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Autore: Sofyflora98    12/11/2018    1 recensioni
Dal primo capitolo:
"Tutto era iniziato con un cadavere. Un uomo sui cinquanta, vedovo, che faceva una vita abbastanza tranquilla, senza avvenimenti degni di nota. Un bel giorno, di punto in bianco, era morto. L'avevano trovato riverso sui gradini di fronte alla porta di casa. Quando avevano cercato di identificare la causa del decesso, i dottori erano rimasti allibiti. Non c'era una causa. Niente che potesse spiegare come mai un uomo di mezza età perfettamente in salute fosse all'improvviso crollato a terra. Come se tutto il suo organismo si fosse fermato dolcemente, e basta.
Fino a che non colsero sul fatto l'assassino. Quello che fu presto chiarito era che non si trattava di un essere umano. Non del tutto perlomeno. Mangiava e respirava e dormiva. Solo che a volte assorbiva la vita dagli altri."
****
Johnlock
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quando il silenzio era finito, allora era iniziato il ronzio. Era strano rendersi conto di quanto il silenzio, che tanto lo aveva spaventato la notte precedente, potesse essere un sollievo. Ora non c’era riposo, non c’era tregua da quel nervoso ronzio che lo perseguitava. I suoni, fossero voci, rumori o musica, era disturbati da quella frequenza che, era sicuro, esisteva solo nella sua testa.
Il silenzio era tornato il giorno dopo ancora. Da lì in poi tornò a desiderare il ronzio. Sebbene quel costante rumore nelle orecchie gli avesse reso difficile formulare pensieri, ora il nulla, l’oceano bianco del silenzio, lo lasciava vuoto e sfinito. Tutto era come ovattato, mentre John si aggirava come un fantasma. Il silenzio non era, si rese conto, all’esterno.
Questo durò diverso tempo. Il tempo sufficiente per assistere al maledetto funerale. Quello che avrebbe preferito non vedere mai in vita sua.
Fu tutto molto formale e pulito. Semplice, veloce. Funzionale. Sherlock avrebbe approvato di sicuro.
La maggior parte dei presenti erano o della polizia o Creature. Alcuni individui che dovevano essere stati dei clienti che avevano “salvato” se ne stavano verso il centro della sala. Tutta la parte in fondo era occupata da Creature. Guardie? Probabile, visto che John era lì. Mycroft doveva avere ancora un po’ di considerazione per l’amore di suo fratello.
Sembrava surreale. A John non sembrava di camminare sulla terra. Non si sentiva correttamente connesso con il mondo esterno. Qualcosa non funzionava. A volte aveva difficoltà a capire cosa gli si stava dicendo, a restare concentrato, ad accorgersi delle persone che gli camminavano accanto. Si muoveva in trance, ed era come se la nebbia gli avesse colmato il cranio e offuscato i sensi.
Mycroft non si era presentato al funerale, ma John credeva di averlo intravisto in lontananza più tardi, al cimitero.
E tornò a casa. La casa vuota.
Perché era vuota, vero? Come aveva potuto abitare lì solo per tutto quel tempo, prima di condividerla con qualcuno? Solo l’idea gli pareva ora insostenibile.
Quella notte, quando si svegliò di soprassalto alle tre del mattino, il silenzio nella sua mente cessò. Fu allora che iniziarono le grida. Non un suono vero e proprio, ma uno stridio lancinante, un lamento, che era della stessa natura del silenzio. Solo in lui.
Niente, di colpo, fu più ovattato o nebbioso. La stanza era anzi fin troppo reale per lui. I colori erano troppo scuri, il filo di luce che scivolava lì dentro da sotto la tenda troppo lancinante, e si ritrovò a rivolere il silenzio indietro un’altra volta.
Ma le grida, quelle che non erano un vero suono, che erano solo nella sua testa, non si fermarono. Non sul serio. Invece continuarono, per settimane, ed aveva l’impressione talvolta che qualcuno riuscisse a sentirle di tanto in tanto, ed allora lo guardavano in quel modo che non sopportava. Lo guardavano con pena, con tristezza, e gli veniva voglia di vomitare.
Ogni tanto scorgeva Mycroft, in giro. Lo controllava? Probabile. Ma mai gli aveva rivolto la parola. Lo guardava anche lui in quel modo, ma forse in lui c’era un filo di comprensione.
Oh, e non dimentichiamoci della polizia! Ad un certo punto erano riusciti a trovare prova che le prove precedenti erano totalmente invalide e false. Un filo troppo tardi, ma cosa si poteva pretendere da loro! pensava John senza nemmeno fingere di non essere sarcastico. Lestrade perlomeno sembrava sinceramente in colpa per aver dato corda ai colleghi. Il veleno non faceva parte della personalità di Greg.
Però vederli, vedere quelle persone, era sempre insopportabile. Pensandoci bene, vedere le persone era insopportabile. Vedere la gente sorridere, girare le strade per mano. A volte, quando doveva vedere tutto ciò troppo a lungo, tornava a casa di corsa e si chiudeva in camera. Dopo qualche minuto le grida e i singhiozzi non erano più solo nella sua testa.
Continuava a non sapere cosa fosse successo in quel giorno. In quel giorno terribile.

Passò un mese.
Riuscì a tornare a lavorare in clinica senza perdere il controllo o estraniarsi d’improvviso. Le grida si erano nel frattempo trasformate in un pulsare acuto. Non era affatto meglio. Talvolta quel pulsare era al petto, talvolta allo stomaco, ma spesso, la notte, arrivava fino alla gola e agli occhi, e rendeva la realtà insostenibile. Poi affondava il viso nel cuscino, e piangeva fino ad addormentarsi.
Mycroft appariva meno spesso, e più nervoso del primo periodo. Quasi agitato, spesso al telefono. Ora osava incrociare lo sguardo con il suo invece che limitarsi a tenerlo d’occhio.
John aveva chiuso a chiave la stanza di Sherlock. Non ci aveva più messo piede. Aveva il dubbio che la signora Hudson ogni tanto ci entrasse, ma non aveva ancora nessuna prova per questo.
Dopo due mesi dormiva meglio, ma il dolore non dava segni di cessare. Sognava occhi cangianti, riccioli neri e pelle color crema. Mycroft, invece, non lo scorgeva quasi più.

Fu dopo quattro mesi che accadde qualcosa di rilevante.
Successe che gli attacchi delle Creature agli umani, già prima più rari che nei tempi precedenti, erano cessati. Non sapevano perché, ma smisero di trovare i corpi. Che fosse successo loro qualcosa o avessero trovato altri modi per nutrire le loro Estensioni, John non poteva immaginarlo. Ma poco gli importava, a differenza del resto della città.
Però era indiscutibilmente un evento per tutti i cittadini. Andavano in giro la notte con un pericolo in meno da temere. Non dovevano più preoccuparsi di capire se era con un umano o un essere sovrannaturale che parlavano.
Illusi. Probabilmente parlavano di continuo con delle Creature, semplicemente non lo sapevano e le immaginavano tutte sparite.
Fu a quel punto che Mycroft tornò a farsi vedere in giro. E con un’aria indecentemente soddisfatta. John era certo, assolutamente sicuro, che lui fosse in qualche modo responsabile. Ciononostante, non gli aveva ancora parlato una singola volta, né gli era stato fatto sapere cos’era successo quel giorno di quattro mesi prima.
E il dolore continuava a perseguitarlo.

Due anni.
Non era stato semplice. Immaginavano che il Ragno, che Moriarty, avrebbe cercato uno scontro aperto prima o poi. L’assedio era un gioco di menti che apprezzavano entrambi, ma non poteva durare in eterno. Un punto era in loro favore: la fazione di sotto dipendeva totalmente dal suo sovrano assoluto. Morto lui, bastava trovare il filo principale della tela e tirare perché tutta la trama si disfacesse.
Era morto, James Moriarty? Sì, lo era indiscutibilmente. Com’era morto? Con un inganno. Era morto perché aveva creduto di aver reso gli avversari impotenti, e non aveva pensato che anche loro fossero in grado di mentire, di ingannare lui come lui aveva ingannato loro. Era intelligente, lo era davvero. Ma due cervelli Holmes lo erano di più.
Alla fine si era ucciso. Pensava che così facendo li avrebbe fermati, che non avrebbero avuto le informazioni che possedeva sulla sua fazione, che non sarebbero riusciti a liberarsi dalla polizia. Purtroppo, i suoi sottoposti erano ancora più stupidi di quanto lui credesse, e un filo da tirare gli Holmes lo trovarono. Ebbero informazioni, e molto più.
Poi, proseguirono a reclutarli o eliminarli. Dal primo all’ultimo, fino a che nessuna Creatura dell’intera città rimase fuori dall’influenza di Mycroft Holmes.

Necessario. Era una parola terrificante sotto molti punti di vista.
Necessario. Qualcosa che va fatto assolutamente, sennò è il deperimento o la distruzione. E che in ogni caso porta con sé un prezzo. Nel suo caso questo prezzo era stato il tempo. Non rimpiangeva la menzogna, e l’inganno non gli era estraneo. Ma il tempo, quello era ciò che lo rodeva dall’interno.
Mesi, e mesi ancora. Mesi a rintracciare tutte le Creature che erano state associate con il Ragno, James Moriarty, e che si erano disseminate ovunque dopo la notizia della sua morte. E lui li aveva cercati. Rintracciati. Resi inoffensivi. Necessario.
Non dormiva da giorni, e a malapena si reggeva in piedi. Ancora qualche ora e non avrebbe retto. Aveva terminato l’ultimo dovere giusto in tempo per non collassare. Di sicuro non aveva un odore gradevole, dopo tutti quei giorni. Le mani, doloranti e sanguinanti, erano un vero e proprio macello. Inoltre non ripiegava le Estensioni da molte ore, e sapeva che richiudere le ali e far sparire quelle inquietanti iridi cangianti sarebbe stato difficile. Come far rilassare un muscolo che è al lavoro da diverse ore.
Mycroft l’aveva intercettato poco fa, e riportato in uno dei loro luoghi sicuri. Non che ci fosse più alcun pericolo urgente, ma la sicurezza non era mai troppa. Ora non desiderava che lavarsi di dosso sudore, sangue e polvere, e poi dormire per una settimana intera.
Riuscì in qualche modo a non addormentarsi nel bel mezzo della doccia, e a trascinarsi fino al letto. Si addormentò per qualche ora, e al suo risveglio scoprì che le ali avevano iniziato a ripiegarsi per conto proprio. Inoltre, c’erano alcuni messaggi da parte di Mycroft.

23.45 Congratulazioni per aver terminato. Possiamo iniziare la reintegrazione di tutti gli ex membri della fazione di sotto nella nuova Organizzazione. Tieniti pronto a tornare. MH

01.32 Stiamo tornando a controllare John Watson. Sto elaborando il migliore modo per riallacciare i rapporti. Non fare casino. MH

03.21 Verremo a prenderti alle undici di questa mattina. Fatti trovare nella casa, se non pronto. MH

Ora erano le cinque del mattino. Aveva approssimativamente sei ore per dormire ancora un po’ e prepararsi al viaggio di ritorno. Inseguire quelle Creature non era stato un gioco, molti erano fuggiti a gambe levate fuori dall’isola britannica. Non vedeva l’ora di mettere piede di nuovo nella sua città.
Riuscì a chiudere gli occhi per qualche ora. In quel poco tempo che aveva, sognò il volto sorridente e pacato di John, la sua espressione allibita con quel tocco di sarcasmo ed esasperazione quando non Sherlock non ascoltava i suoi consigli e si metteva ripetutamente in pericolo per questo, la ruga di preoccupazione sulla sua fronte, e i suoi occhi grigi e blu.
Mycroft si fece vedere non un minuto di più e non uno di meno rispetto all'orario che gli aveva comunicato. In condizioni normali Sherlock sarebbe stato pronto a muoversi già da ore, ma come mai gli era successo da molti anni quel giorno si sentiva stanco, terribilmente stanco. Era pronto a partire per Londra a malapena.
Scoprì piacevolmente che in sua assenza non era cambiata. Gli stessi colori fuligginosi con qualche sprazzo di rosso dovuto agli autobus e alle cabine telefoniche. Non gli sembrava nemmeno che fossero passati già due anni. Non appena mise di nuovo piede in quella città, fu a casa, come fosse passato solo qualche giorno.
Quasi a casa si ritrovò a pensare, chiedendosi cosa avrebbe trovato se, in quel momento, fosse entrato in Baker Street. John era ancora lì? Oppure aveva cambiato residenza? Non che avesse ragione di rimanere in un luogo colmo di ricordi dolorosi, pensò. Lui era morto. Probabilmente avrebbe trovato polvere e tarme. Forse non si era nemmeno preso le sue cose. Per qualche ragione non se la sentiva di chiedere a suo fratello. Gli era bastato sapere che John fosse al sicuro.

Mycroft lo portò in quello che immaginò fosse il suo nuovo ufficio. Non molto diverso da quello precedente, ad essere sinceri, ma decisamente più ampio. Mai che perdesse l'occasione per perseguire le proprie ambizioni, il maggiore.
- Sgranchisciti le ali, mi sono procurato una sufficiente quantità di siero perché tu possa rinvigorire le tue Estensoni. Nuova formula, prima che tu me lo chieda. - anche Mycroft, come Londra, era rimasto tale e quale. Sia d'aspetto che nel suo modo di parlare. Non era necessariamente un bene. Sperava che avesse perso almeno un pizzico di quel suo tono altezzoso, ma d'altronde non si può chiedere miracoli.

A due anni da quel maledetto giorno, John aveva già abbandonato Baker Street da un pezzo. Quel luogo gli era diventato claustrofobico, e non poteva guardare un granello di polvere posarsi su un mobile senza pensare a tutte le volte che quello stesso mobile era stato toccato dal deceduto detective. Quando si rese conto di non essere in grado di andare avanti in quel modo, prese tutto il coraggio che gli era rimasto e se ne andò. Non troppo lontano, ma sufficientemente da non riconoscere ogni filo di vento, ogni mattonella come parte dei suoi ricordi con Sherlock.
Non fu facile. Dovette abbandonare lì tutte le attrezzature scientifiche di cui non solo non sapeva cosa farsi, ma che anche non sapeva dove mettere nel suo nuovo e più piccolo appartamento. Portò con sé solo qualche piccolo ricordo, tanto per non sentirsi troppo codardo o troppo stronzo. E dovette ammettere che da quando si spostò le cose migliorarono. Non che quell'acuta fitta al petto se ne fosse andata, no, ma divenne più facile ignorarla. Divenne più facile tenere i ricordi lontani per qualche ora, invece che esserne sommerso giorno e notte. Per lui era già più che sufficiente.
Aveva conosciuto delle persone, nel frattempo. Colleghi, frequentatori degli stessi luoghi, e cose del genere.
Aveva anche fatto la conoscenza di una donna, Mary Morstan, che sembrava interessata a lui. Per quanto lei gli piacesse, non riusciva a sentire quella scintilla, né tanto meno a far sparire Sherlock dalla sua testa. Rimasero comunque ottimi amici, John e Mary. Era un’ottima persona a cui poteva chiedere consiglio o sostegno per molte cose, ed era brillante e divertente. Persino Sherlock l’avrebbe apprezzata.
John non ne aveva mai fatto cenno a lei, ma da come le sue pupille talvolta sembravano cambiare forma e le sue unghie affilarsi di punto in bianco, lui sospettava che anche lei fosse una Creatura.
Comunque, dopo due anni da quel giorno, trovò la forza di tornare a quello che fu il ‘loro’ appartamento per vedere la signora Hudson. Si sentiva meschino a non aver nemmeno chiamato da quando aveva cambiato casa, ma non aveva avuto il coraggio di affrontare lei e la sua compassione. Si era sentito già abbastanza miserabile com’era.
Fuori dalla porta, poco prima di suonare il campanello, si sentì a disagio. Con la coda dell’occhio intravide un ombrello scuro che tamburellava sul suolo vicino a delle scarpe eleganti. Non perse neanche tempo a verificare se fosse Mycroft: sapeva che era lui. Era sempre lui.
Quando la signora lo accolse, fu dapprima imbarazzante. Lei lo fece entrare e gli preparò il tè, come se fosse passato solo un giorno. Lo fece accomodare nella cucina del proprio appartamento.
- Non è stato per niente cortese da parte vostra sparire per tutto questo tempo. - lo rimproverò affettuosamente la signora Hudson. - Potevate almeno telefonare! -
- Lo so. Volevo farlo, all’inizio, ma non riuscivo a ripensare a questo posto senza star male. Dopo, è diventato sempre più difficile pensare di sollevare la cornetta. - Lei non era cambiata, osservò il dottore. Era sempre la solita adottabile vecchietta dall’aspetto caloroso che non dava nemmeno ad immaginare quanto poco ordinaria fosse stata la sua vita.
- Non fa sempre bene, fuggire. - ribatté la signora. - Volete vedere di sopra? È rimasto tutto come l’avevate lasciato. - John acconsentì.
Le parole della donna erano state veritiere: nulla pareva esser stato toccato da più di un anno. C’era un velo di polvere su ogni cosa, l’aria stessa ne era pregna. A John parve stranamente appropriato.
C’erano ancora attrezzature scientifiche negli scatoloni, qualche tazza abbandonata come se Sherlock fosse stato ancora lì. Vedere questo posto fece male, ma John ormai ci si era quasi abituato.
Ricordò, il dottore, che era stato lui stesso a non toccare nulla per settimane, dopo il funerale. Aveva vissuto come in un museo, quasi spaventato all’idea di cancellare le tracce dell’esistenza di Sherlock Holmes.
Si sedette su quella che un tempo fu la poltrona del detective sollevando una nuvola di polvere. Guardando le stanze da lì, da dove era stato lui, sentì il peso che aveva tenuto nel petto per due anni farsi più pressante. La fitta che aveva provato ad ignorare tornò a farsi sentire prepotentemente mentre lacrime calde gli infiammavano il viso.
Faceva male, un male terribile, e tra i singhiozzi e gli abbracci della signora Hudson si ritrovò a pensare disperatamente che non poteva continuare così. Non senza di lui.
Quando, ore dopo, uscì dal palazzo, Mycroft era lì fuori.
John lo ignorò, dapprima, e fece per oltrepassarlo salutandolo con un cenno del capo. Non riuscì a farlo, disgraziatamente, perché l’uomo aveva parato l’ombrello di fronte a Watson con un movimento del polso appena accennato.
- Salve, dottor Watson. - fece questi con nonchalance. John si sentì fortemente infastidito. Forse arrabbiato. Mesi, per mesi Mycroft l’aveva osservato senza dirgli nulla, come se lui fosse stato un estraneo, come se non fosse stato il compagno di suo fratello. E tornava a parlargli con quella solita e insopportabile indifferenza, con quel tono sul filo del sarcasmo e quell’aria di sufficienza e superiorità. Se non avesse avuto di meglio da fare gli sarebbe piaciuto dargli un paio di pugni in faccia, tanto per far sparire quel tono altezzoso.
- Mycroft. Vedo che torni a comunicare con me. È bello vedere che non sono del tutto invisibile anche senza Sherlock – Mycroft strinse le labbra a quel commento, ma non ribatté. Strano.
- C’è una questione che sarebbe bene discutere il prima possibile. Immediatamente sarebbe l’ideale. Ed avete fatto bene a tirare in ballo mio fratello. -
poi Mycroft gli disse una cosa, tre parole soltanto. Bastarono a spingere John a seguire il più vecchio degli Holmes.


Per un po Sherlock aveva contemplato l’idea di non dire a John del loro inganno, di lasciare che ricostruisse la propria vita lontano da quel disastro che era la famiglia Holmes. Era dolorosamente consapevole di quanto lo avrebbe fatto soffrire scoprire di essere stato preso in giro da lui per quegli ultimi due anni, e amava John. Se ci fosse stata la possibilità di risparmiargli tutto questo, l’avrebbe fatto.
Probabilmente, ai tempi in cui si erano conosciuti, cose come il comprendere ed empatizzare con qualcun altro sarebbero state impossibili per lui. Prova di quanto la compagnia di John l’avesse cambiato.
Comunque, aveva successivamente cestinato l’idea. Se pensare di ferire John un’altra volta era orribile, essere disonesto al punto da lasciargli vivere una menzogna sarebbe stato insopportabile.
Mycroft quel giorno era uscito dicendo di avere una faccenda da sbrigare e raccomandandogli di riposare. Stranamente premuroso da parte sua. Sherlock pensava che stesse facendo qualcosa alle sue spalle. Irrilevante. Allontanò il pensiero dalla mente: non voleva passare i primi giorni del suo ritorno a Londra pensando a Mycroft.
Qualche ora dopo capì che invece avrebbe dovuto pensarci eccome, che suo fratello si sarebbe senza dubbio occupato di ciò che temeva Sherlock avrebbe cercato di evitare.
E siccome aveva accennato a lui l’opinione di mantenere il segreto, ore prima, non avrebbe dovuto stupirsi nel vederlo rientrare con a seguirlo un John Watson molto cupo e corrucciato.
Invece, ciononostante, lo fece. O meglio, per una manciata di secondi gli sembrò che gli si fosse fermato il battito cardiaco.
- John? - disse con voce incerta, mentre suo fratello si toglieva dal disturbo con un mezzo sorrisetto.
Dopo averlo fissato in modo strano per una manciata di secondi, il dottore infine aprì bocca.
- Sherlock. -












Note:
Lo so, lo so. E' passato più di un anno dall'ultimo aggiornamento, mi dispiace.
Che dire? Ho iniziato l'università, poi ho cominciato a studiare per la patente, e tra esami, esercitazioni e occasionali attacchi d'ansia ho trovato poco tempo e poca motivazione a scrivere. Alla fine, dopo mesi e mesi, sono riuscita a superare un brutto periodo di stress e riprendere la scrittura.
La storia, in ogni caso, si avvicina alla fine. Non credo che ci saranno più di uno o due capitoli dopo quello corrente.
Come sempre, spero di non aver deluso nessuno e che questa storia continui a piacere ai lettori.
Kisses

Sofyflora98
   
 
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