Dall’altro
lato Scar la stava aspettando e prima che Verity dicesse una qualsiasi cosa in
merito alla promessa, alzò le mani in segno di resa, dicendo che doveva solo
aiutarla.
La
ragazza per poco non scoppiò a ridere, abbassandogli le mani e lasciandosi
accompagnare fino alla radura centrale, vicino alla fonte. Scar si chiese cosa
rendesse la ragazza così allegra, mai aveva mostrato tanta felicità e, strano a
dirlo per lui, lo contagiò. Lentamente sbocciò un sorriso anche sul suo volto,
meno convinto di quello di Verity ma altrettanto sereno.
Ancora
una volta la presenza della ragazza gli distendeva i nervi, drogandoli con
quella dolce influenza che lo inebriava e abbassava le barriere di
intransigenza che teneva sempre sollevate. E nel mentre nasceva il desiderio di
raccontarle un po’ del suo passato, pensando che lei vi avrebbe letto
l’invisibile e che avrebbe consolato la sua anima come nessun’altro. Nonostante
tutto non le avrebbe parlato. Avrebbe aspettato il momento in cui sarebbe stata
lei a chiedergli, a voler conoscere i suoi segreti. Adesso doveva solo aiutarla
ad andare sulla Terra senza essere percepita.
‹‹Dimmi,
cosa devo fare?›› Verity era ferma, con la schiena rivolta alla fonte, e lo
fissava aspettando di ricevere gli ordini.
Lelahel
aveva concordato, insieme a Mary, che la ragazza avrebbe viaggiato attraverso
la scia di Scar, così da arrivare a destinazione senza intoppi.
La
scia angelica era sicuramente il metodo più veloce per viaggiare: era un lungo
corridoio in grado di allargarsi o allungarsi a seconda di dove l’angelo dovesse
dirigersi. Ne esistevano di fisse, scie legate a un luogo di partenza preciso,
oppure potevano essere create sul momento, adattandole alle esigenze. La scia
di Scar era una delle più precise.
Il
giovane chiamò Lidwig ad alta voce e questo si materializzò in pochi secondi,
salutando Verity con un carezza che le scompigliò i capelli. Si arrotolò su se
stesso, guidato dalla magia di Scar, e si trasformò poi in un portone nero e
tondo.
‹‹Tieni
gli occhi chiusi, per favore. Preferirei che per ora non vedessi i ricordi che
contiene.››
Verity
annuì e li chiuse, ma Scar li coprì lo stesso con una benda scura; la prese per
mano e la condusse all’interno.
Scar
camminava in silenzio, sospirando quando si imbatteva in uno dei ricordi felici
della sua infanzia, mentre Verity arricciava il naso ogni volta che lo sentiva,
chiedendosi cosa si stesse perdendo e perché non potesse vederlo. Non poteva
avere un passato così terribile.
Nella
sua mente intanto la Magia aveva preso a sussurrare, commentando acida il
comportamento di Scar e distraendo la ragazza dal prurito al naso che la benda
le causava.
“Ti sta nascondendo
qualcosa. Non si fida di te probabilmente, quindi perché tu dovresti?”
Verity
le ordinò, mentalmente, di stare zitta e non importunarla. Lelahel diceva che
Scar era uno degli angeli che aveva sofferto maggiormente in guerra. Non la
condivideva, ma capiva in parte la decisione di non mostrarle il suo passato.
“Certo, perché tu di
ricordi tristi non ne hai. Sei la custode, non dovrebbe nasconderti nulla, men
che meno memorie della guerra di cui abbiamo disperatamente bisogno.”
Non
aveva mai creduto che il suo titolo le desse il diritto di curiosare
indiscretamente nei ricordi degli altri angeli e nemmeno che sapere della
guerra fosse necessario in quel momento. Cosa le avrebbe portato? Non avrebbe
cambiato la sua opinione su Lucifero né sugli arcangeli.
“Perché ti sei fatta
un’opinione su di loro, sul serio? Credevo che stessi ancora cercando di capire
cosa tu stia facendo qui di preciso.”
Non avevamo deciso di avere
un rapporto civile, senza sarcasmo?
Aveva
una piccola opinione, nulla di importante, e che sarebbe sicuramente cambiata
col tempo, man mano che scopriva nuove sfaccettature degli angeli. Ma in quel
momento doveva arrivare sulla Terra e cercare di dare una mano.
“Va bene, pensala come
vuoi. In ogni caso io starei molto attenta con quei due Ingranaggi, avevi
sentito una certa energia provenire da loro. Qualcosa di decisamente
instabile.”
Come diamine?
“Devo ricordarti ancora
che vedo tutti i tuoi ricordi? Qualche volta mi perdo quelli recenti, non li
condividi con me, ma alla fine forzo la barriera e li guardo.”
Poteva
conoscere proprio tutti i suoi ricordi quindi…
“Non quelli di Lucifero:
li tieni troppo stretti a te. Oserei dire che ne sei quasi gelosa, ed è un
bene. Così nessuno potrà mai vederli, nemmeno forzando le tue barriere, e
smettila di sorridere perché so che lo stai facendo e non credo che apparirebbe
molto nomale agli occhi di Scar. Sii felice internamente. Raffaele non capirà
mai quanto tu ami quell’angelo.”
Io non lo amo!
“Certo, stavi solo per
scoppiare a piangere mentre chiedevi a Mary dove fosse… Ops, troppo sarcasmo?”
Ero solo tesa, nulla di
più, e sì, troppo sarcasmo.
“Certo, la stessa tensione
che hai provato quando hai provato a dire a Metatron e Raziel che non ti fidi
di lui…”
Erano solo indecisione e
imbarazzo.
“Certo, lo stesso
imbarazzo di quando sei scappata da lui la prima volta, lo stesso di quando ti
sei ingelosita per la donna bellissima per cui si è ribellato. Puoi prendere in
giro chiunque, davvero tutti, anche te stessa se decidi di farlo, ma non me. Io
sono te.”
Verity
si sentì colpita nel vivo questa volta e non pensò a nulla.
“Non mi rispondi? Hai
esaurito le scuse? Finalmente, temevo non sarebbe mai giunto questo momento.”
Verity
non aveva mai pensato che quell’affezione per Lucifero, non aveva senso
negarla, potesse essere amore. Non ci aveva ragionato sopra, non…
“Non serve a nulla. Non
puoi ragionare sui sentimenti, è inutile, oltre che doloroso. Cuore e ragione
non camminano a braccetto, altrimenti Lucifero non si sarebbe mai ribellato.
Non puoi analizzare ciò che è irrazionale con il razionale, è come far crescere
fiori con il veleno anziché con l’acqua. Al momento giusto capirai da sola,
senza aver dovuto ragionare, quali forze invisibili siano nascoste in te, e
saprai anche cosa sarai disposta a sacrificare per esse.”
Cos’è questa improvvisa
gentilezza?
“Qualche volta anche io
sono gentile. Ma sai, è molto più divertente sgridarti, non posso farne a
meno.”
Stava
per ringraziarla, ma non percepì più la sua presenza; sentì le dita di Scar
allentarle la benda e sfiorarle gli zigomi. Fu felice di poter rivedere la
Terra, anche se era inverno e la natura era addormentata. Il cielo era limpido
e brillava un sole pallido; i rami degli alberi si innalzavano nudi verso il
cielo in una tacita richiesta di calore; il suolo era coperto da un sottile
strato di neve ghiacciata e luccicava. Guardando attentamente riconobbe il
vialetto e il giardino di una casa vicina alla sua, pensò a quanto tempo fosse
passato.
Scar
la riscosse dai suoi pensieri saltando giù dalla terrazza e Verity gli chiese
se non fosse il caso di nascondere le ali.
‹‹Non
ne avremo bisogno. Fino a quando non libererai la magia rimarranno nascoste e sembreremo
dei comuni umani, anche se in realtà staremo volando. E ora, muoviamoci.››
Verity
annuì e fece segno a Scar di seguirla, invece di dirigersi verso la strada.
‹‹Se
passiamo per la strada ci metteremo una vita, è meglio tagliare tra i giardini
delle case in periferia. Arriveremo prima e senza farci notare.››
Scar
la seguì, mantenendo il passo lesto della ragazza. Quando arrivarono alla porta
sul retro del laboratorio fu costretto a darle ragione. Avevano impiegato
pochissimo tempo, anche se più volte l’aveva quasi persa tra gli alberi a causa
del frequente inciampare tra le radici.
Verity
sfiorò la maniglia della porta e una scarica elettrica le percorse il corpo,
scaricandosi nelle ali, facendola arretrare di alcuni passi. Sentiva un ronzio
nella testa, diverso dal battito dell’anima, come se uno sciame di api la
seguisse. Doveva ignorarlo, come le aveva detto Gabriele.
Scar
aprì la porta come se non si fosse accorto della scossa e camminò lentamente
all’interno. Sapeva che Raffaele non avrebbe mai messo nessuno a guardia delle
scale sul retro, troppo sicuro delle proprie capacità. Salirono al piano di
sopra, scoprendosi nascosti da uno dei grandi macchinari presenti nella stanza
e per poco non inciamparono nei cavi che uscivano da un suo angolo. Sbirciarono
con gli occhi, velocemente, ma non trovarono nulla di diverso da come avrebbe
dovuto essere: non c’erano né angeli né dannati nella stanza. I ricercatori
stavano lavorando e nessuno si era accorto della loro presenza, concentrati
com’erano nelle loro analisi. Ogni tanto guardavano lo schema dei dati di
Verity che la ragazza aveva trovato molto tempo prima, osservando poi i grafici
relativi alla magia degli Ingranaggi. E
Verity lo trovò strano. Strano perché suo padre non era lì a direzionarli; strano
perché erano come automi che non parlavano, non scherzavano, non si scambiavano
occhiate di complicità e soddisfazione come avevano fatto quando lei era andata
lì per la prima volta. Sbirciò più volte l’intera stanza, cercando qualcosa che
spiegasse quel comportamento, mentre Scar si spostava in avanti, lasciandola
indietro. Notò un minuscolo movimento dietro un altro macchinario, una piuma
macchiata di rosso e la riconobbe subito: era una delle piume colorate di
Hariel. Notò anche la comoda disposizione dei macchinari, che le avrebbe permesso
di raggiungerla senza mai uscire dalla loro protezione. Hariel la riconobbe e
fu abbastanza calma da farle solo segno di avvicinarsi. Le parlò con un tono di
voce appena udibile.
‹‹Raffaele
è in un’altra stanza, ma sono tutti così. Sono sicuramente sotto un incanto
della mente, ma non sappiamo da dove arrivi.››
Verity
annuì e si sostituì ad Hariel per osservare la stanza da un altro punto di
vista. E colse una nuova stranezza: alcuni ricercatori si muovevano appena
prima degli altri, come se non fossero controllati. Era però una differenza quasi impercettibile,
e si stupì di averla notata, pensando che fosse un’illusione creata dal suo
desiderio di vedere qualcosa.
All’improvviso
Victor entrò nella stanza, proprio mentre uno dei ricercatori che sembravano
liberi scostava la teca in vetro che conteneva Benihime.
‹‹Fuori
di qui! Non avete il diritto di stare qui e men che meno di toccare gli
Ingranaggi.››
Fermato
di colpo, gli occhi blu del ricercatore si colorarono di rosso e questo
pronunciò alcune parole a bassa voce.
Fu
l’unica a riconoscerlo, l’unica a muoversi prima di tutti gli altri.
‹‹Papà!››
Si
parò di fronte a lui, chiudendo le ali ricche di magia davanti a sé come uno
scudo e respinse l’onda di fuoco nero. Victor aveva inutilmente portato le
braccia di fronte al viso, generando un piccolo scudo, sapendo che non sarebbe
bastato. Credette di sognare sentendo qualcuno chiamarlo papà e quando riaprì le palpebre trovò i meravigliosi occhi
smeraldo di Verity che lo guardavano fisso. La ragazza fece un sorriso veloce e
ritornò seria, ma quel breve attimo bastò a fargli capire come quella di fronte
a lui fosse davvero sua figlia, la sua dolce figlia che lo proteggeva.
Yelahiah
aveva ripreso la propria forma angelica insieme agli altri dannati del gruppo:
tre in quella stanza. Sentirono un’esplosione e delle urla provenire dalle
stanze adiacenti, mentre Raffaele e gli altri entrarono indietreggiando e
l’ombra di Lelahel si affacciò sul tetto a forma di cupola.
Yelahiah
sorrideva con gli occhi e con la bocca, come se fosse stato contento di avere
lì tutti loro: ‹‹Immagino non siate qui per giocare, e nemmeno per parlare, ma
non abbiamo intenzione di andarcene senza il premio.››
Raffaele
aveva colto un momento per voltarsi mentre il dannato parlava, rispondendo a un
attacco subito dopo.
“Stai pronta. Stai pronta
e qualsiasi cosa faccia Yelahiah, fermalo. Chiamami.”
La
voce della Magia impartì a Verity il suo ordine e il diadema si fece visibile
sulla testa, mentre le gemme cominciavano a brillare.
Yelahiah
si librò in volo nel momento in cui Lelahel provò a colpirlo con due colonne
d’acqua che al suo posto investirono Lecabel e Yeiayel, facendo svenire
quest’ultimo, e contemporaneamente Harael intonò un canto che obbligò i
ricercatori ad alzarsi e ad attaccare Hariel, ancora nascosta, e Dakota, che
aveva seguito Victor nel laboratorio. Veuliah proteggeva la compagna e le bastò
aprire gli occhi per lanciare una scarica elettrica che creò un cortocircuito
in tutti i macchinari, costringendo Hariel ad uscire allo scoperto.
Raffaele
cercò di limitare i poteri dell’angelo dell’elettricità alzando muri di terra
intorno a lei che però resistevano troppo poco perché potessero sortire un
effetto importante. Dakota si avvicinò a Victor, incredulo, e cercò di
trascinarlo via, ma si ritrovò costretta a fronteggiare Lecabel.
Scar
si stava occupando di Yeiayel, assicurandosi che non si risvegliasse nel mezzo
della battaglia, ma guardò esterrefatto Verity alzarsi in volo verso Yelahiah
quando nessuno si stava curando degli Ingranaggi.
In
aria, tra scariche elettriche, colonne d’acqua e di fuoco, detriti di terra e
massi volanti, per Verity era quasi impossibile volare senza prestare anche
attenzione a quello che accadeva sotto e non si accorse subito di come Yelahiah
stesse concentrando magia nera nelle sue mani.
Gli
piaceva. A Yelahiah piaceva Verity. Era l’unica a non avere paura di lui e
questo, ai suoi occhi, la rendeva immensamente interessante. C’era agitazione
sottopelle, ma anche adrenalina e voglia di rivincita; il battito accelerato di
un cuore che stava richiamando la magia senza chiamare chi la possedesse. Non
aveva però né il tempo, né la voglia di giocare con quella ragazzina che recitava
la sua parte di custode, per quanto superba fosse l’interpretazione. Sbirciò in basso: Lecabel stava combattendo
con quell’umana e con Hariel mentre Yeiayel era ancora a terra svenuto; Harael
continuava a cantare con la sua bellissima voce, controllando i ricercatori e
attaccando nello stesso momento i due banali angeli custodi che si erano
aggiunti alla comitiva; Veuliah teneva occupati l’arcangelo e Lelahel con un
campo elettrico impenetrabile; Scar combatteva contro i ricercatori mentre
l’uomo che Verity aveva protetto prendeva gli Ingranaggi dalle teche. Doveva
sbrigarsi.
‹‹Allora
piccola custode, stiamo qui a fissarci o ti senti in grado di combattere? Sai,
anche gli angeli possono morire… Moriresti due volte, pochi possono dire di aver
vissuto un tale miracolo.››
‹‹Vattene
via, Yelahiah. Non hai nessuna opportunità, richiama i tuoi e torna
nell’Inferno. Non voglio sentire nessuna parola uscire dalla tua bocca.››
Yelahiah
sorrise di nuovo, ghignando: ‹‹Hai per caso paura di quello che potrei dire?
Non serve fingere di non volermi ascoltare, lo so che lo vuoi.››
Verity
prese una lunga boccata d’aria. Certo che voleva ascoltarlo: ogni sua parola
avrebbe potuto aiutarli a capire come intendesse sfruttare gli Ingranaggi e che
trattamento avrebbe riservato ai Regni Angelici.
‹‹Dirò
solo questo, è tutto quello di cui ho bisogno. Specchiati nella fonte di Eteria
e fammi sapere di che morte morirai.››
Sorrise
ancora, allargò le ali e aprì le mani.
Verity
ebbe appena un battito di ciglia per decidere cosa fare e, istintivamente,
allungò le mani, emanando magia pura dal cristallo bianco sulla fronte. Sentì
Yelahiah ringhiare e aprì gli occhi. Aveva purificato il fuoco nero del
dannato, trasformandolo in una bianca fiamma che roteò per la stanza, favorendo
i compagni della ragazza nella battaglia.
Fu
il fuoco bianco a tradirla, impedendole di guardare i movimenti di Yelahiah. Questo
rideva tenendo gli Ingranaggi in mano, ai suoi piedi il corpo del padre di
Verity si contorceva su se stesso, nel dolore che il fuoco nero provocava nelle
sue carni mortali. Scomparve in una nube di fumo nera insieme ai suoi quattro
seguaci, mentre Verity l’osservava impotente, incapace di muoversi.
La
sua risata maligna risuonò nelle orecchie di Verity a lungo, mentre abbracciava
il corpo senza vita di Victor, piangendo lacrime amare.
Avrebbe
dovuto muoversi; avrebbe dovuto dire a Michele di proteggere suo padre, di
farla partecipare fin da subito a quella spedizione invece di lasciare a
Raffaele la scelta; avrebbe dovuto diventare molto più potente e fermare
Yelahiah, farlo soffrire così tanto da obbligarlo a chiedere pietà, a
implorarla di non ucciderlo. Sì, in quel momento lo avrebbe ucciso, pur sapendo
che si sarebbe pentita successivamente, ma lo avrebbe condannato senza dubbi.
Dakota
si era avvicinata a Victor, ma era anche indietreggiata appena aveva
riconosciuto il volto di Verity nascosto dalle ali, rimanendo a distanza con il
cuore spezzato, senza parole come gli angeli presenti nella stanza. Erano tutti
feriti, chi più gravemente come Raffaele, che si stava ricucendo malamente con
un filo magico il braccio squarciato da un fulmine, chi meno come Hariel o
Scar. Nessuno osava parlare e si sentivano appena i respiri pesanti, coperti
dai lamenti della ragazza. Dopo un po’ Dakota decise di avvicinarsi,
inginocchiandosi al fianco della giovane, posandole delicatamente una mano
sulla spalla. Qualsiasi cosa fosse appena successa, pensava Dakota, quell’angelo
era Verity e aveva bisogno di lei perché, per quanto quella situazione
sembrasse un sogno, l’uomo morto tra le braccia della ragazza era reale. Verity
si girò a quel tocco, e le sue ali cambiarono colore per un istante, diventando
rosse come il sangue, ma appena riconobbe Dakota si rilassò, lasciando che la
ragazza l’abbracciasse. E nel tornare del colore abituale, le ali rilasciarono
la magia di cui ancora erano impregnate, curando le ferite di chi le stava
intorno senza averlo desiderato. Raffaele guardò il suo braccio di nuovo sano,
poi Verity e, nonostante la rabbia per averla trovata lì quando sarebbe dovuta
essere in Paradiso, pensò che non fosse stata un tragedia la sua presenza. Era
stata utile, almeno un poco.
‹‹Dovremmo
seguirli, possiamo ancora prenderli›› disse l’arcangelo.
Verity
alzò il viso dalla spalla di Dakota, le guance rosse rigate di lacrime, e lo
fulminò con lo sguardo: ‹‹Sta zitto. Tornatene nel Paradiso e sta zitto. Lasciami
in pace. Mio padre è morto e...››
‹‹Quello
non è più tuo padre, lo dovresti sapere.››
Nessuno
si sarebbe aspettato la reazione della ragazza. Si alzò in piedi, fermandosi di
fronte all’arcangelo e lo schiaffeggiò.
‹‹Ho
detto che mio padre è morto e io non ho potuto salvarlo. Lui sarà sempre mio
padre, anche se non sono più un’umana. Non osare parlare, non osare commentare
ciò che non vuoi comprendere. Torna a fare il capitano delle truppe e vai
via.››
‹‹Dovrei
punirti per l’affronto che mi rivolgi.››
‹‹Fallo.
Ma pensi davvero che mi farei qualche scrupolo prima di ucciderti, ora?››
Raffaele
non replicò, vedendo nello sguardo spento della custode la ferma intenzione di
distruggerlo nel caso l’avesse affrontata in quel momento. Preferì andarsene da
solo e tornare a casa.
Dakota
prese Verity a braccetto, portandola fuori da quella stanza, al piano di sotto,
nell’ufficio di Victor. Dopo di che tornò al piano di sopra, dicendo che li
avrebbe teletrasportati tutti in un altro luogo, dove avrebbero potuto riposare.
Nessuno si oppose e li portò nell’appartamento dove abitava, certa che lì
nessuno li avrebbe visti.
Una
volta messa a letto Verity e assicuratasi che non si sarebbe risvegliata per
parecchie ore, si sedette su una delle sedie della cucina, cercando di dare un
senso a ciò che aveva appena vissuto. Da qualche parte c’era una spiegazione
per tutto quello e forse ne avrebbe afferrata una parte. Mentre pensava, non si
accorse degli ordini impartiti da Lelahel e che inviarono Hariel, insieme ai
due angeli ancora presenti, in Paradiso e di come Scar avesse salito le scale.
Si risvegliò quando Lelahel si sedette su una sedia vicina, chiedendole se
volesse sapere i dettagli di quella faccenda. Lentamente le spiegò cosa fosse
avvenuto sotto i suoi occhi, e quanto fosse stato importante, procedendo
all’indietro e arrivando a raccontarle delle origini, descrivendo brevemente la
posizione di Verity in quella confusione di intrecci. Ci vollero tutte le ore
in cui la ragazza avrebbe dovuto dormire e una volta che Lelahel ebbe
terminato, nonostante il caos di pensieri che le affollavano la mente, le era
tutto un po’ più chiaro e sembrava anche meno spaventoso.
Angolo dell’autrice
Aggiornamenti
regolari, questi sconosciuti… Mi dispiace davvero per non essere riuscita ad
aggiornare prima di oggi, mi rendo conto di non essere molto affidabile. Tuttavia
vi ringrazio per aver continuato a leggere, vi vedo carissimi, e spero che
questo capitolo vi sia piaciuto!
Alla
prossima,
Nemamiah