere, abbassandogli le mani e lasciandosi accompagnare fino alla radura centrale, vicino alla fonte. Scar si chiese cosa rendesse la ragazza così allegra, mai aveva mostrato tanta felicità e, strano a dirlo per lui, lo contagiò. Lentamente sbocciò un sorriso anche sul suo volto, meno convinto di quello di Verity ma altrettanto sereno.

Ancora una volta la presenza della ragazza gli distendeva i nervi, drogandoli con quella dolce influenza che lo inebriava e abbassava le barriere di intransigenza che teneva sempre sollevate. E nel mentre nasceva il desiderio di raccontarle un po’ del suo passato, pensando che lei vi avrebbe letto l’invisibile e che avrebbe consolato la sua anima come nessun’altro. Nonostante tutto non le avrebbe parlato. Avrebbe aspettato il momento in cui sarebbe stata lei a chiedergli, a voler conoscere i suoi segreti. Adesso doveva solo aiutarla ad andare sulla Terra senza essere percepita.

‹‹Dimmi, cosa devo fare?›› Verity era ferma, con la schiena rivolta alla fonte, e lo fissava aspettando di ricevere gli ordini.

Lelahel aveva concordato, insieme a Mary, che la ragazza avrebbe viaggiato attraverso la scia di Scar, così da arrivare a destinazione senza intoppi.

La scia angelica era sicuramente il metodo più veloce per viaggiare: era un lungo corridoio in grado di allargarsi o allungarsi a seconda di dove l’angelo dovesse dirigersi. Ne esistevano di fisse, scie legate a un luogo di partenza preciso, oppure potevano essere create sul momento, adattandole alle esigenze. La scia di Scar era una delle più precise.

Il giovane chiamò Lidwig ad alta voce e questo si materializzò in pochi secondi, salutando Verity con un carezza che le scompigliò i capelli. Si arrotolò su se stesso, guidato dalla magia di Scar, e si trasformò poi in un portone nero e tondo.

‹‹Tieni gli occhi chiusi, per favore. Preferirei che per ora non vedessi i ricordi che contiene.››

Verity annuì e li chiuse, ma Scar li coprì lo stesso con una benda scura; la prese per mano e la condusse all’interno.

Scar camminava in silenzio, sospirando quando si imbatteva in uno dei ricordi felici della sua infanzia, mentre Verity arricciava il naso ogni volta che lo sentiva, chiedendosi cosa si stesse perdendo e perché non potesse vederlo. Non poteva avere un passato così terribile.

Nella sua mente intanto la Magia aveva preso a sussurrare, commentando acida il comportamento di Scar e distraendo la ragazza dal prurito al naso che la benda le causava.

“Ti sta nascondendo qualcosa. Non si fida di te probabilmente, quindi perché tu dovresti?”

Verity le ordinò, mentalmente, di stare zitta e non importunarla. Lelahel diceva che Scar era uno degli angeli che aveva sofferto maggiormente in guerra. Non la condivideva, ma capiva in parte la decisione di non mostrarle il suo passato.

“Certo, perché tu di ricordi tristi non ne hai. Sei la custode, non dovrebbe nasconderti nulla, men che meno memorie della guerra di cui abbiamo disperatamente bisogno.”

Non aveva mai creduto che il suo titolo le desse il diritto di curiosare indiscretamente nei ricordi degli altri angeli e nemmeno che sapere della guerra fosse necessario in quel momento. Cosa le avrebbe portato? Non avrebbe cambiato la sua opinione su Lucifero né sugli arcangeli.

“Perché ti sei fatta un’opinione su di loro, sul serio? Credevo che stessi ancora cercando di capire cosa tu stia facendo qui di preciso.”

Non avevamo deciso di avere un rapporto civile, senza sarcasmo?

Aveva una piccola opinione, nulla di importante, e che sarebbe sicuramente cambiata col tempo, man mano che scopriva nuove sfaccettature degli angeli. Ma in quel momento doveva arrivare sulla Terra e cercare di dare una mano.

“Va bene, pensala come vuoi. In ogni caso io starei molto attenta con quei due Ingranaggi, avevi sentito una certa energia provenire da loro. Qualcosa di decisamente instabile.”

Come diamine?

“Devo ricordarti ancora che vedo tutti i tuoi ricordi? Qualche volta mi perdo quelli recenti, non li condividi con me, ma alla fine forzo la barriera e li guardo.”

Poteva conoscere proprio tutti i suoi ricordi quindi…

“Non quelli di Lucifero: li tieni troppo stretti a te. Oserei dire che ne sei quasi gelosa, ed è un bene. Così nessuno potrà mai vederli, nemmeno forzando le tue barriere, e smettila di sorridere perché so che lo stai facendo e non credo che apparirebbe molto nomale agli occhi di Scar. Sii felice internamente. Raffaele non capirà mai quanto tu ami quell’angelo.”

Io non lo amo!

“Certo, stavi solo per scoppiare a piangere mentre chiedevi a Mary dove fosse… Ops, troppo sarcasmo?”

Ero solo tesa, nulla di più, e sì, troppo sarcasmo.

“Certo, la stessa tensione che hai provato quando hai provato a dire a Metatron e Raziel che non ti fidi di lui…”

Erano solo indecisione e imbarazzo.

“Certo, lo stesso imbarazzo di quando sei scappata da lui la prima volta, lo stesso di quando ti sei ingelosita per la donna bellissima per cui si è ribellato. Puoi prendere in giro chiunque, davvero tutti, anche te stessa se decidi di farlo, ma non me. Io sono te.”

Verity si sentì colpita nel vivo questa volta e non pensò a nulla.

“Non mi rispondi? Hai esaurito le scuse? Finalmente, temevo non sarebbe mai giunto questo momento.”

Verity non aveva mai pensato che quell’affezione per Lucifero, non aveva senso negarla, potesse essere amore. Non ci aveva ragionato sopra, non…

“Non serve a nulla. Non puoi ragionare sui sentimenti, è inutile, oltre che doloroso. Cuore e ragione non camminano a braccetto, altrimenti Lucifero non si sarebbe mai ribellato. Non puoi analizzare ciò che è irrazionale con il razionale, è come far crescere fiori con il veleno anziché con l’acqua. Al momento giusto capirai da sola, senza aver dovuto ragionare, quali forze invisibili siano nascoste in te, e saprai anche cosa sarai disposta a sacrificare per esse.”

Cos’è questa improvvisa gentilezza?

“Qualche volta anche io sono gentile. Ma sai, è molto più divertente sgridarti, non posso farne a meno.”

Stava per ringraziarla, ma non percepì più la sua presenza; sentì le dita di Scar allentarle la benda e sfiorarle gli zigomi. Fu felice di poter rivedere la Terra, anche se era inverno e la natura era addormentata. Il cielo era limpido e brillava un sole pallido; i rami degli alberi si innalzavano nudi verso il cielo in una tacita richiesta di calore; il suolo era coperto da un sottile strato di neve ghiacciata e luccicava. Guardando attentamente riconobbe il vialetto e il giardino di una casa vicina alla sua, pensò a quanto tempo fosse passato.  

Scar la riscosse dai suoi pensieri saltando giù dalla terrazza e Verity gli chiese se non fosse il caso di nascondere le ali.

‹‹Non ne avremo bisogno. Fino a quando non libererai la magia rimarranno nascoste e sembreremo dei comuni umani, anche se in realtà staremo volando. E ora, muoviamoci.››

Verity annuì e fece segno a Scar di seguirla, invece di dirigersi verso la strada.

‹‹Se passiamo per la strada ci metteremo una vita, è meglio tagliare tra i giardini delle case in periferia. Arriveremo prima e senza farci notare.››

Scar la seguì, mantenendo il passo lesto della ragazza. Quando arrivarono alla porta sul retro del laboratorio fu costretto a darle ragione. Avevano impiegato pochissimo tempo, anche se più volte l’aveva quasi persa tra gli alberi a causa del frequente inciampare tra le radici.

Verity sfiorò la maniglia della porta e una scarica elettrica le percorse il corpo, scaricandosi nelle ali, facendola arretrare di alcuni passi. Sentiva un ronzio nella testa, diverso dal battito dell’anima, come se uno sciame di api la seguisse. Doveva ignorarlo, come le aveva detto Gabriele.

Scar aprì la porta come se non si fosse accorto della scossa e camminò lentamente all’interno. Sapeva che Raffaele non avrebbe mai messo nessuno a guardia delle scale sul retro, troppo sicuro delle proprie capacità. Salirono al piano di sopra, scoprendosi nascosti da uno dei grandi macchinari presenti nella stanza e per poco non inciamparono nei cavi che uscivano da un suo angolo. Sbirciarono con gli occhi, velocemente, ma non trovarono nulla di diverso da come avrebbe dovuto essere: non c’erano né angeli né dannati nella stanza. I ricercatori stavano lavorando e nessuno si era accorto della loro presenza, concentrati com’erano nelle loro analisi. Ogni tanto guardavano lo schema dei dati di Verity che la ragazza aveva trovato molto tempo prima, osservando poi i grafici relativi alla magia degli Ingranaggi.  E Verity lo trovò strano. Strano perché suo padre non era lì a direzionarli; strano perché erano come automi che non parlavano, non scherzavano, non si scambiavano occhiate di complicità e soddisfazione come avevano fatto quando lei era andata lì per la prima volta. Sbirciò più volte l’intera stanza, cercando qualcosa che spiegasse quel comportamento, mentre Scar si spostava in avanti, lasciandola indietro. Notò un minuscolo movimento dietro un altro macchinario, una piuma macchiata di rosso e la riconobbe subito: era una delle piume colorate di Hariel. Notò anche la comoda disposizione dei macchinari, che le avrebbe permesso di raggiungerla senza mai uscire dalla loro protezione. Hariel la riconobbe e fu abbastanza calma da farle solo segno di avvicinarsi. Le parlò con un tono di voce appena udibile.

‹‹Raffaele è in un’altra stanza, ma sono tutti così. Sono sicuramente sotto un incanto della mente, ma non sappiamo da dove arrivi.››

Verity annuì e si sostituì ad Hariel per osservare la stanza da un altro punto di vista. E colse una nuova stranezza: alcuni ricercatori si muovevano appena prima degli altri, come se non fossero controllati.  Era però una differenza quasi impercettibile, e si stupì di averla notata, pensando che fosse un’illusione creata dal suo desiderio di vedere qualcosa.

All’improvviso Victor entrò nella stanza, proprio mentre uno dei ricercatori che sembravano liberi scostava la teca in vetro che conteneva Benihime.

‹‹Fuori di qui! Non avete il diritto di stare qui e men che meno di toccare gli Ingranaggi.››

Fermato di colpo, gli occhi blu del ricercatore si colorarono di rosso e questo pronunciò alcune parole a bassa voce.

Fu l’unica a riconoscerlo, l’unica a muoversi prima di tutti gli altri.

‹‹Papà!››

Si parò di fronte a lui, chiudendo le ali ricche di magia davanti a sé come uno scudo e respinse l’onda di fuoco nero. Victor aveva inutilmente portato le braccia di fronte al viso, generando un piccolo scudo, sapendo che non sarebbe bastato. Credette di sognare sentendo qualcuno chiamarlo papà e quando riaprì le palpebre trovò i meravigliosi occhi smeraldo di Verity che lo guardavano fisso. La ragazza fece un sorriso veloce e ritornò seria, ma quel breve attimo bastò a fargli capire come quella di fronte a lui fosse davvero sua figlia, la sua dolce figlia che lo proteggeva.

Yelahiah aveva ripreso la propria forma angelica insieme agli altri dannati del gruppo: tre in quella stanza. Sentirono un’esplosione e delle urla provenire dalle stanze adiacenti, mentre Raffaele e gli altri entrarono indietreggiando e l’ombra di Lelahel si affacciò sul tetto a forma di cupola.

Yelahiah sorrideva con gli occhi e con la bocca, come se fosse stato contento di avere lì tutti loro: ‹‹Immagino non siate qui per giocare, e nemmeno per parlare, ma non abbiamo intenzione di andarcene senza il premio.››

Raffaele aveva colto un momento per voltarsi mentre il dannato parlava, rispondendo a un attacco subito dopo.

“Stai pronta. Stai pronta e qualsiasi cosa faccia Yelahiah, fermalo. Chiamami.”

La voce della Magia impartì a Verity il suo ordine e il diadema si fece visibile sulla testa, mentre le gemme cominciavano a brillare.

Yelahiah si librò in volo nel momento in cui Lelahel provò a colpirlo con due colonne d’acqua che al suo posto investirono Lecabel e Yeiayel, facendo svenire quest’ultimo, e contemporaneamente Harael intonò un canto che obbligò i ricercatori ad alzarsi e ad attaccare Hariel, ancora nascosta, e Dakota, che aveva seguito Victor nel laboratorio. Veuliah proteggeva la compagna e le bastò aprire gli occhi per lanciare una scarica elettrica che creò un cortocircuito in tutti i macchinari, costringendo Hariel ad uscire allo scoperto.

Raffaele cercò di limitare i poteri dell’angelo dell’elettricità alzando muri di terra intorno a lei che però resistevano troppo poco perché potessero sortire un effetto importante. Dakota si avvicinò a Victor, incredulo, e cercò di trascinarlo via, ma si ritrovò costretta a fronteggiare Lecabel.

Scar si stava occupando di Yeiayel, assicurandosi che non si risvegliasse nel mezzo della battaglia, ma guardò esterrefatto Verity alzarsi in volo verso Yelahiah quando nessuno si stava curando degli Ingranaggi.

In aria, tra scariche elettriche, colonne d’acqua e di fuoco, detriti di terra e massi volanti, per Verity era quasi impossibile volare senza prestare anche attenzione a quello che accadeva sotto e non si accorse subito di come Yelahiah stesse concentrando magia nera nelle sue mani.

Gli piaceva. A Yelahiah piaceva Verity. Era l’unica a non avere paura di lui e questo, ai suoi occhi, la rendeva immensamente interessante. C’era agitazione sottopelle, ma anche adrenalina e voglia di rivincita; il battito accelerato di un cuore che stava richiamando la magia senza chiamare chi la possedesse. Non aveva però né il tempo, né la voglia di giocare con quella ragazzina che recitava la sua parte di custode, per quanto superba fosse l’interpretazione.  Sbirciò in basso: Lecabel stava combattendo con quell’umana e con Hariel mentre Yeiayel era ancora a terra svenuto; Harael continuava a cantare con la sua bellissima voce, controllando i ricercatori e attaccando nello stesso momento i due banali angeli custodi che si erano aggiunti alla comitiva; Veuliah teneva occupati l’arcangelo e Lelahel con un campo elettrico impenetrabile; Scar combatteva contro i ricercatori mentre l’uomo che Verity aveva protetto prendeva gli Ingranaggi dalle teche. Doveva sbrigarsi.

‹‹Allora piccola custode, stiamo qui a fissarci o ti senti in grado di combattere? Sai, anche gli angeli possono morire… Moriresti due volte, pochi possono dire di aver vissuto un tale miracolo.››

‹‹Vattene via, Yelahiah. Non hai nessuna opportunità, richiama i tuoi e torna nell’Inferno. Non voglio sentire nessuna parola uscire dalla tua bocca.››

Yelahiah sorrise di nuovo, ghignando: ‹‹Hai per caso paura di quello che potrei dire? Non serve fingere di non volermi ascoltare, lo so che lo vuoi.››

Verity prese una lunga boccata d’aria. Certo che voleva ascoltarlo: ogni sua parola avrebbe potuto aiutarli a capire come intendesse sfruttare gli Ingranaggi e che trattamento avrebbe riservato ai Regni Angelici.

‹‹Dirò solo questo, è tutto quello di cui ho bisogno. Specchiati nella fonte di Eteria e fammi sapere di che morte morirai.››

Sorrise ancora, allargò le ali e aprì le mani.

Verity ebbe appena un battito di ciglia per decidere cosa fare e, istintivamente, allungò le mani, emanando magia pura dal cristallo bianco sulla fronte. Sentì Yelahiah ringhiare e aprì gli occhi. Aveva purificato il fuoco nero del dannato, trasformandolo in una bianca fiamma che roteò per la stanza, favorendo i compagni della ragazza nella battaglia.

Fu il fuoco bianco a tradirla, impedendole di guardare i movimenti di Yelahiah. Questo rideva tenendo gli Ingranaggi in mano, ai suoi piedi il corpo del padre di Verity si contorceva su se stesso, nel dolore che il fuoco nero provocava nelle sue carni mortali. Scomparve in una nube di fumo nera insieme ai suoi quattro seguaci, mentre Verity l’osservava impotente, incapace di muoversi.

La sua risata maligna risuonò nelle orecchie di Verity a lungo, mentre abbracciava il corpo senza vita di Victor, piangendo lacrime amare.

Avrebbe dovuto muoversi; avrebbe dovuto dire a Michele di proteggere suo padre, di farla partecipare fin da subito a quella spedizione invece di lasciare a Raffaele la scelta; avrebbe dovuto diventare molto più potente e fermare Yelahiah, farlo soffrire così tanto da obbligarlo a chiedere pietà, a implorarla di non ucciderlo. Sì, in quel momento lo avrebbe ucciso, pur sapendo che si sarebbe pentita successivamente, ma lo avrebbe condannato senza dubbi.

Dakota si era avvicinata a Victor, ma era anche indietreggiata appena aveva riconosciuto il volto di Verity nascosto dalle ali, rimanendo a distanza con il cuore spezzato, senza parole come gli angeli presenti nella stanza. Erano tutti feriti, chi più gravemente come Raffaele, che si stava ricucendo malamente con un filo magico il braccio squarciato da un fulmine, chi meno come Hariel o Scar. Nessuno osava parlare e si sentivano appena i respiri pesanti, coperti dai lamenti della ragazza. Dopo un po’ Dakota decise di avvicinarsi, inginocchiandosi al fianco della giovane, posandole delicatamente una mano sulla spalla. Qualsiasi cosa fosse appena successa, pensava Dakota, quell’angelo era Verity e aveva bisogno di lei perché, per quanto quella situazione sembrasse un sogno, l’uomo morto tra le braccia della ragazza era reale. Verity si girò a quel tocco, e le sue ali cambiarono colore per un istante, diventando rosse come il sangue, ma appena riconobbe Dakota si rilassò, lasciando che la ragazza l’abbracciasse. E nel tornare del colore abituale, le ali rilasciarono la magia di cui ancora erano impregnate, curando le ferite di chi le stava intorno senza averlo desiderato. Raffaele guardò il suo braccio di nuovo sano, poi Verity e, nonostante la rabbia per averla trovata lì quando sarebbe dovuta essere in Paradiso, pensò che non fosse stata un tragedia la sua presenza. Era stata utile, almeno un poco.

‹‹Dovremmo seguirli, possiamo ancora prenderli›› disse l’arcangelo.

Verity alzò il viso dalla spalla di Dakota, le guance rosse rigate di lacrime, e lo fulminò con lo sguardo: ‹‹Sta zitto. Tornatene nel Paradiso e sta zitto. Lasciami in pace. Mio padre è morto e...››

‹‹Quello non è più tuo padre, lo dovresti sapere.››

Nessuno si sarebbe aspettato la reazione della ragazza. Si alzò in piedi, fermandosi di fronte all’arcangelo e lo schiaffeggiò.

‹‹Ho detto che mio padre è morto e io non ho potuto salvarlo. Lui sarà sempre mio padre, anche se non sono più un’umana. Non osare parlare, non osare commentare ciò che non vuoi comprendere. Torna a fare il capitano delle truppe e vai via.››

‹‹Dovrei punirti per l’affronto che mi rivolgi.››

‹‹Fallo. Ma pensi davvero che mi farei qualche scrupolo prima di ucciderti, ora?››

Raffaele non replicò, vedendo nello sguardo spento della custode la ferma intenzione di distruggerlo nel caso l’avesse affrontata in quel momento. Preferì andarsene da solo e tornare a casa.

Dakota prese Verity a braccetto, portandola fuori da quella stanza, al piano di sotto, nell’ufficio di Victor. Dopo di che tornò al piano di sopra, dicendo che li avrebbe teletrasportati tutti in un altro luogo, dove avrebbero potuto riposare. Nessuno si oppose e li portò nell’appartamento dove abitava, certa che lì nessuno li avrebbe visti.

Una volta messa a letto Verity e assicuratasi che non si sarebbe risvegliata per parecchie ore, si sedette su una delle sedie della cucina, cercando di dare un senso a ciò che aveva appena vissuto. Da qualche parte c’era una spiegazione per tutto quello e forse ne avrebbe afferrata una parte. Mentre pensava, non si accorse degli ordini impartiti da Lelahel e che inviarono Hariel, insieme ai due angeli ancora presenti, in Paradiso e di come Scar avesse salito le scale. Si risvegliò quando Lelahel si sedette su una sedia vicina, chiedendole se volesse sapere i dettagli di quella faccenda. Lentamente le spiegò cosa fosse avvenuto sotto i suoi occhi, e quanto fosse stato importante, procedendo all’indietro e arrivando a raccontarle delle origini, descrivendo brevemente la posizione di Verity in quella confusione di intrecci. Ci vollero tutte le ore in cui la ragazza avrebbe dovuto dormire e una volta che Lelahel ebbe terminato, nonostante il caos di pensieri che le affollavano la mente, le era tutto un po’ più chiaro e sembrava anche meno spaventoso.

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Aggiornamenti regolari, questi sconosciuti… Mi dispiace davvero per non essere riuscita ad aggiornare prima di oggi, mi rendo conto di non essere molto affidabile. Tuttavia vi ringrazio per aver continuato a leggere, vi vedo carissimi, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

 

Alla prossima,

Nemamiah

 

   
 
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