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Autore: ghostmaker    13/11/2018    3 recensioni
In un futuro non troppo lontano la tecnologia passa dall’applicazione militare a quella del consumismo di massa ed è in questo periodo che James Donovan, ex militare combattente, dopo averne beneficiato per guarire dalle ferite della guerra, decide di sperimentare un nuovo costrutto tecnologico da poco dato in concessione dai governi alle grandi multinazionali. La sua scelta gli cambierà la vita già dopo il primo giorno.
[Quarto classificato al contest “Bionica mente” indetto da molang sul forum di Efp]
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





2° capitolo – Dopo la festa



Questa è la prima notte che passo fuori di casa senza Akemi dopo una settimana intensa nella quale, oltre al sesso, abbiamo condiviso momenti divertenti con amici, passate serate ascoltando musica o momenti di completo riposo per colpa mia che ogni tanto esagero con gli alcolici mentre lavoro. Sono voluto uscire da solo perché è il giorno della festa in strada, un momento di completo abbandono e di esagerazioni folli, un giorno in cui Omar ed io andiamo a caccia di tutto quello che si può comprare legalmente o al mercato nero e soprattutto di ragazze ben disposte a regalarci dei momenti lussuriosi. Omar mi dice che non capisce per quale motivo io lo faccio ancora avendo in casa una donna bellissima, ma è contento che non lo abbandono durante questa giornata di scorribande.

Stiamo camminando verso la prima piazza e il mio occhio cade subito sul “Grigio”, il nomignolo che danno a un uomo dai capelli brizzolati e dall’aspetto tanto distinto dal quale nessuno potrebbe immaginare che in realtà sia il maggior fornitore dell’AF, Angel Face, una droga assumibile attraverso la pelle come un qualsiasi cosmetico.
«Ehi Grigio, non pensavo di trovarti già qui».
«Oggi la polizia sta controllando tutti già dal ponte ed è meglio che io me ne stia lontano dalla baldoria. E poi per voi è anche meglio, arrivate in centro già carichi».
«Oggi è il tuo giorno migliore per gli affari, perché non fai uno sconticino ai tuoi clienti migliori?» chiede Omar senza nessun timore.
«Giovanotto, lei mi sorprende. Eppure lavora in un locale dove solo se hai i soldi puoi chiedere cibo e bevande. Eppure mi sei simpatico».
Io rido perché ormai conosco quest’uomo e so che quello che ha detto è già la sua risposta alla richiesta del mio amico: un no secco.
Acquistiamo il prodotto ed io inizio subito a spalmarmelo sulla faccia e mentre cerco di non sporcare la camicia mi accorgo di quell’auto strana che sto vedendo quasi tutti i giorni. Penso che sia solo un caso che vedo ancora l’auto perché siamo vicini a casa mia, così lascio stare e mi concentro su Omar che sembra già pronto a tutto.
«Ehi amico, andiamo prima che l’effetto alcool con l’Angel Face svanisca» mi urla Omar pensando di essere lontano dalle mie orecchie.
Continuiamo a camminare attraversando degli stretti veicoli e le prostitute della zona si fanno avanti per accalappiarci, ma non cerchiamo queste cose; vogliamo andare alla festa e prendere tutto senza pagare, ma appena usciamo dall’ultimo viottolo che porta quasi al ponte Omar inizia a stare male.
«Hai bevuto troppo» gli dico mentre lui sta vomitando di tutto «che ti è preso oggi al locale, sembravi fuori di te».
Rialzando la schiena risponde: «Niente di particolare, ero solo arrabbiato perché Penny ha deciso di andare con un altro dopo tutto quello che ho fatto per lei».
Vorrei ridere per quest’affermazione; l’unica cosa che ha fatto per lei è stato tenerla come fidanzata part-time solo se gli lavava i vestiti. Lascio stare, faccio l’amico e lo rincuoro: «Hai proprio ragione, è una vergogna!»
Superiamo il ponte e si apre davanti a noi il centro città che oggi è quasi illuminato quanto il giorno di capodanno. La musica rimbomba tanto da far tremare l’asfalto e la gente è in estasi: balla, beve e scopa senza preoccuparsi di niente e di nessuno, anche perché la polizia, dopo la perquisizione sul ponte, è andata via per non rischiare di fomentare gli animi già accessi dopo l’ennesimo caso di abuso di potere che ha colpito le persone più povere della città.
Inizio a ballare vicino a due belle ragazze ma capisco che non è cosa per me da come si stanno guardando, allora raggiungo Omar che invece sta parlando con una donna che non ho mai visto prima.
«Ehi, James, ti voglio presentare Ivy. Lei è un’amica di Akemi».
Sono alterato per le droghe e per l’alcool ma questa frase mi scuote dal leggero torpore che mi stava per far accasciare a terra.
«Sei anche tu un androide?» le chiedo con interesse.
«Sì, sono qui con il mio uomo ma lui sta ballando quindi faccio nuove amicizie e Omar è davvero simpatico».
Non ascolto quello che dice rimanendo sul discorso precedente perché posso avere una risposta ai miei pensieri.
«Ivy, mi spieghi com’è possibile che siate amiche? Da quanto vi conoscete se io l’ho scelta solo da due settimane».
«Anche a te non hanno spiegato la procedura a quanto capisco. Funziona in questo modo: tu entri alla Redmington House, scegli i tratti somatici, tutti gli optional che vuoi, ma non hai modo di modificare il nostro mainframe che rimane proprietà della casa. Se per un qualsiasi motivo la tua donna, o il tuo uomo, sono restituiti, è eseguita una formattazione per ripulire le conoscenze acquisite ma subito dopo è installata una nuova personalità, chiamiamola, “pulita” che è attivata subito. Quindi il nostro cervello viene collegato nella rete aziendale ed è lì che noi ci conosciamo ed è dove acquisiamo le nozioni di base per interfacciarsi con l’uomo che ci sceglie».
Io sono stordito dalle sue parole mentre Omar è più interessato alla scollatura di Ivy che a tutto questo discorso, ma lei mi sorprende di nuovo dicendo: «Come mai sei venuto alla festa da solo lasciando Akemi nel bar in cui lavori?»
«Bar? Akemi è in casa, non esce senza di me. E tu poi come fai a dirlo?»
«Non ti hanno detto neppure questo! Il nostro mainframe neurale è sempre collegato al computer centrale della Redmington House e quindi, tranne che per qualche ora sparsa durante la giornata e durante il sonno, siamo sempre in contatto tra noi. Questo ci aiuta a far socializzare tra loro i nostri partner, soprattutto quelli che hanno soltanto noi androidi come persone che li amano».
Omar, colto da folgorazione, parla. «Ivy, questo vuol dire che quando James se la spassa con la sua Akemi tu sai tutto quello che fanno?» e poi, tornato in sé, esclama con il tono di un bambino: «Quindi tu sei un androide pervertito!»
«Non è bello dirlo ma in fondo è così, anche se, in verità, ogni androide ha la possibilità di scollegarsi dal computer centrale attivando un piccolo tastino nascosto tra i capelli» risponde lei mostrandoci il bottoncino rosso invisibile se non lo cerchi apposta.
In questo momento però non m’interessa più sapere le varie peculiarità che non hanno rivelato all’acquisto, ma sto pensando al perché Akemi sia al bar così, senza dire niente, inizio a incamminarmi verso casa e sento i passi di Omar, sempre più veloci, che si affretta per raggiungermi.
«James, stiamo andando a vedere cosa fa Akemi?»
«Sì perché è vero che non ha l’obbligo di starsene in casa se io sono via, ma è anche vero che non dovrebbe allontanarsi senza prima farmelo sapere».
«Non hai il cellulare con il suo numero seriale?»
«Ho già provato ma non risponde e la cosa mi preoccupa».
«Magari sta solo dormendo e Ivy ti ha solo stuzzicato».
Penso che forse Omar abbia ragione però sono anche talmente disturbato che non gli do retta e inizio a correre. Superiamo i vicoli e passiamo davanti al bar in cui lavoro ed è chiuso proprio come dovrebbe essere, raggiungiamo la mia strada e noto subito la solita macchina mentre viene verso di noi ma che poi prosegue verso la città senza che l’occupante ci presti attenzione.
Siamo arrivati a casa mia, corro sulle scale lasciando nel cortile Omar, apro la porta di casa e quindi quella della stanza da letto e lì, addormentata, c’è Akemi con in mano il suo “Attiva Codice” che lampeggia per le mie chiamate precedenti. Faccio un sospiro profondo e mi do da solo dello stupido quindi mi affaccio alla finestra.
«Omar, avevi ragione tu amico, sta dormendo».
«Sei proprio pessimo, prima dici che vuoi divertirti insieme a me e poi fai il geloso per un androide che ti sei preso solo per sfizio. Va bene, ti perdono e vado a casa».
Lo guardo allontanarsi quando sento sul mio corpo le mani di Akemi. Mi volto per guardarla quando si sente uno sparo fortissimo giungere dalla strada, lei si spaventa, io invece mi preoccupo perché Omar andava verso quella direzione, così scendo di corsa, attraverso il cortile e Omar è proprio riverso sul marciapiede. Lo raggiungo ma ho già capito dal sangue per terra che lui non risponderà alle mie domande e inizio a disperarmi per la perdita del mio amico.
  
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